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mercoledì 16 febbraio 2022

La dote cosmica dell'umanità.

Nel futuro della nostra specie - sempre che nel frattempo non si riesca ad autodistruggersi (1) oppure venga spazzata via da una delle numerosissime possibili catastrofi naturali (2) - si manifesterà l'urgenza di trovare nuove fonti di energia e metodi per sfruttarle in modo sempre più efficiente.

Partendo dalla risorsa fondamentale, e cioè dalla materia barionica (3), una civiltà dotata di una tecnologia sufficientemente avanzata sarà in grado di riconfigurarla in qualsiasi sostanza od oggetto desiderati.

Nel proseguo prenderò in considerazione alcuni metodi originali per ricavare energia da ciò che si trova intorno a noi nell'universo; metodi che permettano di raggiungere gradi di efficienza impensabili utilizzando la tecnologia di cui oggi siamo dotati.


Estrarre energia da un buco nero.

Stephen Hawking fu il primo a proporre di utilizzare un buco nero (BH) come "generatore di energia"; ne scrisse già all'interno del libro che lo rese famoso al grande pubblico, "Dal big bang ai buchi neri, breve storia del tempo".
Aveva infatti scoperto come gli effetti della gravità quantistica comportassero per questi oggetti l'emissione di una radiazione termica, in seguito chiamata in suo onore la "radiazione di Hawking".



Un BH si comporta come un oggetto caldo; il suo calore è inversamente  proporzionale alla propria dimensione, dunque è pertanto destinato in futuro ad evaporare completamente.
Tutta la materia e l'energia ingurgitate nel corso della sua vita verranno emesse sotto forma di radiazione termica.

Attendendo la sua completa evaporazione, l'efficienza nel convertire materia in radiazione si avvicinerà al 100%.
T
uttavia è bene specificare che una parte della radiazione di Hawking non risulterà utilizzabile per ricavarne energia in quanto risulta costituita da gravitoni; la loro quota, nel caso di un BH di grandi dimensioni, risulta pari circa al 10%.

Con l'avanzare del processo di evaporazione la quantità di energia ricavabile tende a ridursi ulteriormente a causa della presenza di neutrini e di altre particelle dotate di massa (seppur piccola).

Il problema pratico maggiore con cui ci dovremo confrontare sarà tuttavia un altro:

il tempo a nostra disposizione!

L'evaporazione è un processo estremamente lento, che per  buchi neri di dimensione stellare richiede un periodo pari all'attuale età del nostro universo.

Naturalmente, tanto più un BH è piccolo, tanto meno tempo impiegherà ad evaporare.

Nel 2009 i fisici Louis Crane e Shawn Westmoreland della Kansas State University erano alla ricerca di un'idea per sviluppare il progetto di un motore che consentisse ad un'astronave di coprire distanze interstellari.
Nella rassegna dei possibili candidati è stato incluso un BH di piccolissime dimensioni, tale da poter esser trasportato sul mezzo.

Per superare i problemi legati all'estrema lunghezza del tempo necessario all'evaporazione, i due scienziati hanno provato a calcolare quali dovrebbero essere le caratteristiche di un micro BH al fine di risultare utile al fine preposto individuandone due: 

- una dimensione pari ad 1/1000 di quella di un protone

- una massa non diversa da quella di una delle navi più grandi che si aggirano per i nostri mari.

L'articolo del 2009 "ARE BLACK HOLE STARSHIPS POSSIBLE?" pubblicato dai due fisici su arXiv raccoglie i risultati di questa indagine.

Per alimentare un BH così minuscolo, ed evitare possibili conversioni da energia a materia, gli autori propongono l'utilizzo della luce laser (dopo aver individuato naturalmente un modo per bilanciare l'energia necessaria ad alimentare il laser rispetto all'energia estraibile, cosa tutt'altro che scontata!).

Usando invece materia al posto della luce, l'efficienza del sistema crolla rapidamente.     
Sparare protoni grandi 1000 volte rispetto al loro bersaglio, e far in modo che questi ultimi vengano "ingurgitati" dal BH, richiede un aumento della loro energia cinetica pari a circa 1000 volte.
Ad oggi solo l'LHC del CERN è in grado di raggiungere un tale risultato.

