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giovedì 15 maggio 2025

Sopravvivere alla caduta in un buco nero: Gargantua, il buco nero di Interstellar, è un oggetto descritto dalla metrica di Kerr?

Qualche settimana fa ho pubblicato su alcuni gruppi FB un post (1) ispirato dal film Interstellar nel quale ricostruivo come Kip Thorne, premio nobel e consulente scientifico del regista, avesse utilizzato un modello basato sulla Relatività Generale tale da poter giustificare l'enorme dilatazione temporale sperimentata dal protagonista sul pianeta di Miller.

Nonostante i miei tentativi di semplificazione il post è risultato abbastanza "tosto", e sono perciò rimasto stupito dall’interesse mostrato nei suoi confronti: in totale oltre 400 reazioni e 60 condivisioni, accompagnate da un numero rilevante di commenti e richieste di ulteriori spiegazioni.

Alcuni tra coloro che mi hanno scritto sollevavano perplessità circa la coerenza tra l'obiettivo che si era posto Thorne - "nulla di ciò che apparirà sullo schermo deve essere in contraddizione con le leggi della fisica per come oggi le conosciamo" - e l'episodio in cui il protagonista, attraversato l'orizzonte degli eventi e sfuggito alla "spaghettificazione", viene a trovarsi dapprima all'interno del tesseratto e subito dopo a ripercorrere in senso contrario lo stesso wormhole che all'inizio del film gli aveva consentito l'accesso al remoto sistema stellare di Gargantua. Per tener fede al proprio proposito Thorne si trovò nella necessità di individuare una soluzione tale che la trama del film non risulti violare le leggi della natura garantendo al contempo la sopravvivenza di Cooper al suo incontro con la singolarità di Gargantua, un buco nero rotante e quindi descritto dalla metrica di Kerr (2).

Abbiamo visto, trattando del pianeta di Miller, come tale metrica sia adatta a descrivere quanto succeda nei pressi dell'orizzonte di un buco nero rotante (al suo esterno), tuttavia obiettivo di questo post è cercare di dare una risposta alla domanda se sia possibile sopravvivere alla caduta in un buco nero supermassiccio dotato delle caratteristiche di quello del film: dobbiamo quindi cercare un modo per "guardare dentro l'orizzonte" in cerca della singolarità.


Iniziamo col chiarire cosa si intenda in fisica con il termine singolarità in riferimento ad un buco nero:

"... una singolarità è un punto (o una regione) in cui la curvatura dello spaziotempo e la densità della materia diventano infinite, e di conseguenza le leggi fisiche conosciute smettono di funzionare ...". La Relatività Generale individua due tipi di singolarità presenti al centro di un buco nero:

  • la singolarità puntiforme, costituita dal punto centrale di un buco nero di Schwarzschild (la varietà non rotante);

  • la singolarità ad anello, presente nei buchi neri di Kerr (che ruotano intorno al proprio asse) costituita da un sottile anello nello spazio interno (3)


Molti fisici oggi ritengono che le
singolarità non siano oggetti fisici reali, quanto piuttosto indicazioni di un limite di validità per la Relatività Generale.

Tale teoria prevede infatti l'esistenza di singolarità soltanto in presenza di condizioni ideali, quali simmetrie perfette e nessuna quantizzazione della materia.

Ne consegue dunque che la definizione di una eventuale teoria quantistica della gravità permetta la rimozione della singolarità sostituendola con una struttura più realistica e regolare (quale ad esempio le fuzzball od i buchi neri regolari). Ecco un breve riassunto di come diverse teorie trattino la singolarità di un buco nero e come si propongano di superarla:

  • In base alla Relatività Generale (Buchi neri di Einstein) la singolarità, che abbiamo visto esser costituita da un punto (oppure da un anello) dove curvatura dello spaziotempo e la densità assumono valori pari ad infinito, risulta inevitabile - vedi i teoremi di Hawking-Penrose (4) - e di conseguenza le leggi fisiche previste da questa teoria cessano di valere. Punto critico: il fatto che la Relatività non sia quantistica e dunque perda validità alle scale di Planck.

