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mercoledì 23 ottobre 2019

Anche i piccioni credono in dio? Le interpretazioni dell'esperimento condotto da Skinner alla fine degli anni '40.

Nel mio post precedente - che trattava di probabilità certezza ed affidabilità - ho affermato che ad un certo punto della loro storia i sapiens hanno inventato il concetto di "essere superiore" in reazione all'incertezza ed al peso morale di doversi assumere la responsabilità delle proprie azioni.

Uno dei passi che hanno portato a tale "concettualizzazione" è stato il diffondersi della superstizione tra gli individui della nostra specie, la cui manifestazione più evidente è l'adozione di comportamenti codificati - talvolta definiti con il termine di "riti" - nell'illusione di provocare in conseguenza il verificarsi di eventi ritenuti vantaggiosi.

Trovarsi di fronte all'incertezza, una situazione che genera ansia e quindi sofferenza, ancor oggi fa sì che ci sembri quasi naturale adottare comportamenti superstiziosi. 

- il tifoso sportivo, assistendo alla partita risolutiva del torneo, copia i comportamenti da lui tenuti in occasione di vittorie precedenti; 
- il candidato ad un esame tiene stretto in mano un "portafortuna" donatogli da chi "ci è già passato"; 
- il giocatore d'azzardo bacia la medaglietta appesa al collo prima di fare una puntata; 
- il fedele accende una candela votiva nella speranza di veder soddisfatto un desiderio.
Esempi come questi sono numerosissimi, ed alcuni ci riguardano in prima persona.

Anche se i riti sono diversi, alla loro base c'è uno schema comune: l'idea che la contiguità temporale tra due eventi implichi sempre un rapporto causale.

Se lascio cadere un bicchiere dal bancone del bar questo si infrangerà sul pavimento dopo qualche istante: quindi se in occasione della finale di campionato indosserò una maglietta verde bevendo latte e menta - cosa che ho fatto in occasione di una partita precedente vinta dalla mia squadra - posso pensare di aumentare le sue attuali probabilità di vittoria.

Tendiamo cioè a confondere una correlazione statistica con un rapporto causa-effetto.


Dean Buonomano nel suo saggio "Il tuo cervello è una macchina del tempo" sostiene che il motivo della persistenza di questo comune abbaglio, nonostante i grandi progressi della scienza e della matematica, sia legato al fatto che l'evoluzione non ci abbia dotati di un organo specifico per misurare il tempo.  

Due eventi, per esser in relazione causale, devono presentare contiguità sia spaziale che temporale, e la causa deve precedere sempre l'effetto.
Le relazioni temporali tra gli eventi sono infatti gli indizi più importanti per attribuire un senso al flusso di informazioni che ci arriva dai sensi: compare un essere coperto di pelo con quattro zampe artigliate ed i genitori dicono al bimbo: "guarda, il micio!".  
Col ripetersi della contiguità temporale tra l'immagine sulla retina ed il suono "micio", i circuiti neurali del bambino stabiliscono un collegamento tra i due stimoli.
Tuttavia ciò non basta a definire un rapporto causale.   

Nel caso classico del "condizionamento" si assiste alla presenza di due stimoli anche senza nesso causale: il cane di Pavlov reagisce al campanello come se questo fosse la causa della comparsa del cibo.

E' questo l'algoritmo primordiale che gli animali usano per prevedere il futuro, e sua caratteristica specifica è l'estrema sensibilità al grado di contiguità temporale: infatti se offro al cane il cibo un'ora dopo il suono del campanello, il condizionamento non funziona.

L'uomo sembra esser l'unica specie presso la quale possa esser creato un condizionamento con distanze di giorni, mesi od  addirittura anni: esempio classico è il collegamento che facciamo tra atto sessuale e parto.

Quando però gli intervalli si allungano, anche noi diventiamo miopi come gli animali: sappiamo bene che il fumo causa il cancro, ma soltanto dopo molti anni, e per questa ragione tendiamo a dare meno importanza al legame causale esistente.

Inconsciamente presupponiamo che l'ordine di enunciazione dei fatti rispecchi l'ordine in cui si sono svolti, cosa che è spesso fuoriviante: ad esempio l'affermazione "si sposarono e misero al mondo un bimbo" può significare che il secondo evento segue il primo o viceversa, tuttavia siamo portati a propendere per la prima ipotesi.

