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venerdì 14 maggio 2021

L'incredibile viaggio nel tempo dell'Apollo 8 ed il "paradosso dei gemelli" che paradosso non è.

Frank Borman, James Lovell e William Anders sono stati il primo equipaggio umano a lasciare l'orbita terrestre e circumnavigare la Luna a bordo dell'Apollo 8, autori del famoso scatto "Earthrise" definito la prima foto di gruppo dell'umanità (1).


Dalla relatività ristretta sappiamo che un corpo in movimento con una velocità "v" rispetto ad un altro sperimenta una "dilatazione temporale" contemporaneamente ad "contrazione dello spazio" in direzione del movimento (2).
La comune formulazione del "paradosso dei gemelli" afferma infatti che il "gemello A", partito con un'astronave per un viaggio nello spazio, al suo ritorno si ritrovi più giovane rispetto al "gemello B" rimasto ad aspettarlo: nel 1971 un famoso esperimento condotto da Joseph Hafele e Richard Keating - realizzato imbarcando orologi atomici su due aerei che volarono in direzioni opposte (uno verso est, l'altro verso ovest)  - dimostrò la correttezza dell'assunto (3)

Oggi la dilatazione del tempo è quotidianamente presa in considerazione: ad esempio per ricavare il punto esatto su una mappa attraverso il sistema di satelliti GPS, oppure negli esperimenti di fisica condotti al LHC del Cern, dove le particelle subatomiche vengono accelerate a velocità relativistiche. 
Offre oltretutto una valida spiegazione ad un fenomeno apparentemente impossibile: il rilevamento a livello del suolo di muoni, particelle che si formano quando i raggi cosmici penetrano gli strati superiori dell’atmosfera e che sono dotate di un ciclo di vita brevissimo (4).
Benché la loro velocità sia pari al 99.92% di quella della luce, dovrebbero sperimentare il decadimento dopo soli 660 metri dal punto in cui sono stati creati: i nostri rilevatori invece riescono a catturarne alcuni in corrispondenza della superficie terrestre, 19.000 metri più in basso. 
Ciò è possibile soltanto ipotizzando essi siano soggetti ad una dilatazione temporale dovuta all'altissima velocità con cui si muovono.

La relatività generale - il cui "principio di equivalenza" sostiene gli effetti di accelerazione e gravità siano indistinguibili - ci informa che la vicinanza ad un corpo dotato di massa provoca un effetto di dilatazione temporale simile a quello osservabile in corrispondenza di un'accelerazione.

"Se il mio orologio va indietro, un modo per aggiustarlo è quello di tenere il braccio sopra la testa", scherza Jim Al-Khalili.

Un orologio atomico posizionato in cima alla torre dell'Università di Princeton "rallenta" rispetto ad un altro posto alla sua base: su questo principio si basa la trama del film "Interstellar", realizzato con la consulenza scientifica del premio nobel Kip Thorne.

Capita talvolta che in certe situazioni i due tipi di dilatazione temporale (dovuti alla relatività ristretta e generale) tendano a compensarsi: un satellite che orbiti intorno alla Terra subirà una dilatazione temporale tuttavia "calmierata" a causa della sua maggior lontananza dal centro di massa del nostro pianeta.


Veniamo ora alla missione Apollo 8 condotta tra il 21 ed il 27 dicembre 1968, a cavallo delle feste natalizie di quell'anno.
Per la prima volta, dicevamo, un equipaggio abbandonò l'orbita terrestre spendendo gran parte del tempo della missione nel viaggio di andata e ritorno dalla Luna.
Allontanandosi dalla massa dei due corpi celesti, la Terra e la Luna, il tempo per l'astronave inizia ad accelerare: gli effetti dovuti alla diminuzione della gravità (relatività generale) prevalgono su quelli dovuti alla velocità relativa (relatività ristretta).

Al suo ritorno, Borman si fece portatore delle istanze dell'equipaggio: sostenne che tutti e tre erano di fatto diventati più vecchi di quanto lo sarebbero risultati rimanendo a terra, dunque reclamò la retribuzione di uno straordinario, giustificato dal tempo di volo in eccesso non conteggiato, pari a 300 microsecondi per astronauta (5).
Un totale di 900 microsecondi il cui compenso non era stato calcolato dalla NASA: certo non una cifra da capogiro, ma, sosteneva Borman, l'importante era stabilire un principio in vista di future missioni di maggior durata e distanza per le quali, se si fosse adottato come riferimento il tempo misurato a terra, le differenze non incassate dagli astronauti avrebbero potuto diventare significative.

I contabili della NASA non erano fisici o matematici; tuttavia presero la cosa sul serio e, dopo aver fatto ricontrollare i conti dai propri specialisti, si complimentarono per la precisione con la quale Borman li aveva eseguiti.
Tuttavia affermarono che l'ente avrebbe messo a bilancio una spesa imprevista corrispondente a soli 100 microsecondi complessivi invece dei 900 richiesti (300 x 3).

Per quale ragione? Provate a pensarci: ve la svelerò tra un attimo.


Nel frattempo seguitemi circa un'altra apparente incoerenza.