  • Secondo il Modello Fuzzball nell'ambito della Teoria delle Stringhe (vedi il modello sviluppato da Samir D. Mathur) (5), la singolarità non esiste; un buco nero sarebbe costituito da una massa di stringhe vibranti che ne occupano lo spazio interno. Il suo orizzonte, costituito da una superficie con struttura quantistica, non sarebbe per nulla "liscio" (contravvenendo la definizione di Wheeler "black holes have no hairs"). L'informazione quantistica degli oggetti che hanno attraversato l'orizzonte non sarebbe perduta ma conservata nelle microstrutture superficiali (questo modello risolve così il paradosso dell’informazione).

  • La Gravità Quantistica a Loop (Loop Quantum Gravity) risolve la singolarità tramite la quantizzazione dello spaziotempo, che invece nell'ambito della Relatività Generale è considerato un continuum. Secondo questo modello esiste un limite alla contrazione dell'astro collassato per cui, raggiunta una dimensione minima, si verificherebbe un rimbalzo quantico (bounce) in grado - forse - di dar luogo alla formazione di un buco bianco (white hole). Secondo questa teoria la progressiva curvatura assunta dallo spazio tempo si fermerebbe vicino alla scala di Planck, non raggiungendo mai un valore pari ad infinito, ed il buco nero potrebbe così trasformarsi in un oggetto espansivo. (6)

  • Nell'ambito dell'ipotesi Buchi Neri Regolari (modelli semiclassici quali il buco nero di Bardeen o Hayward) la singolarità viene evitata imponendo modifiche nella materia o nell’energia interna. Meccanismi proposti sono ad esempio l'inserimento di energia negativa o di un nucleo de Sitter (nella regione centrale di un buco nero invece di una singolarità troviamo una geometria simile allo spaziotempo di de Sitter, uno spaziotempo regolare con curvatura positiva e costante). Limite di questi modelli è costituito dal fatto che essi non derivino da teorie fondamentali, ma da soluzioni studiate ad hoc. (7)

  • Infine nei Modelli Olografici AdS-CFT la singolarità viene interpretata come effetto duale in una teoria senza gravità con una dimensione in meno (teoria di campo conforme); la gravità in un universo con una dimensione in più risulterebbe infatti duale ad un sistema quantistico in 4 dimensioni che ne è priva, evitando così di render necessaria la presenza di una singolarità (singolarità come "proiezione" di qualcosa di regolare nel duale). (8)

Nonostante la possibilità di attingere ad una di queste ipotesi per caratterizzare il modello di Gargantua in modo utile ai fini della trama del film, nel suo saggio "The science of Interstellar" Thorne chiarisce di voler restare nel quadro classico della Relatività Generale, seppur spingendolo al limite.

Ma cosa voleva significare con l'espressione "spingendolo al limite"?

Nell'ottobre 2022 ebbi occasione di assistere ad un talk dove Thorne discuteva con Brian Cox a proposito del buco nero di Interstellar, accennando all'esistenza di due singolarità che il protagonista del film avrebbe incontrato durante la caduta - "infalling" (o mass inflaction) ed "outflying" - da lui definite "non così distruttive" quanto lo sarebbe lo scontro con una singolarità centrale di tipo BKL. (9)

Quella sera stessa scrissi a Thorne un'email in cui gli chiedevo "... perché non avesse sfruttato l'occasione data dall'esser Gargantua un buco nero di Kerr: l'attraversamento della regione centrale, limitata dalla singolarità ad anello, in accordo con alcune soluzioni alle equazioni di Kerr apriva alcune possibilità interessanti per la trama del film ..." (10)

Thorne mi rispose la mattina successiva:

"... the ring singularity, if it exists, is beyond the two not so destructive singularities ... and it probably doesn't exist because the entire character of the black hole interior is likely changed to non-Kerr beyond the not so destructive singularities ..."


La risposta di Kip Thorne è molto significativa, e riflette una profonda cautela scientifica nel trattare l'interno dei buchi neri rotanti come Gargantua.

