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martedì 4 febbraio 2025

Ma quanto è grande l'universo in cui viviamo?

Spoiler: no, non è una sfera con un raggio pari a 45 miliardi di anni luce: quello è l'Universo Osservabile. Quanto sia grande l'universo è' una domanda che ricorre sin dall'antichità ed alla quale la nostra specie ha cercato di dare risposta prima attraverso i miti, in seguito discutendone nell’ambito della filosofia, ma solo di recente, con lo sviluppo della cosmologia, l’argomento è finalmente divenuto competenza della scienza.


Sebbene ancor oggi non si
sappia con certezza se le dimensioni (spaziali) del nostro universo siano infinite o meno, i ricercatori non "brancolano nel buio" come in molti sono portati a credere; fine di questo post è fare un po’ di chiarezza sull'argomento. Articoli pubblicati sulla stampa generalista utilizzano termini mutuati dal linguaggio scientifico - quali multiverse, universo osservabile, sfera di Hubble, cono di luce - senza che questi vengano accompagnati da una definizione rigorosa; spesso sono usati in modo improprio.

Tutto ciò contribuisce a generare confusione, provocando nel lettore privo di nozioni scientifiche l'errata sensazione che la "scienza non possa né sappia dir nulla in merito". 
Per liberarci di questa falsa impressione, riveliamo subito la conclusione del post: l'attuale diametro del nostro universo non può esser inferiore a 9,3 × 10³² Anni Luce; una misura incredibilmente maggiore rispetto al diametro dell'universo osservabile (1), ma comunque non infinitamente grande.

La scienza ci permette quindi di porre un limite inferiore alla grandezza del nostro universo che sta ben oltre il nostro orizzonte cosmologico, e questa è un'informazione non da poco!

Tale stima è stata realizzata da Alan Guth alla fine del secolo scorso (2); nonostante ciò la sua attualità e coerenza con le più recenti ipotesi cosmologiche mi è stata confermata qualche tempo fa da Gian Francesco Giudice, direttore del dipartimento di fisica teorica del CERN.




Punto di partenza di questa digressione è definire cosa si intenda per nostro universo, cosa non del tutto scontata. Il modello newtoniano si basava sull'ipotesi di un universo infinito ed eterno, dotato di una distribuzione di stelle omogenea che ne mantenesse la struttura immutata nel tempo.

Einstein, con le equazioni che oggi portano il suo nome, invalidò gli assunti di Newton; subito dopo la pubblicazione della Relatività Generale fu infatti chiaro che l'ipotesi di un universo statico era da scartare.

Tuttavia solo a partire dagli anni '30 del 900 fu possibile verificare le predizioni di un universo in espansione, grazie alle misure del red shift relativo alle galassie più lontane. (3)

Tali considerazioni portarono alla formulazione del modello cosmologico del Big Bang: se infatti oggi le galassie si stanno allontanano l'una dall'altra deve esserci stato un istante nel passato in cui tutta la materia e l'energia erano concentrate in un volume molto piccolo.

Anni dopo, il Big Bang assunse il rango di teoria scientifica grazie alle sue molteplici predizioni, tutte quante confermate da osservazioni condotte. (4)

Oramai accolta dall'intera comunità scientifica, ha permesso di fornire una data di nascita al nostro universo. Nonostante i molti successi, negli ultimi decenni del '900 molte cose ancora non tornavano: la teoria del Big Bang sembrava incapace di render conto dei dati ricavati dalle osservazioni che via via si facevano più precise ed abbondanti. (5) Fu Alan Guth nel 1981 a proporre una soluzione originale, che sembrava offrire una spiegazione ai quesiti lasciati aperti dalla teoria del Big Bang: il modello dell'inflazione.

Secondo tale modello l 'universo primordiale nei suoi primissimi attimi di vita fu interessato da uno scatto di espansione che si svolse in un tempo brevissimo (iniziato circa 10^−36 secondi dopo il Big Bang si protrasse sino a 10^-32 secondi) durante il quale le sue dimensioni sono cresciute in modo esponenziale, aumentando di un fattore che Guth stima almeno pari a 10^26 volte la sua dimensione pre inflazionaria. (6) L'inflazione raccontava dunque una storia plausibile circa i primi istanti di vita del nostro universo in grado di spiegare come questo fosse divenuto improvvisamente immensamente più grande rispetto alle dimensioni originarie. (7)

Lasciava tuttavia aperti alcuni interrogativi il più importante dei quali era: che cosa può aver dato il via al processo inflazionario? Multiverse versus Universe.

Andrej Linde ed Aleksander Vilenkin qualche tempo dopo proposero una soluzione radicale:

"... se non si trova una causa che giustifichi il via all'inflazione può essere che questa sia una condizione di default per l'universo; e che il Big Bang segni invece la fine di un tale processo in una specifica regione, dando luogo alla creazione di un universo locale.

