contatore visite

martedì 24 novembre 2020

Perché le persone con un QI molto alto non hanno successo negli investimenti in borsa?

E' la domanda formulata da un utente di Quora alla quale ho dato risposta sul social lo scorso 15 ottobre, e che ritengo possa essere argomento d'interesse anche per questo blog.

Il motivo dell'apparente incongruenza è spiegato da Gerd Gigerenzer nel saggio intitolato "Imparare a rischiare" (capitolo  5^, "Attenti ai soldi").

Per prima cosa l'autore prende in esame le serie storiche relative ai pronostici sull'andamento dei cambi, un dato facilmente rintracciabile grazie alle pubblicazioni periodiche a cura degli istituti di credito.
Gigerenzer ci fa subito notare come, circa l'andamento delle quotazioni euro/dollaro, nessuna delle previsioni pubblicate nel periodo 2001-2010 (e riferita all'anno seguente) sia mai stata azzeccata.
Di conseguenza si interroga su quali siano stati i metodi utilizzati dagli "esperti" incaricati di redigere questo genere di pronostici.

Trovare una risposta al quesito non è semplice: gli Istituti di credito sono soliti non rivelare dettagli, nascondendosi dietro frasi generiche e l'autorità degli estensori.

Senza darsi per vinto, Gigerenzer decide di seguire una strategia molto semplice: scelto un anno di riferimento, controlla quale sia lo scostamento rispetto alla previsione dell'anno precedente e lo mette in relazione con il pronostico per l'anno successivo rispetto ai valori riscontrati per l'anno in corso.
Scopre così come la regola seguita per redigere TUTTI i pronostici da lui esaminati risulti piuttosto banale, e riassumibile in questi termini:

- le previsioni per l'anno successivo vengono prodotte semplicemente "correggendo" quelle relative all'anno precedente: se si sono rivelate troppo "ottimistiche", il valore pronosticato per il periodo successivo sarà ridotto, altrimenti si procede al contrario.

Wow, alta ingegneria statistica!

Le previsioni cioè si limitano a "predire" sistematicamente l'andamento dell'anno precedente: se nell'anno appena trascorso il dollaro si è apprezzato contro l'euro l'ipotesi è che tale tendenza continui nell'anno successivo, altrimenti il contrario.

Ne consegue che: "le previsioni funzionano sempre tranne quando l'anno in corso non assomiglia al precedente".
Ecco spiegato il motivo dell'altissimo tasso di previsioni sbagliate.

Ma allora a cosa serve pubblicare previsioni, che gli stessi istituti di credito che le hanno commissionate sanno bene essere inattendibili?

Gigerenzer individua una motivazione sottile.

Se un'azienda va in perdita a causa di un'oscillazione dei cambi, il dirigente si difenderà affermando che la responsabilità è delle previsioni sbagliate, quest'ultime fornite dagli istituti di credito.
Una prassi diffusa tra i quadri delle aziende che l'autore definisce "decisione prudenziale": "la colpa non è mia perché mancavano dati corretti", quindi viene scaricata all'esterno dell'azienda senza creare conflitti interni.

In generale, le previsioni nel campo della finanza risultano sbagliate per il fatto che, per ottenerle, vengono utilizzati modelli matematici probabilistici applicati a situazioni imprevedibili (quali lo sono i mercati finanziari), come se i relativi rischi fossero invece prevedibili: la conseguenza è che essi funzionano solo se non succede qualcosa di diverso dal solito.

E' un errore tutto sommato simile a quello commesso dagli sviluppatori di GFT (Google Flu Trends), un algoritmo del 2006 che rivendicava la capacità di fornire previsioni sull'evoluzione delle epidemie di influenza stagionale basandosi esclusivamente sull'analisi delle ricerche effettuate dagli utenti di internet su Google: esso metteva in relazione la frequenza con la quale il termine "flu" - influenza in inglese - venisse digitato nella finestra "cerca con google" del motore di ricerca, rispetto alla media del periodo precedente, il tutto diviso per zone geografiche (vedi nota 1).

Messo alla prova negli anni seguenti, il modello sembrava anticipare di un paio di settimane i dati del bollettino FluView dei CDC (questo basato sul reale riscontro del numero di casi comunicati dal servizio sanitario nazionale), quindi risultare un utile strumento per la pianificazione (vedi nota 2).

