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venerdì 2 maggio 2025

Freeman Dyson, il visionario: un motore per spostare le stelle e risparmiarci un tetro lontano futuro.

Tra la fine del 1998 e l'inizio del 1999 due team di astronomi - tra i quali ricordiamo Riess, Perlmutter e Schmidt - grazie ad osservazioni che avevano come obiettivo le supernove di tipo Ia (1) recuperarono sufficienti indizi a conferma dell'espansione accelerata del nostro universo, suffragando così l’ipotesi dell’esistenza di una forma di energia all’origine del fenomeno sino a quel momento sconosciuta. Fu Michael S. Turner, un cosmologo americano in forza all'Università di Chicago (Fermilab), ad usare per primo il termine energia oscura per riferirsi alla misteriosa componente: dapprima nel corso di una conferenza, in seguito nel testo di un articolo pubblicato nel 1999 dal titolo "Dark Energy and the New Cosmology". Superato un primo momento di sorpresa, la comunità scientifica iniziò a considerare le implicazioni di tale scoperta sull'evoluzione di lungo periodo del nostro universo, e ben presto parve chiaro che, in un remoto futuro, la velocità di allontanamento delle galassie supererà quella della luce portando così oltre l’orizzonte osservabile tutto quanto sia esterno al gruppo locale di cui fa parte la nostra.

Nel luglio 2001 Abraham (Abi) Loeb - all'epoca in forza al Dipartimento di Astronomia di Harvard - scrisse un articolo dal titolo “Long-Term Future of Extragalactic Astronomy” e lo caricò sulla piattaforma arXive (poi pubblicato nel febbraio 2002 su Physical Review D volume 65, articolo 047301) nel quale trattava il tema della futura scomparsa dell'astronomia extragalattica e delle ricadute che avrà sulla ricerca scientifica e sulla cosmologia: "... allora nessuno più avrà la possibilità di vedere il Big Bang o le altre galassie ...". (2)

Nel suo recente saggio Interstellar, Loeb ricorda di esser stato contattato nel mese di novembre 2001 da Freeman Dyson:

"... quando l'espansione accelerata dell'universo fu scoperta oltre vent'anni fa, pubblicai uno studio a proposito delle tetre implicazioni che ciò aveva per il futuro a lungo termine dell'astronomia e dell'umanità: una volta che l'età dell'universo si sarà moltiplicata per dieci, rimarremo al buio nello spazio vuoto senza alcuna galassia esterna visibile oltre la nostra.

Freeman Dyson, che ebbe l’occasione di leggere l'articolo ancor prima della sua pubblicazione, mi scrisse nel 2001 una email in cui esprimeva preoccupazione per un tale triste futuro e proponeva un’idea visionaria per contrastarlo: muovere stelle! "

Dyson suggeriva la possibilità che civiltà avanzate del futuro sarebbero state in grado di costruire giganteschi “motori stellari” per spostare stelle vicine verso un unico punto comune, formando così una galassia artificiale. (3)

"... se l'umanità riuscisse ad Impadronirsi di una tale tecnologia, anche quando l’espansione cosmica renderà invisibili ai nostri lontani eredi tutte le galassie esterne, questi si troverebbero ad aver a disposizione un’enorme riserva di materia (stelle, pianeti, energia, una “supergalassia locale”) concentrata localmente per sopravvivere e continuare a evolversi ..."

“... Se non vogliamo restare soli in un universo vuoto, dobbiamo raccogliere stelle … e dobbiamo iniziare adesso a studiare come fare! ...” - fu la conclusione di Dyson.

Questo monito ha ispirato successivi lavori di Loeb, quali ad esempio l’articolo “Securing Fuel for Our Future” pubblicato su Scientific American nel gennaio 2011, dove l'autore si interroga su come spostare intere popolazioni di stelle usando la loro energia per “navigare” attraverso la galassia.

“... An advanced civilization should act promptly, before cosmic expansion renders the gathering of fuel impossible ...” diventa il mantra di Loeb.

Per sopravvivere e disporre di energia sufficiente una civiltà avanzata dovrebbe identificare stelle di lunga durata (stelle di piccola massa, tipo le nane rosse che vivono trilioni di anni) e costruirvi intorno "motori" per spostarle, raggruppandole così in un ammasso gravitazionale compatto, una "super-galassia" artificiale ed autosufficiente.

