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sabato 3 febbraio 2024

11.Stephen Hawking e Thomas Hertog, la "Top Down Cosmology"

La dualità olografica dS-QFT e le conclusioni finali.

Nella parte precedente abbiamo descritto la dualità AdS-CFT di Maldacena e spiegato come sia l'entanglement - una proprietà quantistica che lega tra di loro particelle indipendentemente dalla reciproca distanza - a generare la curvatura dello spazio e la gravità all'interno di quello strano universo Anti deSitter (AdS), chiuso su sé stesso e circondato da una superficie delimitante dove tali particelle dimorano, dotata di una dimensione spaziale in meno.

Il nostro universo in espansione - dotato di curvatura positiva ("deSitter", dS) - non assomiglia a quello descritto; tuttavia è lecito chiedersi se sia possibile applicare anche in questo caso l'olografia per sfruttare le potenzialità indagatorie che questa tecnica offre.

I due tipi di spazio - AdS e dS - presentano proprietà diverse:

  • -la curvatura negativa dell'AdS crea un campo gravitazionale che attira assieme tutti gli oggetti che contiene in direzione del proprio centro, causandone il collasso.
  • -quella positiva del dS fa invece sì che tutte le cose si respingano a vicenda.

La differenza tra i due si può ricondurre al valore della costante cosmologica Λ, negativo nel primo caso e positivo nel secondo, che rappresenta l'intensità dell'energia oscura nell'equazione di Einstein.
Universi in espansione quale il nostro (dove Λ>0) potrebbero addirittura non aver neppure una superficie di confine in grado di ospitare un ologramma (98)

Ma se, come abbiamo già fatto in precedenza (nella parte 3^), abbandoniamo la prospettiva classica per adottarne una semiclassica considerando AdS e dS in un tempo immaginario, ci rendiamo conto di come le due forme risultino strettamente imparentate. (99)

Hawking figurava una rappresentazione dell'universo quantistico in un tempo immaginario, là dove tutte le dimensioni si comportano come direzioni spaziali.


Una sua proiezione piana (vedi la figura qui sopra) dove anche il tempo è tramutato in spazio rappresenta al centro di un disco l'origine senza confini, mentre l'universo attuale giace schiacciato contro il confine circolare del disco stesso.

Ragionando in 4 dimensioni estese (cosa che non possiamo visualizzare se non attraverso una elaborata proiezione in 3D), quella che nella figura appare come una circonferenza delimitante sarebbe in realtà una ipersfera, cioè la superficie tridimensionale dello spazio a 4 dimensioni dove sono confinate (quasi) tutte le nostre osservazioni dell'universo.

"... nella proiezione 2D rappresentata dalla figura Ologramma dS l'espansione dell'universo fa sì che la maggior parte del volume spaziotemporale che costituisce il nostro passato finisca schiacciata verso il bordo del disco, e cioè che la stragrande maggioranza delle stelle e delle galassie sia ammassata vicino alla superficie di confine ... una configurazione che è davvero simile al disco di Poincaré che abbiamo visto a proposito dell'universo AdS ... " - ci informa Hertog.


Entrando nel tempo immaginario le due forme sono davvero simili, con la maggior parte del volume schiacciato contro la superficie delimitante, ed è in questo modo che una visione semiclassica unifica AdS e dS.

"... è come se, nel regno della gravità quantistica, la costante cosmologica Λ non avesse alcun significato reale ..." - scrisse Hawking.

Questa sua intuizione permette di pensare ad una dualità olografica dS-QFT dove, come nel caso AdS-CFT, esiste una superficie di confine in grado di contenere una descrizione olografica di un universo, in questo caso di un universo in espansione come il nostro.

A questo punto non resta che capire quali siano i dettagli relativi alle particelle ed ai campi duali posti sulla superficie di contorno che determinano se al suo interno si venga a creare uno spazio con curvatura negativa AdS (incapace di dar luogo ad un universo in grado di sviluppare forme di vita), oppure un universo biofilico in espansione quale il nostro.


... ed ora il colpo di scena ...


"... La differenza tra ologrammi che generano un interno Ads oppure un interno dS" - scrive Hertog - "sta nella natura delle dimensioni extra che emergono ..."

Nel caso AdS abbiamo visto come la direzione emergente sia una dimensione spaziale curva, la profondità interna nell'AdS che da luogo alla gravità.

Nel caso invece di un universo in espansione dS come il nostro "... la dimensione emergente risulta il tempo, e ciò sta a dire che la storia stessa sia cifrata nell'ologramma!" - ammonisce Hertog.

Dunque tempo ed espansione risultano qualità emergenti dell'universo, qualcosa che "viene dopo". (100)

Già LeMaitre aveva scritto negli anni 30 del secolo scorso:

"... il tempo inizierebbe ad avere un significato ragionevole soltanto dopo la divisione del quanto originario in un numero sufficiente di quanti ..."

