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martedì 28 marzo 2023

Grappoli di buchi bianchi o modifica della RG? Una conseguenza sinora non indagata degli assunti sui quali si basa l'ipotesi di Rovelli circa il destino ultimo di quanto ha superato l'orizzonte dei buchi neri.

"... ogni settimana il buon Dio legge il « Physical Review D» e quando trova un'idea che gli piace ... zac! ... la mette in pratica, riarrangiando le leggi universali..." (Mario Tonin, professore di fisica teorica a Padova)

"... se è così, buon Dio, mi piacerebbe se Tu lo facessi: fai che i buchi neri finiscano col diventare bianchi ..." (Carlo Rovelli in "Buchi bianchi")

Come mi ricorda Catalina Curceanu, non esiste una "teoria dei buchi bianchi", ma soltanto una serie di idee senza una copertura che consenta di definire quella dei buchi bianchi una teoria scientifica.
Rovelli, grazie anche alla popolarità che possiede presso il grande pubblico, nell'ultimo decennio ha reso famose queste idee sviluppate in origine da lui stesso e da Hal M. Haggard (in un articolo pubblicato su arXiv org nel 2014) che tuttavia rimangono ipotesi, anche se innegabilmente dotate di una certa eleganza che me le fa apprezzare (1).



Fatta questa doverosa premessa, vorrei qui di seguito richiamare l'attenzione su una conseguenza - sinora non indagata - di tali ipotesi che apre ad uno scenario imprevisto: se prendiamo per buone le premesse poste da Rovelli (e da chi con lui si occupa di buchi bianchi) saremo costretti a scegliere se:

- introdurre una modifica alla Relatività Generale, e cioè accettare che la gravità agisca in modo diverso da quanto previsto da Einsten qualora si prendano in considerazione oggetti dalle dimensioni vicine alla scala alla quale Rovelli ritiene possa avvenire il "tunneling" (la trasformazione da buco nero a buco bianco),

oppure

- accettare il fatto che si possano formare complesse strutture a grappolo costituite da buchi bianchi tenuti insieme dalla gravità esercitata dalle loro masse, i cui orizzonti degli eventi si tocchino senza potersi fondere (come succede invece ai buchi neri), in conseguenza della loro caratteristica distintiva: "nulla possa attraversarne l'orizzonte provenendo dall'esterno" (2).

Tali "grappoli" rimarrebbero in una situazione di equilibrio temporaneo sino alla definitiva scomparsa dei buchi bianchi che li costituiscono, un fenomeno che richiede un tempo lunghissimo (misurato da chi è fuori dall'orizzonte), necessario al rilascio di tutta l'energia e l'informazione precipitata in passato nel buco nero che li ha originati.


Come si arriva ad una tale conclusione.

I buchi neri rappresentano una soluzione delle equazioni di Einstein scoperta poco dopo la pubblicazione della Relatività Generale ed a lungo ritenuta una mera curiosità matematica senza un riscontro nella realtà del nostro universo.

Circa mezzo secolo fa Stephen Hawking, integrando la Relatività Generale con la Meccanica Quantistica, scopre che i buchi neri emettono radiazione termica, e così facendo finiscono per "evaporare", seppur in tempi lunghissimi.

Tale radiazione - che porta il suo nome e della quale ancor oggi non esiste prova sperimentale - è conseguenza di un fenomeno quantistico; pur contribuendo alla riduzione dell'energia presente all'interno del buco nero, essa non è tuttavia in grado di trasportare all'esterno dell'orizzonte l'informazione relativa a tutto quanto è caduto nel buco nero, che così rimane custodita al suo interno.

La difficoltà nasce allorquando anche l'ultimo residuo di energia presente nel buco nero si annichilisce con l'energia negativa che vi precipita grazie alla radiazione di Hawking, comportandone la completa evaporazione: la meccanica quantistica ci informa infatti che l'informazione non possa mai andare distrutta, ma debba conservarsi da qualche parte.

Si tratta del "paradosso dell'informazione", un problema sul quale si sono arrovellati i fisici teorici per quasi mezzo secolo: se l'informazione non "esce" dal buco nero codificata nella radiazione di Hawking, in qualche modo deve potergli sfuggire prima della totale evaporazione.

Le strade ad oggi ritenute possibili sono due:

- l'informazione che è caduta nel buco nero viene in qualche modo trasferita altrove prima della scomparsa di quest'ultimo (3).

- il buco nero non termina la sua vita con un'evaporazione completa: ad un certo punto si trasforma in qualcos'altro che permetta all'informazione residua di uscire all'esterno.