Nell'ambito di una teoria classica (senza effetti quantistici) un buco nero rotante descritto dalla metrica di Kerr (o Kerr-Newman se dotato di carica elettrica) possiede una singolarità ad anello: un luogo nello spaziotempo dove le equazioni di Einstein producono divergenze. (11)

​Con la sua risposta Thorne intendeva affermare che il modello di Kerr probabilmente non è valido all'interno di Gargantua, o almeno non fino alla singolarità ad anello.

Per capirne di più dobbiamo introdurre ciò che viene definito Cauchy horizon, una struttura matematica nel contesto delle soluzioni esatte delle equazioni di Einstein per buchi neri rotanti (Kerr) o carichi (Reissner–Nordström), studiata da Werner Israel e Brandon Carter negli anni '60.


Si tratta di
una seconda superficie di tipo orizzonte (12) che si trova all'interno dell buco nero - prima della singolarità centrale - superata la quale la prevedibilità deterministica della Relatività Generale fallisce: sta a dire che, nella regione ad essa interna, la conoscenza delle condizioni iniziali non basta più per determinare l’evoluzione futura degli eventi.

Il nome assegnato a tale struttura deriva dal teorema di Cauchy. (13)

Nel 1991, lavorando con le leggi di Einstein, Eric Poisson e Werner Israel, in forza all'università di Alberta, dimostrarono che il Cauchy horizon è instabile: in presenza di perturbazioni anche di minima intensità - è sufficiente lo attraversi una minima quantità di radiazione - diventa una regione di instabilità dove si verifica un fenomeno cui diedero il nome di “mass inflaction” (radiazione compressa infinitamente dalla gravità). (14)


Si tratta di una singolarità in crescita al passare del tempo, che cioè cresce mano a mano che il buco nero invecchia (15), creata da una fortissima compressione temporale che interessa tutto quanto precipiti all'interno del buco nero, e che si forma subito dentro il Cauchy horizon di un buco nero rotante.

Immaginiamo un osservatore che attraversi l'orizzonte degli eventi: dopo di lui, nel corso dell'intera vita del buco nero, molta altra materia, radiazione ed onde gravitazionali lo seguiranno.

Ad un osservatore esterno sembrerà che tale fenomeno duri un tempo lunghissimo: infatti, dal suo punto di vista, un oggetto che si avvicini all'orizzonte sembra dapprima rallentare, poi, una volta che l'abbia raggiunto, congelarsi, sino a sparire alla vista dopo molto tempo (a causa del redshift gravitazionale).

Ma all'osservatore che si trova all’interno del buco nero, a causa dell'estremo rallentamento del proprio tempo, sembrerà che tutto quanto attraversi dopo di lui l'orizzonte lo abbia fatto quasi istantaneamente, dando così luogo ad flusso energetico mostruoso.

Lo vedrà come impilato in un sottile foglio in caduta nella sua direzione ad una velocità prossima a quella della luce.

Tale foglio, essendo dotato di massa, genera intense forze mareali in grado di distorcere lo spazio, e dunque l'osservatore stesso qualora ne venga investito.

Si tratta di una singolarità dinamica, che cade cioè verso il centro del buco nero, governata dalle leggi della gravità quantistica, cui gli scopritori assegnarono il nome di mass inflaction singularity.

Poisson ed Israel calcolarono poi che, nel momento del'impatto con una tale singolarità, le forze di marea presentano ancora un valore netto finito; ciò significa - almeno in teoria! - che un corpo potrebbe sopravvivere al suo incontro (da qui l'utilizzo del termine singolarità gentile o singolarità debole).

Verso la fine del 2012 Donald Marolf ed Amos Ori individuano una nuova singolarità, in un certo senso speculare alla mass inflation, che venne chiamata outflying (o upflying) singularity. (16)

Anch'essa cresce mano a mano che il buco nero invecchia, ed è creata da una fortissima compressione temporale che interessa tutto quanto sia già precipitato all'interno del buco nero prima che l'osservatore ne abbia varcato l'orizzonte, e da questi visto in una forma compressa mentre si avvicina al centro.