... L'universo nel suo complesso è un sistema che si autoriproduce e che esiste senza fine e forse senza inizio ..."..

Da tale proposta consegue che il nostro universo possa esser costituito da un semplice universo-isola che esiste insieme ad altri infiniti universi compresi all'interno di una struttura dalle dimensioni infinite battezzata col nome di multiverso (8)

L'adozione di un tale modello ci riporta tuttavia ad ipotesi non dissimili rispetto a quelle alla base del modello newtoniano: spazio (pregno di vuoto quantistico) e tempo infiniti sono infatti lo sfondo sul quale agisce l'inflazione eterna, generando di continuo e per sempre nuovi universi isola.

Proprio a causa di questo "richiamo al passato" Hawking - che in un primo momento era sostenitore del multiverso - ha aspramente criticato il modello di Linde, contrapponendogli l'interpretazione fornita dalla Top Down cosmology da lui sviluppata insieme a Thomas Hertog.

Relativamente al nostro universo - quello nato col Big Bang, del quale raccogliamo l'eco attraverso la Radiazione Cosmica del Fondo a Microonde - il modello del multiverso nulla ci dice circa le dimensioni che dovrebbe possedere.

L'universo blocco.

L'ultimo colpo di scena del secolo scorso è stata la scoperta - del tutto inaspettata - del fatto che, dopo circa 8,8 miliardi di anni da Big Bang, la velocità con cui lo spazio si espande abbia ripreso a crescere.

Albert Einstein ci ha insegnato che spazio e tempo non sono entità separate ed assolute, ma sono relativi all'osservatore ed intrecciati in un'unica entità, lo spaziotempo, dotato di quattro dimensioni. (9)

La Relatività Generale ci porta ad immaginare l'universo come un unico blocco quadridimensionale, dove le 3 dimensioni spaziali estese risultano indissolubilmente legate alla dimensione temporale..

Un tentativo di visualizzare tale blocco utilizzando solo 3 dimensioni, oggi molto in voga (vedi figura allegata), consiste nel sopprimere una delle dimensioni spaziali sostituendola con la dimensione tempo: l'universo viene così rappresentato come una specie di bottiglia rovesciata appoggiata su un piano, con da una parte il collo che si restringe repentinamente sino a chiudersi in un punto (la singolarità del Big Bang), dall'altra una apertura che si allarga sempre più marcatamente (presente ed il futuro più prossimo).

Ogni sezione verticale della bottiglia (a forma di cerchio) rappresenta uno spazio sferico che approssima la dimensione dell'universo in un determinato istante del passato.

Il disegno, ad un certo punto, si interrompe a specificare che non è noto se in futuro la velocità con cui le sezioni a cerchio si allargano aumenterà ancora o meno.

Questo metodo sposa la "visione eternalista" dell'universo, una concezione filosofica molto in voga tra i fisici (10) che vede passato, presente e futuro esistere simultaneamente (in un certo senso) per un osservatore "esterno" ("occhio di dio"), ma appaiono "accessibili" in modo diverso agli osservatori che vi risiedano ("occhio del verme").

Così come un film esiste già tutto quanto inciso sulla pellicola, ma gli spettatori ne percepiscono gli eventi solo scena per scena.

Nell'ambito di una tale interpretazione del tempo, esso viene descritto come una dimensione simile a quelle spaziali: l'universo come un unico blocco quadridimensionale in cui tutti gli eventi, passati presenti e futuri, coesistono.

Un universo destinato ad espandersi per l'eternità, senza collassare in futuro su sé stesso, costituisce un blocco con una delle sue dimensioni di grandezza infinita.

Tuttavia la domanda della quale stiamo cercando la risposta non riguarda il futuro, ma la "taglia" attuale dell'universo nelle sue 3 dimensioni spaziali estese.

Anche l'universo-blocco non è in grado di darci informazioni utili nel merito.


La data di nascita del nostro universo.

Il dato relativo al tempo trascorso che ci separa dal Big Bang (11) è stato ricavato attraverso l'analisi di vari fenomeni cosmologici ed osservazioni astrofisiche.

L'età dell'universo, oggi stimata in circa 13,8 miliardi di anni, è stata ottenuta dalla comparazione di misure ricavate dai seguenti 4 metodi:

  • L'analisi dei dati relativi alla temperatura, alle anisotropie (piccole variazioni di densità) ed alla distribuzione del Fondo Cosmico a Microonde (CMB), ricavati dalle missioni Planck, WMAP e di altri osservatori.

  • Le misure della costante di Hubble (tasso di espansione dell'universo); la relazione inversa tra la velocità di espansione e la dimensione iniziale dell'universo permette di ricavarne un'età approssimativa. I dati attuali stimano un valore nell'intervallo tra i 67 ed i 74 km/s/Mpc (12)

  • L'evoluzione degli ammassi globulari. Si tratta di gruppi di stelle molto antichi e stabili; analizzandone la composizione chimica e la luminosità si può determinare un'età minima per l'universo (che è risultata coerente con quella del Big Bang).