Poiché tuttavia il 10% di tale energia cinetica si trasformerebbe in gravitoni durante il processo di evaporazione, ne consegue che l'energia necessaria ad alimentare il BH risulti superiore a quella da esso estraibile in un secondo tempo.

Non disponendo ancora di una rigorosa teoria della relatività quantistica, non siamo poi nemmeno sicuri al 100% della correttezza dei risultati dei nostri calcoli.

Tuttavia, grazie a Roger Penrose, abbiamo trovato un altro modo di estrarre energia dai BH, senza questa volta incorrere nelle incertezze legate alla nostra limitata conoscenza della gravità quantistica: il trucco da lui suggerito sta nell'utilizzare l'energia presente nel "disco di accrescimento", che si trova in una zona esterna rispetto all'orizzonte degli eventi.



Per la maggior parte, i buchi neri ruotano su se stessi.
Appartengono a questa categoria sia M87, il BH protagonista della famosa  prima fotografia ottenuta grazie ai dati raccolti dall' Event Horizon Telescope nel 2019, che Gargantua, la celebre ricostruzione effettuata dalla Double Negative su istruzioni di Kip Thorne consulente scientifico per il film Interstellar..

I buchi neri rotanti sono circondati da un luminosissimo disco di accrescimento costituito da materia che, attirata dalla loro gravità, vortica intorno ad essi a velocità relativistiche prima di venir "ingurgitata" all'interno dell'orizzonte degli eventi.

Motivo dell'estrema diffusione di questo tipo di BH è da ricercarsi nel fatto che, durante il collasso dell'astro che li ha generati, viene conservato il momento angolare del corpo originario.

Un buco nero in rapida rotazione trascina con se lo spazio tempo circostante presente nella cosiddetta "ergosfera" insieme a tutto ciò che essa contiene: le particelle di materia ivi presenti vengono accelerate quasi alla velocità della luce prima di superare l'orizzonte degli eventi ed andare ad incrementare la massa del BH.

Dunque un oggetto lanciato nell'ergosfera verrà accelerato prima di oltrepassare l'orizzonte degli eventi e scomparire per sempre.

Penrose ha scoperto che nel caso venga lanciato - con una certa angolazione - un oggetto che possa separarsi in due parti, il destino di una di esse non sarà necessariamente quello di far parte di una  futura radiazione di Hawkins, ma riuscirà a sottrarsi alla gravità del BH uscendo dall'ergosfera e portando con sé una quantità di energia superiore a quella iniziale.

Convertirà perciò una parte dell'energia rotazionale del BH in energia utile, dalla quale è possibile ottenere "lavoro".

Risulta possibile ripetere l'operazione sino ad estrarre tutta l'energia rotazionale del BH, che così smetterà di ruotare perdendo l'ergosfera.



Facciamo un po' di conti: se il buco nero all'inizio del processo si muovesse alla massima velocità consentita (quasi il valore di "c", la velocità della luce) potremmo convertire in energia il 29% della sua massa con un'efficienza del 100%.


Un altro modo per estrarre energia dal disco di accrescimento di un buco nero: i quasars ed il numero 42 di Douglas Adams.

La soluzione di Penrose, pur utilizzando le proprietà dell'ergosfera, prevede comunque l'estrazione di energia dal buco nero stesso in maniera indiretta: ciò che infatti risulterebbe convertito in "energia utile" è l' "energia rotazionale" del BH, tanto ché, iterando il processo un numero sufficiente di volte, esso smetterebbe di ruotare perdendo la sua ergosfera.

Una diversa strategia potrebbe consistere nel ricavare energia non dal BH e dai suoi costituenti, quanto direttamente dalla materia che vi cade dentro.
E' ciò che in natura fanno i
Quasars, nuclei galattici estremamente attivi oltre che potenti sorgenti radio.

Sappiamo che, quanto più si avvicina all'orizzonte degli eventi di un BH rotante, il gas che compone il disco di accrescimento viene fortemente accelerato.
Riscaldandosi per effetto dell'accelerazione, il gas emette grandi quantità di radiazione: cioè la sua energia potenziale gravitazionale viene convertita in energia di moto.