L’intero passato del buco nero (materia, radiazione e onde gravitazionali che vi sono cadute in precedenza) viene visto dall'osservatore - mentre si trova all'interno del buco nero - tutto quanto insieme, come se fosse impacchettato su una superficie istantanea che sembra "esplodere" venendogli incontro (da qui il termine outflying).

Viene a formarsi in una zona diversa dal Cauchy horizon, più vicina alla singolarità centrale rispetto alla mass inflaction.

Si tratta di un altro caso di singolarità debole: qualora l'osservatore in caduta verso il centro del buco nero la incontrasse, le forze di marea che l'accompagnano presentano ancora un valore netto finito.


In entrambi i casi è la velocità della marea gravitazionale ad offrire una possibilità di sopravvivenza a qualcuno (o qualcosa) che attraversi la singolarità rapidamente. (17)


Tornando alla risposta di Thorne alla mia domanda, "it probably doesn't exist" (riferito alla singolarità centrale ad anello) per le seguenti ragioni:

  • instabilità interna: l’interno dei buchi neri rotanti mostra instabilità legate alla cosiddetta mass inflation, cioè un’esplosione dell’energia della radiazione in caduta che rende la metrica di Kerr instabile. Tale fatto porta i fisici a credere che l’interno reale non sia esattamente Kerr.

  • non-Kerr interior: superate le due singolarità non distruttive, la struttura dello spazio-tempo cambia radicalmente e non è più descrivibile dalla soluzione di Kerr. In questo scenario, la singolarità ad anello potrebbe non esistere affatto.


Gargantua è immaginato da Thorne come un buco nero dotato di un elevatissimo spin, e tale fatto potrebbe implicare:

  • una geometria interna molto complessa e non pienamente Kerr;

  • una singolarità centrale che non distrugge necessariamente tutto all'istante (coerente con il viaggio di Cooper);

  • una scappatoia narrativa e fisica: una transizione a una regione non-Kerr che consente una sopravvivenza temporanea all’interno dell’orizzonte.


La singolarità ad anello potrebbe quindi non esistere fisicamente perché le soluzioni esatte della Relatività Generale (come Kerr-Newman) non sono stabili o complete all’interno dei buchi neri; dunque, anche se matematicamente prevista, la natura reale di un buco nero astrofisico ultra-rotante come Gargantua potrebbe risultare molto diversa.


Le due singolarità cui si riferisce Thorne sono dunque:

  • il Cauchy Horizon (o Inner Horizon) stesso, che in teoria è una singolarità debole (non necessariamente distruttiva per un osservatore che lo attraversa);

  • una possibile estensione dello spazio-tempo oltre la regione interna, dove la metrica cambia da Kerr a qualcosa di non-Kerr, priva di una singolarità “forte” o distruttiva immediata.


Thorne, nella realizzazione di Interstellar, ha sfruttato proprio queste ambiguità teoriche per immaginare che Cooper possa attraversare l’orizzonte degli eventi, sopravvivere oltre il Cauchy horizon ed infine giungere in una regione interna dello spazio-tempo modificata (il Tesseract).


Per concludere ricordiamo che il Cauchy horizon è una singolarità “debole”, non necessariamente distruttiva per oggetti in caduta; tuttavia è un luogo di instabilità teorica, e la mass inflation la rende problematica nei modelli realistici.


Ricordiamo poi che le singolarità non distruttive che abbiamo descritto sono speculazioni fisiche e matematiche.

Alcuni modelli (inclusi quelli con effetti quantistici o gravità semiclassica) suggeriscono che la singolarità centrale potrebbe essere evitata o trasformata, per esempio in un ponte verso un’altra regione dello spazio-tempo.

Questo fatto apre la porta ad idee speculative ma rigorose, quali i wormhole attraversabili (temporanei o stabili), universi interni, o zone regolate da gravità quantistica, che sospendono la distruttività della singolarità classica.




