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sabato 3 febbraio 2024

2.Stephen Hawking e Thomas Hertog, la "Top Down Cosmology"

Parte 2^: Il significato di Cosmologia nell'ambito della scienza contemporanea.


Nella prima parte di questo post - pubblicata qualche giorno fa - ho cercato di chiarire quale fosse l'aspetto dirompente insito in un cambio di prospettiva nello studio della storia del nostro universo, reso possibile dall’adozione del metodo top-down che Stephen Hawking ha mutuato dalla biologia: strumento la cui efficacia nel ricostruire l'evoluzione della vita sul nostro pianeta dimostrò a suo tempo Charles Darwin.

Prima di proseguire è indispensabile definire cosa si intenda oggi con la parola cosmologia.


Chiunque abbia seguito un corso di filosofia delle scuole secondarie ricorderà che questo termine ricorre nei testi sin dalle fonti più remote.

In ambito filosofico la cosmologia è definibile come "studio della struttura materiale e delle leggi che regolano l'universo, concepito come insieme ordinato".

Ad essa si collega la cosmogonia, che raccoglie invece ipotesi sull'origine (e talvolta sul destino) dell'universo stesso.

Il termine cosmos - “ordine” in greco antico - si contrappone a chaos che significa “confusione”.

Questa "scelta di campo" risulta legata alle esperienze personali sperimentate dagli individui della nostra specie.

La durata limitata della vita umana ha fatto sì che (quasi) tutto ciò che si ponga in relazione alla sfera celeste ci dia l'impressione di esser regolare e prevedibile: hanno infatti carattere periodico l'alternanza giorno/notte, la successione delle stagioni, le rivoluzioni dei pianeti intorno al Sole e l'alternarsi delle costellazioni nei nostri cieli.

Eventi rari, quali ad esempio le eclissi di sole o l'improvvisa comparsa di una cometa nel cielo stellato, pur avendo anch'essi natura periodica venivano considerati "prodigi" dai nostri avi: quando infatti la lunghezza del periodo eguaglia o supera la durata della vita umana, l'evento viene percepito come una "violazione dell'ordine", e per tale ragione (capita non di rado ancor oggi) gli viene assegnata una valenza negativa dalla superstizione. (7)

Tutto ciò ha contribuito a radicalizzare nei millenni un pregiudizio, e cioè che esista una sorta di "corpus di leggi di natura", con carattere eterno ed immutabile, in grado di “tenere in ordine” l’universo stesso.

Fino a poco meno di un secolo fa cosmologia e cosmogonia restavano argomenti trattati nell'ambito della filosofia e della religione, non essendo disponibili osservazioni scientifiche che potessero corroborare una tra le diverse congetture.

L’universo descritto da Newton nel '600, che avrebbe fornito una cornice di riferimento per quasi 300 anni, presenta le caratteristiche di un orologio cosmico, e si pone nella traccia della tradizione classica: leggi naturali eterne ed immutabili regolano i movimenti degli astri con precisione assoluta sin dall'inizio dei tempi.

Dio ha creato il mondo così come lo vediamo e gli ha dato leggi matematiche che ne descrivono i mutamenti.

Pure Einstein, negli anni in cui formulò la Relatività Generale (1915), si limitò a sostituire il dio creatore di Newton con la Natura: l'universo esiste da sempre, ed è costituito dalla galassia (a quel tempo si riteneva infatti esistesse soltanto la Via Lattea).

La sfida era per lui decifrare le leggi fondamentali che governano l'universo nella speranza che, una volta comprese, il futuro non costituisca più un'incognita.

Tuttavia, sin dall'epoca in cui Newton formulò la sua Legge di Gravitazione Universale, era già chiaro qualcosa non quadrasse con il modello di universo statico di cui anche Einstein fu sostenitore ( 8 )

Applicando all’universo nel suo insieme le equazioni che portano il suo nome, Einstein si rese subito conto che, qualora la distribuzione di materia risultasse omogenea, anche se l’universo fosse infinito, tenderebbe comunque a collassare su sé stesso per effetto della curvatura impressa dalla materia allo spaziotempo.