Dopo oltre mezzo secolo fu la volta di Hawking ed Hartle, presentando l'ipotesi senza confini, ad affermare:

"... quando ci si avvicina all'inizio il tempo si tramuta in spazio ..." (101)

L'olografia infine fa del tutto a meno del concetto di tempo:

"... gravità ed evoluzione cosmica sono risultato di interazioni quantistiche confinate ad una superficie tridimensionale; il tempo diventa una specie di illusione così come la profondità lo è relativamente agli ologrammi di uso comune ...".

Siamo dunque arrivati a concepire "un tempo senza tempo"!


Attenzione però!


"... al momento non è ancora stato decifrato il tipo di ologrammi che codifica storie di espansione di universi esitanti come il nostro ..." - ci avverte Hertog - "... e non sarà nell'immediato futuro: la teoria di Einstein funziona ancora molto bene per descrivere l'universo su larga scala ... semmai l'olografia assumerà importanza laddove le equazioni di Einstein perdono validità: nei pressi dei buchi neri e vicino al Big Bang ..."

Quando - nel corso dell'intervista cui l'ho sottoposto - Hertog afferma la rilevanza degli sviluppi dell'olografia per individuare evidenze a favore dell'ipotesi top down, si riferisce alla possibilità che le fondamenta olografiche dell'espansione possano esser state determinanti durante l'inflazione.

"... sottili impronte lasciate da questo processo nelle fluttuazioni della CMB potrebbero venir rilevate con future osservazioni delle onde gravitazionali effettuate con nuovi strumenti quali Einstein Telescope e LISA..."





"... Il principio fondamentale della cosmologia olografica" - continua Hertog - "sta nel fatto che il passato emerga da una rete di particelle quantistiche legate in entanglement che formano un ologramma in una superficie con meno dimensioni: e questo implica necessariamente una visione top down dell'universo ... l'olografia afferma infatti che la superficie delle nostre osservazioni sia tutto quanto esiste ..."

"... esiste dunque un'entità più fondamentale del tempo, un ologramma, dal quale il passato emerge: in un universo olografico il cosmo in evoluzione e in espansione non è il punto di partenza ma il risultato ..."

A questo punto possiamo comprendere la distinzione tra il pensiero semiclassico (in relazione alla cosmologia quantistica) e quanto afferma la teoria olografica:

  • nel primo caso gli elementi che abbiamo visto costituire il trittico top down (vedi quanto scritto nella parte 9 "cosmologia quantistica") e cioè osservazione (atto di osservazione), origine (genesi) ed evoluzione (storie) pur essendo intrecciati rimanevano tuttavia entità concettualmente distinte;
  • nel secondo caso la fusione risulta completa: "... eliminando il tempo l'olografia rende indistinguibili dinamica e condizioni di contorno (origine), e ponendo l'entaglement olografico prima dello spaziotempo integra il ruolo dell'osservatore ..."

"... la matematica che sta dietro la cosmologia olografica racchiude questa sintesi in un'unica equazione unificata ..." - scrive Hertog - "... al cuore del trittico ... la capacità dei sistemi di immagazzinare e processare le informazioni ..."

Per l'olografia cioè la realtà fisica include, oltre a "cose reali" quali particelle di materia o di radiazione ed al campo stesso dello spaziotempo, un'entità astratta: l'informazione quantistica. (102)

La dualità dS-QFT sancisce come "... l'informazione quantistica iscritta in un ologramma atemporale astratto, fatto di qubit legati in entanglement, costituisca il filo che tesse la realtà: ... togliendo l'entanglement sulla superficie di contorno il mondo all'interno si disfa ..."

Quando i singoli qubit interagiscono i loro possibili stati entrano in entanglement, e quanti più qubit risultano correlati tanto maggiore (una crescita esponenziale) sarà l'incremento del numero totale di possibilità simultanee, un fatto che abbiamo capito costruendo computer quantistici.

Ho già trattato dei problemi riscontrati nella progettazione dei computer quantistici e della fragilità dei Qubit all'interno della 5^ ed ultima parte del post "Leonard Susskind e la sua guerra per la salvezza della Meccanica Quantistica" (vedi il seguente link: "Il codice sorgente dello spaziotempo" ).

Descrivendo i codici di correzione degli errori (ad esempio il codice olografico pentagonale HaPPY in nota 29 e 30 del post menzionato) ho accennato al fatto che il modo in cui vengono interconnessi i qubit per preservarne l'integrità dia origine ad una geometria iperbolica emergente simile al disco di Poincaré, all'interno della quale la nozione di distanza viene ad emergere come numero dei legami che si attraversano nella rete ("... la distanza è definita dal conteggio del numero di legami che vengono intersecati ...").

