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mercoledì 24 luglio 2019

Salvini, la Lega, l'Unione Europea e la trappola del lusso.


Yuval Noah Harari in "Sapiens" ci racconta della cosiddetta "trappola del lusso" e definisce la rivoluzione agricola, avvenuta circa 10.000 anni fa', il più grande inganno della storia dell'umanità.
Per prima cosa si preoccupa di sfatare alcuni miti alla luce degli ultime scoperte: l'homo sapiens - uscito dall'Africa circa 70.000 anni fa' - per i successivi 50.000 anni visse dignitosamente di caccia, pesca, raccolta di radici, frutti e verdure selvatiche, e molte altre fonti di sostentamento che la sua natura onnivora gli permette di utilizzare.
Durante questo lunghissimo periodo riuscì a colonizzare la maggior parte delle terre emerse, senza sentire il bisogno di fermarsi in pianta stabile da qualche parte.
Quando, per l'incombere dell'inverno od a causa di repentini cambiamenti climatici, le risorse iniziavano a scarseggiare, semplicemente si spostava in nuovi territori.
La sua vita era tutto sommato confortevole e di maggiore durata rispetto a quanto sarebbe accaduto nel periodo successivo, in conseguenza della sua trasformazione in agricoltore ed allevatore stanziale.

A partire dal 9500 a.c. si assiste in diverse aree del globo - lontane fra di loro - alla domesticazione di poche specie vegetali, tra cui frumento, riso e patate.
Tra le molte migliaia presenti nei diversi habitat dove esistevano comunità di sapiens, solo alcune decine sono state selezionate per la coltivazione: da notare che nonostante la tecnologia sviluppata nei millenni seguenti, il numero di specie domesticate non è aumentato significativamente rispetto ad allora.

E' probabile che i primi coltivatori fossero convinti che l'adozione di tecniche agricole e della pastorizia avrebbero rapidamente incrementato la quantità di risorse alimentari disponibili, permettendo alle comunità ad esse dedite di sopravvivere meglio alle avversità.
Da qui la loro diffusione a macchia d'olio che in poche migliaia di anni ha trasformato quasi tutti i sapiens cacciatori-raccoglitori prima in agricoltori stanziali, poi in costruttori di città, di infrastrutture ed aggregatori di società di enormi dimensioni.

Recenti evidenze archeologiche e paleontologiche hanno dimostrato che la rivoluzione agricola, invece di migliorarla, ha contribuito a peggiorare sensibilmente la vita dei sapiens, accorciandone la durata media e mettendola in balia di fattori naturali in precedenza ininfluenti o poco significativi: gli scheletri degli uomini pre-rivoluzione agricola sono diversi rispetto a quelli risalenti al periodo successivo.
Il lavoro nei campi, con la postura richiesta, ha modificato la struttura corporea in tempi molto più rapidi rispetto ai ritmi dettati dall'evoluzione.
(Per inciso, qualcosa del genere sta succedendo anche oggi con la diffusione negli ultimi due secoli di diversi tipi di sedie e sedute, artefatti fino ad allora riservati ad élites ristrette e non d'uso comune: conseguenza del genere di attività contemporanee che non richiedono l'uso di una postura eretta per essere svolte).

La stanzialità ha poi reso gli uomini più vulnerabili:
- alle epidemie, che per svilupparsi in maniera efficace hanno bisogno della presenza di grossi raggruppamenti di individui della stessa specie;
- agli eventi atmosferici e climatici.  Fino a tempi recenti le carestie erano causa di un alto tasso di mortalità tra la popolazione delle aree interessate: nel periodo pre-agricolo invece la scarsità di cibo comportava semplicemente una migrazione con conseguente occupazione di nuove terre.
- agli scontri violenti tra comunità diverse: l'accumulo di risorse in un luogo preciso e definito (un granaio, un villaggio) ha di fatto creato i presupposti per la nascita di quel fenomeno culturale che chiamiamo"guerra".  Quando due comunità di raccoglitori si trovavano ad occupare lo stesso territorio potevano verificarsi scontri di dimensione limitata, tuttavia l'esito scontato era lo spostamento volontario di quella meno organizzata in un'area non ancora occupata.  L'impossibilità di spostare campi, villaggi e riserve costringe l'uomo per la prima volta nella storia alla difesa del territorio (o all'offesa per accaparrarsi beni e mezzi di produzione altrui).