Gli atomi, in movimento caotico per le turbolenze che si generano, iniziano a scontrarsi tra di loro ad altissime velocità: tali collisioni  convertono l'energia cinetica in radiazione.

La radiazione emessa potrebbe venir catturata da una struttura avvolgente costruita non intorno ad una stella (come nel modello classico delle sfere di Dyson) ma ad una distanza di sicurezza dallo stesso BH.

Ancora una volta è da specificare come l'efficienza del processo di estrazione dell'energia sia direttamente correlata alla velocità di rotazione del buco nero.
Nell'ipotesi più favorevole, e cioè di un BH che ruoti alla velocità massima consentita, l'energia verrebbe fornita con un'efficienza pari a:

    1 - 1 / sqr(3)  =  42% 

E' divertente notare come si ritrovi quale risultato il numero che nel famoso romanzo di Douglas Adams "Guida  galattica per gli autostoppisti" costituisce la risposta data dal supercomputer alla "domanda sulla vita, sull'universo e tutto quanto".

La natura della radiazione emessa è diversa a seconda della massa: buchi neri di dimensioni stellari emettono energia soprattutto sotto forma di raggi X, mentre i BH supermassicci - presenti al centro delle  galassie - la emettono nell'intervallo compreso tra l'infrarosso e l'ultravioletto (passando per la luce visibile).

Che fare poi una volta esaurito il combustibile necessario ad alimentare il BH?

Sarà sempre possibile estrarre l'energia rotazionale seguendo le indicazioni di Penrose, ma in tal caso - alla lunga - il buco nero non ruoterebbe più e dunque smetterebbe di essere una fonte di energia utilizzabile.

Per evitare un tale destino, è probabile che una civiltà che disponga di una tecnologia in grado di "usare" un buco nero sia anche in grado di spostare nei suoi pressi una nube di gas presente altrove, e di metterla in lenta rotazione nella stessa direzione in cui il BH sta ruotando.
Attirati dalla sua enorme gravità, gli atomi del gas che la compongono, prima di venirne inghiottiti, vi spiraleggeranno intorno sempre più velocemente mano a mano che la distanza dall'orizzonte si riduce, contribuendo così ad aumentare la velocità di rotazione dello stesso BH (4)

Utilizzando questa strategia sarà possibile mantenere la velocità di rotazione del BH sempre al massimo concesso dalle leggi della fisica, ricavando energia con un'efficienza pari alla somma tra il 42% (estratto in precedenza dall'energia del gas) cui sommare il 29% dell'energia rimanente:

   0.42 + (1 - 0.42) * 0.29 = 59%

La natura ha già scoperto come fare, aumentando la radiazione emessa dai  gas concresciuti attraverso il "meccanismo di Blandford - Znajek".



Nel 1977 Roger Blandford e Roman Znajek descrissero il processo di  estrazione di energia che sta alla base della formazione dei getti relativistici (astrophysical jets) che si formano intorno ai buchi neri supermassicci rotanti; si tratta di getti di plasma estremamente potenti che osserviamo emergere dal centro di alcune galassie attive (così chiamate le galassie che hanno al centro un buco nero supermassiccio il cui disco di  accrescimento viene di continuo alimentato).

Il processo di Blandford - Znajek spiega pertanto come vengano  alimentati i Quasars: i campi magnetici presenti  attorno al disco di accrescimento vengono trascinati dalla rotazione ed è plausibile che il materiale relativistico venga lanciato, agganciato alla tensione delle linee di campo.

Tale metodo è stato proposto quale spiegazione dei "gamma burst flashes", lampi di raggi gamma che periodicamente vengono rilevati dai nostri strumenti.


Viene a questo punto naturale chiedersi se esista qualcos'altro tale da poter esser utilizzato come fonte di energia in grado di  garantire un'efficienza superiore.


Lo "sfalerizzatore".

Secondo Max Tegmark è possibile convertire materia in energia in modo molto più efficiente rispetto ai metodi sin qui descritti, pur in assenza di un buco nero.



Una conseguenza del Modello Standard prevede infatti che 9 quark di sapore e spin opportuni si possano unire trasformandosi in 3 leptoni; durante il processo di conversione (di barioni in antileptoni, o di antibarioni in leptoni), essi passano per uno stato intermedio chiamato  "sfalerone".

