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domenica 16 dicembre 2018

Sul problema dell’immigrazione sorprendentemente Salvini Trump e Carlo Marx stanno dalla stessa parte!

Le migrazioni sono una costante che ha caratterizzato l’umanità dai suoi albori e l’ha accompagnata per tutta la sua storia fino ad oggi.
Le cause sono riconducibili ad una sola: la ricerca di una qualità di vita migliore.
Si emigra per paura della violenza, per fame, alla ricerca di opportunità: ma sempre con lo scopo di trovare una situazione migliore di quella lasciata.
Nel mondo di oggi i più intensi flussi migratori si verificano tra paesi poveri ed a noi lontani: quindi semplicemente non fanno notizia (tranne poche eccezioni) e vengono ignorati dal pubblico occidentale.
Una relativamente piccola frazione di questi flussi ha invece come meta Europa e Stati Uniti: e qui si che fa rumore!
In genere i partiti di sinistra (su entrambe le sponde dell’atlantico) sostengono i diritti degli immigrati ma - ci fa notare il saggista David Wilson in un articolo scritto nel 2017 - tradiscono il pensiero di Carlo Marx il quale aveva ben presente il problema dell’immigrazione che vedeva come efficacissima arma in funzione anti operaia.
Nel 1870 Marx scrive una lettera a Meyer e Vogt il cui argomento principale è la “questione irlandese”, e cioè gli effetti sulla classe operaia inglese dell’ingente flusso di disperati irlandesi che emigravano in Inghilterra in cerca di lavoro.
Marx accusava aristocrazia e capitalisti inglesi di favorire questa situazione per un più facile sfruttamento delle risorse irlandesi (terre e uomini).
Ma soprattutto vedeva un forte interesse da parte della classe borghese inglese nell’ottenere un flusso costante di manodopera immigrata a basso costo che così costringesse la classe operaia inglese a contenere le proprie rivendicazioni.
Come corollario la classe operaia risultava così spaccata in due parti che si odiavano rispettivamente (divide et impera!)
Le sinistre hanno invece oggi sposato le tesi degli economisti liberali: l’immigrazione crea ricchezza per la nazione; colma i vuoti per quelle professioni che i nostri cittadini non vogliono più svolgere; risolve il problema di dove reperire i fondi per pagare le pensioni in una nazione che vede ridursi ed invecchiare la popolazione; permette un aumento della raccolta fiscale, e cosi via.
Nessuno tuttavia si è presa la briga di verificare se la situazione stia veramente così!
Magari il discorso può valere per i braccianti agricoli, ma nel campo delle badanti ad esempio non è vero siano disposte a farlo solo le straniere, dipende dalle condizioni di lavoro e dal livello contributivo.
Tanti connazionali svolgono infatti mansioni pesanti, pericolose o semplicemente “disprezzate” nella scala sociale.
Cosa dire poi dei “riders” e delle nuove professioni? Sono meno pagate della classe operaia tradizionale perché meno sindacalizzati ed in caso di rivendicazioni facilmente sostituibili con manodopera immigrata.
La domanda da farsi è: i lavori manuali e faticosi che il nostro cittadino “non vuol più fare” tornerebbero ad esser appetibili con una paga più equa?
Altro “mito” è il discorso pensionistico: oggi i nuovi arrivati (se regolarmente assunti) fanno aumentare il gettito fiscale e con i contributi aiutano coprire il costo delle pensioni erogate.
Ma invecchiano anche loro e ad un certo punto avranno diritto ad incassare le pensioni maturate nel frattempo: chi le pagherà? Dovremmo ipotizzare un continuo flusso di immigrati per moltissimi anni che stravolgerebbe la composizione etnica del paese.
L’effetto più probabile di intensi flussi migratori è il ridimensionamento del welfare, come già successo in Usa negli anni ‘70 ed in Scandinavia di recente.
I livelli di welfare sono “tarati” sulle contribuzioni di cittadini che da lunghissimo tempo pagano le tasse e che hanno cosi creato un “tesoretto”, un “capitale sociale” che può far da riserva in caso di necessità.
Nelle nostre costituzioni è scritto che il nuovo arrivato e la sua famiglia hanno gli stessi diritti in tema di sanità, scuola ed assistenza rispetto ai cittadini, pur non avendo ancora contribuito in maniera significativa al “capitale sociale” del nostro welfare!
Questo automatismo determina anche un effetto perverso: cade l’interesse per i nuovi arrivati a condividere l’etica dei paesi ospitanti!
Da parte dei nuovi immigrati si rileva la tendenza ad isolarsi in comunità che mantengono le proprie tradizioni e fanno fatica ad intraprendere un cammino di integrazione, suscitando cosi paure e risentimento da parte di quei cittadini che vivono negli stessi quartieri od ai quali contendono il mercato del lavoro.
Il messaggio recepito dalla classe operaia autoctona è semplice: “per fare posto agli immigrati (che costano meno) le elites tolgono a noi diritti che credevamo oramai acquisiti e per i quali hanno lottato duramente i nostri padri”
Ed è proprio quello che Trump e Salvini affermano nei loro discorsi, ignari di condividere il pensiero di Karl Marx!

Note:
1. Gran parte del materiale di questa riflessione proviene daI nuovo libro di Federico Rampini - “quando inizia la nostra storia” - che vi invito a leggere.
2. Karl Marx è il filosofo più citato e meno letto in assoluto: difatti davanti alle obiezioni di Wilson ( (che l’accusa di sposare le posizioni della destra storica in tema di migrazioni) tutta la sinistra si è trovata spiazzata.



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