Note:

(1) Si tratta del post pubblicato il 24 aprile 2025 "A cosa è dovuta l'enorme dilatazione temporale sperimentata dall'interprete del film di Nolan sul pianeta di Miller?" (2) Per la spiegazione di cosa sia un buco nero di Kerr e la sua metrica, vedi il post citato in nota (1) (3) Buco nero di Kerr prende il nome da Roy Kerr, fisico neozelandese che nel 1963 formulò la celebre soluzione per descrivere i buchi neri rotanti. "Gravitational field of a spinning mass as an example of algebraically special metrics" è l'articolo fondativo della soluzione di Kerr, che descrive la geometria dello spaziotempo attorno ad un buco nero rotante e non carico. Si tratta dell’unica soluzione esatta delle equazioni di campo di Einstein che rappresenti un buco nero astrofisicamente realistico. Introduce la singolarità ad anello, l’ergosfera ed una struttura interna molto più complessa rispetto al modello non rotante di Schwarzschild. (4) I teoremi di Hawking-Penrose, formulati tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 da Stephen Hawking e da Roger Penrose dimostrano come le singolarità nello spaziotempo siano conseguenze inevitabili di condizioni fisiche molto generali: se l’universo (o un buco nero) contiene abbastanza massa-energia concentrata in una regione, e se lo spaziotempo obbedisce a certe condizioni fisiche, allora una singolarità deve per forza manifestarsi.

Tali teoremi si basano sull'accettazione di una serie di ipotesi quali:

  • lo spaziotempo è descritto dalle equazioni di Einstein;

  • la densità di energia è positiva (materia ordinaria);

  • non esistono circuiti temporali chiusi (niente viaggi nel tempo);

  • presenza di superfici intrappolate (l’orizzonte degli eventi in un buco nero o un universo in collasso).

Di conseguenza una singolarità risulta inevitabile in presenza di un collasso gravitazionale (formazione di un buco nero) o di un fenomeno di espansione cosmica (il Big Bang andando a ritroso nel tempo).

Il principio di censura cosmica (cosmic censorship) - ipotizzato da Penrose, ma ancora non dimostrato - recita che le singolarità non possano esser visibili dall'esterno (non ci sono singolarità nude).

Penrose dimostrò pertanto come le singolarità non fossero patologie causate da simmetrie perfette - uno scenario del tutto improbabile - ma potessero formarsi in condizioni fisiche realistiche, individuando così un limite fondamentale della Relatività Generale e la necessità di sviluppare una teoria quantistica della gravità. (5) Samir D. Mathur è un fisico teorico e professore alla Ohio State University noto per il suo contributo fondamentale alla teoria delle stringhe e, in particolare, per l’ipotesi fuzzball sui buchi neri

All'inizio del nuovo millennio Mathur ha ipotizzato nell'articolo "The fuzzball proposal for black holes: An elementary review" che I buchi neri non siano una regione vuota con una singolarità centrale, ma piuttosto risultino composti da un'enorme collezione di microstati quantistici della teoria delle stringhe.

Ogni microstato quantistico di tale collezione possiede una geometria diversa, e si riesce così a far a meno sia della presenza di una singolarità centrale che di un orizzonte degli eventi classico: le stringhe infatti si estendono, e pertanto non concentrano massa in un unico punto.

L’insieme di questi stati forma una palla sfocata” (fuzzball) che occupa tutto il volume del buco nero.


L'ipotesi di Mathur risolve pure il paradosso dell’informazione sollevato da Hawking (in proposito vedi i miei post sull'argomento pubblicati nel dicembre 2023 "Leonard Susskind e la sua guerra per la salvezza della Meccanica Quantistica"): l'informazione quantistica di tutto ciò che ha attraversato l'orizzonte degli eventi non andrebbe persa con l'evaporazione del buco nero, ma rimarrebbe codificata nella struttura della fuzzball (vedi l'articolo di Mathur "Fuzzballs and the information paradox: A summary and conjectures"). E' opportuno specificare che con il termine microstati quantistici si indicano le possibili configurazioni microscopiche della materia e dello spaziotempo che danno origine ad un buco nero macroscopico con massa M, carica Q, e spin J.

