(dalla conferenza tenuta a Focus Live lo scorso 8 novembre da Tommaso Andreussi, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa).
Si stima che intorno al nostro pianeta orbitino a varie quote oltre 15.000 satelliti artificiali, dei quali circa il 75% ha terminato la propria vita operativa. (1)
In aggiunta ad essi è presente un'immensa popolazione di detriti spaziali il cui numero cresce vertiginosamente ogni anno (fonti ESA stimano oggi la presenza di oltre 1,2 milioni gli oggetti con dimensioni superiori al centimetro): oggetti estremamente pericolosi qualora dovessero impattare contro un satellite operativo o, peggio ancora, con un veicolo con equipaggio. (2)
Circa l'88% dei satelliti opera in una fascia definita LEO (Low Earth Orbit, orbita bassa) che si estende tra i 160 ed i 2000 km di quota; questo affollamento è dovuto all’esplosione negli ultimissimi anni delle mega-costellazioni quali Starlink, OneWeb, ecc. (3)
Le previsioni circa una rapida saturazione dell'orbita bassa ed il rischio di collisioni tra satelliti dismessi, cosa che potrebbe far aumentare esponenzialmente il numero dei detriti, rendono l'urgenza di identificare soluzioni innovative (allo studio delle quali sono al lavoro scienziati e tecnici in tutto il mondo).
In Italia, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa sta conducendo ricerche sulla possibilità di realizzare satelliti in grado di operare a quote inferiori rispetto alle aree già congestionate dell'orbita bassa, - le cosiddette VLEO (Very-Low Earth Orbit,) dove oggi operano soltanto demo tecnologiche o sperimentali (4) -, grazie allo sviluppo di una propulsione elettrica innovativa capace di utilizzare come propellente l’atmosfera residua presente in loco (da qui il titolo "satelliti ad aria").
Nonostante negli ultimi anni SpaceX con il suo lanciatore Falcon abbia rivoluzionato il mercato dei satelliti, il costo per chilogrammo che si deve sostenere per portare un carico in orbita è ancora abbastanza elevato: per questa ragione i satelliti lanciati sino ad oggi vengono dotati di propulsori con a disposizione soltanto una piccola scorta di carburante che consenta loro limitate manovre correttive.
Al fine di ottenere periodi operativi sufficientemente estesi nel tempo, i satelliti in orbita bassa vengono posizionati a quote non inferiori ai 180 km in quanto, al di sotto tale limite, l’atmosfera risulta troppo densa ed agisce rallentandone progressivamente la velocità (e riducendo la quota).
Il progetto BREATHE (Building a space Revolution: Electric Air-breathing Technology for High-atmosphere Exploration) e la sua evoluzione BRIDGE, curati entrambi da ricercatori del Sant’Anna (5), mirano a far sì che questo limite si trasformi in opportunità.
Tra i 150 ed i 250 km di quota l’atmosfera è sì molto rarefatta, ma ancora in grado di creare resistenza aerodinamica (drag atmosferico): un satellite che percorra tali orbite, se non compensato da una spinta costante che gli permetta di “tenere la posizione”, è quindi destinato ad un rientro distruttivo in atmosfera.
La soluzione proposta è lo sviluppo di un tipo innovativo di propulsione elettrica definta air-breathing ("respirante aria"), per la quale è stato creato l'acronimo inglese ABEP (Atmosphere-Breathing Electric Propulsion).
Il satellite - dotato di una sorta di intake, una “bocca d’ingresso” - dovrebbe poter raccogliere i rari atomi o molecole presenti nel mezzo, ed esser in grado di ionizzarli (converli in plasma) attraverso una combinazione di microonde ed una configurazione magnetica.
Il plasma, un gas costituito da particelle cariche, così creato verrebbe manipolato da campi elettrostatici in modo tale che, accelerando gli ioni, venga generata una spinta lieve ma continua in grado di controbilanciare la resistenza atmosferica.
Pannelli solari alimenterebbero il propulsore rendendo così inutile il trasporto da terra di grandi quantità di propellente convenzionale, sostituito dall’aria stessa.
I vantaggi ottenibili dall’operare in VLEO sarebbero molteplici:
i sensori imbarcati sui satelliti (telecamere, radar, ecc.) possono fornire prestazioni migliori - maggior risoluzione e minore latenza - perché più vicini alla Terra.
I costi delle missioni risulterebbero potenzialmente più bassi: un satellite in orbita più a lungo, senza la necessità di imbarcare troppo carburante, è più sostenibile economicamente.