E' il meccanismo sfruttato sia dai prestigiatori (il pronunciare "abracadabra" prima della sparizione della moneta porta a pensare che la parola ne sia la causa) che dal banco dei casinò.
Prendiamo in considerazione il gioco del Blackjack: perché il banco vince più spesso? 
La ragione sta nel fatto che sia il giocatore ad iniziare a scoprire le carte e non il banco.
Giocando a caso - una volta iniziato il gioco alternandosi si continua a scoprire le carte senza mai decidere di fermarsi - giocatore e banco hanno entrambi il 50% di possibilità di raggiungere e/o superare il 17.
La differenza la fa la regola che stabilisce che quando il giocatore "sballa" per primo il gioco si interrompa: infatti non si va mai a verificare se anche il banco, venuto il suo turno di scoprire la carta, sballerà anche lui determinando così una situazione di parità.  Il giocatore ha perso e basta.
E' un esempio in cui il vantaggio del banco rimane invisibile al giocatore a causa del depistaggio temporale.

Come può formarsi un condizionamento temporale nel nostro cervello?

I circuiti neurali sono modellati dall'ordine degli eventi e dagli intervalli di tempo che li separano.
Strutture cerebrali sono le sinapsi (dalla forma approssimativa di filamenti) che connettono due neuroni, il primo indicato come "pre-sinaptico" ed il secondo "post-sinaptico".
Le sinapsi sono di due tipi:
1) eccitatoria: Il neurone presinaptico emette impulsi bioelettrici e la sinapsi eccitatoria invita il neurone post-sinaptico ad attivarsi;
2) inibitoria: cerca di mantenere tranquillo il neurone post-sinaptico.
Una caratteristica del nostro cervello è che deve procedere a "cablarsi da solo", cioè decidere autonomamente quali neuroni unire con le sinapsi, e quale tipo di forza assegnare alle sinapsi (ricordiamo che gli algoritmi governanti la forza delle sinapsi che si vengono a formare sono codificati dai nostri geni).
Una regola di apprendimento, chiamata STDP, chiarifica come l'asimmetria causa-effetto sia incorporata nelle nostre sinapsi: il neurone A è collegato al neurone B dalla sinapsi "x" ed il neurone B è collegato a sua volta ad A da una seconda sinapsi "y".
Se A viene attivato sempre prima di B, la prima sinapsi (quella che abbiamo chiamato "x") si rafforza perché significa che probabilmente A ha contribuito all'attivazione di B.  
Invece ipotizziamo la sinapsi "y" (direzione contraria, connette B con A) non si attivi mai: col tempo si indebolisce e ad un certo momento può scomparire.
Si ritiene pertanto che la capacità delle sinapsi di apprendere i nessi causa-effetto fra i neuroni spieghi in parte la nostra  capacità cerebrale di apprendere le relazioni che legano fra loro gli eventi del mondo esterno.

A questo punto dobbiamo chiederci se la nostra sia davvero l'unica specie, quanto meno sul nostro pianeta, ad esser in grado di mettere in atto comportamenti superstiziosi, cioè di andar oltre il mero condizionamento pavloviano.


Marcus du Sautoy nel suo libro "Il codice della creatività" esamina il comportamento degli algoritmi di auto-apprendimento che di recente hanno sconfitto campioni umani in giochi complessi come gli scacchi ed il Go.

Demis Hassabis, sviluppatore di DeepMind l'algoritmo che nel 2015 ha sconfitto il sud coreano Lee Sedol campione mondiale di Go, iniziò l'addestramento della sua IA facendola impratichire giocando al vecchio videogame Atari "Breakout" (che tutti noi conosciamo per averlo visto nei bar e nelle sale giochi degli anni '80 e '90).
Il gioco consiste nello spostare verso destra o verso sinistra una pala (presente nella parte inferiore dello schermo), ed intercettare così la traiettoria di una pallina facendola rimbalzare verso un muro (nella parte superiore dello schermo) i cui mattoni una volta da essa colpiti si disintegrano. 
Il fine è riuscire a distruggere tutto il muro impedendo alla pallina di uscire dalla parte inferiore dello schermo.
Non conoscendo le regole del gioco, l'algoritmo è stato programmato per calcolare l'effetto sul punteggio di uno spostamento a destra o sinistra della pala, e forte dell'esperienza mano a mano acquisita scegliere di volta in volta in che direzione e di quanto muovere la pala.
Le conseguenze di una singola mossa possono talvolta manifestarsi diversi secondi dopo, dunque l'algoritmo deve esser in grado di tener conto di un possibile ritardo: non sempre dunque è chiaro cosa sia stato nello specifico a causare un effetto.
Questa situazione evidenzia il punto debole degli algoritmi di Intelligenza Artificiale ad apprendimento autonomo: talvolta l'algoritmo trova una correlazione e la considera un rapporto causale, esattamente come capita a noi esseri umani.