Data di inizio dei lavori: il più presto possibile, prima che le stelle si disperdano troppo lontano.

Il "tempo utile" è infatti limitato poiché, stima Loeb, "... entro circa 100 miliardi di anni le galassie più lontane saranno completamente fuori dal nostro orizzonte osservabile ..."

L’idea più semplice ed elegante per realizzare opere di “ingegneria stellare” è il cosiddetto Motore di Shkadov. (4)

Si tratta di costruire un’enorme specchio o una vela riflettente da dispiegare vicino ad una stella, così che sia in grado di riflettere parte della sua luce da un lato.

In questo modo viene generata una spinta asimmetrica: la radiazione riflessa spinge la stella nella direzione opposta (un po' come un motore a razzo).

La stella inizierebbe così a muoversi lentamente nella direzione opposta allo specchio. (5)

Non si tratta certo di un’accelerazione enorme - parliamo di centinaia di metri al secondo su migliaia o milioni di anni - ma nel lungo termine sufficiente a spostare la stella su grandi distanze e così permettere la costituzione di una riserva di materia quale possibile soluzione per fermare (o quanto meno rallentare) la sua dispersione conseguente l'espansione accelerata dell'universo.

"... Oggi le stelle sono sparse nella galassia; se approfittiamo nei prossimi miliardi di anni dell'uso di tali motori stellari, saremo in grado di avvicinarle a (e concentrarle in) un nucleo centrale, cosicché in un futuro remoto, quando l'universo esterno diventerà invisibile, disporremo comunque di una super-galassia compatta che garantirà ai nostri lontani posteri energia e risorse praticamente per sempre ..."

Loeb passa poi ad analizzare un "calendario operativo" che una civiltà avanzata intenta a "raccogliere stelle" dovrebbe imporsi.

Cerca così di dare una risposta a domande quali:

  • "quanto tempo essa avrebbe a disposizione?",

  • "su che tipo di stelle converrebbe concentrare l'azione?",

  • "a seconda dell'intervallo di tempo trascorso dal Big Bang, a che distanza massima potrebbe ancora agire prima che l'azione dell'energia oscura renda impossibile l'operazione?".

Il grafico allegato mostra sino a quale distanza tale civiltà potrebbe spingersi nella raccolta di stelle (espressa in anni luce), in funzione del tempo (da oggi sino a 100 miliardi di anni nel futuro) e della velocità con cui può inviare missioni.

Ognuna delle 3 linee disegnate rappresenta una diversa frazione della velocità della luce, un grado di sviluppo della tecnologia che permette viaggi spaziali:

  • quella azzurra (<0.001% della velocità della luce) potrebbe esser relativa a sonde con propulsione chimica avanzata;

  • quella arancio (1% di c) relativa a velivoli tipo quelli progettati nell'ambito dell'iniziativa Breakthrough Starshot, (6)

  • quella verde (circa 10% di c) relativa a velivoli che utilizzino tecnologie molto avanzate, forse fotoniche o fusione avanzata.

Una civiltà in grado di inviare missioni all’1% di c ha circa 60 miliardi di anni di tempo per raggiungere stelle fino a circa 600 milioni di anni luce, ma più aspetta a mettere in cantiere il progetto, meno lontano potrà andare perché l'espansione accelera e le stelle si spostano oltre l'orizzonte.

Un esempio di possibile tabella operativa:

Frazione di c Orizzonte attuale "Scadenza" utile (anni nel futuro)

0.001 (0.1%) ~100 milioni di anni luce ~95 miliardi

0.01 (1%) ~1 miliardo di anni luce ~80 miliardi

0.1 (10%) ~10 miliardi di anni luce ~50 miliardi


Il tipo di stelle sulle quali converrebbe concentrare l'azione:

E' opportuno scegliere stelle dotate di vita operativa molto lunga: ad esempio le nane rosse, la cui massa è pari a circa la metà di quella del Sole, hanno un orizzonte di vita pari a trilioni di anni.

Le si possono trovare negli aloni galattici, nei filamenti cosmici e nelle galassie nane.

In uno scenario di raccolta stellare cerchiamo poi di stimare il numero totale di stelle che una civiltà avanzata potrebbe raccogliere nell'intervallo dei 100 miliardi che ci rimarrebbero, a seconda della tecnologia di propulsione usata:

Quanta massa stellare potrebbe essere raccolta da una civiltà che costruisse un'infrastruttura per “accumulare” stelle prima che l’universo acceleri oltre ogni possibilità di recupero?