Non crea dunque sorpresa il fatto che ultimamente alcuni teorici delle stringhe abbiano iniziato a sviluppare codici quantistici di correzione degli errori con l'obbiettivo di costruire lo spaziotempo: il modo in cui nelle dualità olografiche emerge uno spaziotempo interno ricorda infatti la struttura di un codice quantistico di correzione degli errori molto efficiente, spiegando così come facciano elementi quantistici fragili come i qubit a tessere uno spaziotempo robusto.

"... negli ultimi tempi " - scrivevo riportando le parole di Brian Cox alla conferenza di Genova lo scorso autunno (vedi questo link) - "... si stanno accumulando prove del fatto che potremmo star vivendo all'interno di ciò che appare un gigantesco computer quantistico ..."

Alcuni teorici si sono infatti spinti ad ipotizzare che lo stesso spaziotempo possa essere un codice quantistico: l'ologramma svolgerebbe la funzione di codice sorgente operante su un'enorme rete di particelle quantistiche interconnesse - in grado di processare le informazioni, così da generare la gravità e tutti gli altri fenomeni fisici.

L'universo intero sarebbe, in questa visione, un tipo di processore informatico quantistico. (103)

"... l'olografia dipinge un universo che viene continuamente creato" - scrive Hertog - "... al pari di un codice operante su un immenso gruppo di qubit legati in entanglement in grado di determinare la realtà fisica; ... e questo progressivo svelamento viene da noi percepito come flusso del tempo ..."

"... in questo senso l'olografia pone la vera origine dell'universo nel lontano futuro, in quanto solo quest'ultimo rivelerebbe l'ologramma in tutta la sua gloria ..." - conclude Hertog. (104)

Relativamente al passato remoto dell'universo, la cosmologia olografica ci riserva una sorpresa: avventurarsi nel passato equivale a zoomare all'indietro, adottare una prospettiva sfumata.

Nella dualità AdS-CFT abbiamo infatti visto come, per muoversi in profondità all'interno dello spazio curvo AdS, sia necessario considerare scale sempre più larghe sulla superficie olografica: oggetti vicni al centro vengono codificati come correlazioni a lunghissimo raggio che attraversano l'intero ologramma.

In quella relativa ad un universo in espansione (dS-CFT) il passato remoto è iscritto in qubit che si estendono su grandi distanze sulla superficie di contorno:

"... per muoversi verso il centro del disco, il passato più distante, è necessario togliere nell'ologramma uno strato di informazione alla volta fino a che non si rimane con pochi qubit correlati, situati a grandissima distanza gli uni dagli altri: quando i qubit finiscono allora troviamo l'origine del tempo ..."

La conferenza di Hertog (vedi questo link) termina con la funzione d'onda dell'universo, da lui ricavata insieme con Hawking, scritta sulla sabbia del bagnasciuga; l'arrivo di un'onda la sfuma piano piano rendendola illeggibile. (105)

"... invece di spiegare la creazione dell'universo dal nulla - come cercò di fare Stephen con l'ipotesi assenza di confini - la cosmologia olografica ci mostra come la trasformazione del tempo in spazio nei pressi del Big Bang significhi che, qualora ci si spinga indietro sino all'inizio, la fisica stessa sia destinata a scomparire: ... l'assenza di confini deve dunque esser interpretata non come la legge dell'inizio ma come l'inizio della legge ..."

In tale contesto diventa essenziale la capacità delle leggi di cambiare e trasformarsi, più che spiegare la causa dell'inizio.


E riguardo alla teoria concorrente, quella del Multiverso, cosa dice l'olografia?

La cosmogenesi legata alla cosmologia olografica non lascia spazio al multiverso: nessun tipo di ologramma sinora ideato prevede un mosaico di universi-isola.

"... le funzioni d'onda interne codificate negli ologrammi sembrano abbracciare solo una minuscola parte del paesaggio delle stringhe: per la cosmologia olografica il paesaggio delle stringhe è da considerarsi alla stregua di un regno matematico che può informare la fisica, ma non necessariamente esistere come tale ..."

"... il multiverso" - asserisce Hertog - "... è sotto molti aspetti l'analogo cosmologico della teoria (semi) classica dei buchi neri: quest'ultima infatti non riesce a riconoscere che esista un limite superiore alla quantità di informazioni che i buchi neri possano immagazzinare. 

Analogamente, la cosmologia del multiverso assume che le nostre teorie cosmologiche possano contenere una quantità arbitrariamente grande di informazioni, senza influire sul cosmo da esse descritto ..."

Andrej Linde, da lui interrogato qualche anno fa in merito, oggi sostiene che "... per comprendere il multiverso sia necessario adottare una visione propriamente quantistica del ruolo degli osservatori in cosmologia ...": opinione non diversa da quella pronunciata da Gian Francesco Giudice cui ho accennato in precedenza.


