L'immagine di un astronauta sul pianeta di Miller - tratta da un
fotogramma del film Interstellar e messa a corredo del post "La
relatività Generale, danze cosmiche!" pubblicato dalla mia amica
Catalina Curceanu - mi ha ricordato alcune domande che mi ero posto lo
scorso autunno, assistendo alla proiezione per il decennale di questo
capolavoro.
Con la scrittura di questo post ho cercato di dar loro una risposta, soddisfacendo in primo luogo la mia curiosità.
"Interstellar", il pluripremiato film di Christopher Nolan che si è avvalso della collaborazione del nobel Kip Thorne in qualità di consulente scientifico, nasce da un compromesso.
Il fisico pose infatti una condizione insindacabile per partecipare al progetto: nulla di quanto sarebbe apparso sullo schermo avrebbe dovuto contraddire le leggi della fisica "così come le conosciamo oggi".
Il pianeta di Miller è un ipotetico corpo roccioso (ricoperto di un sottile velo d'acqua) in orbita attorno ad un gigantesco buco nero, indicato nel film col nome di Gargantua (1), sbarcato sul quale il protagonista sperimenta un'estrema dilatazione temporale. Come racconta lo stesso Thorne nel suo saggio "The science of Interstellar" (2), per esigenze di copione un'ora trascorsa su tale pianeta doveva equivalere ad un intervallo di tempo pari a 7 anni sulla Terra: fu dunque suo compito trovare una terna di valori - massa del buco nero, suo spin e distanza del pianeta rispetto all'orizzonte degli eventi - tali da essere coerenti con una soluzione alle equazioni di Einstein che restituisca una siffatta dilatazione temporale.
Esistono due contributi alla dilatazione del tempo (3):
la dilatazione gravitazionale (ricavabile dalle equazioni della Relatività Generale): il tempo scorre più lentamente in presenza di un campo gravitazionale intenso.
la dilatazione dovuta alla velocità orbitale (ricavabile dalla Relatività Ristretta): il tempo scorre più lentamente per oggetti che si muovono rapidamente rispetto ad un osservatore distante.
Proviamo a ricostruire come Thorne sia arrivato a definire le caratteristiche di Gargantua e del suo pianeta più interno.
Punto di partenza è la richiesta del regista: "un'ora trascorsa sul pianeta di Miller deve equivalere a 7 anni passati sulla Terra", che significa impostare un fattore di dilatazione temporale pari al rapporto tra l'unità e l'equivalente in ore di 7 anni:
0,0000163 è dunque il fattore di dilatazione temporale che ci informa come, ad un'ora sulla Terra corrispondano circa 1,6 centomillesimi di ora trascorsi sulla superficie del pianeta. Il simbolo utilizzato per indicare tale fattore è dr/dt, e cioè il rapporto tra il tempo proprio dell'osservatore (dr, intervallo di tempo trascorso misurato con l'orologio dell'osservatore) ed il tempo per un osservatore distante (dt ,intervallo di tempo trascorso misurato da un orologio di un altro osservatore molto lontano). Riferito ad un punto (in quiete rispetto all'osservatore lontano) posto nello spazio esterno all'orizzonte degli eventi di un buco nero, il fattore di dilatazione temporale dr/dt risulta proporzionale:
alla massa (M) del buco nero,
al suo parametro di spin (a), (4)
all'inverso della distanza del punto considerato rispetto all'orizzonte degli eventi (r).
L'equazione che descrive il fattore di dilatazione temporale (dr/dt) per un buco nero è la seguente :
dr/dt = sqr ( 1 - 2GM/rc² + a²/r² )
dove:
G è la costante gravitazionale: circa 6,667 x 10-¹¹ m³/kg*s²;
M è la massa del buco nero;
c è la velocità della luce, circa 300.000 km/sec;
r è la distanza radiale dall'orizzonte degli eventi;
a è il parametro di spin del buco nero - detto parametro di spin di Kerr oppure "angular momentum per unit mass" - dato da J / Mc (dove J è il momento angolare).
Questa equazione ci informa del fatto che, trovandoci sulla superfice del pianeta, il "rallentamento del tempo" sia tanto maggiore quanto più grande è la massa del buco nero (M), più elevato il valore del suo parametro di spin (a) e più vicino l'orizzonte degli eventi (r).