"Sfalerone" - recita Wikipedia -"è un termine che deriva dal greco σφαλερός, e cioè "scivoloso".
E' così definita una soluzione statica (cioè indipendente dal tempo) delle equazioni di campo elettrodebole del Modello Standard della fisica delle particelle.  
Lo sfalerone è coinvolto in alcuni ipotetici processi che violano i numeri barionici e leptonici".

Vediamo di capirci qualcosa.



La massa combinata dei 9 quark (insieme con l'energia dei gluoni che li accompagnano) all'inizio del processo risulta decisamente superiore rispetto alla massa totale dei 3 leptoni che rimangono al termine: ciò significa che durante la trasformazione viene liberata molta energia (secondo la nota formula di Einstein E=mc^2 ).

Il processo di sfalerone distrugge quark trasformandoli in leptoni, e cioè in elettroni, muoni e particelle tau, neutrini o loro antiparticelle.



Una civiltà evoluta prima o poi sarà in grado di costruire uno  "sfalerizzatore", e cioè uno strumento in grado di comprimere la materia ordinaria - qualunque essa sia - aumentando la temperatura sino a circa a due milioni di miliardi di gradi (2x10^15), e poi, lasciandola espandere e raffreddarsi, utilizzare l'energia prodotta.

Temperature così mostruose sono necessarie per consentire la riunificazione delle forze "elettromagnetica" e "debole"; una cosa che avviene quando le particelle si muovono a velocità simili a quella cui vengono accelerate da 200 miliardi di volt in un acceleratore.

Ancora una volta la natura ci è maestra: circa 13.8 miliardi di anni fa, poco dopo il Big Bang, il nostro universo si trovava in condizioni simili.

La speranza è che ricreando la stessa temperatura e densità quasi il 100% della materia inserita nello sfalerizzatore risulterà convertita in energia; soltanto un miliardesimo delle particelle utilizzate per il processo rimarrà invece componente della materia ordinaria (quark ed elettroni).

Nell'universo bambino processi simili hanno prodotto una quantità di radiazione - fotoni e neutrini - mille miliardi (10^12) di volte superiore a quella della materia, e cioè ai quark ed agli elettroni (poi aggregatisi in atomi in conseguenza della diminuzione della temperatura dovuta all'espansione dell'Universo).

Se all'interno di uno sfalerizzatore si raggiungesse la stessa densità e temperatura dell'universo bambino, qualunque materia inseritavi verrebbe convertita in energia secondo le percentuali radiazione / materia appena indicate.

Come nel caso dei "generatori" che presuppongono l'utilizzo di buchi neri, non tutta l'energia così prodotta sarà fruibile; per ricavare il corretto grado di efficienza, bisognerà calcolare le dimensioni ottimali dello sfalerizzatore, necessarie ad impedire che una parte significativa di fotoni e neutrini sfugga durante la fase di compressione.

Ho volutamente lasciato per ultima la descrizione di una possibile futura tecnica per ricavare energia da un astro qualsiasi, sicuramente meno performante rispetto a quanto sin qui esaminato, ma che potrebbe costituire il primo passo verso uno sfruttamento energetico ottimale dei corpi presenti nell'universo da parte dei nostri lontani discendenti.


Le sfere di Dyson

Freeman Dyson, fisico e matematico britannico naturalizzato americano, è stato prima di tutto un visionario.

Conosciuto per i suoi studi in elettrodinamica quantistica, ha  teorizzato diversi concetti che oggi portano il suo nome (quali "la  trasformazione di Dyson", "l'albero di Dyson" e "la serie di Dyson"), preso parte al Progetto Orion (un'astronave a propulsione nucleare, poi abortito in seguito alla firma da parte degli USA del "Partial Test Ban Treaty"),si è occupato in matematica della distribuzione degli zeri nella funzione zeta di Riemann (ipotizzando un rapporto tra la distribuzione  dei numeri primi ed i livelli energetici dei nuclei degli elementi  pesanti), e dedicato allo studio pioneristico del clima dalla fine degli anni 70.