Il mondo precedente la rivoluzione agricola era scarsamente popolato dai sapiens: solo qualche decina di milioni di individui sparsi in tutto il globo.
Nel periodo successivo, in accordo con le attese, si verificò un incremento consistente delle risorse alimentari. 
Tuttavia invece di un aumento della disponibilità di cibo pro capite, la conseguenza fu un incremento demografico che si tradusse in una riduzione delle razioni alimentari. 
Tale scarsità progressiva ha motivato i componenti delle comunità stanziali ad aumentare carichi e ritmi di lavoro al fine di ricavare più risorse, entrando in un circolo vizioso dal quale non siamo dispensati neppure oggi.
Anche se le morti per fame - dovute a carestie ed epidemie - sono solo un brutto ricordo (le ultime risalgono agli inizi del secolo scorso quando Cina ed Unione Sovietica hanno subito forti riduzioni della popolazione a causa di fenomeni innescati da errori di programmazione dell'economia) la trappola del lusso continua a scattare: i lussi infatti tendono a diventare necessità ed a produrre nuovi obblighi.
Un esempio contemporaneo: i giovani laureati, attratti da una prospettiva di vita migliore legata al raggiungimento di particolari posizioni lavorative all'interno dell'azienda per cui lavorano, si impegnano in lunghi periodi di formazione caratterizzati da pesanti orari di lavoro poco retribuiti.
Col passare degli anni, oltre a scalare le posizioni lavorative migliori, si fanno una famiglia, comprano una casa più grande e si fanno carico di un mutuo; con l'avanzare della carriera è un must trasferirsi in eleganti e costosi quartieri residenziali. 
Sono questi tutti passi cui sembra loro di non poter rinunciare, impegni che richiedono una disponibilità economica via via crescente ottenibile solo con ulteriore aumento del proprio carico di lavoro.

Perchè l'uomo non si è sottratto alla trappola del lusso, una volta verificato che le condizioni erano peggiorate invece di migliorare?

La ragione è una sola: l'aumento della popolazione ha reso un ritorno alle condizioni precedenti del tutto IMPOSSIBILE.
Infatti "nel mentre della rivoluzione agricola" la situazione generale era cambiata radicalmente ed in modo irreversibile: come si dice, una volta rotto l'uovo, non è possibile ricomporlo.

Questo tipo di trasformazioni un tempo definite "epocali", termine che ne sottolinea l'estrema rarità nel corso della storia, si incontrano con frequenza via via maggiore nel mondo contemporaneo.

Un esempio recente è l'insorgere spontaneo negli ultimi 300 anni dapprima di organismi nazionali (gli Stati-Nazione nati dalle paci di Westfalia del 1648), ed in seguito di federazioni di Stati (quali USA, Brasile, India, Russia ed ultima arrivata - ancora in fase evolutiva - l'Unione Europea).

Evoluzioni di questa portata "tagliano i ponti dietro di sè" in maniera definitiva.

La Brexit, oggi indicata da alcuni come esempio di una possibile restaurazione di una condizione precedente, in realtà è solo una "mistificazione" creata in cattiva fede per un mero fine politico di parte: quand'anche dovesse realizzarsi non sarà mai un vero "ritorno alle origini".
In fase pre-Unione Europea la Gran Bretagna era annoverata tra delle prime potenze economiche mondiali, circondata geograficamente da Stati la cui dimensione economica non eccedeva la propria, e con i quali poteva trattare alla pari.
Nel frattempo il contesto è cambiato: una "hard-exit", come quella propugnata dai più accesi brexiters, comporterebbe di fatto un isolamento economico difficilmente sostenibile per un lungo periodo a causa dei mutamenti intervenuti nell'economia mondiale.  
Delocalizzazione della produzione, smaterializzazione dell'economia, fluidità dei capitali sono condizioni irrinunciabili per partecipare al mercato globale.
Dunque la Brexit, se e quando ci sarà, consisterà in una banale ridiscussione delle regole di partecipazione al mercato unico europeo, cioè un tentativo di forzare per ottenere qualche vantaggio commerciale in più.
Il passaggio dagli Stati-Nazione ad aggregati sovra-nazionali non è stata conseguenza di un indirizzo perseguito con tenacia da politici illuminati: piuttosto si tratta di una risposta "evolutiva" - sinora dimostratasi efficace - a stimoli provenienti da un ambiente sociale globale in continua trasformazione.
Le nuove sfide poste da potenze quali la Cina, l'India e gli stessi USA richiedono oggi di trovare nuove soluzioni politiche ed economiche che ci permettano di partecipare al mercato globale - COSA DI CUI ORAMAI NON POSSIAMO PIU' FARE A MENO - trattando alla pari con giganti dell'economia, evitando così di venirne stritolati.