Nel 2016 così si espresse Hawking in occasione di una commemorazione di LeMaitre tenuta presso la sede della Pontificia Accademia delle Scienze in vaticano:

"... esiste una descrizione duale del cosmo, un modo del tutto diverso e profondamente controintuitivo di guardare la realtà, nel quale l'espansione dello spazio - e, di fatto, il tempo stesso - è un fenomeno chiaramente emergente, cucito da una miriade di fili quantistici che formano un mondo senza tempo situato in una superficie con meno dimensioni: in fin dei conti, l'universo potrebbe avere un confine ..."

"... più che 'noi siamo il modo che l'universo ha di conoscersi' - come scrisse Carl Sagan - forse è più corretto affermare che noi stiamo imparando a conoscere noi stessi ..." (Hertog)




Conclusioni.


"... in un universo quantistico, un passato ed un futuro tangibili emergono da un labirinto di possibilità attraverso un processo continuo di domande e osservazioni .." - scrive ancora Hertog.

"... Tramite l'atto di osservazione - il processo interattivo al cuore della teoria quantistica che trasforma ciò che potrebbe essere in ciò che di fatto accade - l'universo è condotto sempre più saldamente nell'esistenza, e gli osservatori - in questo senso quantistico - acquisiscono una sorta di ruolo creativo nelle vicende cosmiche, cosa che permea la cosmologia di un delicato tocco soggettivo.

L'atto di osservazione, inoltre, introduce nella teoria cosmologica un sottile elemento di azione all'indietro nel tempo, in quanto è come se l'atto di osservazione di oggi fissasse retroattivamente l'esito del Big Bang di allora ... ed è questo il motivo per cui tale teoria è stata battezzata da Hawking Cosmologia Top-Down: gli elementi fondamentali della storia dell'universo vengono letti all'indietro, dall'alto verso il basso ..."


Una tale cosmologia capovolge l'enigma dell'apparente disegno dell'universo in quanto, a livello quantistico, l'universo viene descritto come se esso stesso producesse la propria biofilia:

"... la vita e l'universo sono fatti l'uno per l'altra, poiché, in un senso più profondo, vengono all'esistenza assieme ..."


Il progetto di Hawking che ha portato alla formulazione della Top Down Cosmology era nato dal suo desiderio di risolvere i paradossi cui conduce la teoria del multiverso.

La scoperta - inaspettata - di un secolo fa del fatto che l'universo possegga una storia evolutiva, ha indotto a credere all'esistenza di leggi naturali ed immutabili che dirigessero quest'ultima, svelate le quali saremmo stati in grado di descrivere in modo deterministico l'evoluzione dal Big Bang sino ad oggi (e contestualmente scoprire quale sarà il nostro futuro), oltre che ad individuare una causa prima al Big Bang stesso.

L'approccio della cosmologia top down - cui merito indiscutibile è fare a meno di ipotizzare l'esistenza di uno sfondo immutabile ed eterno - comporta la descrizione della storia evolutiva dell'universo che include, nei suoi primissimi istanti, la genealogia delle stesse leggi fisiche: pertanto, se le leggi di natura risultano esser nate dopo il Big Bang, questo significa che ad esser fondamentale non sono più le leggi stesse, ma la loro capacità di mutare:

"... per scoprire l'essenza di ciò che si trova nascosto nei primissimi stadi quantistici, occorre togliere uno dopo l'altro i molteplici strati di complessità che ci separano dall'origine dell'universo, cosa che può essere fatta ripercorrendo la storia di quest'ultimo a ritroso nel tempo; quando infine giungiamo al Big Bang, si apre un livello più profondo di evoluzione nel quale sono le stesse leggi della fisica a cambiare ..."

"... una sorta di metaevoluzione, uno stadio dove le regole ed i principi dell'evoluzione fisica coevolvono assieme all'universo da loro governato ..."

Si tratta di qualcosa di simile al processo darwiniano che ritroviamo in biologia, una interazione tra variazione e selezione sullo sfondo dell'ambiente primordiale dell'universo neonato:

  • variazione: sono i salti quantistici casuali che provocano deviazioni dal comportamento deterministico;
  • selezione: alcune di queste deviazioni vengono amplificate e congelate nella forma di nuove regole che contribuiscono a plasmare l'evoluzione successiva.

"... l'interazione tra queste due forze in competizione nei primissimi istanti dopo il Big Bang produce un processo di ramificazione - qualcosa di analogo al modo in cui le specie biologiche sarebbero emerse miliardi di anni dopo - nel quale dimensioni, forze e specie di particelle prima si diversificano e quindi - quando l'universo si espande e si raffredda scendendo a una temperatura di circa dieci miliardi di gradi - acquistano la loro forma effettiva ..."

"... la casualità coinvolta in tale processo comporta - proprio come nel caso dell'albero della vita di Darwin - il fatto che il risultato di questo antichissimo strato di evoluzione cosmica possa essere compreso soltanto ex post ..."