Tra il grande pubblico egli è tuttavia famoso per aver concepito "le sfere di Dyson".

"... l'intero fabbisogno energetico mondiale potrebbe esser soddisfatto  catturando la luce del sole che colpisce un'area inferiore allo 0.5% del  deserto del Sahara..." - argomentò Dyson - "... perché allora non pensare di catturare tutta la radiazione emessa dalla nostra stella per trasformarla in energia utile?"

La lettura del romanzo di fantascienza pubblicato nel 1937 "Star maker" di Olaf Stapledon - dove vengono descritti anelli di mondi artificiali in orbita intorno ad una stella - lo portarono ad immaginare una soluzione ancora più radicale, formalizzata in seguito nell'articolo "search for artificial stellar  sources of infrared radiation" (Science, 1959).

La sua idea era quella di avvolgere completamente il nostro Sole con un guscio ottenibile riorganizzando il pianeta Giove in una biosfera: i nostri discendenti avrebbero pertanto potuto disporre di una biomassa 100 miliardi di volte (10^11) superiore a quella del nostro pianeta, ed una quantità di energia 1000 miliardi di volte (10^12) superiore a  quella utilizzata sinora.

Dyson era convinto che una sfera di questo tipo costituisca una fase di sviluppo comune che ogni specie intelligente avrebbe attraversato a distanza di poche migliaia di anni dallo sviluppo industriale.
Tale considerazione ha dato il via a serissime ricerche atte a rilevare la presenza di sfere di questo genere eventualmente costruite da civiltà extraterrestri nei "nostri dintorni galattici".

Diversi progetti SETI si sono concentrati nella ricerca di fonti di infrarosso con l'uso di satelliti (5).

"... Vivendo in una sfera del genere - afferma Dyson - non ci sarebbero notti; il sole sarebbe sempre allo zenit ed in tutto il cielo si vedrebbe la luce solare riflessa dal resto della biosfera come oggi la si può vedere riflessa dalla Luna; per vedere il cielo stellato sarebbe invece necessario 'spostarsi al piano di sopra', e cioè guardare il cosmo dalla superficie esterna della sfera ...".

Questa descrizione venne in seguito indicata come "sfera di Dyson",  anche se il suo ideatore propose invece di chiamarla "sfera di Stapledon" .



Partendo dalla sua versione originale ne sono state pensate diverse varianti:

- un anello di habitat in orbita circolare intorno al Sole,  eventualmente in seguito moltiplicato costruendo altri anelli a distanze diverse dalla stella (per evitare collisioni) ed orbitanti su assi diversi.
Vantaggio rispetto al modello sferico è la modularità (anche la ISS è stata costruita poco per volta aggiungendo moduli) e dunque la possibilità di iniziarne la costruzione con meno materiale disponibile nell'immediato.
Tuttavia appare subito una criticità: il trasporto da un anello all'altro risulterebbe complicato dalle differenze di velocità orbitale, cosa che impedirebbe la realizzazione di collegamenti statici.

- Robert Forward e Colin McInnes proposero la costruzione di una sfera monolitica e stazionaria nel punto dove l'attrazione gravitazionale e la pressione della radiazione solare si bilanciano.
La sua costruzione procederebbe gradualmente, aggiungendo man mano "statiti": con questo termine viene indicato dagli autori un genere di satelliti stazionari in grado di contrastare la gravità del Sole non con l'utilizzo della forza centrifuga, ma sfruttando la pressione della radiazione solare, la cui intensità sappiamo diminuire con il quadrato della distanza dalla stella.

Questa particolare proprietà consente di trovare ovunque nel sistema solare punti di equilibrio adatti a parcheggiarvi gli statiti, che devono possedere la caratteristica di un peso molto limitato pari a 0.77 grs per metro quadro.

Sembrerebbe trattarsi di manufatti oggi irrealizzabili, dato che parliamo di qualcosa dal peso 100 volte inferiore a quello della carta; tuttavia il grafene - un materiale che già siamo in grado di produrre e lavorare - può esser realizzato in fogli 10 volte meno spessi di quanto richiesto per gli statiti.

