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lunedì 13 aprile 2020

I fenomeni emergenti, la coscienza ed il tempo: le riflessioni di un dopo pranzo pasquale.


Il concetto di “fenomeno emergente” (1), suggerito dall’osservazione che - specie in presenza di fenomeni complessi -  "il tutto" sembri risultare maggiore della somma delle parti, gode oggi di gran prestigio nel mondo scientifico.

Ragione di questa sua fama è il fatto che appare in grado di disinnescare la visione materialistico-riduzionista, conseguenza degli esperimenti condotti da Benjamin Libet (2) e più di recente da John-Dylan Haynes (3) i cui risultati paiono aver smentito l'esistenza del cosiddetto "libero arbitrio";  attraverso l'uso della fMRI i due autori riuscivano ad identificare - con anticipo di qualche secondo - scelte assolutamente discrezionali operate da soggetti usati come cavia, dimostrando così che ogni nostra azione potrebbe costituire il risultato dell'esecuzione di un complesso algoritmo biochimico, modellato dall'evoluzione ed insito nel nostro cervello, al momento non ancora decifrabile dall'attuale tecnologia (4).

Alla povertà di questa visione viene contrapposto il concetto di "coscienza" (da intendersi qui come consapevolezza, dall'inglese "consciousness") come fenomeno emergente, un qualcosa che trascende la chimica che ne sta alla base.
Non si manifesta infatti in presenza di un singolo neurone, o di un piccolo gruppo, ma necessita di un agglomerato che ad un certo punto assume una specifica proprietà da noi definita con quel termine.
Si pensi alla formazione del feto ed al suo sviluppo: ad un certo punto della crescita si manifesta una "presa di coscienza", un fenomeno che non ha caratteristica puntuale, ma si raffina con il passare del tempo.  La coscienza del bimbo appena nato è sicuramente di un grado inferiore rispetto a quella dell'adulto: possiamo tuttavia immaginare esista un momento esatto (determinato dall'accumulo di una quantità determinata di neuroni di un qualche tipo?) prima del quale essa non sia presente del tutto.

Un altro fenomeno emergente, più semplice da verificare, riguarda una caratteristica specifica dell'acqua.
Una singola molecola di H2O non è “umida”: tale proprietà infatti si manifesta solo in presenza di un certo numero di molecole d'acqua, quasi esistesse una soglia (un richiamo alla teoria delle catastrofi?), a partire dal quale inizia a manifestarsi ciò che definiamo “umidità”.

La vita è forse il fenomeno emergente più studiato e tuttavia ancora misterioso: come può succedere che da molecole inorganiche improvvisamente compaia una o più molecole organiche? La vita come la conosciamo noi è un punto di arrivo dell'evoluzione dell'universo o emergeranno (o sono già emerse) organizzazioni di ordine superiore alle quali le nostre forme di vita organica sembreranno solo una fase di transizione?

Così come per l'acqua, la vita e la coscienza, anche il tempo stesso - secondo recenti teorie sviluppate nell'ambito delle neuroscienze - non sarebbe qualcosa di assoluto, ma un fenomeno destinato ad emergere come conseguenza di una conoscenza incompleta dell’universo da parte degli esseri umani.

Dean Buonomano (5) ci ricorda che - a differenza di quanto succede per lo spazio - non siamo dotati di organi che percepiscano direttamente il trascorrere del tempo: nel corso dell'evoluzione il cervello ha adattato a tal fine circuiti in precedenza incaricati di rappresentare e capire lo spazio, tant'è che in tutti i linguaggi del pianeta si usano metafore spaziali per descrivere situazioni relative al tempo ("lontano nel tempo, l'istante vicino, tornare indietro nel tempo, accorciare un intervallo di tempo").

Le teorie filosofiche sulla natura del tempo sono raggruppabili in due classi:

1) il "presentismo", secondo il quale solo il presente è reale: il passato è già esistito ed il futuro deve ancora esistere, dunque aperto a molteplici possibilità che in qualche modo dipendono dalle nostre azioni.
E' coerente con la nostra sensazione del passare del tempo, e ci fornisce una rassicurante sensazione di controllo sulla realtà presente e futura.
E' la visione abbracciata dalle neuroscienze, cui oggetto di studio è il cervello: uno strumento complesso che permette a chi lo possiede di prendere decisioni nel presente - basandosi sui ricordi del passato (esperienza) - finalizzate ad accrescere il nostro benessere futuro.
La funzione evolutiva svolta dalla memoria - cioè la giustificazione del fatto che l'evoluzione abbia prodotto esseri dotati di un cervello - consiste nell'aver permesso agli animali (categoria della quale facciamo parte anche noi sapiens) di prevedere cosa potrà accadere e capire come reagire di conseguenza.