Si tratta dunque di assegnare precisi valori alle 3 variabili presenti in questa equazione in modo da ottenere un fattore di dilatazione temporale corrispondente al tempo misurato in ore trascorso sul pianeta per ogni ora terrestre, che abbiamo visto esser pari a 0,0000163. Il valore dello spin di un buco nero (che deriviamo dal suo momento angolare) è significativo in quanto esistono due tipi di buchi neri di Einstein (5):
i buchi neri statici, che non ruotano su sé stessi e sono descritti dalla metrica di Schwarzschild.
i buchi neri in rotazione intorno al proprio asse, che sono invece descritti dalla metrica di Kerr.
Mentre un buco nero di Schwarzschild possiede un orizzonte degli eventi perfettamente sferico, qualora sia invece presente una rotazione (buco nero di Kerr), l'orizzonte assume una forma diversa che lo fa assomigliare ad una palla da rugby: la misura del suo raggio decresce mano a mano che ci si avvicini all'equatore, e l'entità di una tale riduzione è proporzionale alla velocità di rotazione del buco nero. (6) Thorne descrive Gargantua come un buco nero rotante, dunque adoperando la metrica di Kerr, non solo per il fatto che così riesca ad ottenere un fattore di dilatazione temporale più elevato (indispensabile per soddisfare la richiesta di Nolan) ma soprattutto in quanto è opinione diffusa che la presenza di buchi neri di Schwarzschild nel nostro universo sia molto improbabile (7).
- la massa M pari a 100 milioni di masse solari ( ≈ 1,9885 × 10³⁸ kg);
- il valore del parametro di spin a pari a 0,999999...
- nel caso di un buco nero statico Rs = 2 GM/c² ci ritorna un valore di ≈ 2.96 × 10¹¹ m pari a circa 2 UA, il doppio della distanza Sole-Terra. (11)
- nel caso di un buco nero rotante con un valore del parametro di spin massimo - per esser corretti in questo caso al posto di raggio di Schwarzschild si dovrebbe scrivere radice esterna dell'equazione di Kerr (12) -, abbiamo visto in nota 9 il motivo per cui il termine sotto radice dell'equazione Rs = GM/c² + sqr ((GM/c²)² - (a/c)²) possa venir trascurato, e si ottenga dunque Rs = GM/c², che corrisponde esattamente la metà del raggio di Schwarzschild per un buco nero statico; l'espressione ci ritorna un valore pari a ≈ 1.474 × 10¹¹ m, di poco inferiore a quello della distanza a cui orbita la Terra rispetto al centro del Sole (in media 150 milioni di km).
Il raggio di Schwarzshild di Gargantua abbiamo visto esser pari a ≈ 1.474 × 10¹¹ m (la sua circonferenza misura 926.141.514 km)
La velocità orbitale del pianeta di Miller
Thorne afferma che il pianeta di Miller, completando un'orbita lunga 10⁹ km ogni 1.7 ore, si muova a circa la metà della velocità della luce. (14)
Abbiamo visto in precedenza come, oltre all'effetto della gravità, sulla dilatazione temporale incida anche la velocità orbitale del pianeta.
dove:
- Δt′ è il tempo misurato dall'osservatore in movimento (il tempo proprio dell'osservatore in movimento);
- Δt è il tempo misurato dall'osservatore fermo,
- v è la velocità relativa tra i due osservatori,
- c è la velocità della luce.
E cioè Δt′ = 1 / sqr (1 − 0.5c² / c²) ≈ 1,1547
Nel film di Nolan il protagonista cammina sotto un cielo intensamente illuminato a giorno.
Il pianeta di Miller, trovandosi ad una distanza pari a ~11,8 milioni km, è fuori dal disco di accrescimento, ma vicino abbastanza da essere intensamente illuminato dal suo bordo interno (il disco si estende molto più lontano, ma la parte più calda e luminosa è quella interna).