Un modo radicale per ovviare al problema dell'estrema leggerezza potrebbe esser quello di costruire una sfera di Dyson che rifletta la maggior parte della luce solare, invece di assorbirla: aumentando all'interno della sfera l'intensità della luce, incrementerebbe di conseguenza la pressione dovuta alla radiazione, e dunque sarebbe possibile costruire sfere con una massa maggiore.

Se poi pensiamo all'eventualità di costruire sfere di Dyson intorno ad altre stelle, quanto più queste sono luminose tanto più pesanti potranno esser le strutture da posizionarvi attorno.

Una sfera di Dyson rigida e molto pesante, costruita intorno al nostro sole, richiederebbe la disponibilità di materiali in grado di sopportare pressioni il cui valore sia pari a decine di migliaia di volte quelle esercitate alla base dei più alti grattacieli oggi presenti sul nostro pianeta, senza la possibilità di accidentali deformazioni.

Tale sfera dovrebbe poi possedere due qualità: esser "dinamica ed intelligente"; prima di tutto al fine di poter regolare costantemente la propria posizione rispetto alla stella, poi per poter mutare repentinamente forma in risposta ad interferenze esterne.
Ad esempio dovrebbe esser in grado di aprire varchi nella propria struttura per lasciar passare asteroidi o comete in rotta di collisione, a meno di aver trovato un modo efficace per modificarne le orbite o per distruggerli usandone poi la materia per implementare la sfera.

Esseri biologici con le nostre caratteristiche attuali non sarebbero in condizioni di vivere in un tale ambiente: ritmi luce/ombra sconvolti, mancanza di riferimenti, microgravità, assenza di un campo magnetico che protegga dalle radiazioni rendono la vita umana (come è oggi concepita) del tutto impossibile.

Questo tuttavia non significa che una tale sfera non potrà esser abitata da forme di vita future, ad esempio dalla specie "homo caelestis" di cui si inizia a  parlare in questi anni in riferimento alla possibilità per l'umanità di colonizzare altri pianeti.

Una sfera di Dyson delle dimensioni dell'orbita terrestre offrirebbe una superficie 500 milioni di volte più grande di quella del nostro pianeta, ed in definitiva della somma delle superfici di qualsiasi pianeta o luna del sistema solare.


I cilindri di  O'Neill 

Le visioni di Dyson hanno ispirato 
una soluzione "meno radicale", divenuta popolare negli anni 70 del secolo scorso: i cilindri di  O'Neill (6).



Vivere in un ambiente creato da una sfera di Dyson è per lo stato attuale della nostra specie impossibile.
Oggi noi sapiens siamo una specie "monoplanetaria", tuttavia  è assai probabile che nostri eventuali discendenti impareranno a gestire "il nostro hardware", adattandolo all'ambiente senza  aspettare i tempi lunghissimi dell'evoluzione 
(7).

E nel frattempo? Rimarremo confinati sulla Terra in attesa di saper come fare a "terraformare" un nuovo pianeta, o addirittura a crearne uno artificiale?

Tra la colonizzazione di altri pianeti e la costruzione di una sfera di Dyson sono state pensate soluzioni intermedie che prevedano la creazione di ambienti artificiali non troppo diversi da quello a cui l'evoluzione ci ha abituato.

Negli anni 70 del secolo scorso Il fisico americano Gerard K. O'Neill (1927-1992) ha immaginato la realizzazione di habitat  cilindrici in grado di offrire gravità artificiale, schermatura dai raggi cosmici ed un ciclo giorno notte di 24 ore, oltre ad un'atmosfera ed un ecosistema del tutto simili a quelli terrestri.

Nel (divenuto) popolare saggio "Colonie umane nello spazio" ne ha fornito una dettagliata descrizione.

I Cilindri di O'Neill dovrebbero esser posti in orbita intorno al Sole, così da poter esser sempre orientati verso di esso per riceverne luce ed energia.

Messi in rotazione su se stessi, sarebbero in grado di produrre una gravità artificiale grazie alla forza centrifuga: un cilindro con un diametro pari a 6.4 km che completi una rotazione ogni 2 minuti garantirebbe la stessa gravità sperimentabile sul nostro pianeta.
Specchi ripiegabili diffonderebbero la luce solare seguendo un ciclo notte - giorno di 24 ore.
Habitat più piccoli potrebbero esser disposti al loro esterno, usati esclusivamente per l'agricoltura.