Ma un "big crunch", pur in un remoto futuro, strideva con le sue convinzioni; così, per “correggere" tale sgradita previsione, introdusse artificiosamente nelle equazioni della Relatività Generale una costante, indicata con la lettera greca Λ (lambda), che chiamò "termine cosmologico" ed oggi è universalmente nota col nome di "costante cosmologica".

Fine di questa correzione era controbilanciare la tendenza alla contrazione per ottenere un modello di universo statico che rimanga tale in eterno.

Einstein riteneva Λ "una sorta di energia oscura dello spazio che si manifesta su larghissime scale dell’universo, dando luogo a una sorta di antigravità".

Non passarono molti anni che due fisici - Aleksandr Aleksandrovic Fridman nel 1922 ed il prete cattolico belga George LeMaitre nel 1927 - si accorsero (in maniera indipendente) come le sue stesse equazioni contraddicessero le conclusioni che Einstein aveva tratto circa natura dell'universo.

Procedendo all'indietro nel tempo, da esse risultava esser esistito un singolo momento nella storia dell'universo in cui tutta quanta la materia si trovava concentrata in punto.

Ne seguì un durissimo scontro tra LeMaitre ed Einstein - quest'ultimo solo anni dopo e davanti a prove inconfutabili ammetterà il proprio errore - di cui ho già trattato in un altro post. (9)

Un miglioramento degli strumenti ottici a disposizione degli astronomi consentì nel 1925 di confermare l'esistenza di altri agglomerati di stelle posti a grandi distanze, ben oltre i limiti della nostra galassia, cui venne assegnato il nome di universi isola.

Un nuovo telescopio Hooker da 100”, installato sul monte Wilson nei pressi di Pasadena, permise infatti ad Edwin Hubble (ed ai suoi colleghi), sfruttando proprietà caratteristiche di un tipo di stelle a luminosità variabile chiamate cefeidi (10), di identificare come galassie autonome le nebulose di Andromeda e del Triangolo.

Già nel 1917 Vesto Slipher, astronomo presso l'osservatorio Lowell nei pressi dei Gran Canyon, aveva rilevato come gli spettri della luce provenienti da 25 "nebulose a spirale" fossero marcatamente spostati verso lunghezze d'onda più lunghe (spostamento verso il rosso).

L'interpretazione di tale fenomeno era spiegabile con l'effetto Doppler: l’intensità del red shift è in funzione della velocità con la quale l’oggetto che emette luce si allontana dall’osservatore.

Alla metà degli anni '20, quando fu chiaro si trattasse non di nebulose ma di galassie indipendenti, Slipher era arrivato ad analizzare gli spettri di 42 di queste: ne risultò che soltanto 4 galassie risultavano in avvicinamento mentre le restanti 38 mostravano invece un diverso grado di "arrossamento" del proprio spettro, indice di una velocità di allontanamento enorme (fino a 1800 km/sec) se confrontata con quella dei corpi celesti noti all'epoca.

Fu LeMaitre a comprendere come questa situazione fosse una evidenza a favore di un universo in espansione, in conflitto con l'idea di Einstein relativa ad un universo immutabile ed eterno, ed a pubblicare le sue tesi in un articolo del 1927.

Slipher e Hubble interpretavano, erroneamente, il reciproco allontanarsi delle galassie l'una dall'altra alla maniera con cui si guarda ad un'esplosione che le avesse disperse.

LeMaitre comprese invece che il red shift non aveva nulla a che fare con l'effetto Doppler: non erano le galassie a disperdersi, lanciate da una esplosione iniziale, ma lo spazio stesso "a gonfiarsi", ad espandersi, portandole con sé.

Un'esplosione comporta la presenza di un punto di origine, cosicché ciò che si vede appare diverso a seconda della direzione in cui guarda l'osservatore.

L'espansione invece non ha un punto di origine, ed ogni osservatore, indipendentemente dalla sua posizione, ha l'impressione di trovarsi al centro.