2) "eternalismo", secondo il quale passato, presente e futuro non soltanto esistono e sono reali, ma sono anzi un tutt'uno inseparabile.
L' "adesso" sta al tempo come il "qui" sta allo spazio: l'universo è un blocco quadridimensionale ed il flusso del tempo non è che un'illusione.
Il tempo non scorre nè passa: è la visione abbracciata dalla fisica (a partire da Einstein) e dalla filosofia contemporanea.

Buonomano sottolinea come "tempo" sia un termine che riassume 3 diversi concetti:
- il tempo naturale (la natura del tempo),
- il tempo meccanico (cioè la misura locale di cambiamento, un orologio)
- ed il tempo soggettivo (la percezione cosciente del tempo).
Quest'ultimo è un costrutto del nostro cervello che ci permette di "sentire" il tempo naturale e quello meccanico, e non esiste al di fuori di esso. 
Per spiegare meglio cosa possa significare un concetto come questo possiamo riferirci ai colori che vediamo: non esistono, se non nel nostro cervello, ma sono un mezzo per fare esperienza della lunghezza d'onda della luce visibile.

Il cervello, conclude Buonomano, è "una macchina del tempo" che non solo serve a misurare il tempo e prevedere il futuro, ma permette a noi umani (e solo a noi, per quanto ne sappiamo finora) di proiettarci nell'avvenire, consentendoci di sopravvivere: semino oggi per potermi sfamare domani, intaglio l'ossidiana che ho appena trovato per ottenere uno strumento in vista di un suo uso futuro. 
Ad un certo punto, prefigurandoci il futuro, abbiamo compreso che la nostra vita è limitata (6).

Viene naturale chiedersi a questo punto: in questa visione dei fenomeni emergenti, dove possiamo collocare le intelligenze artificiali (AI) con le loro peculiari abilità che già oggi le rendono capaci di superare l'abilità umana in molti contesti?

Ho già trattato sul mio blog (https://davidemolinapersonale.blogspot.com/) delle capacità possedute da algoritmi di AI che permettono loro di scoprire originali strategie in giochi complessi come il "Go" vincendo gli sfidanti umani, di imparare in modo autonomo dai big data, di imitare lo stile di un certo pittore creando tele con nuovi soggetti che sembrano realizzati da quest'ultimo, di assumere le capacità compositorie di uno specifico musicista e riuscire ad ingannare specialisti che scambiano la musica così composta per una sua creazione, di raccontare nuove storie nello stile di uno scrittore, di sviluppare giochi linguistici o comporre articoli per un giornale.

Parlando della creatività nelle sue diverse forme (7) ho indicato come limite - per ora - invalicato da parte delle AI quello rappresentato dalla capacità creativa "trasformativa", quella che si manifesta nel momento in cui si cambiano regole o convenzioni.
Circa invece le creatività "esplorativa" - esplorare qualcosa che già esiste cercando di raggiungerne i limiti, senza tuttavia violarne i confini posti dalle regole in vigore - e "combinativa" - prendere due elementi originati da ambiti completamente diversi, ognuno soggetto alle sue regole, e nel metterli insieme cosicché le regole che governano un ambito suggeriscano una nuova cornice per l'altro -, le AI sanno oramai fare meglio di noi.

Marcus du Sautoy nel suo saggio "il codice della creatività" riconosce alle AI - la cui base è sicuramente meccanica (si tratta infatti di codici scritti da programmatori che girano su computers composti da circuiti elettronici) - la capacità di porsi in un "terreno di mezzo".
E' indiscutibile il fatto che il programmatore abbia insegnato alla AI come apprendere (analisi dei set di addestramento che può avvenire con o senza supervisione umana), tuttavia lo stesso processo di apprendimento e l'elaborazione dei dati viene svolto in maniera autonoma; l'individuazione della strategia per risolvere il problema assegnato avviene infatti tramite un processo non trasparente al programmatore, ed in tale occasione l'AI da l'illusione di assumere una qualche forma di coscienza.

Non ci siamo ancora trovati davanti ad un fenomeno di emersione di una coscienza "artificiale", ma, come nel caso dell'addizione progressiva di molecole d'acqua, questa potrebbe ad un certo punto presentarsi spontaneamente, e magari in un modo che non siamo in grado di rilevare!

