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mercoledì 29 gennaio 2020

Il significato del termine creatività ed il "codice umano".


L'ultima pubblicazione del matematico inglese Marcus du Sautoy, "Il codice della creatività", stimola una riflessione su un tema tutt'altro che banale: la definizione di "creatività".
Cercando di dare una risposta alla domanda se anche le macchine (i computers e le IA che li governano) possano talvolta essere "creative" - ed in quale misura - ci costringe a chiederci cosa sia la creatività e come riconoscerla quando ce la troviamo di fronte.

Un primo passo consiste nell'ammettere che la creatività sia legata all'ambiente culturale in cui si manifesta ed al periodo storico: se fosse nato nel XVI secolo Picasso non avrebbe certo dipinto con lo stile che lo contraddistingue; qualora avesse anche provato a farlo non sarebbe stato "compreso" dai suoi contemporanei, e per poter vendere le sue tele sarebbe stato indotto a modificare il suo approccio artistico.

La definizione di creatività che ci offre du Sautoy è la seguente: "consiste nell'impulso a trovare qualcosa che contemporaneamente sia nuovo, sorprendente e di valore".

- "Nuovo" è una condizione scontata: ogni copia non può esser creativa in quanto "già creata" da altri in precedenza.
Tuttavia talvolta capita, specie nell'arte POP, che una copia servile di un oggetto diventi qualcosa di nuovo per la sua collocazione in un ambito concettuale.
Penso alle opere di Cattelan ad esempio: "la banana" oppure "il water closed" sono copia servile di qualcosa che già esiste nella realtà, ma la percezione che ricaviamo dalla loro vista fa sì che la nostra immaginazione li collochi in un contesto originale.  La banana non rappresenta più se stessa ma costituisce un richiamo ad un concetto inedito.

- "Sorprendente": siamo sorpresi quando ci aspettiamo qualcosa ed invece si presenta uno sviluppo diverso. Un colpo di scena!
Un software che esplori progressivamente il paesaggio frattale dell'insieme di Mandelbrot variando la scala adottata produce in maniera continuativa nuove immagini, spesso sorprendenti e piacevoli: può per questo esser definito "creativo"?

- "Di valore": è la condizione più difficile da soddisfare.
Di valore per chi, ci dovremmo chiedere? Proprio in questo momento ci renderemmo conto che la creatività è strettamente legata al giudizio della società all'interno della quale viene sviluppata.
Superato lo stupore per i primi paesaggi frattali, il software che li produce non viene più giudicato "di valore".
Un romanzo che pure tratti di un argomento originale, e che sia pur pieno di colpi di scena, non è detto che sia giudicato anche "di valore".
Kant ha provato a spiegare questo concetto parlando di "originalità esemplare", cioè di un atto originale che diventa di ispirazione per gli altri.
Du Sautoy si chiede se un algoritmo di IA possa soddisfare questa condizione, ed i vari esempi trattati nel testo cercano di dare una risposta valida sia per oggi che per un domani.

Sostiene che si debba partire dalla considerazione che le espressioni di creatività umana sono esclusivamente il prodotto di un'attività neuronale e chimica che si sviluppa nel nostro cervello: niente di più.
E' quello che lui chiama il "codice umano", scritto nel nostro cervello da  milioni di anni di evoluzione.
Analizzando in dettaglio la creatività umana, ne trova al cuore una serie di "regole" e si domanda se queste possano venir utilizzate per costituire un nucleo cui una IA possa attingere per creare qualcosa che ci dia l'impressione di esser stato creato da un cervello umano.
Oppure anche soltanto svolgere una funzione di catalizzatore per "scatenare la scintilla creativa" nel nostro cervello.

Margaret Boden (https://en.wikipedia.org/wiki/Margaret_Boden), scienziata cognitiva intervistata da du Sautoy, ha identificato 3 tipi di creatività umana:

- Esplorativa: consiste nell'esplorare qualcosa che già esiste cercando di raggiungerne i limiti, senza tuttavia violarne i confini posti dalle regole in vigore.
Un esempio potrebbe essere la musica di Bach che esplora i limiti del barocco senza violarne le convenzioni, cioè senza adottare il diverso sistema di regole che avrebbe caratterizzato la successiva "epoca classica" di Mozard e Beethoven.
Boden sostiene che circa il 97% della creatività umana sia di questo tipo: ed è il campo nel quale i computers eccellono, surclassando spesso gli esseri umani.
Tuttavia quando pensiamo ad un atto creativo veramente originale ci immaginiamo l'emergere di qualcosa di inatteso.

- Combinativa: consiste nel prendere due elementi originati da ambiti completamente diversi, ognuno soggetto alle sue regole, e nel metterli insieme cosicchè le regole che governano un ambito suggeriscano una nuova cornice per l'altro.
Grigorij Jakovlevič Perel'man (https://it.wikipedia.org/wiki/Grigorij_Jakovlevič_Perel'man), matematico russo, nel 2002 ha risolto la congettura di Poincaré - che resisteva da un secolo agli attacchi degli specialisti - procedendo con una strategia simile: studiando come un liquido scorre su una superficie, ha provato a classificare tutti i tipi di superficie che potrebbero esistere in base a questa proprietà.
Molte IA agiscono in questo ambito: combinano cioè diversi tipi di musica proponendo uno stile meticcio che "suona originale", mescolano le caratteristiche di tutti i dipinti di Rembrandt per ottenerne un nuovo Rembrandt inedito (https://www.nextrembrandt.com/), e così via.