Il red shift non è quindi causato dal movimento effettivo delle galassie, ma dal fatto che la luce, viaggiando da una galassia all'altra, subisce uno "stiramento" delle proprie onde luminose per effetto dell'espansione dello spazio stesso: la lunghezza d'onda incrementa quanto più a lungo dura il viaggio, causando così l'arrossamento del colore della luce.

Se il ritmo di espansione è costante, ragionava LeMaitre, deve allora esistere una relazione lineare tra la velocità di allontanamento di una galassia e la sua distanza rispetto all'osservatore.

Nell'articolo "Un Univers homogène de masse constante et de rayon croissant rendant compte de la vitesse radiale des nébuleuses extra-galactiques” pubblicato nel 1927 da LeMaitre sugli "Annales de la Société Scientifique de Bruxelles", compare l'equazione

v = H r 

dove v è la velocità apparente di allontanamento, H è una costante che misura il tasso di espansione dell'universo ed r la distanza dall'osservatore.

Basandosi su questa ipotesi, ed utilizzando le misurazioni di Slipher e Hubble, stimò che la velocità apparente di allontanamento delle galassie aumentasse di 575 km/sec ogni 3 milioni di anni luce di distanza in più. (11)

Corollario di tale intuizione è un metodo per stimare il tempo trascorso dall'inizio del processo di allontanamento reciproco delle galassie: da v = H r si ricava il rapporto tra distanza e velocità 

r/v = 1/H 

che permette di calcolare l'intervallo temporale durante il quale l'espansione ha avuto luogo, e dunque ottenere "la data di inizio" (oggi stimata intorno ai 13.8 miliardi di anni fa).

Le sue riflessioni furono a quel tempo ignorate, ma vennero in gran fretta riesumate nel '29, in seguito alla pubblicazione dei risultati delle osservazioni di Hubble e Humason condotte all'osservatorio del monte Wilson.

All'inizio degli anni '30 è oramai chiaro come l''universo sia in espansione, e come la legge che porta il nome di Hubble-Lemaître consenta di individuare un preciso istante nel passato quando tutta quanta la materia doveva trovarsi in una regione molto piccola.

Einstein dovette ammettere la propria sconfitta e così cancellò definitivamente la costante cosmologica dalla Relatività Generale. (12)

Nel 1931, LeMaitre individuò nell' "atomo primitivo" - una regione di spazio tempo del diametro della lunghezza di Planck - il limite massimo alla possibilità di contrarsi da parte della materia contenuta nell'universo. (13)

Là dove la relatività vedeva degli infiniti, la meccanica quantistica provvedeva a mettere limiti.

"... Utilizzando la legge di Hubble e ricostruendo la storia dell'universo in direzione del passato, si arriva ad un istante nel quale tutta la materia risulta concentrata all'interno di questo diametro: chiedersi cosa ci fosse prima di questo istante non ha significato in quanto lo spazio tempo non poteva esistere ..."


L'Universo aveva quindi una data di nascita, ma fu subito chiaro che la Relatività Generale falliva avvicinandosi a tale momento: la cosmologia relativistica trova nel Big Bang la sua ragione d'essere, ma non è in grado di descriverlo.

Le leggi di natura, decodificate dalla Relatività Generale, consentivano di individuare il momento esatto prima del quale tempo e spazio non potevano esistere: le stesse leggi, se utilizzate "guardando in direzione del futuro", avrebbero consentito di indagare sul destino dell'universo.

LeMaitre, appellandosi alla teoria quantistica, supera il determinismo proprio delle teorie classiche, nel quale ricade anche la Relatività: secondo questo schema, ogni inizio richiede condizioni iniziali che presentino lo stesso grado di regolazione dell'universo che si evolve da esse.

Un universo che si sviluppa diventando complesso in un momento successivo della sua evoluzione richiede già fin dall'inizio delle condizioni di partenza di quello stesso livello di complessità: tutto ciò rimanda all’idea di un progetto complesso che ha messo in moto l’universo, un "disegno", un “atto divino”.