L'entusiasmo suscitato - riassumibile nelle parole di Chris Anderson allora direttore della rivista Wired "la fine della teoria: il diluvio di dati rende il metodo scientifico obsoleto" - sembrò aprire le porte ad un modo diverso di fare scienza (predittiva), basato sulla sola analisi dei big data - e cioè sull'osservazione di mere correlazioni - senza la necessità di sviluppare una teoria che fornisca una spiegazione dei nessi causali.

Tutto ciò in aperto contrasto con il metodo classico, secondo il quale la comprensione dei meccanismi che determinano ciò che osserviamo nel mondo reale risulta imprescindibile, ed una massima attenzione deve prestarsi a non confondere correlazione con causalità.

L'indicatore GFT funzionò per qualche anno, fino all'inaspettata comparsa dell'influenza suina nel 2009 (vedi nota 3).
L'epidemia, scoppiata in agosto, non seguiva la stagionalità dell'influenza comune e così mise in crisi il modello di GFT che iniziò a fornire previsioni sbagliate, continuando a perseverare nell'errore anche negli anni seguenti.

Il motivo di questo "deragliamento" è presto detto: basandosi la predizione sull'analisi dei dati rilevati negli anni precedenti, la comparsa del dato anomalo (scostamento rispetto all'andamento riscontrato in passato) perturba il sistema e ne influenza le previsioni per il futuro.

Non disponendo di una base teorica che giustifichi un nesso causale, la presenza in un anno di un numero significativo di casi di suina in periodi diversi rispetto a quelli tipici dell'influenza stagionale continua a pesare sulle previsioni degli anni successivi (nei quali tale pandemia non si verificò più).

Si comprese così come GFT fosse stato un ottimo strumento di previsione dei ... periodi di freddo invernale (a loro volta strettamente correlati con le epidemie di influenza stagionale).

Alessandro Vespignani (in "L'algoritmo e l'oracolo") ci racconta come dopo qualche tempo il progetto GFT venne eutanasizzato in sordina dalla stessa Google.

Ma torniamo alla finanza ed ai suoi "guru".

Gigerenzer in proposito sostiene una tesi ardita: analisti e gestori che controllano i flussi a livello mondiale in realtà non sanno per nulla prevedere l'andamento di azioni e cambi, ma sono i loro clienti a volersi illudersi che sia così, e le banche sono loro complici nel rinforzare questa illusione.

Per supportare queste pesanti insinuazioni la strategia seguita dall'autore si basa sul metodo scientifico classico: osservazione, formulazione di ipotesi, esperimento atto a verificare o falsificare l'ipotesi.

All'indomani di ogni crisi (regolarmente non pronosticata), la stampa era solita dar risalto a chi l'avesse prevista restando inascoltato (aspiranti al ruolo di Cassandra).

Gigerenzer ne ricostruisce per ciascuno lo storico delle previsioni formulate in precedenza e si trova così di fronte a due scenari:

- nessuna previsione apparsa in precedenza su pubblicazioni dove possa esser controllata.

- una serie enorme di previsioni che non si sono mai verificate.

Ne conclude pertanto che chiunque possa aspirare a divenire un "guru" del mercato seguendo due strategie equivalenti come efficacia: continuare a fare previsioni rigorosamente senza annotarle (prima o poi una si avvererà), oppure azzardarne così tante che, per forza di cose, ogni tanto qualcuna trova riscontro.

Presi 10.000 "guru" che scommettono a caso, per il calcolo delle probabilità ce ne saranno comunque 10 ad aver indovinato per 10 anni di fila.
Nassim Taleb - al quale dobbiamo la celebrità dell'espressione "il cigno nero" per indicare qualcosa di inaspettato (vedi nota 4) - indica questa situazione come "il farsi ingannare dal puro caso" .