Ad oggi siamo ben lontani dall'aver ricostruito - anche solo sommariamente - l'albero che rappresenta l'evoluzione delle leggi fisiche e che ci consentirebbe di indagare le sue radici; tuttavia recenti progressi nella tecnologia dei nostri strumenti, lo sviluppo dell'astronomia multimessaggero ed il moltiplicarsi delle direzioni verso cui si muove la ricerca, ci avvicinano alla comprensione, seppur parziale, di una tale epoca remotissima.

Affrontando tale indagine dobbiamo sempre tenere ben presente che quanto definiamo leggi di natura sono in realtà mere regolarità riscontriate durante le nostre osservazioni:

"... l'universo non è una macchina governata da leggi incondizionate, dotate di un'esistenza precedente; ... piuttosto assomiglia ad una sorta di entità che si auto-organizza, dove appaiono schemi emergenti di tutti i tipi i più generali dei quali costituiscono ciò che chiamiamo le leggi della fisica (... 'le leggi servono l'universo, e non l'universo le leggi') ..."

L'idea alla base di tale visione è che le leggi della fisica siano proprietà dell'universo che noi induciamo dal nostri dati collettivi, compressi in algoritmi di calcolo, e non manifestazioni di una qualche verità eterna.

Ne consegue che, ogni volta una nuova teoria arrivi a migliorare la precedente (come la Relatività di Einstein ha migliorato la legge di gravitazione universale di Newton) ci troveremmo di fronte ad una identificazione di schemi via via più generali, che abbracciano un numero sempre più grande di fenomeni empirici interconnessi.

Questa progressione incrementa il potere predittivo e l'utilità delle teorie fisiche, ma assolutamente non ci mette su una strada che porti ad identificare una "teoria ultima", indipendente dal suo processo di costruzione e dai nostri dati.

"... ci sono sempre moltissime teorie in accordo con un insieme finito di dati, proprio come ci sono molte curve che passano per un insieme finito di punti; analogamente, l'approccio top-down alla cosmologia dovrebbe indurci a sospettare che in futuro troveremo una successione di teorie via via più raffinate, ma senza mai arrivare ad un punto finale: ... in un certo senso, la teoria finale di Stephen afferma non esista una teoria finale ..." - sancisce Hertog.


E che dire riguardo al tempo?


Abbiamo visto come l'ipotesi dell'assenza di confini, sviluppata da Hawking insieme ad Hartle, predica che tracciando lo sviluppo dell'universo primordiale e procedendo a ritroso nel tempo fin dove sia possibile, vedremmo le sue proprietà strutturali continuare ad evaporare, a cambiare, e che questo succeda anche al tempo stesso.

All'inizio, il tempo dovrebbe essere stato fuso assieme allo spazio in qualcosa di simile ad una sfera iperdimensionale, chiudendo così l'universo nel non-essere: questa prospettiva portò negli anni 70 Hawking a proclamare che l'universo sia stato creato dal nulla.

Il nuovo pensiero top down sostiene invece che questo non-essere all'inizio dell'universo "... non sia nulla di simile ad un vuoto dal quale gli universi potrebbero nascere oppure no, ma sia piuttosto un orizzonte epistemico molto più profondo dove non ci sono né spazio, né tempo, né - soprattutto - leggi fisiche ...".

«L'origine del tempo» non è dunque solo l'inizio di tutto ciò che esiste, ma rappresenta piuttosto il limite di ciò che possiamo dire riguardo al nostro passato.

Trattando la versione olografica della cosmologia top down abbiamo visto come la dimensione del tempo - e quindi la nozione fondamentale di evoluzione - siano viste come qualità emergenti dell'universo:

"... procedere a ritroso nel tempo è come guardare l'ologramma in una visione che si fa sempre più sfocata: è come se, letteralmente, lo spogliassimo di una quantità via via maggiore delle informazioni da esso codificate finché, alla fine, non ci rimangono più qubit ..."

(link al video dove pongo ad Hertog una domanda relativa a questo punto).


La cosmologia top-down pone dunque un limite a ciò che possiamo dire riguardo all'universo in cui viviamo:

"... la chiusura del nostro passato nell'ultima teoria di Hawking ed il fondamentale riconoscimento di una certa finitudine che tale chiusura comporta ci evita di finire impantanati nei paradossi del multiverso ..."

La prospettiva top down contribuisce inoltre a cancellare la separazione tra biologia e fisica, rivelando come livelli di evoluzione tra loro diversissimi si fondano in un tutto interconnesso, con correlazioni che li collegano:

"... la cosmologia quantistica ci insegna che evoluzione biologica ed evoluzione cosmologica non sono fenomeni fondamentalmente separati, ma due livelli molto distanti di un unico gigantesco albero evolutivo: quella biologica si occupa delle ramificazioni in un regno di elevata complessità, mentre quella cosmologia ha a che fare con strati dalla complessità inferiore.