Si ridurrebbe il problema dei detriti spaziali: operativi in orbite molto basse, i satelliti che finiscono la propria vita vanno incontro ad un rientro (e ad una loro distruzione) in tempi brevissimi.
Sono tuttavia presenti ancora diverse difficoltà tecniche da risolvere prima di procedere alla costruzione di prototipi da lanciare:
Rendere il più efficiente possibile l’intake (alcuni studi ritengono si possa raggiungere un grado di efficienza di raccolta sino al 94%): le particelle a quelle quote sono rare e la loro distribuzione non è omogenea.
Generare e mantenere un plasma stabile: a partire da particelle sparse non è compito semplice, e dunque si rende necessario progettare campi magnetici e microonde che siano ottimizzati.
Quando si accelerano gli ioni bisogna comunque bilanciare la carica (non si possono semplicemente lanciare ioni positivi senza compensazioni), quindi il sistema deve prevedere anche un modo di gestire gli elettroni.
I test a terra sono molto difficili: riprodurre l’ambiente VLEO (atmosfera rarefatta e flusso di particelle) in laboratorio è molto complicato; al Sant’Anna è stato realizzato uno specifico simulatore spaziale per testare propulsori al plasma “air-breathing”.
Infine bisogna fare i conti con la durata e l'affidabilità: per rendere sostenibile una missione in VLEO, il sistema deve funzionare per lunghi periodi mantenendo la spinta sufficiente per contrastare il drag.
Il progetto BREATHE, avviato il 1^ settembre 2023, prevede una conclusione entro il 31 agosto 2028, mentre il progetto BRIDGE, avviato il 14 luglio 2025 e nato come evoluzione del progetto ERC BREATHE, dovrebbe avere una durata massima di 18 mesi.
Obiettivi principali di quest'ultimo - informa il relatore - sono dimostrare la fattibilità di un propulsore che funzioni a microonde e configurazione magnetica, al fine di generare plasma a partire dall’atmosfera rarefatta, e poi usare campi elettrostatici per produrre spinta sufficiente a contrapporsi al drag per lunghi periodi di tempo.
I modelli già sviluppati nel progetto BREATHE servono come base per simulazioni atmosferiche e di dinamica del plasma.
Verrà poi svolta una campagna sperimentale usando il simulatore spaziale dell’Istituto di Intelligenza Meccanica, uno dei pochi in Europa in grado di testare propulsori “air-breathing” al plasma.
In un articolo del 2024 pubblicato su Acta Astronautica (6) il team del Sant’Anna ha analizzato i parametri critici per rendere fattibile la propulsione ABEP al fine di compensare il drag in VLEO.
Dal punto di vista dei modelli, hanno valutato come forma, dimensione del satellite e configurazione del propulsore influenzino l’efficienza della propulsione “air-breathing” rispetto ai propulsori elettrici tradizionali con propellente immagazzinato.
Simulazioni numeriche "particle-based", realizzate negli ultimi mesi e basate su ricerche su plasma e dinamiche, esplorano l’idea di realizzare satelliti operativi a quote tra i 180 ed i 250 km dotati di ABEP: sull'argomento, un lavoro recente pubblicato su arXiv simula il flusso neutro ed il plasma in un sistema ABEP su scala CubeSat. (7)
E' comunque da evidenziare il fatto che riprodurre a terra le condizioni di VLEO sia molto complesso: ne consegue dunque che l’uso del simulatore spaziale sia cruciale ma non perfettamente equivalente all’ambiente orbitale reale.
Sarà dunque necessaria una fase successiva durante la quale un dimostratore verrà portato in VLEO: solo allora saranno disponibili i dati necessari alla progettazione e realizzazione di veri e propri satelliti operativi a quelle quote.
In sostanza BRIDGE è ancora in una fase “proof of concept”: non costituisce un progetto operativo che termina con la realizzazione di un satellite, ma è molto concreto.
La ricerca si basa su una solida base teorica e simulativa grazie a BREATHE, ed è supportata da infrastrutture sperimentali quali il simulatore spaziale (presente nei pressi di Pisa) cui ho già fatto cenno.
I risultati a cui porterà nei prossimi mesi saranno pertanto decisivi per capire se questa tecnologia potrà diventare una componente chiave di future missioni VLEO.