  • L'utilizzo di modelli cosmologici. Combinando la Relatività Generale con il Modello Cosmologico Standard (detto modello della concordanza o modello Lambda-CDM, dove Lamda è la costante cosmologica e CDM sta per Cold Dark Matter, che ipotizza la presenza di energia e materia oscura) si può simulare al computer l'evoluzione dell'universo nel tempo. Tali calcoli concordano con le osservazioni e confermano il valore del parametro età dell'universo ricavato con gli altri 3 metodi.


Universo Osservabile, Sfera di Hubble, Cono di luce ed Orizzonte cosmologico.

Abbiamo sinora chiarito cosa si intenda col termine "nostro universo", e cioè l'universo che è uscito dall'inflazione 13,8 miliardi di anni fa nel quale ci troviamo a vivere.

Il modello dell'universo inflazionario - che abbiamo visto esser finora l'unico in grado di fornire una spiegazione alle criticità della teoria del Big Bang - è in grado di ritornarci una stima della velocità con la quale lo spazio si è espanso durante l'inflazione, ma nulla sembrerebbe dirci circa le dimensioni iniziali di quella porzione di tessuto di spazio-tempo interessata dal fenomeno inflazione, così da poterne ricavare le attuali dimensioni (13)

(vedremo che non è proprio così)

Analizziamo ora nello specifico il significato delle seguenti entità geometriche:


  • Il Cono di luce del passato (CL).

La Relatività stabilisce che la velocità massima alla quale l'informazione possa viaggiare nello spaziotempo sia pari alla velocità della luce.

Da questo assunto consegue che, quando guardiamo lontano, vediamo le cose come erano nel passato: l'immagine della Luna che vediamo in cielo è quella trasportata da fotoni che hanno lasciato il nostro satellite poco più di un secondo fa, quella del Sole relativa ad 8 minuti fa.

Vediamo oggi Andromeda come era milioni di anni fa.

Il Fondo Cosmico a Microonde (CMB), costituito dai primi fotoni che hanno avuto la possibilità di viaggiare liberamente attraverso lo spazio, ci offre la possibilità di ricostruire la mappa di quella parte di universo che definiamo "osservabile" così com'era circa 400.000 anni dopo il Big Bang.

Risulta quindi impossibile ricevere informazioni da regioni del cosmo la cui distanza sia superiore a quella percorsa dalla luce dai tempi del Big Bang sino ad oggi.

Possiamo quindi immaginarci al vertice di un cono che si allarga verso il passato (14) in quanto la radiazione elettromagnetica ha avuto più tempo per viaggiare verso di noi.

Tuttavia dobbiamo tener conto del fatto che, col passare del tempo, la dilatazione dello spazio avrà spinto lontano regioni che ci erano vicine nel passato: galassie la cui luce ha impiegato una decina di miliardi di anni per raggiungerci, oggi saranno molto più lontane da noi, ed in questo intervallo di tempo si saranno trasformate in modo tale da risultare irriconoscibili (15)


La Sfera di Hubble (H).

Il modello di universo in espansione prevede che più un oggetto sia lontano, maggiore risulti la sua velocità di allontanamento in relazione alla nostra posizione.

Ne consegue che, oltre una certa distanza, tale velocità superi quella della luce, rendendo così a noi impossibile ricevere i fotoni provenienti da galassie posizionate oltre tale limite. (16)

Sfera di Hubble è dunque il luogo dei punti costituito dalla distanza massima alla quale gli oggetti possono recedere da noi ad una velocità inferiore a quella della luce, a causa dell'espansione dell'universo.

Tale sfera è descritta dalla relazione s(H) = c / H(0)​ dove c rappresenta la velocità della luce e H(0) è la costante di Hubble, che misura il tasso di espansione dell'universo.

La sfera di Hubble si modifica con il tempo poiché la costante di Hubble​ varia a causa dell'evoluzione cosmologica (17).

Gli oggetti al di fuori della sfera di Hubble si allontanano da noi a velocità superiori a quella della luce senza che Relatività Speciale risulti violata in quanto ad espandersi è lo spaziotempo stesso.


  • Orizzonte cosmologico.

Rappresenta la distanza massima da cui la luce ha avuto il tempo di raggiungerci dall'inizio del Big Bang, ed è quindi legato al tempo trascorso dall'inizio dell'universo: descrive il limite dell'Universo Osservabile.

A differenza della sfera di Hubble, esso considera la distanza percorsa dalla luce nel tempo, includendo l'espansione dello spazio.

Risulta pertanto più grande della sfera di Hubble, in quanto tiene conto del tempo in cui la luce viaggia.


Universo Osservabile (UO).