Per “rompere la catena di cause ed effetti” LeMaitre chiama in causa la “vaghezza” propria della meccanica quantistica, ipotizzando così che “... sotto le condizioni estreme presenti nelle primissime fasi di vita dell’universo anche spazio e tempo diventino indeterminati e perdano il loro significato ...” (14)

“… spazio e tempo acquisirebbero un significato ragionevole solo dopo la divisione del quanto originario in un numero sufficiente di quanti … e se questo è corretto l’inizio dell’universo è avvenuto prima dell’inizio di spazio e tempo ..”, scriveva.

LeMaitre riteneva cioè che salti quantistici casuali potrebbero aver dato origine ad un universo complesso partendo da un semplice atomo primitivo: la complessità odierna come risultato di accidenti congelati nell’evoluzione embrionale del cosmo.

“… dallo stesso inizio avrebbero potuto evolversi universi molto differenti …” (15)

L'indeterminismo quantistico si sostituisce al determinismo classico.

Gli anni 30 rappresentano la “primavera della cosmologia”: grandiose speculazioni ma assenza di dati che le supportino.

Il termine stesso Big Bang trae origine da un commento ironico espresso da Fred Hoyle durante una trasmissione della BBC nel 1949 dove criticava le idee di LeMaitre ed i modelli cosmologici che prevedevano “un inizio” (16).


Sviluppando le idee di LeMaitre, nel 1948 Geoge Gamow e Ralph Alpher pubblicarono un articolo che introduceva il concetto di "nucleosintesi primordiale" (17), affrontando così di petto il problema della formazione della materia che costituisce l’universo a partire dall’atomo primordiale.

Secondo gli autori, densità e temperatura dell'universo primordiale erano talmente elevate da non permettere l'esistenza di nuclei atomici ad esclusione di quello dell'idrogeno (formato da un solo protone).

L'intero universo sarebbe stato pieno di un plasma caldo e denso - che Gamow chiamò ύλη ("materia" in greco antico) - composto da elettroni, protoni e neutroni in libero movimento ed immersi in un bagno caldo di radiazione.

Il successivo raffreddamento, dovuto all'espansione dello spazio, permise l'assemblaggio dei primi nuclei atomici più pesanti dell'idrogeno: trascorsi i primi 100 secondi dal Big Bang, l'universo si comportò per la durata di qualche minuto come un immenso reattore nucleare sino a quando la temperatura scese a 100 milioni di gradi.

In questo intervallo di tempo 1/4 di tutti i protoni presenti si trasformò in elio (ed in qualche traccia di berillio e litio).

Le previsioni sulle abbondanze di tali elementi furono verificate da successive misurazioni, e costituiscono ad oggi una delle due "prove chiave" a favore della teoria del Big Bang caldo.

La seconda prova riguarda invece la predizione - ad opera di Alpher, Gamow ed Herman - relativa alla presenza di un mare di radiazione che ancor oggi permea tutto lo spazio, derivante dal calore liberato durante il processo di sintesi dei nuclei atomici.


Secondo i loro calcoli, gli oltre 13 miliardi di anni di espansione cosmica avrebbero raffreddato tale radiazione termica sino a 5°K, rendendola rintracciabile nella banda di frequenza delle microonde.

La radiazione cosmica di fondo a microonde (CMB, Cosmic Microwaves Background), lontana eco del momento in cui i fotoni poterono scorrazzare liberi nello spazio, fu rilevata fortunosamente da Arno Penzias e Robert Wilson nel 1964 presso i laboratori Bell nel New Jersey utilizzando un'enorme antenna a tromba che doveva tracciare i satelliti Echo; si accorsero che, ovunque tale antenna venisse puntata, un rumore era sempre presente, e che corrispondeva ad una lunghezza d'onda pari a 7.35 cm.