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Concludo ricordando che oltre ai due citati, presso la Scuola Sant’Anna sono in corso altri due progetti:
ARIA, un progetto parallelo a BRIDGE finanziato dal MUR, cui fine dichiarato è "sviluppare un rocket elettrico air-breathing” per orbite sotto i 300 km.
PHOENIX, un progetto di propulsore elettrico al plasma orientato a missioni nello “spazio profondo” piuttosto che per il volo VLEO.
Note:
(1) Secondo la fonte Le Point Space Barometer al primo ottobre 2025 sono presenti in orbita terrestre 15.965 satelliti dei quali 13.026 operativi (LiveScience ritiene invece ne siano effettivamente attivi soltanto 11.700)
(2) Ragione per la quale oltre 43.000 oggetti vengono attentamente tracciati dalle reti di sorveglianza orbitale.
(3) Un satellite che operi nella parte inferiore dell'orbita bassa deve mantenere una velocità di circa 28.300 km/h (7.9 km/sec) e completare un’orbita in circa 90 minuti.
Altre fasce sono:
MEO (Medium Earth Orbit), quota compresa tra i 2.000 ed i 20.000 km, dove opera circa il 2.1% del totale dei satelliti (GPS, Galileo, ecc.).
HEO (High / Highly Elliptical Orbit), orbite ellittiche con un apogeo che può arrivare ai 50.000 km di quota; vi opera meno dell'1% del totale dei satelliti in orbita (in prevalenza satelliti con scopi specifici quali comunicazioni regionali, missioni scientifiche, copertura polare ecc.).
GEO (Geostazionaria / Geosincrona): a 35.786 km dalla superficie terrestre vengono posizionati i satelliti geostazionari che rappresentano circa il 9% del totale dei satelliti in orbita. Percorrono un'orbita circolare equatoriale con periodo di 24 ore in modo tale che il satellite appaia "fermo" sopra un punto della Terra, proprietà utile per finalità legate a servizi di dei satelliti su tali orbite sono telecomunicazioni, broadcast TV e meteo.
(4) Ad oggi soltanto pochissimi satelliti hanno operato in orbite VLEO sotto i 300 km di quota, tra i quali ricordiamoe:
SLATS/Tsubame della JAXA (Super Low Altitude Test Satellite), un satellite dimostrativo che nel 2019 ha percorso orbite tra i 180 ed i 268 km di quota, progettato per dimostrare la capacità di operare in VLEO usando motori ionici per contrastare il drag atmosferico.
SOAR (Satellite for Orbital Aerodynamics Research), un CubeSat 3U lanciato col compito di studiare come diversi materiali si comportino interagendo con il gas residuo atmosferico in altitudini VLEO (studi di aerodinamica orbitale e sul coefficiente di drag).
Sono allo studio diversi altri prototipi:
L’azienda Bellatrix ha annunciato lo sviluppo di un satellite da posizionare in orbita ultra bassa (ULO) pensato per operare a 200 km di altitudine.
Skimsat (ESA / Thales Alenia Space / Redwire) è invece una missione “technology demonstrator” VLEO pianificata per operare sotto i 300 km; il contratto tra Redwire e Thales Alenia Space è stato formalizzato nel 2025 ed il prototipo è ancora in fase di sviluppo / progettazione per dimostrare tecnologie VLEO sostenibili.
LoLaSat è un progetto di ricerca / dimostrazione per satelliti finalizzati alle comunicazioni con quote molto basse (200–300 km) con l’obiettivo dichiarato di ridurre la latenza.
(5) Entrambi fanno capo a Tommaso Andreussi (professore della Scuola Superiore Sant’Anna), relatore della conferenza da cui sono tratte le immagini allegate.
Oggi è il responsabile scientifico del progetto BRIDGE, che è stato finanziato con un ERC Proof of Concept (PoC), la cui durata è prevista in 18 mesi: obiettivo principale, dimostrare la fattibilità di un nuovo tipo di propulsore “air-breathing” per satelliti posizionati su orbite molto basse.
Gestito dall’Istituto di Intelligenza Meccanica della Scuola Sant’Anna, vede una collaborazione con la spin-off Celeste S.r.l..
(6) "On the critical parameters for feasibility and advantage of air-breathing electric propulsion systems", a firma di Vittorio Giannetti, Eugenio Ferrato e Tommaso Andreussi tutti quanti ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
(7) Vedi su ArXiv "particle-based Simulation of an Air-Breathing Electric Propulsion System" di Pietro Parodi, Giovanni Lapenta e Thierry Magin.
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