E' la regione dello spazio che contiene tutti gli oggetti la cui luce ha avuto il tempo di raggiungerci dal momento del Big Bang, considerando l'espansione dell'universo.

Il suo raggio è attualmente stimato intorno a 46,5 miliardi di anni luce (il diametro 93 x 10^9 AL), la distanza massima a cui si crede si trovino oggi gli oggetti la cui luce ha viaggiato verso di noi per 13.8 miliardi di anni.

L'universo osservabile è delimitato dall'orizzonte cosmologico ed include oggetti che oggi si trovano al di fuori della sfera di Hubble, ma che erano più vicini in passato e la cui luce è riuscita a raggiungerci.

Questa definizione crea spesso confusione tra coloro che non si occupano della materia: non è infrequente imbattersi in commenti con domande del tenore "... ma se l'universo ha solo 13.8 miliardi di anni, come facciamo a vedere oggetti distanti oltre 40 miliardi di anni luce"?.



Proviamo ora a rappresentare graficamente queste entità geometriche (vedi la figura allegata che ho ricavate dal sito ""astronomia.com"").

Possiamo pensare all'espansione dell'Universo come un punto al centro del foglio (indicato con BB, che sta per Big Bang) che al passare del tempo si allarga in circonferenze concentriche.

Leggiamo la coordinata "t" (tempo) - cioè la distanza temporale dal Big Bang - sull'asse orizzontale; la dimensione dell'universo corrispondente all'istante scelto risulta perciò pari alla misura della circonferenza che passa per quel punto ed ha come centro BB.

Riferiamoci al tempo presente, indicando sull'asse tempo l'istante attuale con "O" (oggi); il segmento "BB-O" risulta pari a 13.8 miliardi di anni, l'età dell'universo (18), là dove la circonferenza "S" rappresenta la dimensione dell'Universo oggi.

Il segmento "BB-O" è la nostra linea di universo e quella specie di goccia delimitata da una linea nera spessa è il nostro cono di luce (CL) all'istante OGGI (O) che rappresenta tutta la luce che ci ha raggiunto finora.

Le linee azzurre ci raccontano come si siano estesi nel tempo i limiti dell'universo osservabile UO in relazione alla nostra posizione; le dimensioni dell'universo osservabile "oggi" sono rappresentate dalla parte di circonferenza "S" (dimensioni universo totale) compresa tra i due punti di intersezione con tali linee, "UO1-O-UO2" (si stima tale valore possa esser pari a 93 miliardi di anni luce).

Ora attenzione: il fatto che si allarghi il cono di luce al passare del tempo ci farebbe pensare che in futuro ci possa raggiungere la luce di oggetti che al momento si trovano al di fuori della sfera dell'universo osservabile.

Quando, ad esempio, l'età dell'universo sarà pari a 14 miliardi di anni potremmo cioè credere di poter vedere galassie - oggi invisibili - la cui luce avrà viaggiato per tale periodo.

ma ...

... l'universo nel frattempo si sarà espanso, e questo comporta conseguenze!

La maggior parte degli oggetti che fanno parte oggi del nostro Universo osservabile - e che oggi vediamo perché quando la loro luce è partita si trovavano all'interno della nostra sfera di Hubble - sono stati spinti fuori da quest'ultima dall'espasione dello spazio, e ad un certo punto non li vedremo più.

Il raggio della sfera di Hubble è infatti stimato esser pari a circa 14 miliardi di anni luce, là dove quello dell’Universo Osservabile è stimato esser pari a circa 42 miliardi di anni luce, 3 volte tanto!

A ciò si deve aggiungere il fatto che, aumentando le distanze, aumenta il red shift, e ad un certo punto le lunghezze d’onda cui sarà spostata la luce renderà invisibile la sorgente da cui è partita.

Sia che l'espansione acceleri sia che rallenti (basta che non si fermi!) il nostro futuro è quello di abitare un universo sempre più buio.

Dobbiamo ora descrivere un'ultima entità geometrica:

  • L'Orizzonte degli Eventi dell'Universo (OE).

Al mio elenco manca ancora l'orizzonte degli eventi dell'universo, una entità che richiama quanto ho scritto in un post dello scorso dicembre "Il nostro universo come interno di un buco nero presente in un altro? L'azzardo di Popławski e la discussione tra Tonelli ed Odifreddi"

La sfera di Hubble rappresenta in qualche modo un orizzonte degli eventi, simile a quello di un buco nero, in quanto costituisce il limite corrispondente ad un valore della velocità di regressione delle galassie pari a quella della luce; noi ci troviamo esattamente al suo centro. (19)


Vediamo ora l'evoluzione nel tempo di tali entità geometriche.




Al momento del Big Bang sia la sfera di Hubble (H) che il cono di luce (CL) hanno dimensioni pari a zero.