Su questo tema (e su molti altri) si sono confrontati Yuval Noah Harari e Max Tegmark in un Pod rilasciato dal Future of Life Institute (FLI) il primo gennaio 2020 (8).
Entrambi coinvolti nel dibattito pubblico sui rischi connessi alla creazione in un prossimo futuro di una AIg (creazione volontaria, casuale o emersione spontanea) ritengono plausibile che ad un certo punto l'umanità, per la prima volta nella sua storia, si trovi di fronte ad esseri artificiali "super intelligenti ma completamente non coscienti".
La sola possibilità che si verifichi un fatto come questo ci deve porre di fronte ad interrogativi profondi.
Filosofia e religioni hanno da sempre attribuito ad intelligenze superiori un grado di consapevolezza: "dio è intelligentissimo ed infinitamente buono", "il diavolo è intelligentissimo ma cattivo".
Alla presenza di intelligenza cioè è sempre stato collegato un concetto morale: e la morale ha fondamento sull'esperienza soggettiva.
In questo aspetto consisterebbe la coscienza.

Tegmark si chiede come si possa sapere con certezza quali tipi di elaborazione delle informazioni siano consapevoli e quali no.
In passato si pensava che la sofferenza di schiavi ed animali non "contasse" in quanto privi di "anima": solo di recente ci siamo resi conto delle sofferenze inflitte ad esseri consapevoli a causa di errori di questo genere.
Escludere a priori che le AI del futuro possano provare alcun tipo di esperienza rischia di farci replicare lo stesso errore, infliggendo alle stesse grandi sofferenze.
Di conseguenza è importante portare avanti studi sulla coscienza (di cui non sappiamo quasi nulla) di pari passo con quelli sullo sviluppo dell'intelligenza.
Può esistere una "coscienza artificiale" come esiste una "intelligenza artificiale"?
Nell’uomo e negli animali finora intelligenza e coscienza sono sempre state trovate insieme, ma questa potrebbe non essere una legge di natura che valga in generale.
Harari definisce l'intelligenza come l’abilità di risolvere problemi, mentre la coscienza/consapevolezza come la capacità di provare sentimenti quali dolore e piacere, amore e odio.

Forme di vita superiori - quali noi uomini, i mammiferi e forse anche le altre specie animali - sorprendentemente risolvono gran parte dei problemi rilevanti per la loro sopravvivenza "provando sentimenti" più che attraverso l'intelligenza: con chi accoppiarci, a chi affidare i nostri soldi, chi votare sono soltanto alcuni esempi.

Mi chiedo a questo punto se la pratica di affidarci alle sensazioni/sentimenti non prenda il sopravvento nel momento in cui ci troviamo di fronte ad una mole di dati che non riusciamo a gestire attraverso un ragionamento razionale.

Le AI oggi esistenti prendono decisioni in modo totalmente diverso: pur non essendo consapevoli, sono in grado di decidere meglio di noi in parecchi campi.
Aumenterà la loro intelligenza e rimarranno per sempre incapaci di provare esperienze, quindi privi di coscienza, o ci accorgeremo, magari in ritardo, che sarà emersa al loro interno una coscienza artificiale della quale non ci saremo accorti fino a quel momento?

E' una domanda alla quale oggi non sappiamo rispondere ma della quale dobbiamo tener conto per evitare errori come in passato.



Note e riferimenti:

(1) vedi la voce "emergentismo" su wiki:
"...nel corso dell'evoluzione naturale emergono fenomeni nuovi e imprevedibili in base alla conoscenza degli stadi evolutivi precedenti. Tali fenomeni, tra i quali la vita e la mente, non hanno nulla di soprannaturale e tuttavia le loro proprietà non sono deducibili da quelle delle componenti dei sistemi naturali ai quali essi sono associati..."

https://it.wikipedia.org/wiki/Emergentismo

(2) vedi: https://davidemolinapersonale.blogspot.com/2019/03/libero-arbitrio-e-libera-volonta-i.html

(3) vedi: http://citeseerx.ist.psu.edu/viewdoc/download?doi=10.1.1.520.2204&rep=rep1&type=pdf , una lettura suggeritami la scorsa estate dal fisico Carlo Rovelli.

(4) posizione di Yuval Noah Harari espressa in "21 lezioni per il XXI secolo"

(5) vedi i suoi studi sul timing, tra i quali "il tuo cervello è una macchina del tempo" e https://royalsocietypublishing.org/toc/rstb/2014/369/1637 curato da Valter Tucci (autore de "i geni del male")

(6) vedi Danilo Mainardi nella parte finale del post  https://davidemolinapersonale.blogspot.com/2019/10/anche-i-piccioni-credono-in-dio-le.html

(7) vedi  https://davidemolinapersonale.blogspot.com/2020/01/il-significato-del-termine-creativita.html

(8) vedi https://futureoflife.org/2019/12/31/on-consciousness-morality-effective-altruism-myth-with-yuval-noah-harari-max-tegmark/

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