Oggi si considera data di inizio della cosmologia del Big Bang come scienza quantitativa quella in cui è stato pubblicato l'articolo "The Origin of Chemical Elements" su Physical Review nel 1948 a firma di R.A. Alpher, Hans Bethe e George Gamow.

In realtà Bethe, amico di Gamow, con l'articolo non c'entrava nulla: fu quest'ultimo ad insistere con Alpher per mettere anche Bethe tra i firmatari allo scopo di avere le tre iniziali dei cognomi (A, B, G) che ricordassero i tre tipi fondamentali di radiazioni ionizzanti (α, β, γ).

Nasceva così la Cosmologia moderna, una scienza che cerca di descrivere l’universo nel suo insieme tentando di offrire una spiegazione scentifica alla sua origine ed alla sua evoluzione.

LeMaitre venne informato della scoperta della CMB il 17 giugno del 1966, a soli 3 giorni dalla sua morte: lasciò questo mondo conscio che la radiazione fossile aveva dimostrato la correttezza delle sue ipotesi.

A chi gli chiedeva se non percepisse un conflitto tra la sua posizione di prete cattolico e di "padre del Big Bang" rispondeva:

"... una volta che si sia compreso che la Bibbia non ambisce ad essere un manuale scientifico, e che la Relatività è irrilevante per la salvezza dell'anima, il conflitto tra religione e scienza svanisce ..."


(vai alla parte 3^)


Note:

(7) In contrapposizione all'apparente "ordine dei cieli", ciò che “accade quaggiù sulla Terra" veniva nei tempi passati percepito come caotico, imprevedibile.

Il contesto cambia repentinamente, l'ambiente è in perenne mutamento, le interazioni tra gli individui presentano un carattere complesso che si fa fatica a decifrare.

Su Youtube è rintracciabile un'interessante conferenza che tratta (anche) di questi argomenti: "Bosis 25: Guido Tonelli La complessità del cervello, la complessità del cosmo"


(8) Nel 1693, sei anni dopo la pubblicazione dei "Principia", Newton si rese conto del fatto che un universo dove tutta la materia si attrae reciprocamente sarebbe destinato ad un collasso: avrebbe quindi potuto intuire, con tre secoli di anticipo, l'espansione dell'universo, e invece ... lasciò correre (Vedi su Le Scienze, Feb 2024 "Sorprese Cosmiche").


(9) Einstein arrivò ad accusare LeMaitre di voler introdurre a forza l'atto divino della creazione nella scienza: vedi il mio post sull'argomento pubblicato il 13 maggio 2023 con il titolo "La carta millimetrata con le possibili evoluzioni dell'universo .. e l'universo esitante di LeMaitre".


(10) L'astronomo Edwin Hubble riuscì a calcolare la distanza di tali galassie in un milione di anni luce (oltre 10 volte il diametro della Via Lattea) utilizzando come "candela standard", la luminosità delle stelle cefeidi che è legata in modo stretto al loro periodo di pulsazione.

Usò per tal scopo la legge dell'inverso del quadrato ("raddoppiando la lontananza di una fonte di luce, la sua luminosità diminuisce di un fattore 4"): conoscendo l'intensità luminosa assoluta di una cefeide è infatti possibile, attraverso l'utilizzo di un fotometro, calcolarne la distanza approssimativa.



(11) Oggi questa equazione è conosciuta come "legge di Hubble" (in realtà il nome completo è "legge di Hubble-Lemaître") nonostante il fatto che Hubble non abbia mai fatto cenno all'espansione dell'universo in tutta la sua vita: interpretava infatti le proprie osservazioni in termini di effetto doppler.

Gli si deve piuttosto il merito di aver calcolato con più precisione il valore di H - fissandolo a 513 km/sec - basandosi su osservazioni condotte insieme con Humason su un campione di 24 galassie: una misura che non si scosta molto dai 575 km/sec calcolati da LeMaitre.


(12) Mentre Einstein cancellava rabbiosamente il termine Λ dal lato sinistro dell'equazione della Relatività Generale - abbandonando così l’idea di un universo statico -, LeMaitre riteneva dovesse semplicemente esser spostata sul suo lato destro, quale parte del bilancio energetico dell'universo.