Perchè allora, forti di tale consapevolezza, in tanti scelgono di seguire un cammino che sembra condurre in un vicolo cieco?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo distinguere tra chi promuove spinte destabilizzanti - i fautori del nazionalismo - al fine di ottenere uno o più scopi oggettivamente raggiungibili (cosa diversa dal sogno ingenuo di una restaurazione), e chi invece si sia lasciato catturare da queste ideologie senza avere la possibilità (o la capacità) di valutarne il grado di attuabilità.

Vale la pena ricordare ancora una volta che in democrazia "si vota con il cuore, non con la mente".
Non si è mai votato infatti per decidere se la relatività di Einstein (od una qualsiasi teoria scientifica) sia corretta o meno: si vota per scegliere un sistema di valori rispetto ad un altro come riferimento per la propria società.
Tuttavia, se il voto è conseguenza di un processo mentale emotivo, esso è manipolabile (tanto più con le tecnologie oggi a disposizione).

Troviamo una possibile risposta alla seconda parte del quesito in un libro pubblicato nell'aprile 2017, intitolato "Sinistra e popolo", scritto da Luca Ricolfi.
Ricolfi è professore ordinario di Psicometria presso la Facoltà di Psicologia dell'Università degli Studi di Torino, autore di articoli apparsi su diverse testate giornalistiche (tra le quali La Stampa e Panorama).
La sua analisi presentata nel testo citato ha un che di profetico relativamente alle recenti elezioni europee:

".... come già intuito negli anni '90 dal Professor Tremonti, la globalizzazione è stata un inganno per le attese dei paesi occidentali.
Rispetto al passato, oggi la ricchezza risulta distribuita più equamente tra gli Stati: il differenziale tra il reddito medio dei cittadini dei paesi ricchi rispetto a quello dei cittadini dei paesi poveri non è mai stato così ridotto come in questo periodo.
In poche parole la società mondiale - osservandola dalla prospettiva del reddito medio - oggi è più "giusta" rispetto al passato.
Eppure - noi cittadini dei paesi tradizionalmente democratici - siamo insoddisfatti, ci sentiamo defraudati e non rappresentati da nessuno schieramento politico tradizionale.
...

La società attuale non è "fredda" come potrebbe sembrare: non c'è crescita ma esiste una forte competizione tra persone molto distanti che neppure si conoscono.
Tra l'operaio italiano e l'operaio cinese, tra commercianti
localizzati ad enormi distanze che operano sulla piazza globale di Internet.
...
Un terzo della popolazione è esclusa da tutto questo.
Le sinistre si rivolgono alle partite iva, a chi un lavoro già ce l'ha!
E per di più deridono gli esclusi - proprio coloro che contendono le periferie ai migranti - con un linguaggio "politically correct".
...
Il populismo ha presa su questa base per i 3 seguenti motivi:
- insicurezza economica
- paura dello straniero
- rifiuto del politically correct
...
E' infatti "il terzo di sotto" che subisce la delinquenza degli immigrati, la concorrenza nei lavori manuali: ai componenti di questa fascia della popolazione manca la cultura necessaria per capire il linguaggio "politically correct" (che infatti deridono).
La loro paura verso il nuovo è più che legittima.
...
Le sinistre a tutto questo non sanno rispondere.
...
Il populismo di oggi spacca sia la destra che la sinistra:
- populismo di destra: xenofobia e richiesta della chiusura delle frontiere (mirato sulle persone)
- populismo di sinistra: bloccare la circolazione capitali e limitare l'ingerenza dell'UE (mirato sull'economia)
...
Non c'è più una separazione lineare "destra e sinistra", ma è rimasto solo uno spazio in cui la sinistra non esiste più da tempo:
la destra conservatrice si scontra con i populisti di destra
la destra riformista (ex sinistra) si scontra con i populisti di sinistra
...
In Italia, lo stallo conseguente alle elezioni di marzo 2017 e' la conferma della correttezza di questa analisi:
i vincitori delle elezioni sono i populisti: di destra (la Lega) e di sinistra (i 5 stelle) che hanno saputo intercettare il famoso "terzo di sotto".
Tuttavia i programmi politici con cui si sono presentati alle elezioni sono incompatibili e determinano l'incapacita' di creare un governo in tempi ragionevoli senza smentirsi.
..."

(per chi fosse interessato può trovare al seguente link un mio riassunto del libro: https://davidemolinaletture.blogspot.com/2017/12/luca-ricolfi-sinistra-e-popolo.html )

Ma se i ponti alle spalle sono tagliati e l'Unione Europea così come si presenta oggi - troppo lenta nel processo decisionale (soprattutto a causa della sovranità residua degli Stati membri) ed appesantita da "troppa regolamentazione" - inizia a diventare un modello obsoleto per le sfide del mercato globale, in quale direzione dovremmo muoverci?