Lo spazio tra questi due estremi è riempito dai livelli dell'astrofisica, della geologia e della chimica.

Anche se ogni livello ha una propria specificità, un proprio linguaggio, la funzione d'onda universale li intreccia tutti quanti assieme.

Il modo caotico in cui l'albero delle leggi fisiche è emerso nell'universo primordiale mostra che i principi generali del darwinismo - lo schema quintessenziale del mondo biologico - si spingono fino ai livelli di evoluzione più profondi che si possano immaginare ..."

La sorprendente biofilia che rileviamo nelle leggi effettive della fisica costituisce l'esempio preminente di una correlazione attraverso molteplici livelli di complessità.


Il futuro della scienza e della nostra specie.

Parlando della cosmologia quantistica, abbiamo accennato circa la limitatezza del numero di percorsi che dal Big Bang portino ad un universo come quello che oggi ci circonda (se invece diamo credito alla teoria del multiverso dobbiamo pensare esistano tutti quanti i possibili percorsi, anche quelli che non portano ad un universo come il nostro).

Se tutte le leggi scientifiche sono leggi emergenti, incluse le leggi «fondamentali» della fisica, siamo sul punto di scoprire una visione molto più ampia della natura: anziché limitarsi a scoprire le leggi di natura studiando i fenomeni che esistono, oggi molti scienziati stanno iniziando ad immaginare leggi ipotetiche per poi creare dei sistemi nei quali tali leggi vengano a emergere.

Basti pensare alla direzione presa dagli studi relativi:

  •  al Machine Learning ed alle Artificial Intelligences, tra i cui scopi troviamo la ricerca di nuove forme di calcolo computerizzato che portino allo sviluppo di intelligenze, diverse dalla nostra ma dotate di una capacità di evolversi e persino di acquisire un elemento di intuizione;
  • alla Bioingegneria, che apre nuovi percorsi evolutivi basati su codici genetici e proteine differenti da quelli esistenti;
  • all'Editing Genetico, come la CRISPR, che modificando il DNA permette la progettazione di forme di vita con fattezze o capacità che non esistono in natura (vedi i numerosi post che ho pubblicato in passato sul "post-umanesimo" e su "vita 3.0" di Max Tegmark).
  •  all'ingegneria quantistica che talvolta produce nuove forme di materia nella quale le stranezze dell'entanglement si manifestano anche su scala macroscopica:  "... alcuni di questi materiali potrebbero codificare olograficamente nuove teorie della gravità e dei buchi neri, o magari modellini di universi in espansione con un'evoluzione codificata in operazioni algoritmiche su un gran numero di qubit inteconnessi ..." - immagina Hertog.


Stiamo cioè passando dallo studio del «che cos'è» a quello del «che cosa potrebbe essere».

Ha scritto su «Quanta Magazine» Robbert Dijkgraaf, ex direttore dell'Istituto per gli studi avanzati di Princeton:

«... Quella che un tempo chiamavamo natura è soltanto una minuscola frazione di un paesaggio enormemente più grande che sta là fuori in attesa di essere scoperto ...»

"... questi sviluppi" - afferma Hertog - "si rinforzano a vicenda, ed è alla loro intersezione che potremmo benissimo trovare le conseguenze più radicali ..."

"... qualche anno fa AlphaFold, un programma di deep learning sviluppato da DeepMind, si è auto addestrato a determinare la forma tridimensionale ripiegata delle proteine a partire dalla loro sequenza di aminoacidi, risolvendo una delle grandi sfide aperte nel campo della biologia molecolare; nei prossimi anni gli algoritmi di machine learning cercheranno nuove particelle nei petabyte di dati prodotti nel LHC del CERN e schemi riconducibili a onde gravitazionali nelle vibrazioni di fondo raccolte dal LIGO ..."

Qui la speranza di Hertog è che questi nuovi metodi di indagine arrivino ad identificare qualcuno tra quei fossili lasciati dall'evoluzione delle leggi di natura previsti dalla cosmologia top down, cosa che ne confermerebbero la validità.

" ... nel XX secolo sono stati identificati i mattoni elementari della natura: particelle, atomi e molecole, che sono i componenti di tutte le cose materiali; geni, proteine e cellule, che sono i componenti della vita; bit, codici e sistemi collegati in rete, che stanno alla base dell'intelligenza e dell'informazione.

Nel XXI inizieremo a creare nuove realtà con le loro leggi connettendo questi componenti in modi nuovi ..."

Quello descritto da Hertog come modo di procedere che gli scienziati del XXI secolo stanno adottando non è niente più di quanto la natura ha fatto per oltre tredici miliardi di anni di espansione cosmica (e quattro miliardi di anni di evoluzione biologica sul nostro pianeta): ma la natura, come ha affermato Dijkgraf, ha nella sua storia esplorato solo una minuscola parte di tutti i disegni possibili.