Mentre a livello macroscopico un buco nero risulta identificabile da soli 3 parametri - massa, carica e spin (vedi il teorema dell’assenza di peli) -, a livello microscopico, nell'ambito di teorie quali quella delle stringhe, esistono invece un numero immenso (∼10⁷⁷) di configurazioni fondamentali che viste dall'esterno appaiono identiche, ma risultano diverse l'una dall'altra se considerate dall’interno: queste configurazioni fondamentali sono i microstati quantistici del buco nero. Nell’ipotesi fuzzball ogni microstato è rappresentato da una diversa soluzione regolare delle equazioni delle stringhe, dunque niente singolarità e niente orizzonte classico: in tale teoria il buco nero classico costituisce soltanto una media statistica di tutti i microstati. (6) Ho trattato in dettaglio l'ipotesi buchi bianchi di Rovelli nel mio post del marzo 2023 "Grappoli di buchi bianchi o modifica della RG?" (7) I buchi neri regolari sono soluzioni modificate delle equazioni di Einstein dove al posto della singolarità con curvatura infinita il centro ha una curvatura finita.

Spesso si ottiene questo risultato inserendo un tipo di materia o energia esotica (finora mai osservata direttamente in natura), oppure ispirandosi ad effetti di gravità quantistica.

Fanno parte di questa categoria:

  • il buco nero di Bardeen, proposto da James Bardeen nel 1968, interpretabile come una soluzione di Einstein con un campo elettromagnetico non lineare; benché possieda un orizzonte degli eventi (come nel caso di un buco nero di Schwarzschild), risulta privo di singolarità centrale. La sua metrica si comporta come lo spaziotempo di de Sitter (una sorta di "cuore inflazionario") dove la singolarità viene "ammorbidita" da una pressione negativa che agisce contro il collasso totale.

  • il buco nero di Hayward, proposto da Sean Hayward nel 2006, evita anch'esso la singolarità ma con una costruzione più generale e flessibile. La sua metrica ha una regione centrale di tipo de Sitter che rimbalza invece di collassare. Modello di riferimento per chi studia buchi neri che evaporano senza distruggere informazione, è costruito per avere proprietà causali ben definite: regolare, asintoticamente piatto, senza orizzonti patologici.

(8) Ho trattato in dettaglio l'ipotesi olografica derivata dalla corrispondenza AntiDeSitter-Teoria di Campo Conforme di Juan Maldacena nel post della raccolta pubblicata nel dicembre 2023 dal titolo "Leonard Susskind e la sua guerra per la salvezza della Meccanica Quantistica", "Parte 3^: Maldacena e la corrispondenza AdS/CFT."


(9) La singolarità BKL prende il nome dalle iniziali dei tre fisici russi Bleinski, Chalatnikov e Lifšic che nel 1971 si chiesero cosa potesse succedere alla singolarità centrale di un buco nero qualora venisse "disturbata" dall'attraversamento del suo orizzonte da parte di nuova materia, energia o anche onde gravitazionali.

Abbiamo già spiegato come, nell'ambito della Relatività Generale, l'esistenza di una singolarità puntiforme od a forma di anello richieda condizioni di simmetria perfetta (vedi nota 3).

I calcoli eseguiti dai 3 fisici dimostrarono come la rottura di tali condizioni avrebbe portato ad una situazione di forte instabilità culminante in una singolarità stabile ma fortemente caotica, caratterizzata da una regione immediatamente confinante dove stiramenti e schiacciamenti diventano sempre più intensi mano a mano che ci si avvicina al centro del buco nero.

Nel suo saggio "Interstellar" Thorne rimarca come l'esistenza di una singolarità BKL sia più un'ipotesi fondata che una certezza, sebbene risulti consentita dalle leggi di Einstein (cosa confermata dalle simulazioni al computer da parte di David Garfinkle nel nuovo millennio). (10) Come già spiegato nel mio precedente post (i cui riferimenti sono in nota 1), nel caso di un buco nero rotante l'equazione che identifica la superficie dell'orizzonte degli eventi prevede due soluzioni: una radice esterna ed una radice interna, indicate come r+ ed r-.