Nel suo libro "I numeri non sbagliano mai" il matematico Jordan Ellenberg ci presenta il noto esempio del "brooker di Baltimora": una casalinga riceve ogni settimana, per 10 settimane successive, una lettera da un sedicente "brooker di Baltimora" che regolarmente indovina l'andamento dell'indice di borsa della settimana successiva.  Sicura di aver trovato un consulente con capacità eccezionali (in fondo le ha verificate per 10 settimane di seguito!) la signora gli affida la gestione dei propri risparmi ... senza sapere che:
- la prima settimana il broker aveva mandato un migliaio di lettere delle quali la metà con la stessa indicazione circa il risultato come la sua, ma l'altra con l'indicazione opposta! 
- Così aveva continuato a fare di settimana in settimana fino a che soltanto lei ed un'altra persona erano rimaste "in gioco"; e naturalmente l'altra persona aveva ricevuto la previsione sbagliata (vedi nota 5).

Gigerenzer ha ideato un esperimento che coinvolge due gruppi - uno composto da esperti in finanza, l'altro da persone senza competenze in materia - ed ha chiesto loro di approntare previsioni sull'andamento della borsa.
Il confronto tra le reali capacità predittive di ciascuno di essi dovrebbe fornire "il valore della competenza".

Ebbene, seppure l'esperimento sia stato replicato parecchie volte negli ultimi dieci anni, ed in più parti del mondo, incredibilmente il risultato è stato ovunque lo stesso, e per nulla scontato: i "non esperti", andando a caso, indovinavano il 50% delle volte, mentre "gli esperti", che NON andavano a caso, indovinavano soltanto il 40%.

La ragione di questo apparente paradosso, secondo lo studioso, sta nel fatto che i professionisti, a differenza degli altri, basino le proprie previsioni su informazioni di cui sono in possesso, senza tener conto del loro grado di inaffidabilità.

E' da notare comunque che, anche con il solo 40% quale percentuale di successo, dopo 10 anni un esperto su 10.000 avrà comunque indovinato tutto.

Scartati gli esperti come soluzione per otterere successo in finanza, Gigerenzer si chiede se almeno la scienza possa offrire maggior chances rispetto all'azzardo (nel senso di andare a casaccio).

E' comune opinione il fatto che un problema complesso debba richiedere soluzioni complesse, ma spesso non è così.

Harry Markowitz vinse il premio Nobel dell'economia risolvendo il problema su come investire in azioni (seguendo un metodo basato sulla scienza).   La soluzione individuata è il cosiddetto "portafoglio a varianza media", in grado di massimizzare il guadagno medio per un rischio dato e minimizzare il rischio (la varianza) per un guadagno dato.

Ci si aspetterebbe che quanto meno l'inventore di tale strategia l'avesse poi adottata nella gestione dei propri risparmi.

Invece un'indagine giornalistica svolta sulla gestione del portafoglio di Markowitz in occasione del suo ritiro dall'attività lavorativa rivelò come anche lui avesse adottato la strategia classica (la più semplice disponibile) denominata "1/N": e cioè "alloca il tuo denaro in parti eguali su N fondi".

Interrogato sul perché "avesse predicato bene e razzolato male", Markowitz affermò che il "portafoglio a varianza media" è una strategia ottimale in un mondo ideale dove tutti i rischi sono noti in anticipo, non in un mondo dove ci sia un alto grado di incertezza, come quello in cui viviamo.

Inoltre, aggiunse, per utilizzare una formula così complessa bisogna stimare un gran numero di parametri basati su serie storiche che al momento sono troppo brevi: dovremo aspettare l'anno 2500 perché esse siano sufficientemente complete per un loro utilizzo efficace.

Perché allora tutti i gestori di fondi sostengono di utilizzare raffinate strategie in grado di fornire previsioni attendibili?

Ancora una volta è Gigerenzer a rispondere: anche se i consulenti finanziari intuiscono che 1/N sia la regola ottimale, non la consiglierebbero ai propri clienti perché, essendo banale, gli stessi risponderebbero: "grazie tante, ma allora siamo in grado di fare da soli" (lasciandoli senza impiego).

Ma perché - quanto meno relativamente a questo caso - proprio le cose semplici risultano le migliori?

L'autore suggerisce di riferirsi alla cosiddetta "regola di Einstein" (relativa al dilemma "devianza-varianza", il cosiddetto "bias variance"), che si riassume con le seguenti parole:

"rendi ogni cosa il più possibile semplice, ma non troppo semplice!"

Fin dove è opportuno spingere la semplificazione?