- il pianeta si trova dentro l'estensione radiale del disco, ma fuori dalla sua parte più densa e luminosa;
- il disco è sottile, come un “piatto”, ed il pianeta orbita quasi sul suo piano, ma non immerso al suo interno;
- il disco può emergere visivamente sopra e sotto il pianeta grazie alla lente gravitazionale;
- Il bordo interno del disco (a ~2–5 milioni km dall'orizzonte) è la parte che illumina il pianeta, come se fosse una sorgente di luce intensa e diffusa;
- Il pianeta, più lontano dall'orizzonte rispetto all'ISCO, si trova in una regione dove il disco è già rarefatto, ma è abbastanza vicino da riceverne luce.
La curvatura dello spazio-tempo attorno a Gargantua agisce come una lente gravitazionale, piegando i raggi di luce provenienti dal disco di accrescimento e "spalmando" così la luminosità su aree più vaste del cielo; questo effetto fa sì che il cielo appaia pieno di luce anche se la sua sorgente (il disco di accrescimento) si trovi parzialmente "dietro" al buco nero dal punto di vista del pianeta. (18)
Mentre la superficie del pianeta è tutta quanta illuminata, il cielo appare scuro, privo di stelle; il pianeta si trova infatti così vicino a Gargantua che il redshift gravitazionale risulta estremo, e la luce proveniente da stelle lontane viene spostata verso lunghezze d'onda invisibili.
Conclusione:
Stavo per concludere qui questo post già piuttosto "tosto" quando Luca Nardi mi ha passato una dritta interessante.
Luca ha pubblicato sul suo canale YouTube un video dal titolo "Un PIANETA ABITABILE attorno a un BUCO NERO come in Interstellar?" che tratta un interessante argomento correlato a quanto sin qui scritto.
Note:
(1) Il nome assegnato al buco nero del film è tratto da una serie di 5 romanzi scritti da Francois Rabelais all'inizio del XVI^ secolo intitolata "La vie de Gargantua et Pantagruel", nei quali si raccontano le vicende del gigante Gargantua e di suo figlio Pantagruel.
(2) Si tratta di un saggio scritto da Kip Thorne dove analizza tutte le situazioni rappresentate nel film, anche le più "improbabili", fornendo loro una spiegazione scientifica.
dove:
- J è il momento angolare del buco nero;
- M è la sua massa;
- c la velocità della luce;
- G la costante gravitazionale
Nei buchi neri non ha senso parlare di velocità lineare o angolare come nei corpi rigidi normali, tuttavia lo spin:
- determina quanto rapidamente lo spaziotempo viene trascinato attorno al buco nero (fenomeno noto come frame-dragging);
- influisce sulle dimensioni dell’ergosfera (la regione fuori dall’orizzonte dove nulla può restare fermo);
- aumenta la velocità dell’orbita interna più stabile (ISCO), influenzando anche i dischi di accrescimento e l’emissione di radiazione.
- In un buco nero di Schwarzschild l'orizzonte degli eventi risulta una sfera con raggio Rs = 2 GM/c² dove G è la costante gravitazionale (circa 6,667 x 10-¹¹ m³/kg*s²), M è la sua massa e c la velocità della luce.
- Invece in un buco nero di Kerr l'orizzonte degli eventi - che viene indicato col nome di "radice esterna" - risulta tanto più schiacciato nei pressi dell'equatore quanto più elevata è la sua velocità di rotazione; ecco come si ottiene:
La risposta è "teoricamente sì": è infatti possibile estrarre energia da un buco nero rotante, riducendone progressivamente lo spin.
Uno dei meccanismi più noti fu proposto da Roger Penrose, che descrisse come, grazie all’ergosfera, una particella potesse entrare in orbita intorno al buco nero, dividersi, e restituire parte della propria energia al di fuori dell’orizzonte (ne ho parlato nel mio post "La dote cosmica dell'umanità", del 17 febbraio 2022.)
- nel film lo si vede orbitare vicinissimo all’orizzonte degli eventi di Gargantua;
- da come si muovono gli attori, sembra caratterizzato da una gravità superficiale del tutto simile a quella che sperimentiamo noi ogni giorno; è pertanto plausibile che la sua massa e la sua densità risultino simili a quella del nostro pianeta, e di conseguenza le sue dimensioni siano vicine a quelle della Terra.