Quest'ultima identifica l’orizzonte interno del buco nero di Kerr, una superficie matematica che emerge a causa della rotazione del buco nero al cui interno la geometria dello spaziotempo cambia drasticamente (è il confine interno della cosiddetta regione II nello spazio-tempo di Kerr).

Alcune soluzioni predicono che un oggetto possa transitare oltre r−​ e raggiungere altre "regioni" dello spaziotempo, quali altri universi o imboccare un wormhole. (11) Lo stesso Kerr, 60 anni dopo aver descritto la metrica che porta il suo nome, nell'articolo "do black hole have singularities?" pubblicato nel dicembre 2023 ha espresso dubbi sulla presenza inevitabile di una singolarità centrale, mettendo in crisi la propria soluzione.

"... Tale singolarità" - sostiene l'autore dell'articolo -"potrebbe non essere una caratteristica fisica reale, quanto piuttosto un artefatto matematico derivante dalle assunzioni ideali del modello ..".

In particolare Kerr ha criticato le estensioni della metrica che porta il suo nome - quali quelle di Kruskal o di Boyer-Lindquist, vedi una loro descrizione in fondo alla sezione note (*) -, affermando che queste estensioni sono costruzioni matematiche che non rappresentano necessariamente la realtà fisica dei buchi neri formatisi da collassi stellari reali.

Se la singolarità non esiste realmente, ciò potrebbe indicare che la nostra comprensione dei buchi neri è incompleta e che è necessaria una teoria più avanzata, come la gravità quantistica, per descrivere accuratamente l'interno dei buchi neri.

Le sue affermazioni si allineano con altre ricerche recenti che suggeriscono la possibilità di buchi neri "regolari", cioè privi di singolarità, grazie agli effetti della gravità quantistica (vedi nota 6).


(12)
Nel caso di un buco nero di Kerr, il Cauchy horizon coincide con l'orizzonte interno.
 

(13) Il teorema di Cauchy, o problema di Cauchy in Relatività Generale, riguarda la determinazione dell’evoluzione dello spaziotempo a partire da dati iniziali.

In fisica classica se conosci lo stato iniziale di un sistema (posizioni e velocità) le equazioni del moto ti dicono come evolve nel tempo; nella Relatività Generale invece le cose sono più complesse.

Il teorema di Cauchy ci informa del fatto che se siamo in possesso di dati iniziali completi su una ipersupertficie spaziale (una "istantanea" dell'universo), e questi dati soddisfano le equazioni di Einstein, allora l’evoluzione dello spaziotempo è unica e deterministica in una regione chiamata sviluppo di Cauchy.

La superficie di Cauchy è quindi una “fetta” tridimensionale dello spaziotempo, mentre il "dominio di dipendenza" o "sviluppo di Cauchy" è la regione dello spaziotempo che dipende causalmente solo da quella superficie.

All'interno di questo dominio è possibile fare predizioni esatte ma, arrivati ad un Cauchy horizon, il determinismo fallisce.

(14) L'origine del termine è legato al fatto che radiazione o perturbazioni, entrando nel buco nero, si “accumulano” causando una divergenza dell’energia, cosa che porta ad una “inflazione di massa”: la massa apparente dell’interno del buco nero esplode.

Tuttavia, alcuni modelli suggeriscono che questa singolarità sia “debole”: un oggetto reale potrebbe attraversarla senza esserne distrutto.

Si tratta dunque di una singolarità fisica, ma non terminale. 

(15) Thorne si riferisce a questa singolarità usando il termine di infalling singularity (nel suo saggio afferma di preferire questa dizione). (16) Quando Thorne parla di “outflying singularity”, si riferisce ad un effetto drammatico causato dalla dilatazione temporale estrema all’interno del buco nero: non tanto a una singolarità spaziale quanto ad una singolarità temporale.

In un buco nero rotante, l’interno può contenere una regione causale invertita in cui tempo e spazio si scambiano i ruoli, e questo fatto comporta una conseguenza paradossale: tutto quanto sia caduto nel buco nero prima dell'osservatore può apparire compresso e concentrato “davanti all'osservatore” mentre cade nel buco nero.