Ecco alcune dritte fornite dall'autore (per maggiori dettagli vedi nota 6):

- se il grado di incertezza è alto dobbiamo spingere verso la semplificazione.

- più alternative ci sono, più dovremmo semplificare: i metodi complessi hanno infatti bisogno di stimare i fattori di rischio, dunque più alternative significa avere più fattori, e quindi più rischio di errori di valutazione.  Per contro il banale metodo 1/N non ha bisogno di far stime sui dati passati, quindi è meno soggetto a rischio di errore.

- se invece abbiamo a disposizione lunghe serie storiche (i dati del passato), allora possiamo permetterci di utilizzare metodi di calcolo complessi (dall'anno 2500 il metodo di Markowitz potrà produrre previsioni attendibili).

Gigerenzer si chiede infine se almeno gli addetti ai lavori (consulenti bancari, promoters, ecc.) "capiscano" davvero il funzionamento dei prodotti finanziari che contribuiscono ad offrire al pubblico: ancora una volta la risposta è negativa.

Prova di questa affermazione la ottenne con migliaia di interviste ai promotori dei "piani pensionistici individuali sorretti da sussidi statali austriaci" - pubblicizzati a gran voce nel 2003 - nei quali era messa in evidenza una percentuale accattivante: "9%".

In un solo anno aderirono oltre 400.000 lavoratori austriaci, che dopo l'iscrizione si impegnavano a pagare una quota mensile fino al momento di andare in pensione: su questi versamenti le banche avrebbero riconosciuto un minimo interesse, irrilevante, mentre lo Stato un premio "del 9%".

Non era prevista garanzia di un profitto, ma al momento di andare in pensione ognuno di loro avrebbe ricevuto come minimo i contributi versati ed in più il premio (senza correzione per l'inflazione).

Ma il 9% - che contribuì certo al grande tasso di adesione al piano - era un premio pagato una volta l'anno soltanto su quanto versato nel corso dell'anno stesso: un dettaglio sostanziale che sfuggì alla stragrande maggioranza degli operatori intervistati dai collaboratori dell'autore: pur essendo competenti in materia, non avevano compreso la differenza tra "interesse" e "premio"!

Infatti un lavoratore che dal 2003 si fosse impegnato a pagare 1000 euro all'anno, riceverebbe - una volta all'anno - 90 euro di premio dallo Stato, fino al momento della pensione; dopo trent'anni riceverà i 30.000 euro versati  ... + 2.700 euro di premio.
Cioè circa il 109% delle somme versate, un tasso fisso annuo inferiore all'1% (vedi nota 7).

La maggioranza delle persone, indipendentemente dalle proprie competenze, si affida ad una "regola del pollice" di natura sociale, sia che debba investire i propri risparmi o farsi curare da un medico specialista: la fiducia in chi stia loro davanti.

Tale prassi è così scolpita nelle nostre abitudini che preferiamo affidarci a chi il nostro intuito ritenga persona degna di fiducia (un giudizio troppo spesso assegnato in base a fattori superficiali, quali l'abitudine ad ascoltare, a sorridere, a guardar dritto negli occhi) piuttosto che impegnarci in un pur semplice controllo (ad esempio facendo domande pur elementari).

Gigerenzer punta il dito soprattutto su di noi italiani; ci fidiamo sempre del nostro banchiere senza verificare due cose molto importanti:
- se capisca i prodotti finanziari che ci sta proponendo;
- se non abbia conflitti di interesse.

Ora, se il consulente agisse sempre nell'interesse del solo cliente la banca potrebbe rimetterci ("i consulenti altruisti hanno vita breve" ci ricorda l'autore): sarà perciò necessario verificare che tale conflitto di interesse sia gestibile in modo trasparente.

Riguardo invece ai prodotti finanziari che ci vengono sottoposti, è necessario prestare la massima attenzione: spesso i prodotti complessi creano infatti problemi invece di risolverli.

Anche qui ci vengono offerte alcune "dritte":

- "Non comprare i prodotti finanziari che non capisci": dai 15 minuti di tempo al promotore per spiegarteli, e se non li capisci non comprali.