“… Funzione di Λ dovrebbe esser quella di riempire lo spazio tempo di energia e pressione: come se l'energia del vuoto fosse diversa da zero ..."

L'effetto antigravitazionale di tale costante si viene a creare perché la pressione con cui riempie lo spazio è negativa: una tensione, come quando tiriamo per le estremità un elastico e questo accumula tanta più energia quanto più viene teso.

Questa “tensione” è ciò che fa accelerare l'espansione.

Quando infatti lo spazio si dilata, le sue proprietà intrinseche non cambiano: semplicemente ne abbiamo di più.

E questa è la ragione per cui l'energia oscura dello spazio tempo non si diluisce con l'espansione: addirittura, almeno in alcuni modelli, potrebbe diventare il fattore determinante nell'evoluzione dell'universo con la crescita dello spazio.

LeMaitre, sul famoso disegno su carta millimetrata cui ho fatto accenno in nota (9), aveva tracciato diverse "traiettorie" seguite dall'evoluzione di universi che presentavano un differente valore di Λ: in alcuni, dove il valore della costante è piccolo, lo spazio si dilata per poi collassare in un secondo tempo per effetto della gravità, in altri invece si espande indefinitamente.

Un'altra ragione portò poi LeMaitre a sostenere l'importanza della presenza di una costante cosmologica: la considerazione che noi esistiamo implica che l’universo debba possedere caratteristiche biofiliche, esser cioè adatto ad ospitare la vita ad un certo punto della sua evoluzione.

Tra i diversi modelli indagati da LeMaitre soltanto uno, relativo ad un universo in cui la costante cosmologica assume un determinato valore, soddisfa questa condizione: infatti affinché si possano formare galassie, stelle e pianeti è necessario che nella storia dell’universo ad una fase iniziale di espansione violenta succeda un rallentamento, grazie al quale la gravità (attrazione) predomina sulla forza repulsiva che provoca l’espansione, permettendo il collasso di nubi interstellari in corpi celesti ed in seguito il loro accorpamento in gruppi.

Definì questo modello "universo esitante".

Se avesse proseguito nei calcoli che ne disegnavano l’evoluzione avrebbe scoperto che, dopo un lungo periodo di relativa quiete (espansione a tasso ridotto), la crescita dell'universo avrebbe ripreso un ritmo accelerato, anticipando così di 80 anni una scoperta di fine millennio.


(13) LeMaitre immaginò l'origine dell'universo come un "atomo primitivo" superpesante la cui disintegrazione ha prodotto l'universo così come lo conosciamo (vedi l'articolo "L'Hypothèse de l'atome primitif" del 1946).

Immaginò pure che i raggi cosmici avrebbero potuto conservare informazioni sui primi momenti dell'universo, di "questo giorno senza ieri".


(14)The Beginning of the World from the Point of View of Quantum Theory”, Nature maggio 1931.


(15) Paul Dirac, sostenitore della teoria dell’atomo primitivo, ipotizzò che i salti quantistici nell'universo primordiale avrebbero potuto rimpiazzare del tutto la necessità di una condizione iniziale:

“… è possibile che in un'origine quantistica la causalità svanisca, che il mistero della «causa prima» venga a evaporare …”.


(16) Fred Hoyle, insieme a Hermann Bondi e Thomas Gold, nel 1948 propose con discreto successo un modello alternativo alla cosmologia del Big Bang: la "teoria dello stato stazionario", secondo la quale la "diluizione della materia" (diminuzione di densità) dovuta all'espansione dell'universo veniva bilanciata da una continua creazione spontanea di particelle.

(17) La nucleosintesi primordiale (BBN, Big Bang Nucleosynthesis) è un processo manifestatosi nelle prime fasi dell'esistenza dell'universo grazie al quale si sono formati nuclei atomici più pesanti dell'idrogeno, in prevalenza elio insieme a piccole quantità di deuterio e litio.







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