Descritto in termini relativistici: l’osservatore in caduta libera attraversa l’orizzonte interno (Cauchy horizon) e, a causa della dilatazione temporale infinita vista da fuori, tutta la storia dell’universo esterno viene proiettata in avanti, davanti al suo percorso; questa proiezione appare come una parete di radiazione infinita che si muove verso di lui, “volando fuori” dalla singolarità (da cui il termine "outflying singularity").

Si tratta non di una singolarità geometrica (come la curvatura infinita per r=0) ma una singolarità di energia: l’energia della radiazione in caduta viene blue-shiftata all’infinito man mano che si avvicina al Cauchy horizon.

Il risultato è una massa-energia infinita in un tempo finito: è la già citata mass inflation, che rende il Cauchy horizon instabile.

Da qui l’idea che questa “parete di tutto il passato” sia una forma di singolarità che ti viene incontro. (17) Nel film il protagonista viene investito da una sola delle due singolarità "gentili", la outflying, e questa scelta deriva da una esigenza di copione: permettere al protagonista di tornare sulla Terra in un futuro non troppo lontano.

La mass inflaction è costituita da tutto ciò che è caduto DOPO il passaggio dell'orizzonte da parte di Cooper: se lui ne fosse stato colpito, il lontano futuro dell'universo si troverebbe nel suo passato e sarebbe stato impossibile il suo successivo incontro con la figlia (pur se quasi centenaria).

Questa singolarità si muove verso il centro del buco nero precipitando verso Cooper quasi alla velocità della luce, che invece si sposta ad una velocità inferiore.

Se la velocità di Cooper fosse soltanto quella generata dalla semplice attrazione gravitazionale di Gargantua, non avrebbe modo di sfuggire alla mass inflaction; pertanto Thorne (nel suo saggio) suggerisce che, appena prima di attraversare l'orizzonte, Cooper abbia eseguito una fionda gravitazionale attorno ad un buco nero di massa intermedia (cosa che non vediamo nel film).

L’incontro con la singolarità outflying fornisce invece una spiegazione all’accesso a “tutte le informazioni del passato” che diventano poi visibili nel tesseratto.


(*) Le estensioni della metrica di Kerr (o di Schwarzschild, nel caso di Kruskal) sono cambiamenti di coordinate progettati per descrivere lo spaziotempo in modo più completo e regolare possibile, anche in prossimità degli orizzonti.

Una metrica in Relatività Generale descrive la geometria dello spaziotempo, permettendo di calcolare distanze, tempi e traiettorie.

Ma una stessa geometria può essere espressa in sistemi di coordinate diversi, ognuno con vantaggi e limiti.

La Metrica di Kerr rappresenta una soluzione delle equazioni di Einstein per un buco nero rotante (cioè con spin a≠0) ed è spesso espressa in coordinate di Boyer–Lindquist, analoghe a quelle sferiche ma adattate alla rotazione.

Criticità di tale metrica è legata al fatto che le coordinate di Kerr/Boyer–Lindquist divergono all'orizzonte degli eventi: sembrano "esplodere", ma si tratta invece di un artefatto delle coordinate, così come sulla Terra la longitudine diverge ai poli, anche se la geometria fisica è regolare.

Le coordinate di Kruskal–Szekeres (per un buco nero di Schwarzschild) sono state create per estendere la metrica di Schwarzschild oltre l’orizzonte degli eventi.

Eliminano la singolarità di coordinate a r=2GM e permettono pertanto di vedere l’intero diagramma di Penrose: universo esterno, buco nero, regione speculare (buco bianco) ed universo parallelo.

Le coordinate di Boyer–Lindquist (per un buco nero di Kerr) sono adattate per i buchi neri rotanti, dove la geometria è asimmetrica.

Generalizzano le coordinate sferiche: r,θ,ϕ,tr,θ,ϕ,t, ma includono il termine di trascinamento del sistema inerziale.

Tuttavia anche queste coordinate hanno problemi all’orizzonte degli eventi e non possono descrivere tutto lo spaziotempo di Kerr.

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