La relatività speciale stabilisce che, qualora il "gemello A" si allontani dal "gemello B", si possa egualmente sostenere che sia A ad allontanarsi da B o viceversa.
Immaginiamo il "gemello A" a bordo di un'astronave che riesca a rimanere ferma nel punto esatto dell'orbita terrestre in cui il pianeta è transitato all'istante della sua partenza: dopo un anno vedrà avvicinarsi il pianeta e si ritroverà nella posizione iniziale rispetto al "gemello B".
Potrà pertanto legittimamente sostenere che sia stato il "gemello B" (insieme all'intero pianeta), ad aver viaggiato per un anno ad una velocità pari a quella orbitale della Terra intorno al Sole.
Dal punto di vista del "gemello B", sarà invece l'astronave con il "gemello A" ad essersi allontanata dalla Terra ed aver seguito un'orbita che nel periodo di un anno l'ha riportata al punto di partenza.

Quale dei due gemelli risulterà più giovane dell'altro?

Sappiamo che è il "gemello B" ad aver ragione, ma il motivo forse vi sfugge.

La situazione dei due gemelli non è simmetrica come vi ho fatto credere.
L'astronave con il "gemello A" per lasciare la Terra ha dovuto accelerare in direzione opposta al moto del pianeta rispetto al Sole, altrimenti sarebbe stata "trascinata" con quest'ultima nella sua corsa (seguendo la geodetica, la traiettoria più breve tra due punti nello spazio tempo 4D).
Seguendo invece una traiettoria ellittica intorno alla nostra stella, percorrendo cioè una curva chiusa, risentirà degli effetti dell'accelerazione dovuti al cambiamento continuo di direzione.
Infine, il rientro a Terra richiederà una decelerazione per evitare un impatto con l'atmosfera.

Il "principio di equivalenza" enunciato da Einstein stabilisce che tutti gli effetti della gravità sullo spazio e sul tempo si manifestino ANCHE quando un oggetto è in accelerazione.
L'effetto di un'accelerazione pari a 1g da parte di una astronave nello spazio è indistinguibile dall'effetto prodotto dall'attrazione gravitazionale qui sulla Terra: la dilatazione temporale e la contrazione dello spazio in direzione del moto saranno le stesse.

Sarà dunque il "gemello A" a risultare più giovene perché è soltanto lui a sperimentare i cambiamenti di velocità (quindi di gravità) rispetto all'altro gemello.


Torniamo ora alle rivendicazioni di Borman che, a nome dell'equipaggio dell'Apollo 8, vorrebbe vedersi riconosciuto dalla NASA un compenso per i 300 microsecondi di "tempo missione" non misurabili dagli orologi sulla terra (6).
La richiesta di Borman aveva acceso la curiosità dei contabili della NASA che ne approfittarono per "imparare" a misurare gli effetti relativistici, ... anche quelli che interessano i voli orbitali!

L'attrazione gravitazionale diminuisce velocemente allontanandosi dalla superficie del pianeta (7), ma non tanto quanto siamo portati a credere.
Un oggetto a 400 km di quota (quella a cui si trova la ISS) sperimenta una sua diminuzione pari circa al solo 10%: una persona pesante 80 kg al suolo vedrà la bilancia segnarne 72 se portato alla quota della ISS (8).
Per mantenersi in orbita senza ricadere sulla Terra, un oggetto dovrà esser dotato di una velocità "orizzontale" pari ad 11.2 km/sec (velocità orbitale). 
Tale velocità produrrà una dilatazione temporale il cui valore compensa abbondantemente la diminuzione della gravità, e dunque l'effetto di quest'ultima sullo scorrere del tempo.
Gli astronauti che compiono voli orbitali sperimentano una dilatazione temporale.

La NASA scoprì che aveva pagato agli astronauti un tempo che loro non avevano volato durante tali missioni.

Borman e Lovell, prima di ritrovarsi insieme sull'Apollo 8, avevano partecipato alla missione orbitale Gemini 7 della durata di due settimane.
I contabili della NASA calcolarono in 400 microsecondi il tempo di volo in eccesso che era stato loro pagato in tale occasione.
Pertanto, al netto dei 300 microsecondi in meno pagati per l'Apollo 8, vantava nei confronti dei due astronauti ancora un credito di 100 microsecondi ciascuno.
L'unico ad aver diritto al compenso per i 300 microsecondi relativi alla missione Apollo 8 era la matricola Anders, che non aveva mai volato in precedenza.
Recuperati dagli altri due 200 microsecondi, restava da mettere a passivo i soli 100 microsecondi di differenza.


Note:

(1) ad esclusione dei tre astronauti imbarcati naturalmente;

(2) vedi le trasformazioni di Lorentz;

(3) in realtà, come vedremo tra qualche riga, quello che ho enunciato qui non è il paradosso dei gemelli.
L'esperimento del 1971, cui faccio riferimento, verificherà sì la dilatazione temporale dovuta alla velocità, ma anche il piccolo effetto contrario dovuto alla differenza del valore dell'attrazione gravitazionale in quota rispetto a quello riscontrabile a livello del suolo (che agisce accelerando la velocità con la quale il tempo scorre);

(4) la durata media della loro vita si esaurisce in 2.2 microsecondi, trascorsi i quali essi decadono in un elettrone ed una coppia neutrino / antineutrino;

(5) un microsecondo è pari ad un milionesimo di secondo

(6) ma che un orologio dotato di una adeguata precisione avrebbe senz'altro misurato qualora posizionato nella capsula dove avevano viaggiato i tre astronauti.

(7) è infatti inversamente proporzionale al quadrato della distanza.

(8) l'apparente mancanza di peso degli astronauti nella stazione è dovuta alla velocità con cui essa "cade" verso la Terra, "mancandola" costantemente in quanto dotata di velocità adeguata per rimanere in orbita: lo stesso motivo che permette all'equipaggio degli aerei "Comet" di provare l'assenza di gravità durante alcune brevi fasi del volo a parabola.





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