"... il numero di geni matematicamente concepibili è sbalorditivo, di gran lunga superiore persino al numero di microstati di un tipico buco nero, ma solo un piccolo frammento di queste possibilità ha trovato realizzazione nella vita sulla Terra; così come la gamma di particelle e forze fisiche che possono essere fabbricate nella teoria delle stringhe è enorme, ma l'espansione dell'universo primordiale ha prodotto solo questo specifico insieme ..." - conferma Hertog

"... in tutto lo spettro della complessità - dalla fisica fondamentale all'intelligenza - la varietà di realtà possibili è immensamente più grande di ciò che l'evoluzione naturale ha finora prodotto ..."


Siamo, come conferma Max Tegmark in Vita 3.0, all'alba di una nuova era, la prima del suo genere (almeno qui sul nostro pianeta), in cui una specie cerca di riconfigurare e trascendere la biosfera in cui si è evoluta: da "soggetti all'evoluzione" ne diveniamo "artefici", progettando con essa anche la nostra stessa umanità e così dando un'accelerata incredibile a processi che finora sono stati terribilmente lenti.

Questa nuova ed incredibile "capacità" della nostra specie ci carica di responsabilità enormi: la tecnologia del XX secolo ci ha regalato la possibilità di estinguerci grazie ad un olocausto nucleare, che solo per caso (e per l'intelligenza di alcuni) siamo stati in grado di evitare.


Le tecnologie del XXI secolo ci forniranno nuovi e molteplici strumenti che, se usati contro noi stessi, vanno a sommarsi agli arsenali nucleari.

"... i rischi esistenziali creati dall'uomo, dalla proliferazione delle armi nucleari e dal riscaldamento globale fino agli sviluppi nel campo delle biotecnologie e dell'intelligenza artificiale, superano oggi di gran lunga quelli di origine naturale: l'astronomo reale britannico Sir Martin Rees ha stimato che, tenendo conto di tutti i rischi, abbiamo solo il cinquanta per cento di probabilità di arrivare al 2100 senza andare incontro a una qualche disastrosa battuta d'arresto, laddove il Future of Humanity Institute di Oxford pone il rischio esistenziale per l'umanità in questo secolo a circa uno su sei ..."


Il fatto che tra i miliardi di stelle presenti nel nostro cono di luce passato locale, nessuna sembra essersi evoluta in un ecosistema di larga scala con il livello di tecnologia che noi potremmo raggiungere presto ("... nessuna civiltà aliena sembra aver esplorato una parte sostanziale dei sistemi stellari nelle nostre vicinanze cosmiche ..."), e che le leggi fisiche sembrino invece essere straordinariamente adatte alla vita, è fonte di serie preoccupazioni per più di uno scienziato.


Quello che intendeva Fermi, quando nell'estate del 1950 pose la famosa domanda «Dove sono tutti quanti?», è che tale "assenza", date le condizioni biofiliche dell'universo, suggerisce che sulla strada dell'evoluzione dalla materia inorganica "a quel tecnotopo avanzato che potremmo raggiungere presto", dev'esserci un serio ostacolo, un collo di bottiglia.

Si chiedeva se la nostra specie l'abbia già passato o se esso si pari minaccioso ancora davanti a noi (vedi quanto scrive in merito Stephen Webb nel suo libro "Se l'universo brulica di alieni dove sono tutti quanti ... 75 soluzioni al paradosso di Fermi")



Guardando l'albero della vita da una prospettiva a partire dalle sue radici sembrerebbe, data l'incredibile improbabilità di ciascun passo evolutivo, che le forme di vita complesse siano rare nell'universo, e di conseguenza che il collo di bottiglia principale si trovi oramai alle nostre spalle.

"... Fermi, però, aveva la fastidiosa sensazione che il posto di blocco potesse trovarsi nell'unica transizione che separa la nostra attuale civiltà dall'essere in grado di diffondersi nel cosmo: potremmo cioè non essere capaci di sopravvivere al mondo che abbiamo creato ..."

L'invito di Hawking ed Hertog è ad impegnarsi per conoscere un po' meglio questo punto: "... ci aiuterebbe a fare qualche previsione collettiva mentre ci costruiamo un futuro ..."

Hawking condivide la sensazione di Fermi e le sue affermazioni sono pesanti come macigni:

"... Dobbiamo solo guardare noi stessi per vedere come la vita intelligente potrebbe svilupparsi in qualcosa che non vorremmo incontrare ..."