- Un tale corpo deve esser soggetto ad intensi effetti mareali (gli unici in grado di produrre le onde alte chilometri che vediamo nel film) e, data la sua prossimità al buco nero, caratterizzato da una rotazione sincrona. Come la Luna nei confronti della Terra, il pianeta di Miller rivolge infatti sempre la stessa faccia verso Gargantua (se si escludono piccole oscillazioni - previste dal modello di Thorne - che provocherebbero il moto ondoso sulla sua superficie).
- L'estrema dilatazione temporale che lo interessa è conseguenza di un altissimo potenziale gravitazionale; per restare su un'orbita gravitazionalmente stabile senza venire distrutto dalle forze mareali, le condizioni richieste per il pianeta sono quelle di trovarsi al di fuori del limite di Roche e di avere una struttura compatta e densa, simile o superiore a quella della Terra.
- nel caso di un buco nero statico, l’ISCO è pari a 3 raggi di Schwarzschild
- nel caso invece di un buco nero rotante, la misura del raggio ISCO dipende sia dal parametro di spin del buco nero che dalla direzione in cui si muove il corpo considerato rispetto al verso di rotazione del buco nero (rotazione prograda, nella stessa direzione dello spin del buco nero; retrograda, in direzione opposta). Qualora il parametro di spin assuma il valore massimo (a=1) e la rotazione sia prograda, la misura del raggio ISCO risulta pari alla metà de raggio di Schwarzschild di un buco nero statico (coincide con il raggio dell'orizzonte del buco nero rotante); se invece la rotazione è retrogada esso sarà pari a 4,5 volte il raggio di Schwarzschild di un buco nero statico (quindi più ampio rispetto al caso di un buco nero statico).
Il raggio di Schwarzschild per un buco nero di Kerr abbiamo visto esser pari a:
(10) Per far sì che il pianeta di Miller possa esistere fisicamente così vicino ad un buco nero senza essere disintegrato - le forze mareali di Gargantua esercitano una forza stirante perpendicolare alla superficie dell'orizzonte - Thorne ha dovuto assicurarsi che l’accelerazione di gravità al suolo del pianeta ("ciò che tiene tutto insieme") fosse maggiore delle forze di marea (che cercano di smembrarlo).
La gravità locale (gp) sul pianeta - ricavabile dalla legge di Newton e che possiamo scrivere come gp = G Mp / Rp² dove G è la costante gravitazionale, Mp la massa del pianeta e Rp il suo raggio - deve risultare inferiore all'accelerazione mareale (gm) esercitata da Gargantua, data da gm = 2 G Mbh Rp / ro³ dove Mbh è la massa del buco nero ed ro è il raggio dell'orbita del pianeta, quasi identico al raggio dell'orizzonte.
Da cui segue:
Thorne sceglie una densità del pianeta pari a 10.000 kg/m³ (circa quella della roccia compressa) ed ottiene di conseguenza una massa del buco nero di poco inferiore a 3,4 x 10¹⁸ kg, un valore che corrisponde a circa 200 milioni di masse solari (vedi la sezione "some technical notes" del suo saggio); sceglie poi di ridurre arbitrariamente questo valore fissando la massa di gargantua a 100 milioni di masse solari, il valore minimo tale da permettere l'esistenza del pianeta.
Poiché la forza mareale esercitata si può approssimare come Fm ∝ (GM / ro³) Δr dove G è la costante di gravitazione universale, M è la massa del buco nero, ro è la distanza dal centro del buco nero al centro del pianeta e Δr è la dimensione del pianeta lungo la direzione radiale (cioè il suo diametro misurato lungo la linea che punta in direzione del centro del buco nero), ne consegue che a parità di raggio orbitale (d), un buco nero più massiccio possieda un orizzonte degli eventi più grande, e perciò, a parità di "vicinanza relativa" (egual distanza dall’orizzonte degli eventi), l’oggetto sia in realtà più lontano dal centro del buco nero.
(11) La corrispondenza è 1 AU (unità astronomica) = 1,496 × 10¹¹ m
(12) Nel caso di un buco nero di Kerr l'orizzonte degli eventi corrisponde alla cosiddetta radice esterna dell’equazione che definisce i punti in cui la metrica di Kerr diverge, cioè i confini oltre i quali nulla può uscire.