Vel della Max Distanza N. di stelle Massa totale missione raggiungibile (in masse solari)

0.1% di c ~95 milioni di AL ~3×10²° ~9.3×10¹⁹

1% di c ~800 milioni di AL ~1.9×10²³ ~5.56×10²²

10% di c ~5 miliardi di AL ~4.5×10²⁵ ~1.36×10²⁵

Ciò significa che anche disponendo di soli mezzi “lenti” (~0.1% di c) si potrebbero raccogliere più stelle di quante ne contenga l’intero Gruppo Locale.

Salendo all'1% di c si arriva alla raccolta di numeri confrontabili con interi supercluster.

Al 10% di c, una civiltà avanzata potrebbe raccogliere una frazione significativa dell’universo visibile prima che l'espansione la isoli.

Per paragone, la Via Lattea è costituita da ha circa 10¹¹ stelle pari a ~3×10¹° masse solari; pertanto una civiltà dotata di una tecnologia che le permetta viaggi con una velocità pari al 10% di c potrebbe accumulare una massa stellare equivalente ad oltre 10 milioni di galassie come la nostra.

Possiamo immaginare la sua isola gravitazionale come una sfera artificiale contenente:

  • trilioni di nane rosse selezionate;

  • un'energia futura garantita per trilioni di anni;

  • tutto quanto "sigillato" contro l'espansione accelerata dell’universo.

Il secondo grafico allegato, quello ad istogrammi, ci permette di visualizzare questa "sfera di sopravvivenza cosmica" rispetto al Gruppo Locale:

Allo 0.1% della velocità della luce, si raggiunge una sfera quasi 20 volte più grande del Gruppo Locale.

All' 1% di c, il raggio supera di 160 volte quello del Gruppo Locale.

Al 10% di c, si parla di una sfera più grande di 1000 volte in termini di raggio – e un miliardo di volte in termini di volume.

L'ultimo istogramma rosso rappresenta invece la grandezza dell'universo osservabile (attuale).

In conclusione l'analisi di Loeb ci offre una riflessione sulla vastità dell'universo e sulle sfide tecnologiche ed energetiche che una civiltà avanzata si troverebbe a dover fronteggiare nell'interagire con l'intero cosmo.

Pur possedendo tecnologie avvenieristiche, quali la possibilità di realizzare motori tipo quello di Shkadov e quella che consenta di viaggiare al 10% della velocità della luce, i limiti posti dalle distanze cosmiche rimarrebbero enormi.

La sfera di raccolta stellare, sebbene costituita da milioni di miliardi di stelle, rappresenterebbe ancora una frazione minuscola rispetto all'universo osservabile - un piccolo punto nel vasto tessuto dell'universo - e per una tale civiltà la sopravvivenza a lungo termine in un universo sempre più isolato potrebbe diventare una delle sfide fondamentali.



Note:

(1) Le supernove di tipo Ia sono ottime "candele standard", e cioè oggetti con luminosità prevedibile: misurando la loro luminosità apparente a grandi distanze, si può infatti capire quanto rapidamente si sia espanso l’universo nel passato.

Dalle osservazioni condotte si ottenne un risultato del tutto inaspettato: l’espansione dell’universo, invece di rallentare per la gravità, risultava accelerare.

Doveva dunque esistere una forza repulsiva la cui natura era sconosciuta.

(2) In un universo in espansione accelerata, in un futuro lontano, le galassie esterne al Gruppo Locale (che include la Via Lattea e Andromeda) diventeranno invisibili in quanto la velocità con cui si espanderà lo spazio che le contiene supererà - oltre certe distanze - quella della luce.

Civiltà che si svilupperanno in un lontano futuro non avranno prove osservabili del Big Bang, della radiazione cosmica di fondo o dell'esistenza di altre galassie: i loro scienziati penseranno di vivere in un universo statico, isolato, poiché sarà loro preclusa la possibilità di ricostruirne la storia osservativa.

Nel breve articolo, in tutto 4 pagine, Loeb riflette su quanto sia raro e speciale vivere in un'epoca "privilegiata", in cui noi possiamo ancora vedere l'universo primordiale (rilevare la radiazione cosmica di fondo), studiare altre galassie e quindi comprendere la storia cosmica.