Rovelli sposa questa seconda ipotesi ed immagina che, ad un certo punto della sua vita, il buco nero raggiunga una dimensione così ridotta che gli effetti quantistici diventino rilevanti (4): grazie a questi ultimi la contrazione si arresta ed il processo si inverte (5).

In questa seconda fase della vita di un buco nero, diventato nel frattempo un "buco bianco", non cambierebbero gli effetti esercitati su quanto si trovi all'esterno dell'orizzonte (6).

Il buco bianco quindi continuerà ad attrarre ciò che lo circonda incurvando con la propria massa lo spaziotempo al di fuori dall'orizzonte, ma - a differenza di quanto succede con un buco nero - nulla proveniente dall'esterno può superare l'orizzonte stesso.

Come ha confermato lo stesso Rovelli rispondendo alle mie domande in occasione della presentazione a Milano del suo ultimo libro sull'argomento (7), l'ipotesi "buchi bianchi" è nata dalla necessità di superare l'empasse determinata dal paradosso dell'informazione.


Il mio scambio di emails con Rovelli.

Dopo aver letto nel 2022 gli ultimi due capitoli del suo saggio "Relatività Generale" (quelli relativi alle caratteristiche che dovrebbero possedere i buchi bianchi), ho scritto una email chiedendo lumi sul destino della materia attirata verso l'orizzonte di un buco bianco che inevitabilmente si pone in rotta di collisione con quanto ne emerge in modo continuo.

Il 28 aprile 2022 Rovelli risponde:

".... per un osservatore lontano, la materia che cade verso un buco bianco si accumula subito fuori, e questo è esattamente quello che vede anche un osservatore che osservi materia cadere verso un buco nero. Poi questa si scontra contro la materia che prima o poi esce dal buco bianco, ma il tempo sull'orizzonte è estremamente contratto, quindi per la materia stessa, nel suo tempo, tutto questo avviene molto rapidamente… ".

Pur nella sua semplicità tale risposta mi aveva lasciato perplesso.

La considerazione che la trasformazione "buco nero - buco bianco" avvenga a dimensioni vicine a quelle di Planck (Rovelli tuttavia non specifica "quanto vicine"), quando oramai la massa del buco nero è quasi completamente evaporata ed a rimanere è solo un filo di energia che uscirà insieme all'informazione nel giro di eoni, allontanava da me l'immagine (che ritenevo poco verosimile) di un guscio solido macroscopico che viene a formarsi nei pressi dell'orizzonte quale risultato dello "scontro tra materia in caduta verso l'orizzonte con materia in uscita dal buco bianco".

Rovelli tuttavia di recente ha avanzato una nuova ipotesi: i buchi bianchi potrebbero proporsi come candidato alla spiegazione (seppur parziale) degli effetti gravitazionali che riscontriamo nelle osservazioni astronomiche, e che attribuiamo alla presenza della "materia oscura".

Sempre in occasione della presentazione del suo ultimo libro "Buchi bianchi" lo scorso 7 marzo al teatro Piccolo a Milano, avevo chiesto all'autore come spiegasse che oggetti di massa così ridotta potessero esercitare un effetto così macroscopico (7).

Il testo della mia domanda:

"Gli unici buchi neri che nei quasi14 miliardi di anni di età del nostro universo potrebbero essersi già trasformati in buchi bianchi sono i cosiddetti "buchi neri primordiali", cioè buchi neri che non si sono formati per il collasso di una stella (od in seguito alla fusione di stelle di grande massa quali le neutron stars), ma a causa dell'enorme densità che ha caratterizzato il nostro universo nei primissimi istanti dopo il big bang.
Data l'esiguità della loro massa, come è possibile esercitino una forza gravitazionale in grado di determinare la forma delle galassie e guidare le traiettorie della materia ordinaria?"

Rovelli mi rispose che la cosa sarebbe plausibile qualora il numero dei buchi bianchi fosse elevatissimo e la loro presenza distribuita ovunque.


Questa risposta mi ha fatto riflettere nei giorni successivi, e finalmente sono riuscito a capire cosa mi stonava nella narrazione dei buchi bianchi.

Sappiamo che la distribuzione dei buchi neri primordiali non poteva esser uniforme: ne consegue che molti tra di loro avranno finito per fondersi (8), e lo stesso destino avrà interessato alcuni tra i buchi bianchi da essi generati al termine della propria evoluzione.
L'attrazione gravitazionale reciproca avrà dato luogo a fenomeni di coalescenza (così come accade ai buchi neri) ma nel momento in cui gli orizzonti saranno arrivati a toccarsi invece della fusione (resa impossibile dall'assunto che l'orizzonte dei buchi bianchi non possa esser penetrato dall'esterno) deve per forza esser successo qualcos'altro.