"... Da una prospettiva quantistica" - prosegue Hertog - "le miriadi di percorsi che si biforcano nel futuro sono in un certo senso già lì, come un paesaggio di possibilità: alcuni futuri potrebbero anche apparire piuttosto plausibili, ma il passato dovrebbe insegnarci che tra le probabilità c'è una costante interferenza, cosa che porta la storia a prendere svolte inaspettate. Il comportamento accidentale di un pipistrello a Wuhan nel 2019 ne è un esempio ..."

Hertog condivide con Tegmark - che ha creato a tal fine il Future of Life Institute - l'idea che sia indispensabile ed urgente acquisire una chiara visione globale del tipo di futuro a cui aspiriamo, cercando di creare un modello, basato su qualche elemento quantitativo, di come potrebbe funzionare.

La comunità scientifica dovrà vigilare ed esser responsabile affinché le proprie ricerche siano integrate e dirette al bene comune (ancora una volta invito alla lettura di Vita 3.0 di Max Tegmark che, presa coscienza di quanto Nick Bostrom vuole dirci con il suo paperclip maximizer, ritiene indispensabile una supervisione ed una moratoria sullo sviluppo di AI ed armi autonome che garantisca la convergenza dei fini tra la nostra specie e le nuove intelligenze che verranno sviluppate).





"... se l'umanità non scrive la propria sceneggiatura, nessuno lo farà per noi ... noi siamo evoluzione! ... e dobbiamo trovare una strada per sviluppare una coscienza planetaria: apprezzare il ruolo di custodi del pianeta Terra ... " - prosegue Hertog.


Ecco infine quanto è stato trasmesso verso lo spazio durante una funzione commemorativa di Stephen Hawking tenutasi il 15 giugno 2018 nell'abbazia di Westminster:


«Quando vediamo la Terra dallo spazio, e vediamo come un tutt'uno, vediamo l'unità e non le divisioni. É un'immagine così semplice, con un messaggio avvincente: un singolo pianeta, una singola razza umana. I nostri unici confini stanno nel modo in cui vediamo noi stessi. Dobbiamo diventare cittadini globali. Lavoriamo assieme per rendere quel futuro un posto che vorremmo visitare».


- link alla conferenza completa di Thomas Hertog sull'origine del tempo

- link alla mia intervista a Thomas Hertog (in lingua inglese)

- link alla conferenza completa di Brian Cox sui buchi neri e modello olografico

- link alla raccolta completa in PDF stampabile come unico fascicolo delle 11 parti di questo post "Stephen Hawking e Thomas Hertog: la Top Down Cosmology"

- link alla raccolta completa in PDF stampabile come unico fascicolo delle 5 parti del post
 " Leonard Susskind e la sua guerra per la salvezza della Meccanica Quantistica"


Torna alla pagina web che raccoglie i links alle 11 parti delpost sulla top down cosmology



Note:

(98) Ad esempio alcuni universi in espansione sono ipersferici e privi di un confine (così come la superficie di una sfera non ha limiti).

(99) Hawking - l'abbiamo già scritto - era convinto del fatto che le geometrie con 4 dimensioni spaziali racchiudessero le proprietà quantistiche dell'universo.

Moltiplicando il valore assunto dalla dimensione temporale per la radice quadra di -1 la si trasforma in dimensione spaziale, come spiegato nell'ultima sezione della terza parte "Ipotesi assenza di confini".

(100) Il confine del disco rappresentato in figura viene immaginato come un ologramma fatto di qbits legati in entanglement, dal quale viene proiettato lo spaziotempo interno (la nostra storia passata): in questo senso si può affermare come il passato dipenda dal presente.

(101) Vedi riferimento in nota 99 alla parte 3^ del post.

(102) Qui non si può non ricordare quanto scrivesse Wheeler: "it for bit ... ogni oggetto fisico - "it" - deriva il proprio significato dai "bit", le unità di informazione binarie".

L'idea che il mondo fisico derivi la propria esistenza da unità di informazione non è diversa da quanto racconta la cosmologia olografica, se non per il fatto che ai bit (che possono assumere solo due valori) essa sostituisca i qubit (particelle quantistiche che possono esser in sovrapposizione di stati).

(103) Entriamo qui in un terreno scivoloso: "potremmo noi star vivendo all'interno di un universo simulato?"

Ho trattato altrove - vedi un mio post del 2/3/2021 "il trilemma di Bostrom e la probabilità di vivere in una simulazione" - la verosimiglianza di tale ipotesi.

Vedi anche il saggio di David Chalmers "Più realtà" pubblicato nel settembre 2023.



(104) Proprio a questa affermazione fa riferimento la domanda che ho posto ad Hertog al termine del suo intervento a Genova: vedi questo link


(105) Una delle proprietà definitorie della teoria originale di Hartle ed Hawking era l'azzerarsi dell'onda dell'assenza di confini sul fondo delle geometrie a scodella.

L'olografia fornisce invece un'interpretazione di questa proprietà basata sulla teoria dell'informazione.


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