(3) «… dato che l’espansione accelerata dell’universo allontanerà progressivamente tutte le galassie visibili al di fuori del nostro gruppo locale, una civiltà intelligente e lungimirante dovrebbe iniziare, per tempo, a radunare stelle vicine, portandole in prossimità le une delle altre, prima che si perdano oltre l’orizzonte cosmologico.

In questo modo, si potrà costruire una riserva di materia ed energia che garantirà la sopravvivenza della civiltà nel futuro remoto, quando il resto dell’universo sarà irrimediabilmente inaccessibile ...»

(4) Il Motore stellare di Shkadov (Shkadov Thruster) prende il nome da un'idea formalizzata da Leonid Mikhailovich Shkadov, fisico ed ingegnere sovietico, nell'articolo "Possibility of controlling solar system motion in the Galaxy", pubblicato nel 1987 sugli Acta Astronautica (Volume 5, 1987, pagine 697–705).

Presa coscienza dei numerosi pericoli per la nostra specie che potremmo incontrare mentre il sistema solare compie un giro completo intorno alla Via Lattea ogni 250 milioni di anni (alcuni dei quali forse hanno causato le grandi estinzioni del passato) - collisioni con nubi interstellari, incontri ravvicinati con buchi neri, pulsar, supernove ed altri fenomeni violenti -, Shkadov si era chiesto se risultasse possibile modificare la rotta imposta al nostro Sole dalla gravità.

Nell'articolo citato l'autore descrive un modo per spostare un'intera stella "senza bisogno di spingere da dietro", cioè senza l'utilizzo di motori tradizionali: costruire vicino all'astro una struttura enorme, quale una mezza sfera specchiante oppure un gigantesco specchio, la cui superficie rifletterebbe parte della radiazione in una sola direzione.

Il flusso sbilanciato di fotoni produrrebbe così una spinta di reazione adatta a far muovere lentamente la stella in direzione opposta.

(5) Usando il motore di Shkadov risultano necessari circa 24,4 milioni di anni per spostare una stella con massa e luminosità pari a quelle del Sole ad una distanza di circa 1 anno luce; grazie all'accelerazione progressiva ci vorranno "solo" 77 milioni di anni per uno spostamento pari a 10 anni luce.

Dopo aver viaggiato per 10 anni luce spinto dal motore di Shkadov, il Sole raggiungerebbe una velocità finale di circa 775 m/s, quasi tre volte la velocità di un aereo di linea e poco più del valore della velocità di fuga dal Sistema Solare (pari circa a 600 km/s)

(6) Ho parlato già del progetto Breakthrough Starshot in un post pubblicato il 7 agosto 2023; una missione interstellare costituita da una flotta di piccole vele solari accelerate con impulsi laser inviati dalla Terra (si stima siano necessari 100 Gigawatt di potenza) che permetterebbero di farle raggiungere quasi 1/5 della velocità della luce.

(**) Per chi ne fosse interessato, riporto qui di seguito l'abstract dell'articolo "The Long - term future of extragalactic astronomy" (2001) di Avi Loeb:

"... Se la densità energetica attuale dell’universo è effettivamente dominata da una costante cosmologica, allora le sorgenti ad alto redshift rimarranno visibili solo fino a quando raggiungono una certa età finita nel loro sistema di riferimento. La radiazione emessa oltre quell’età non ci raggiungerà mai, a causa dell’accelerazione dell’espansione cosmica, e quindi non sapremo mai come appaiono queste sorgenti quando invecchiano.

Man mano che l’immagine di una sorgente si “congela” in un preciso momento della sua evoluzione, la sua distanza di luminosità e il suo redshift continuano a crescere esponenzialmente nel tempo di osservazione.

Quanto maggiore è il redshift attuale di una sorgente, tanto più giovane apparirà quando svanirà dalla vista.

Per l’insieme più accreditato di parametri cosmologici, mostro che una sorgente con redshift z=5–10 sarà visibile solo fino a un’età compresa tra 4 e 6 miliardi di anni. Qualsiasi tentativo di mettere in relazione le proprietà delle sorgenti ad alto redshift con quelle delle loro controparti odierne rimarrà indiretto, anche se continuassimo a osservare queste sorgenti per un tempo infinito.

Esse non saranno più visibili quando raggiungeranno l’età attuale dell’universo. ..."



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