I buchi bianchi hanno sì una dimensione infinitesimale, tuttavia, a meno che la gravità a tale scala agisca in modo differente (9), sembrerebbe proprio che essi possano dar luogo a strutture a grappolo composte da sfere “rigide” la cui dimensione sia pari a quella dei rispettivi orizzonti (l’energia residua potrebbe non esser sufficiente per esercitare un effetto repulsivo), e la cui durata sia in relazione alla vita residua dei buchi bianchi che la compongono.

Col passare del tempo le strutture potrebbero crescere di dimensioni mano a mano che nuovi buchi bianchi vengano intrappolati dalla gravità da esse esercitata, oppure ridursi per effetto della progressiva scomparsa di quei buchi bianchi che già ne fanno parte.

Ho scritto ancora una volta una email a Rovelli (10) chiedendo se tale scenario sia stato preso in considerazione; la sua risposta è stata lapidaria:

" Buona domanda. Non so la risposta".


Altre domande mi sono in seguito sorte spontaneamente, e termino questo post elencandone qui qualcuna:

- Rovelli sostiene che, visto da lontano, un buco bianco debba avere lo stesso aspetto di un buco nero: sia cioè visibile per entrambi il solo disco di accrescimento.
Nel caso di una struttura a grappolo di buchi bianchi, come si comporterebbero energia e materia catturati dalla gravità?
Sarebbe ancora possibile osservare un disco di accrescimento con un profilo simile a quello cui ci hanno abituati le due "foto" oramai famose dei buchi neri al centro delle galassie?
Cosa succederebbe ai rispettivi dischi di accrescimento di due buchi bianchi una volta che il loro orizzonte si sia toccato?

- Cosa succederebbe qualora un'onda gravitazionale investa un buco bianco?

Come scrive Kip Thorne, nei buchi neri cadono materia, energia ed onde gravitazionali (tre componenti che, a causa dell'enorme dilatazione del tempo, contribuirebbero a generare la singolarità "mass inflaction").
Quando il fronte di un'onda gravitazionale incontra l'orizzonte degli eventi di un buco nero finisce per aggiungere un minimo di curvatura precipitando verso la sua parte interna, mentre nel caso di un whormhole essa prosegue la sua corsa una volta uscita dall'altra parte (ipotesi alla base del film Interstellar).

Nel caso invece di un buco bianco, una struttura rigida ed indeformabile da qualunque evento esterno all'orizzonte, come si comporterebbe l'onda gravitazionale?
Non potendo penetrarvi, verrebbe deflessa?
Con quali conseguenze per ciò che circonda il buco bianco?
Produrrebbe comunque una vibrazione di quest'ultimo?
Le onde gravitazionali potrebbero esser usate per rilevare la presenza di un buco bianco qualora subissero particolari modifiche dovute alla presenza di questi sul loro percorso?


Note:

(1) vedi l'articolo pubblicato su arXive org (n. 1407.0989) il 6 luglio del 2014 intitolato "Black hole fireworks: quantum-gravity effects outside the horizon spark black to white hole tunneling" da Hal M. Haggard e Carlo Rovelli (quello a cui fa riferimento nel libro "Buchi Bianchi", Adelphi 2023), ed il testo "Relatività Generale" dello stesso Rovelli (Adelphi 2021).

(2) vedi pg 137-138 "General Relativity: a simple introduction" Carlo Rovelli 2021.

(3) ultima in ordine di tempo è l'ipotesi proposta da Almheiri che immagina esistere all'interno dei buchi neri una zona chiamata "isola" il cui contenuto viene scambiato con quello di altre isole presenti all'interno di altri buchi neri, in un continuo gioco di rimpiattino.
Ho già trattato questo argomento in dettaglio nel mio post "Isole nei buchi neri: è stato davvero risolto il paradosso dell'informazione?" del 9 dicembre 2022.

(4) secondo la Gravità Quantistica a Loop una stella collassata in buco nero continua a contrarsi sino a che la gravità viene a bilanciarsi con una pressione di origine quantistica: quindi non esiste una singolarità al centro del buco nero ma materia estremamente densa, e questo "residuo" viene indicato con il nome di "stella di Planck".

Oltre all'ipotesi di Rovelli - che ci apprestiamo a descrivere -ricordiamo uno studio condotto da Lehmann, Johnson, il mio conterraneo Stefano Profumo e Thomas Schwemberger dell'University of California, Santa Cruz, che ritiene l'informazione rimanga per sempre confinata nel "residuo" e così contribuisca alla spiegazione della materia oscura:
Direct detection of primordial black hole relics as dark matter

(5) il processo attraverso il quale un buco nero, raggiunta una certa minuscola dimensione (che tuttavia non viene quantificata), attraverso il "tunneling" si trasforma in buco bianco è spiegato nell'ultimo capitolo (pg 155) di "General Relativity: a simple introduction" Carlo Rovelli 2021.