Soluzioni quali i Cilindri di O'Neill non escludono la successiva realizzazione di sfere di Dyson: tali habitat potrebbero orbitare liberamente all'interno di una sfera di Dyson oppure esser fissati al suo esterno.


Fonti energetiche e loro efficienza.

Arrivati a questo punto è indispensabile definire cosa si intenda per "efficienza", termine fin qui usato di frequente:

   "efficienza = frazione di energia liberata in forma utile"

e cioè adatta a svolgere un lavoro.

Sappiamo da Einstein che una massa "m" può ricavare una quantità massima di energia "E" ricavabile dalla formula E=mc^2.

Si tratta di un valore enorme, come si deduce dal valore del coefficiente (quadrato della velocità della luce) che moltiplica la massa.

Questo valore rappresenta il limite massimo di energia ricavabile qualora sia possibile convertirvi una massa nella sua totalità, e cioè con un'efficienza del 100%; cosa che ad esempio succede durante il processo di annichilazione tra materia ed antimateria.

Abbiamo rilevato come nessuna tra 
le soluzione finora esplorate consenta un tal grado di efficienza.
Ecco allora una tabella che mette in relazione il grado di efficienza nella produzione di energia con i metodi considerati:

0.00000001%  digestione di una barretta di cioccolato
0.00000001%  combustione carbone
0.00000001%  combustione benzina
0.08%               fissione uranio 235
0.08%               uso sfera di Dyson fino alla morte del sole
0.07%               fusione dell'idrogeno in elio
29%                  motore a buco nero rotante
42%                  sfera di Dyson situata intorno ad un quasar
50% (?)             sfalerizzatore
90%                  completa evaporazione di un buco nero.

L'ultima opzione, che sembra quella ottimale, in realtà non lo è per nulla: per raggiungere questo grado di efficienza dovremmo aspettare un tempo superiore all'età dell'universo.
Se invece cercassimo di accelerarne il processo assisteremmo ad una drastica riduzione della sua efficienza.

La fusione nucleare, che ancora non padroneggiamo abbastanza per poterne ricavare energia utile ai fini civili, estrae 140 volte meno energia rispetto al limite imposto dalle leggi della fisica.

La strada da fare è ancora lunga, e ne abbiamo percorso soltanto un piccolissimo tratto.

Tuttavia, se pensiamo di poter "intravedere" il futuro basandoci sull'osservazione del passato, dobbiamo convenire come in poco più di un secolo la nostra specie abbia fatto un balzo eccezionale, una vera esplosione di intelligenza che ha  prodotto una tecnologia inimmaginabile solo pochi decenni prima.
Quelli che oggi ci sembrano obiettivi lontani nel tempo potrebbero essere infatti più prossimi di quanto oggi si pensi.


Fonte principale a cui ho attinto le informazioni per scrivere questo post è "Vita 3.0" di Max Tegmark.



Note:

(1) scatenando una guerra nucleare, modificando irrimediabilmente il clima del nostro pianeta prima di aver raggiunto un livello tecnologico che ci consenta di spostarci su un altro con caratteristiche simili al nostro, costruendo una AIg dotata di fini divergenti rispetto ai nostri, ... )

(2) "il cosmo è un posto molto pericoloso" afferma Stephen. Webb: relativa vicinanza ad una stella che si trasformi in supernova, ....

(3) cioè qualsiasi cosa risulti costituita da atomi o dai loro costituenti, quark ed elettroni.

(4) L'esempio riportato da Tegmark in "Vita 3.0" è quello di una  pattinatrice che, ritraendo a sé le braccia, aumenta la propria velocità di rotazione.

(5) Ho trattato di questi argomenti nei due post dedicati a Dyson presenti su questo blog:

Freeman Dyson:un fisico extraterrestre?

Scott ed Amundsen, il fly-by di Urano e la tragedia del Challenger: una visione di Freeman Dyson sulle modalità di progettazione di un'impresa.

(6) Ne troviamo una buona rappresentazione verso la fine del film Interstellar.

(7) vedi in merito "vita 3.0" di Max Tegmark. 









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