Segue un'espansione a velocità iperluminare che estende il cono di luce ben oltre i limiti della sfera di Hubble: durante tale fase le prime galassie, recedendo rispetto a noi a velocità superiori a quella della luce, diventarono invisibili.

Espandendosi l'universo a velocità iperluminare, la sfera di Hubble risulta molto piccola: è sufficiente una “piccola” distanza perché i fotoni, trascinati dall'espansione verso l'esterno, non riescano a raggiungerci.

Nella figura allegata vediamo come - nella zona vicina al centro del disegno (BB) - il cono di luce (CL) dapprima si allontani progressivamente dalla nostra linea di Universo (BB-O): è il periodo inflazionario e di espansione a velocità iperluminare.

Poi, mano a mano che il tempo passa e l'espansione rallenta, il cono di luce si deforma e curva in direzione della nostra linea di Universo.

Contemporaneamente la sfera di Hubble vede aumentare progressivamente le proprie dimensioni, sino a che la traiettoria del cono di luce inizia ad avvicinarsi alla nostra linea di Universo; dove la sfera di Hubble ed il cono di luce si intersecano la velocità di espansione dell'universo eguaglia quella della luce.

Le galassie che erano divenute invisibili da questo punto in poi lo sono di nuovo; ma solo temporaneamente! (20)

Cerchiamo di spiegare la ragione di una tale affermazione.

Le dimensioni dell’Universo Osservabile in futuro non potranno crescere oltre un certo limite in quanto, anche se lo spazio continuasse ad espandersi, la luce ha bisogno di tempo per viaggiare verso di noi.

L'espansione accelerata dell'universo, dovuta all'energia oscura, crea una barriera: i fotoni provenienti da regioni troppo lontane non potranno mai raggiungerci.

Oggi si stima che l'Universo osservabile possa in futuro raggiungere una dimensione massima pari ad un raggio di circa 92 miliardi di anni luce, il doppio rispetto al valore attuale.

La linea arancione OE - che come abbiamo detto rappresenta l'orizzonte degli eventi del nostro Universo - permette di identificare la parte di Universo che non potrà mai essere vista (tutto quanto risiede al suo esterno).

Come si può intuire dall'immagine, l'orizzonte degli eventi del nostro Universo rappresenta il limite della sfera di Hubble per "t" che tende a infinito, ed è un limite invalicabile per la luce.

La stima delle dimensioni minime del nostro universo.

Alan Guth, in "The inflactionary universe", azzarda una stima dell'attuale grandezza dell'universo nel suo complesso, non limitata all'universo osservabile, indicandola pari a circa 10^23 volte quella dell'universo osservabile.

Essendo quest'ultimo costituito da una sfera con raggio pari a 4,6508 × 10^10 anni luce, il raggio minimo dell'universo nel suo complesso sarà pari a 4,6508×10^33 anni luce.

Tale calcolo, per ammissione dello stesso autore, si basa sulle seguenti ipotesi:

  • che inflazione sia iniziata circa 10^−37 secondi dopo il Big Bang;

  • che la grandezza dell'universo nel periodo pre-inflazione sia data dalla velocità della luce moltiplicato il tempo trascorso (espansione preinflazionaria sia avvenuta alla velocità della luce);

  • che, a grandi scale, la densità media sia eguale ovunque.

Poiché la pubblicazione di tale risultato è datata (venne eseguito ancora prima della formulazione del modello del multiverse e dell'inflazione eterna), ho pensato di chiedere a Gian Francesco Giudice la sua opinione sulla validità di tale operazione in relazione ai più recenti modelli cosmologici.

Qui di seguito riporto per intero la sua risposta, ricevuta in forma di email dopo averne discusso di persona lo scorso Aprile alla fiera del libro di Torino:

Caro Davide,

quello che dice Guth è perfettamente sensato.

Dice che è ragionevole (“it seems very plausible”) pensare che l’universo all’inizio debba essere stato almeno grande quanto lo spazio percorso dalla luce in un tempo caratteristico dell’inflazione.

Poi usa le leggi dell’espansione per dedurre quanto grande deve essere l’intero universo oggi, trovando che deve essere almeno 10^23 volte piu’ grande dell’universo osservabile.

Per il tasso di espansione usa una densità di energia caratteristica delle teorie unificate.

Al tempo (quando l’inflazione è stata proposta), si pensava che questa fosse l’ipotesi più ragionevole.

Ancora oggi è considerata perfettamente ragionevole, anche se oggi si è piu’ aperti all’idea che l’inflazione possa corrispondere ad un’energia molto minore.

Guth ne è consapevole quando dice: “These numbers are highly uncertain, since they depend sensitively on the duration of the period of inflation, which in turn depends on the decay rate of the false vacuum”.

In sostanza, quella di Guth è una stima ragionevole della minima dimensione dell’odierno universo, basata su un valore plausibile dell’energia del vuoto durante l’inflazione.

Guth non afferma che l’universo non possa essere più’ grande di così.