(6) ho cercato di spiegare in modo semplice la struttura di un buco bianco e gli effetti dovuti all'inversione della coordinata "tempo" nel mio post "Dove finisce la materia, attirata verso il proprio orizzonte degli eventi, dal pozzo gravitazionale scavato nello spazio tempo da un Buco Bianco? " del 2 maggio 2022

(7) vedi il mio post "Le domande che ho presentato ieri sera a Carlo Rovelli in occasione della presentazione del suo nuovo libro sui Buchi Bianchi." del 7 marzo ed il video con la registrazione delle mie domande a Rovelli e le sue risposte su youtube al seguente link:  https://youtu.be/m5svuC2ho-s

(8) la fusione di buchi neri primordiali è un candidato alla spiegazione della presenza di buchi neri supermassicci al centro delle galassie: la fusione di buchi neri di origine stellare non basta per dare ragione dell'esistenza di questi mostri in quanto l'universo risulta troppo giovane per averli generati secondo questa modalità.

(9) Rovelli sostiene che punto di forza sia della Quantum loop gravity che dell'ipotesi buchi bianchi consista nel fatto che non sia necessario ipotizzare l'esistenza di nuove particelle o modifiche alla RG ed alla QM; l'ipotesi di una gravità che risponda a leggi diverse a scale diverse potrebbe contraddire questa convinzione.

(10) Ecco il testo integrale della mia email:

Data: Sun, 12 Mar 2023 14:00:31 +0100
Mittente: Davide Molina Iphone <molinadiphone@gmail.com>
A: carlo rovelli <rovelli.carlo@gmail.com>

Gentile Professore,
ancora una volta grazie mille per la risposta che ha dato alle mie domande lo scorso lunedì in occasione della presentazione del suo nuovo libro al teatro Piccolo a Milano.

Riflettendo sul contenuto di “buchi bianchi” mi sono posto alcune domande nuove:

A meno che la distribuzione dei buchi neri primordiali fosse uniforme - e sappiamo che così non è stato - credo sia inevitabile che prima o poi alcuni buchi bianchi (cui questi ultimi daranno luogo dopo aver raggiunto dimensioni alle quali gli effetti quantistici si fanno sentire), pur se di dimensione infinitesima, finiranno per risentire degli effetti gravitazionali reciproci, e potrebbero forse finire per dar luogo ad un fenomeno di coalescenza (come succede ai buchi neri).

Ma sebbene all’esterno dell’orizzonte gli effetti gravitazionali non cambino con il salto quantico, nulla di proveniente dall’esterno può superarne l’orizzonte.

A meno che la gravità a tali dimensioni agisca in modo differente sembrerebbe che i buchi bianchi possano dar luogo ad aggregazioni come sfere “rigide” la cui dimensione sia pari a quella dell’orizzonte (l’energia residua potrebbe non esser sufficiente per esercitare un effetto repulsivo).

Possibile o sbaglio qualche premessa?

La seconda domanda riguarda il destino dell’informazione: dopo il salto quantico l’informazione è ancora al sicuro dentro il buco bianco e viene emessa in lunghissimo tempo grazie all’energia residua: è - almeno in via teorica - possibile pensare di poterla recuperare per ottenere informazioni su periodi antichissimi, quali ad es il periodo in cui i buchi neri primordiali si sono formati?


... e la risposta di Rovelli:

Data: Sun, 12 Mar 2023 16:40:43 -0400
Mittente: carlo rovelli <rovelli.carlo@gmail.com>
A: Davide Molina Iphone <molinadiphone@gmail.com>

... A meno che la gravità a tali dimensioni agisca in modo differente sembrerebbe che i buchi bianchi possano dar luogo ad aggregazioni come sfere “rigide” la cui dimensione sia pari a quella dell’orizzonte (l’energia residua potrebbe non esser sufficiente per esercitare un effetto repulsivo).

Buona domanda. Non so la risposta.

La seconda domanda riguarda il destino dell’informazione: dopo il salto quantico l’informazione è ancora al sicuro dentro il buco bianco e viene emessa in lunghissimo tempo grazie all’energia residua: è - almeno in via teorica - possibile pensare di poterla recuperare per ottenere informazioni su periodi antichissimi, quali ad es il periodo in cui i buchi neri primordiali si sono formati?

Il linea di principio si. Ma per ora non abbiamo ancora misurato nulla !

c








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