Dovremmo forse chiederci se il nostro attuale sistema politico - indicato con il nome di "democrazia liberale" e cui corollario fondamentale è la dichiarazione dei diritti dell'uomo - stia diventando una narrazione superata, destinata ad esse messa da parte come le alternative sulle quali ha trionfato alla fine del secolo scorso, e cioè il fascismo ed il comunismo?

Guardando all'aria che tira nelle aree del mondo tecnologicamente più avanzate e dinamiche - Silicon Valley, India e Cina - sembrerebbe che il futuro tenda verso sistemi politici meno democratici, da qualcuno definiti con il neologismo "democrazie illiberali".
La ragione principale per cui sembra inevitabile assecondare tale trend è legata al fatto che i tempi della politica nelle democrazie liberali sono troppo lenti rispetto alla rapidità dei cambiamenti di scenario che caratterizza le economie avanzate.
Il dibattito politico, il negoziato che ne segue e l'immancabile compromesso finale appaiono qualcosa di anacronistico ai membri delle società avanzate: un po' come ci appare oggi la posta ordinaria rispetto all'utilizzo delle emails e delle messaggerie.

I nuovi attori dell'economia avanzata si muovono in contesti che superano confini nazionali e federali: trattano direttamente con Stati ed organismi Federali, talvolta addirittura da posizioni di superiorità.

Invito alla lettura di un post che è chiarificante, sempre a firma di Harari, che ha visitato la Silicon Valley e ne ha incontrato i principali attori.
https://www.firstonline.info/harari-la-silicon-valley-sta-rovinando-la-democrazia/

Harari vi sostiene che a differenza dei politici, le aziende tecnologiche non hanno bisogno di una stampa libera, dal momento che controllano già i mezzi di comunicazione.

"...La Silicon Valley e tutto il mondo tecnologico, preso atto dell'incapacità della politica di dare chiare risposte ed indicazioni, sembrerebbe interessato a creare un’alternativa che potrebbe non essere di democrazia rappresentativa.
I tecnologici sono molto diffidenti nei confronti dei programmi di regolamentazione ed incuriositi da forme alternative di governo.
Negli USA esiste oggi addirittura una corrente separatista: alcuni capitalisti di ventura chiedono la secessione della California o la sua frammentazione in stati- aziende.
Mark Zuckerberg stesso ha manifestato la sua ammirazione per l’autocrate Cesare Augusto: in un'intervista ha affermato infatti che con mano decisa e dura Cesare Augusto ha assicurato 200 anni di pace mondiale.
...
La possibilità di influenzare le menti di miliardi di persone, già oggi in mano alle grandi compagnie tecnologiche, distrugge l'idea a fondamento della modernità: l'individuo sovrano guidato nelle sue azioni dal libero arbitrio.
Rimane allora da definire quale dovrebbe essere il ruolo della democrazia in un futuro dove sia possibile - ed in parte lo è già - plasmare il pensiero degli individui.
..."

Quest'ultima riflessione non lascia spazio ad indugi: o troviamo il modo di "aggiornare" le democrazie liberali ad una "versione 2.0" in grado di superare i problemi funzionali che oggi l'hanno messa in crisi, cercando così di governare in nostro futuro, oppure decidiamo di rimanere passivi: di sicuro prima o poi prenderà piede spontaneamente un'alternativa, che dal nostro mero punto di vista potrebbe non risultare un miglioramento (almeno secondo il nostro metro attuale).

Vorrei a questo punto riflettere su un dogma affermatosi negli ultimi 20 anni: il presunto dovere da parte dei popoli cosiddetti "occidentali" di agire per "esportare la democrazia" in aree del mondo che ne sono prive, quest'ultime solitamente identificate dalla presenza di paesi economicamente arretrati con sistemi politici autoritari.
Il postulato, tutto da verificare, è che basti imporre ad uno di questi paesi un sistema democratico per ottenere un'economia di mercato in grado di produrre ricchezza, la quale in virtù di quest'ultimo, verrebbe redistribuita tra tutte le fasce della popolazione, creando così un circolo virtuoso di crescita.
Le esperienze condotte in Afghanistan, Iraq, Somalia & c., non sembrano aver sortito effetti significativi in un periodo seppur lungo.

Per contro paesi come la Cina, dove non c'è libertà di espressione ed i diritti umani non sono garantiti, hanno ottenuto nello stesso periodo risultati clamorosi, quali l'uscita dal livello di sussistenza di enormi masse di persone, altrimenti destinate alla povertà.