Il punto sottolineato da Guth è che l’universo intero è enormemente più grande dell’universo osservabile (“if the inflationary theory is correct, then the observed universe is only a minute speck in a universe that is many orders of magnitude larger.”)

Questo è il messaggio importante, e non il numero 10^23, che è solo una stima per far capire che si tratta di un numero enorme.

Note:

(1) Definiremo in seguito cosa si intenda con questa espressione; per ora ricordiamo soltanto che l'attuale stima del diametro dell'Universo Osservabile risulta pari a 93 x 10^9 A.L. (93 miliardi di anni luce).

(2) Ringrazio Marco Casolino per avermi recuperato il testo originale del capitolo 10 tratto dal libro "The Inflactionary Universe", pubblicato nel 1997 da Alan Guth.

In questo saggio divulgativo, l’autore descrive il modello dell'inflazione cosmica, un'espansione rapidissima ed esponenziale che avrebbe interessato il nostro universo nei suoi primissimi istanti di vita.



(3) L'effetto red shift (lo "spostamento verso il rosso" delle linee spettrali) si accentua quando si analizzano gli spettri di galassie sempre più lontane da noi.

Il significato è da ricercarsi nel fatto che queste ultime si allontanino da noi a velocità crescente, fenomeno spiegabile con un modello di universo in espansione dove ad espandersi è lo spazio tra le galassie.

Le misurazioni, condotte in origine da Erwin Hubble e dai suoi collaboratori, hanno permesso di ricavare la legge di Hubble-LeMaitre e dare così fondamento all'ipotesi del Big Bang avanzata anni prima da Fridman e LeMaitre.

(Per maggiori dettagli vedi questo mio post).

(4) Tra le quali ricordiamo l'abbondanza degli elementi previsti dalla nucleosintesi primordiale e la presenza della CMB (la radiazione cosmica del fondo a microonde).

(5) La teoria del Big Bang non risponde infatti ai seguenti 5 quesiti:

  • Perché si sono formati corpi celesti e galassie?

  • Cosa ha provocato il Big Bang?

  • Perché le equazioni di Friedmann avvicinandosi al tempo zero forniscono predizioni assurde?

  • Perché la temperatura del fondo a microonde risulta pressoché ovunque uniforme?

  • Perché l'universo intorno a noi sembra piatto?

(Per maggiori dettagli vedi questo mio post).

(6) Nel libro The Inflationary Universe (1997), Alan Guth racconta che durante l'inflazione l'universo ha raddoppiato le sue dimensioni circa 90 volte.

Max Tegmark stima invece ci siano stati almeno 100 raddoppiamenti, pari ad una crescita complessiva di circa 2^100, e cioè 10^30 volte le dimensioni iniziali.

Nel suo saggio "L'universo matematico" accenna poi ad alcune versioni della teoria dell'inflazione secondo le quali la massa raddoppierebbe più o meno ogni 10 trilionesimi di un trilionesimo di un quadrilionesimo (10^–38) di secondo per ben 260 volte, creando così tutta la massa dell’Universo osservabile (l’intero processo inflazionario avrebbe richiesto meno di 10^–35 secondi, un tempo inferiore a quello impiegato dalla luce a percorrere un trilionesimo delle dimensioni di un protone).


Sabine Hossenfelder, nel suo testo "Sedotti dalla matematica", riporta i dati di un censimento del 2014 secondo il quale sono stati calcolati ben 193 potenziali per l'inflatone; questo ha portato Avi Loeb a lamentare che "a causa del grandissimo numero di modelli dell'inflazione, per come la comprendiamo ora la cosmologia inflazionaria non può esser valutata secondo il metodo scientifico"


Secondo il modello inflazionario, in questa precocissima fase di vita dell'Universo lo spazio si è trovato ad espandersi ad una velocità iperluminare.

Tale evento tuttavia non viola il limite imposto dalla Relatività (pari alla velocità della luce) in quanto il fenomeno interessa il mezzo stesso (lo spazio tempo) e non un oggetto in esso contenuto.

Oggi possiamo osservare galassie vicine al limite del nostro orizzonte cosmologico la cui velocità di allontanamento (relativa alla nostra posizione) risulti prossima a quella della luce; sappiamo - grazie alla legge di Hubble - che in futuro, aumentando la distanza, la loro velocità supererà tale limite, rendendole così a noi invisibili.

(7) Secondo Guth, subito dopo il Big Bang l'universo si trovò in un stato quantistico altamente energetico ma instabile chiamato falso vuoto (false vacuum) in quanto, essendo dotato di un'energia positiva, non rappresentava il vero stato di equilibrio dell'universo, che è invece costituito da un vero vuoto.

L'universo, in quei primissimi istanti di vita, lo immaginava dominato da un campo scalare, il campo inflatone, dotato di una quantità enorme di energia potenziale.