- non è mai opportuno lasciare tutto sul conto o investire in soli buoni del tesoro: diversificare restando sul semplice, e rispettare le 3 regole auree: 
1) dividi la tua ricchezza in 3 parti eguali: 1/3 azioni, 1/3 buoni del tesoro, 1/3 immobili;
2) risparmia il 20% e spendi l'80% (in questo caso risparmiare significa aspettare ad investire in futuro);
3) diversifica più che puoi, molto più di quanto consigliano gli esperti che hai consultato.


In conclusione, le persone con un alto QI non hanno successo in borsa perché la loro capacità di analisi superiore alla media è irrilevante in una situazione di incertezza.

Per lo stesso motivo Marcus du Sautoy ne "Il codice della creatività", analizzando gli ambiti nei quali gli attuali algoritmi di Artificial Intelligence si stanno rivelando davvero efficaci, annota come il settore "finanza" sia un fanalino di coda.
Le capacità predittive sono sempre conseguenza della qualità e della quantità di dati disponibili, oltre che del grado di conoscenza di tutte le variabili che possono influire sul fenomeno preso in esame.

Una eventuale miglior conoscenza delle variabili "note", raggiungibile con la raccolta di serie storiche di lungo periodo, non ci mette al riparo dalle conseguenze di variabili al momento non note.

La storia del tacchino induttivista di Bertrand Russell ne è monito: il fatto che la povera bestia avesse ricevuto cibo tutti i giorni alle 8:00 in punto per parecchi mesi non lo mise al riparo dalla macellazione in vista del giorno del ringraziamento.


Note:

(*) Gerd Gigerenzer - Wikipedia

(1) Ecco i links alla storia di GFT:
Google Flu Trends - Wikipedia
La diffusione dell'influenza secondo Google - Focus.it

(2) In realtà, pur non essendo del tutto pubblico, l'algoritmo si era già attirato alcune critiche da parte degli esperti del settore perché non era noto come potesse superare i seguenti problemi:
- come isolare le sole ricerche che hanno rilevanza epidemiologica (l'espressione "la tua influenza su di me" non ha nulla a che fare con uno stato di salute);
- il numero delle ricerche non è equivalente al numero dei casi generati dalla malattia: un algoritmo potrebbe guardare al passato e trovare una relazione tra le serie temporali FluView dei CDC e le ricerche su Google.

(3) Influenza suina - Wikipedia

(4) "Cigno nero" era una espressione anglosassone in uso per indicare qualcosa di impossibile; fino a quando, giunti in Oceania, navigatori del XIX secolo trovarono effettivamente dei cigni ... neri!

(5) Questo "pregiudizio" è alla base di parecchi numeri di illusionismo: ne ha trattato di recente Lorenzo Paletti in una conferenza spettacolo tenuta a Genova in occasione del festival della scienza ("Dalla lettura del pensiero alla previsione dei risultati delle lotterie") visionabile al seguente link:  Evento 38

(6) ecco uno schema approntato da Gigerenzer per orientarci:

alta incertezza                        bassa incertezza

molte alternative                   poche alternative

piccola quantità di dati        grande quantità di dati

 <------------------------------------------------------------->

va verso il semplice               va verso il complesso


Perché si chiama dilemma "devianza - varianza"?

La devianza è la differenza tra l'esito effettivo e quello previsto (che in un mondo incerto è cosa inevitabile).

La varianza è invece la variabilità delle previsioni intorno alla media.

La devianza si riduce aumentando le dimensioni delle serie osservate (quindi dell'esperienza)

Le previsioni complesse sbagliano quando soffrono di un eccesso di varianza.

In un mondo incerto "meno è più"!


(7) L'autore ci tiene a precisare come talvolta un "9%" non sia superiore ad un "1%": è sempre opportuno informarsi a cosa si riferisca la percentuale.

Avevo già trattato l'argomento in un post precedente, e cioè come talvolta esprimere i dati in percentuale possa creare ambiguità e difficoltà a chi poi questi dati li debba usare:

https://davidemolinapersonale.blogspot.com/2020/05/i-medici-comprendono-la-matematica.html







 

Nessun commento:

Posta un commento

Elenco posts

 Elenco dei miei posts scritti nel periodo dal 28/3/18 all'11/04/24:                                                    ( su FB ) - vide...