La prossima rivoluzione riguarderà - sembra - la robotica e l'intelligenza artificiale.
Dalle attese ci si può aspettare un ulteriore aumento delle risorse disponibili ed un minor impegno lavorativo (gran parte delle mansioni oggi svolte dall'uomo passeranno a robot ed IA).
Tale situazione può esser letta in doppia chiave: più tempo libero, maggiori disponibilità ed una vita meno stressante.
Oppure, seguendo la visione distopica di Yuval Harari, irrilevanza per una gran parte dell'umanità che dall'oggi al domani si troverà in panchina soffrendo per mancanza di scopi e vivendo di un "reddito di cittadinanza".

Quale dei due scenari? Questa rivoluzione ci affrancherà dalla trappola del lusso o la ripresenterà sotto diverse spoglie?

Ad oggi non siamo in grado di dare una risposta a questa domanda.

Per terminare questa riflessione manca ancora una tessera: Salvini e la Lega cosa c'entrano con la trappola del lusso?

Nelle recenti elezioni europee gli italiani hanno espresso chiaramente il proprio parere: i partiti storici sono inadatti ad interpretare i loro bisogni, e, rispetto alle politiche del 2017, il populismo di sinistra ha perso parte della propria base a causa di promesse elettorali rivelatesi difficili da mantenere.
In questo contesto la Lega appare l'ultima chance disponibile con il suo decisionismo (che pare rispondere alla richiesta di rapidità del processo politico espressa dall'economia avanzata), la sua intransigenza verso le politiche migratorie (che soddisfa il "terzo di sotto" richiamato da Ricolfi) ed il nazionalismo espresso come rivolta contro l'UE e le sue regole (che fa sperare agli esclusi dal mondo del lavoro un futuro di riappropriazione da parte dell'Italia del tessuto produttivo).

Non è quello attuale uno scenario molto differente rispetto a quello cui si saranno trovati di fronte i "pentiti" della rivoluzione agricola.
Una volta realizzato l'inganno in cui sono caduti, tra gli agricoltori ci sarà stato qualcuno che avrà teorizzato un ritorno all'epoca dei raccoglitori, ed avrà magari avuto successo come leader.

Tuttavia come abbiamo più volte sottolineato, un ritorno alle condizioni iniziali è un'utopia perchè il contesto nel frattempo è cambiato.

L'Africa, finchè non verranno attuate politiche locali di sviluppo, continuerà a fornire materiale umano per le migrazioni, e sappiamo dalla Storia che se non gestite in maniera oculata queste provocano instabilità nei territori di destinazione (vedi il mio post " SuI problema dell’immigrazione Salvini, Trump e Carlo Marx stanno dalla stessa parte"  https://davidemolinapersonale.blogspot.com/2019/01/16-dicembre-2018-alle-ore-2354-sui.html )
Un'immigrazione incontrollata purtroppo non ha effetti diversi da "confini sigillati", e questi sono tutti a nostro svantaggio.

Dall'UE non si può uscire se non per periodi limitati con grandi costi sociali.

La forza politica che porterà l'Italia fuori dalle secche non è ancora comparsa: tuttavia non potrà essere portatrice di un messaggio "semplice", facilmente spendibile con una popolazione ad alto tasso di analfabetismo funzionale.
In un mondo dove la complessità cresce esponenzialmente insieme alla dimensione degli scenari dove opera, dove noi umani non riusciamo a capire neppure le logiche che guidano le decisioni delle IA - da noi stessi create - perchè al di là delle nostre capacità di intuito, fornire ricette già usate in precedenza significa illudersi e rischiare di pagare un pegno altissimo.

Ecco allora che in un tal contesto una ricetta "imposta dall'alto", per quanto limitante le libertà personali e contraria al principio di eguaglianza su cui si basa la democrazia, potrebbe essere un rimedio efficace.

Max Tegmark in "Vita 3.0" immagina una IAg che risolva la complessità del problema di individuare il "miglior sistema politico possibile" atto a garantire le migliori condizioni di vita alla maggior parte degli esseri umani.
A differenza dell'oppressivo "grande fratello" di Orwell, questa IAg "prende il comando" della politica e della economia in maniera così "soft" che noi non ce ne accorgiamo.  Improvvisamente "stiamo meglio", i conflitti si affievoliscono prima di sparire del tutto, l'economia cresce con continuità ed il benessere si diffonde anche in aree che ne erano prive.
Ci troviamo manipolati - inconsapevolmente - ma in uno stato di benessere crescente che ci fa sembrare inutile una ribellione.

Sarà davvero questo il nostro futuro?




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