Questo campo esercitò una pressione negativa che spinse lo spazio ad espandersi in modo parossistico, comportando la rottura del falso vuoto che decadde verso uno stato di energia più basso.

L'energia così accumulata nel campo inflatone veniva di colpo a trasformarsi in energia termica (fase di termalizzazione) che portò al riscaldamento dell'universo a temperature che si stimano pari a 10^27 K, dando così origine alle particelle ed alla radiazione che oggi conosciamo.

(8) Oggi col termine multiverso vengono indicate molte teorie tra loro diverse (vedi il mio ultimo post "Uno o molti multiversi? La 'prudente scommessa' di Steven Weinberg sulla teoria del multiverso" scritto qualche settimana fa proprio su questo argomento).

Il multiverso di Linde e Vilenkin è quello indicato nel summenzionato post col nome di "Multiverso inflazionario o multiverso a bolle", classificato da Max Tegmark come "multiverso di livello II".

(9) Le equazioni della Relatività Generale, ci ricorda Wheeler, si possono riassumere nel detto "lo spaziotempo dice alla materia come muoversi e la materia dice allo spaziotempo come curvarsi" ("spacetime tells matter how to move; matter tells spacetime how to curve").


(10) Molto di meno tra i neuroscienziati, che più spesso adottano la visione "presentista" secondo la quale esiste solo il presente, mentre il passato non esiste più ed il futuro non esiste ancora.

Il presentismo guarda al tempo come ad una realtà dinamica: solo il momento presente è reale.

Il tempo non sarebbe dunque una dimensione fissa, ma un fluire continuo: gli eventi passati sono reali solo nella memoria e non esistono ontologicamente, là dove il futuro invece è solo un insieme di possibilità non ancora concretizzate.

Possiamo pensare al presente come l'unico fotogramma visibile di un film, mentre il passato è ciò che è già stato proiettato e il futuro è ancora nella pellicola.

(11) Quando si parla di "età dell'universo" è opportuno specificare cosa si consideri come "inizio".

La teoria del Big Bang descrive l'espansione dell'universo a partire da uno stato estremamente caldo e denso (singolarità iniziale), ma non chiarisce né cosa abbia determinato questo stato né cosa sia successo nei primissimi istanti.

Difatti le equazioni della Relatività falliscono, ritornando valori infiniti per le variabili densità e temperatura, qualora si ponga t < 10^−43 secondi (valore che è pari al tempo di Planck).

Si calcola quindi "per convenzione" l'età dell'universo partendo da un "istante zero" che costituisce una semplice estrapolazione matematica ricavata da un modello interpretativo di leggi fisiche che tuttavia, proprio in tale occasione, si dimostra incapace di offrire predizioni!

Per superare questo paradosso, la Fisica Quantistica e la Teoria delle Stringhe - in attesa dello sviluppo di una teoria della gravità quantistica - cercano di fornire un quadro su "cosa sia successo prima" proponendo diversi modelli cosmologici i quali, seppur privi di conferme sperimentali (mancano infatti strumenti in grado di accedere a informazioni dirette sull'origine dell'universo), vengono valutati in base alla loro coerenza matematica ed alla compatibilità con le osservazioni cosmiche sin qui condotte.

Le risposte alla domanda chiave "come è nato l'universo?" proposte da tali modelli si possono riassumere nelle seguenti opzioni:

  • dall'inflazione cosmica: l'universo potrebbe essere nato da una rapidissima fase di espansione esponenziale che, come abbiamo già visto, fornirebbe una spiegazione all'omogeneità ed alla piattezza della geometria del cosmo;

  • da una singolarità iniziale, uno stato infinitamente denso e caldo, che tuttavia lo sviluppo di una teoria della gravità quantistica potrebbe evitare;

  • da una collisione tra brane in uno spazio multidimensionale (la teoria delle brane nell'ambito della teoria delle stringhe);

  • potrebbe avere un'origine quantistica: cioè essere nato senza causa, attraverso un processo simile al decadimento quantistico (Hawking ha proposto un modello secondo il quale il tempo potrebbe avere una configurazione "sfumata" vicino all'origine; avvicinandosi alle dimensioni di Planck l’incertezza aumenta in modo tale che spazio e tempo sfumino l'uno nell'altro);

  • dal nulla: l''universo potrebbe essere nato come una fluttuazione quantistica dal nulla, coerentemente con alcune interpretazioni della meccanica quantistica;

  • è sempre esistito ed esisterà per sempre: alcune teorie (l'universo ciclico) propongono un modello ciclico in cui il Big Bang è solo uno degli infiniti cicli di contrazione ed espansione; altre (il Multiverso) ritengono il nostro universo possa essere soltanto uno tra molti nel contesto di un Multiverso, con altri universi che si formano continuamente; altre ancora (alcune versioni della Gravità Quantistica a Loop) suggeriscono che l'universo attuale costituisca un rimbalzo di un universo precedente.