Nella metrica di Kerr compaiono due orizzonti, che corrispondono alle radici dell'equazione
Le soluzioni sono dunque due:
r+ è la radice esterna, ovvero l’orizzonte degli eventi, mentre r- è la radice interna, il cosiddetto orizzonte interno.
La radice esterna rappresenta quindi la superficie dell'orizzonte degli eventi del buco nero; nulla può sfuggire dal suo interno e qualsiasi cosa la attraversi inevitabilmente cade verso la singolarità. È l’analogo rotante del raggio di Schwarzschild, ma più piccolo in proporzione (come abbiamo già visto) al valore di a.
La regione tra r+ ed r- è molto particolare.
Se lo spin è massimo (a → 1) le due soluzioni coincidono; il buco nero è chiamato estremale di Kerr e presenta proprietà molto speciali, quali una temperatura zero ed una superficie dell’orizzonte nulla.
(13) Per dare un'idea, tale distanza (11,8 milioni di km) risulta pari a ≈ il 20% di quella tra Mercurio ed il bordo del Sole (57,2 milioni di km); poco più di 8 volte quanto dista il James Webb Space Telescope (nel punto L2) rispetto alla Terra.
Adesso attenzione!
Abbiamo visto in nota 9 come il raggio ISCO per un buco nero di Kerr con spin massimale coincida con la distanza equatoriale dell'orizzonte rispetto al centro del buco nero (non appesantirò il post spiegando come ci si arriva): il suo valore in tali condizioni è pari a:
r(Miller) ≈ 1.0001 r(ISCO) cioè meno di 0,02% oltre l’ISCO.
Ricaviamo la distanza radiale coordinate Miller - ISCO:
148,015 × 10⁶ km - 148 × 10⁶ km ≈ 15.000 km (pari circa al diametro terrestre).
Ciò significa che il pianeta di Miller si trova praticamente appoggiato all'ISCO, a pochissima distanza dal punto in cui le orbite circolari stabili diventano instabili.
Questo valore (15.000 km) sembra incompatibile con la distanza fisica del pianeta dall'orizzonte (pari a 11,8 milioni di km) ricavata dalla misura dell'orbita fornita da Thorne nel suo testo "Interstellar"!
Possiamo spiegare questo fatto con un esempio verificato: i messaggi inviati dalle sonde in orbita intorno a Marte impiegano un certo tempo a raggiungere la Terra che è funzione della distanza percorsa.
In termini percentuali rapportati alla velocità della luce:
(15) Nel film, quando Cooper si avvicina col suo mezzo al pianeta, le dimensioni di Gargantua e della sua ombra sono state ridotte considerevolmente per esigenze sceniche.
(16) Vedi le simulazioni realizzate con DNGR, il software della Double Negative Gravitational Renderer, decritte nell’articolo "Gravitational Lensing by Spinning Black Holes in Astrophysics, and in the Movie Interstellar" firmato da Oliver James, Eugenie von Tunzelmann, Paul Franklin e Kip S. Thorne
(17) Quindi da appena oltre l’ISCO, che per un buco nero con le caratteristiche di Gargantua è posizionato a circa due milioni di km dall'orizzonte In coordinate radiali (vedi in merito quanto spiegato in nota 13).
(18) Il lato del pianeta di Miller che guarda verso Gargantua riceve luce diretta dal disco di accrescimento; questo disco è molto luminoso e si estende sopra e sotto il piano equatoriale del buco nero a causa della sua forma toroidale, quindi anche qualora il buco nero copra parte del cielo, la luce del disco illumina comunque la superficie del pianeta in modo efficace.
- lente gravitazionale: la curvatura dello spazio-tempo attorno al buco nero fa sì che la luce del disco venga piegata ed "avvolga" parzialmente Gargantua. Parte della luce che normalmente non raggiungerebbe il lato opposto viene deviata e vi arriva comunque.
- (ipotetica) diffusione atmosferica: se il pianeta fosse dotato di un'atmosfera, la luce diffusa potrebbe contribuire ad illuminarne il lato opposto, anche se in modo molto più debole.
(19) la radiazione cosmica del fondo a microonde, costituita da fotoni emessi circa 380.000 anni dopo il Big Bang - epoca della ricombinazione - quando la luce ha cominciato a viaggiare libera attraverso lo spazio
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