- Trasformativa: è la forma più rara, quella che si manifesta nel momento in cui si cambiano regole o convenzioni.
Picasso con la pittura cubista, Joyce con l'Ulisse, Lobačevskij ammettendo l'esistenza di triangoli la cui somma degli angoli sia diversa da 180° (geometrie non euclidee): è un qualcosa che ricorda quello che in fisica si definisce "un cambiamento di stato" (acqua - ghiaccio).
Può esser ottenuto lasciando cadere un assunto in precedenza dato per scontato del tipo "qualsiasi numero elevato al quadrato deve sempre dare un risultato positivo", "la musica deve esser scritta all'interno di una scala armonica", "nei dipinti, sui volti gli occhi devono sempre stare da parti opposte rispetto al naso", e così via.
La creatività in questo caso è conseguenza di una rimodulazione dei vincoli, a patto però di trovarci con una nuova cosa "di valore" (nel significato che abbiamo già indicato).
Il contesto storico, come abbiamo rilevato in precedenza, gioca un ruolo importante: possiamo essere creativi solo all'interno della nostra cultura e della cornice di riferimento (un'opera giudicata creativa da una cultura diversa può risultare insignificante da parte di un'altra).
Un contributo da parte delle macchine è in questo caso difficile da immaginare: poiché le IA imparano come agire sulla base dei dati loro forniti (data sets) con i quali interagiscono, potremmo esser indotti a concludere che saranno condannate a produrre sempre la stessa cosa.
Un escamotage per superare questo limite è costituito dall'introduzione di una meta-regola che istruisca il computer a "cambiare rotta": talvolta ha funzionato, e du Sautoy ci offre un viaggio all'interno dei successi (e dei fallimenti) che ne sono scaturiti.

La Boden distingue poi tra "creatività psicologica" e "creatività storica".
L'individuo può spesso compiere un atto di creatività personale che per lui potrebbe costituire un qualcosa di nuovo, ma "storicamente" essere cosa vecchia: ad esempio la (ri)scoperta condotta in modo autonomo della dimostrazione di un teorema matematico, che invece è già nota alla comunità degli specialisti.  In questo caso si tratta di "creatività psicologica" perché legata esclusivamente all'individuo.
La "creatività storica" emerge invece quando qualcosa viene riconosciuto  come "nuovo" e contemporaneamente "di valore" anche dagli altri.
La scoperta di un nuovo teorema matematico ne costituisce un esempio.

Sicuramente più rara, la creatività storica può talvolta emergere incoraggiando la creatività psicologica: i ricercatori vengono in un certo senso "addestrati" durante i lunghi anni di studio a capire le modalità attraverso le quali i loro predecessori sono arrivati a scoprire qualcosa di nuovo.
Talvolta questo metodo "funziona" e si hanno risultati di valore.

Un'ultima nota, degna di attenzione, che riguarda in particolare la nostra società.
Come abbiamo detto, la "creatività trasformativa" si realizza soltanto lasciando cadere vincoli che erano stati posti in precedenza.
Tuttavia mettere in discussione i postulati costituisce una strategia pericolosa, che spesso porta in vicoli ciechi.
Ciò significa che la creatività deve essere disponibile ad accettare il fallimento, ad assumersi un alto rischio.
Nella nostra società il sistema imprenditoriale, che ne è l'ossatura principale, aborre il fallimento: troppo spesso chi ha fallito si porta dietro stigmate per lungo tempo, e la riprovazione della comunità.
In parole povere oggi la creatività nella sua forma più dirompente è frenata da convenzioni sociali.

Ricordiamo a questo punto l'aforisma di Samuel Beckett (https://www.unina.it/-/16470785-beckett-l-arte-del-fallimento-):
"Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio." 

Proprio questo è il principio alla base del sistema di apprendimento delle IA: scelte di volta in volta strategie a caso, vengono premiate quelle che producono risultati a scapito delle altre, e passo a passo viene costruita una strategia ottimale: l'esperienza dei fallimenti produce l'informazione necessaria a procedere in una direzione che presenti maggiori probabilità di essere la migliore.

Sottolineiamo infine una caratteristica specifica della programmazione "bottom-up" (quella tipica delle IA): il "processo" di premiazione/punizione che consente alla macchina la scelta di una determinata strategia avviene in modo non trasparente per l'operatore umano, tant'è che oggi si parla di "black box" relativamente alle modalità con le quali le IA risolvono i problemi loro posti.
Spesso i programmatori non capiscono come funzioni il codice finale creato dal computer, e non sanno pertanto dare giustificazione delle decisioni adottate dalle IA.  
Se non riusciremo ad evitare questa situazione (già da tempo si sta lavorando alle "white boxes"), in futuro saremo in balia delle decisioni delle IA senza poterle eventualmente valutare e contestare.
Sappiamo, dall'esperienza nel loro uso accumulata sinora, che esse sono sensibili ai bias (i pregiudizi) insiti nei set di addestramento utilizzati per preparale ad affrontare il loro compito.
Tra gli altri ricordiamo l'esempio del "robo-giudice", una IA che negli USA esamina le richieste di libertà sulla parola: un recente studio ha verificato che essa venga concessa più facilmente a coloro che sono di pelle bianca rispetto a chi non lo è.
La ragione sembra da ricercarsi nel fatto che questa particolare IA sia stata addestrata utilizzando la documentazione relativa ai casi esaminati in precedenza dai tribunali con un giudice "umano" che ne ha emesso una sentenza (d'altronde gli unici disponibili): storicamente il fatto di "avere la pelle nera" è sempre stata un'aggravante ed elemento di discriminazione.
Il bias insito nella raccolta di sentenze alla base dell'addestramento della IA-giudice si è così trasferito all'algoritmo di IA ed ai suoi outputs (le nuove sentenze).

Per ora fermiamoci qui.



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