(12) A seconda del metodo usato, si ottiene un valore più vicino ai 67 o ai 74; per maggiori informazioni vedi la voce "tensione di Hubble".

(13) Il modello dell'inflazione ci fornisce tuttavia una importante indicazione circa le dimensioni raggiunte - dal solo universo osservabile - al termine del processo inflazionario.

Interrogato sul motivo della presenza di stime con valori alquanto diversi, Guido Tonelli mi risponde per email:

"... le stime quantitative di dettaglio sulla dinamica dell’inflazione dipendono dal modello inflazionario prescelto, dalle dimensioni di partenza che si assumono e dal tempo di raddoppio del volume che viene ipotizzato; tutti parametri che possono variare considerevolmente.

... Si accetta abitualmente che, alla fine della fase inflazionaria, l’universo abbia raggiunto una dimensione macroscopica: per capirci di un’arancia, di un pompelmo o di un pallone da calcio ..."


(14) Allontanandosi dal vertice (che rappresenta l'io-oggi) verso il passato, il cono si allarga per poi chiudersi repentinamente avvicinandoci al Big Bang; l'effetto, visibile nelle grafiche allegate ed indicato con CL, è dovuto al fatto che l'universo durante l'inflazione - e in un tempo immediatamente successivo (mi fa notare Gian Francesco Giudice) - si espande a velocità iperluminari.

Guardando lontano vediamo un universo quando le sue dimensioni erano molto più contenute.

(15) Qualche anno fa Max Tegmark, insieme alla sua prima moglie Angelica de Oliveira-Costa, ha analizzato i dati relativi al fondo a microonde per verificare se la geometria del nostro universo potesse esser toroidale invece che sferica (un toro bidimensionale è simile ad una ciambella, ma qui si parla di un toro con una dimensione in più).

In tal caso le dimensioni dell'universo sarebbero finite, e sarebbe (almeno in teoria) addirittura possibile osservare in lontananza la nostra galassia ... com'era una decina di miliardi di anni fa: naturalmente non saremmo in grado di riconoscerla!

(vedi "L'universo Matematico" di Max Tegrmark, cap 4 e 5).


(16) Quando una galassia si allontana da noi a velocità iperluminare diciamo che esce dal nostro orizzonte.

(17) Il raggio della sfera di Hubble dovrebbe coincidere con la distanza percorsa dalla luce durante la vita dell’Universo, 13.8 miliardi di anni luce.

In realtà potrebbe essere leggermente più lungo a causa della non regolarità di variazione della costante di Hubble durante le varie fasi evolutive; le stime variano nell'intervallo tra i 14 ed i 16 miliardi di anni luce.

(18) La velocità di espansione dell'Universo non è sempre stata costante, quindi la scala sull'asse "t" non risulta omogenea: ciò significa che se prendiamo il punto mediano del segmento "BB-O" e ricaviamo la lunghezza della circonferenza dia tale raggio, essa NON rappresenta la dimensione dell'universo quando la sua età era la metà di quella attuale.

(19) Ogni punto dell’Universo possiede un proprio orizzonte degli eventi, tuttavia esiste una relazione tra sfera di Hubble e l'orizzonte cosmologico globale.

La sfera di Hubble è una regione sferica dell'universo definita da un raggio determinato dall'inverso della costante di Hubble; dunque ogni punto dell'universo possiede una propria sfera di Hubble che rappresenta il limite entro il quale gli oggetti si allontanano da quel punto a velocità inferiori a quella della luce.

L'orizzonte cosmologico (orizzonte degli eventi cosmologico) è il limite massimo oltre il quale nessuna informazione potrà mai raggiungere un osservatore, neanche viaggiando alla velocità della luce, a causa dell'espansione accelerata dell'universo.

A differenza della sfera di Hubble, che cambia nel tempo con la variazione del valore della costante di Hubble, l'orizzonte cosmologico dipende dall'evoluzione complessiva dell'universo.

Nel lungo periodo, man mano che l'universo si espande e il valore della costante di Hubble diminuisce, il raggio della sfera di Hubble potrebbe avvicinarsi sempre più all'orizzonte cosmologico: tuttavia ciò richiede un tempo infinito poiché l'orizzonte globale rappresenta un limite asintotico.

In altre parole, mentre la sfera di Hubble rappresenta una misura locale e temporanea, l'orizzonte globale è una frontiera assoluta che descrive il destino cosmologico dell'universo.

(20) La maggior parte degli oggetti che oggi visibili hanno passato un periodo di tempo in cui la loro velocità di regressione era maggiore di quella della luce, ossia erano esterni alla sfera di Hubble e non li potevamo vedere.

In futuro, come ho già spiegato, spariranno nuovamente dalla nostra vista in quanto spinti oltre il nostro orizzonte dall'espansione dell'universo (accelerata o meno che sia).




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