Incredibilmente è stato trovato esempio dello stesso comportamento da parte dei piccioni nel corso di esperimenti condotti nel 1948 da Burrhus Skinner, psicologo americano: le conclusioni ricavabili dalla sua esperienza rivelano come il comportamento di questi volatili possa esser descritto con il termine "superstizioso".

Skinner confinava i colombi in alcune "scatole" dotate di videocamera per registrare quanto accadeva all'interno (da allora sono state indicate come "skinner box" nella letteratura specialistica).
Ad un orario preciso, veniva inserito un dispensatore di cibo chiuso con uno sportellino: gli animali-cavia sapevano per esperienza che il cibo era contenuto in questo contenitore, tant'è che al momento della sua comparsa nella skinner box mostravano eccitamento.
Tuttavia l'apertura dello sportellino che permetteva l'accesso al becchime era programmata dopo un intervallo di tempo.
Le riprese video, analizzate in seguito, mostrarono che qualunque azione casuale un piccione avesse fatto (dopo l'introduzione del dispensatore e prima dell'apertura dello sportellino), questa veniva da esso ripetuta ogni volta che il dispensatore appariva nella box.
Se ad esempio il soggetto aveva notato lo sportellino aprirsi appena dopo aver compiuto una giravolta a destra, ripeteva lo stesso comportamento ogni volta in presenza del dispensatore chiuso: nel caso il ritardo nell'apertura dello sportellino perdurasse più a lungo del solito, il suo "rito" assumeva caratteristiche compulsive, tipiche della dipendenza umana da gioco d'azzardo.   Il piccione dunque si illudeva che fossero i propri gesti la causa dell'apertura dello sportellino.
Tale comportamento è stato associato alla superstizione, ed è noto nella letteratura scientifica come "la superstizione del piccione".

Sebbene questi volatili possano maturare atteggiamenti "superstiziosi", basati su una falsa correlazione, dobbiamo tuttavia evidenziare che sono dotati di un cervello molto diverso da quello umano.

Esperimenti condotti successivamente dimostrarono che ad esempio i ratti non cadevano nello stesso tranello.
Nel loro cervello, così come nel nostro, è presente un’area chiamata “ippocampo” la quale sembra implicata nel cogliere le vere relazioni di causa-effetto: infatti se si procede a danneggiarne l’ippocampo, i topi adottano gli stessi atteggiamenti superstiziosi dei piccioni.
Devenport e Holloway, i ricercatori che condussero questi esperimenti, conclusero che, molto probabilmente, il processo evolutivo ha fatto sì che molti mammiferi sviluppassero l’ippocampo proprio come una sorta di “protezione” verso gli inganni del mondo esterno.

Anni dopo tuttavia Koichi Ono, ricercatore dell’Università Konazawa di Tokio, smentì la loro conclusione: costruì speciali "Skinner’s box" in cui inserire non più cavie animali bensì esseri umani, dimostrando con esperimenti che anche l’uomo, nonostante la presunta protezione dell’ippocampo, può assumere atteggiamenti superstiziosi ed irrazionali.


Questi comportamenti hanno una lunga storia biologica: se l'evoluzione li ha conservati sino ad oggi devono aver avuto una qualche importanza adattativa. 

Danilo Mainardi, etologo italiano scomparso recentemente, nel suo libro "L'animale irrazionale" sostiene questa tesi:
"...il pensiero razionale ha portato l'uomo ad indagare e svelare cose incredibili sull'universo intero ma allo stesso tempo lo ha anche messo di fronte alla caducità delle cose umane, contro la quale non c'è razionalità che possa aiutare...".

Per Mainardi dunque essere irrazionali, nella giusta misura, può costituire un modo efficiente per affrontare meglio una vita preoccupantemente transitoria.


https://it.wikipedia.org/wiki/Burrhus_Skinner
https://www.cicap.org/n/articolo.php?id=101608
https://it.wikipedia.org/wiki/Danilo_Mainardi
https://davidemolinapersonale.blogspot.com/2019/10/probabilita-certezza-ed-affidabilita.html



 







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