Il nome di Hugh Everett III è indissolubilmente legato all'interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica (Many-Worlds Interpretation, MWI) ma meno nota è la sua storia personale, affascinante quanto tragica, nella quale si intrecciano genialità, isolamento intellettuale ed un destino familiare complesso.
Una storia che termina con le sue ceneri versate dalla moglie nella spazzatura. (1)
Hugh nacque l'11 novembre 1930 a Washington D.C., figlio unico di Hugh Everett Jr., ufficiale dell’esercito USA, e di Katherine Kennedy, insegnante. (2)
La sua famiglia d'origine, appartenente alla middle class della capitale, viveva in un quartiere residenziale di Washington D.C. destinato ai dipendenti federali ed ai militari.
Hugh, dotato di un precoce talento straordinario per la matematica e la logica, fu incoraggiato ad accedere all’istruzione di alto livello dalla madre, che lo aiutò ad ottenere borse di studio ed il sostegno necessario ad entrare dapprima alla Catholic University of America ed in seguito a Princeton, dove si laureò in fisica nel 1953.
Subito dopo iniziò il dottorato sotto la guida di John Archibald Wheeler, uno dei più grandi fisici teorici del XX secolo.
In quegli anni Everett si sentiva insoddisfatto relativamente alla visione ortodossa della meccanica quantistica, che era dominata dall’interpretazione di Copenaghen di Niels Bohr e Werner Heisenberg: l'idea che il mondo microscopico non possedesse realtà definite fino all’atto della misura era percepita da Everett come un concetto logicamente insostenibile.
In una notte di lavoro solitario del 1955 concepì un’idea rivoluzionaria: “... l’universo non collassa mai; tutte le possibilità quantistiche si realizzano, ma in universi diversi ...”.
Intendeva con queste parole affermare che ogni evento quantistico porta ad una ramificazione dell’universo.
Wheeler, suo supervisore e un uomo di grande diplomazia scientifica, rimase favorevolmente impressionato dalle conclusioni di Hugh, anzi trovava la sua idea "affascinante"; temeva tuttavia che, senza raccogliere il consenso di Niels Bohr - architetto concettuale dell’interpretazione di Copenaghen che ritiene l’atto stesso di osservare sia parte integrante del fenomeno quantistico - la teoria sarebbe stata ignorata o respinta in blocco. (3)
Propose dunque ad Everett di recarsi a Copenaghen per presentare di persona la propria ipotesi direttamente a Bohr ed al suo gruppo dell’Institute for Theoretical Physics (oggi Niels Bohr Institute): una sorta di “missione diplomatica scientifica” il cui fine era quello di convincerlo del fatto che la “funzione d’onda universale” rappresentava più un’estensione coerente che una minaccia alla sua filosofia.
Everett e Wheeler si recarono pertanto in Danimarca nella primavera del 1956.
L'incontro con i fisici danesi fu tuttavia deludente: Bohr ed i suoi collaboratori Aage Petersen e Léon Rosenfeld reagirono all'esposizione di Everett con scetticismo e fastidio, definendo la sua proposta “naïve” e “mal compresa” in quanto, a loro giudizio, non coglieva la distinzione fondamentale tra il mondo quantistico e quello classico.
Bohr insisteva sul fatto che “il problema della misura” non rappresentasse un problema fisico ma epistemologico in quanto riguardava i limiti del linguaggio e della conoscenza, non la realtà ontologica.
Everett, che parlava in termini matematici e deterministici, si trovò davanti ad un muro di filosofia idealista (anni dopo Wheeler definirà l’incontro “un dialogo tra sordi”).
Bohr liquidò la proposta come “una teoria da principianti” e definì Everett "un giovane brillante che non aveva ancora capito l’essenza della complementarità".
L’esperienza fu per lui devastante: tornato a Princeton profondamente deluso, Everett si rese conto che il suo lavoro non sarebbe stato accolto positivamente.
Wheeler, più pragmatico, lo convinse a tagliare la sua tesi di dottorato (4) rimuovendo gran parte delle sezioni più speculative per poterla far accettare come dissertazione ufficiale.
Risultato fu il paper pubblicato nel 1957 su Reviews of Modern Physics dal titolo molto più tecnico “Relative State Formulation of Quantum Mechanics”, privo di riferimenti alla “universal wavefunction theory”, tema principale della sua tesi. (5)
Poco dopo aver completato il PhD, nel 1957 a soli 27 anni Everett abbandonò per sempre la fisica accademica, rifiutando una posizione post-doc che gli venne offerta. (6)
Everett non accettò l’offerta per diverse ragioni, tra le quali giocò sicuramente un ruolo importante l'umiliazione subita per il giudizio di Bohr e Rosenfeld ed una crescente disillusione verso l’ambiente accademico che considerava oramai “conservatore” ed incapace di accettare idee radicali (scrisse ad un amico che la fisica era diventata “una chiesa con i suoi dogmi”): ma non fu solo quello.
Il 24 dicembre 1956, nel periodo tra la consegna della tesi a Princeton ed il viaggio a Copenaghen, Hugh si era sposato con Nancy Gore, sorella di Al Gore Senior e dunque zia di Al Gore, il futuro vicepresidente degli Stati Uniti; non avendo una famiglia agiata alle spalle, era alla ricerca di una stabilità economica che il magro compenso previsto da un incarico post-doc non poteva certo offrirgli.
Ricevette un’offerta dal Weapons Systems Evaluation Group (WSEG), un’agenzia di analisi strategica del Pentagono che operava sotto il Department of Defense (DoD): l'offerta economica era molto vantaggiosa, ed iniziò così una carriera di altissimo livello nel campo della teoria dei giochi, dell’ottimizzazione e della deterrenza nucleare (in piena espansione nel periodo della prima Guerra Fredda) non pubblicando mai più nulla di fondamentale in fisica. (7)
Il WSEG era un organismo semi-segreto creato nel 1948 che serviva come interfaccia fra scienza, matematica e strategia militare: suo compito era valutare l’efficacia dei sistemi d’arma, le strategie di deterrenza nucleare e la logistica in caso di guerra termonucleare.
Everett vi entrò nel 1957 come matematico ed analista dei sistemi complessi con il titolo di Research Physicist, rimanendovi sino al 1963 e distinguendosi come una mente brillante ed anticonvenzionale nella nascente scienza dei sistemi militari.
Si occupò di problemi che oggi definiremmo "operational research & decision theory", applicando principi di logica e probabilità al contesto bellico.
Le sue attività principali includevano l'analisi di scenari di guerra nucleare (quali la modellizzazione matematica degli scambi di missili tra USA e URSS e la valutazione delle “damage functions”, oltre alle strategie ottimali di risposta), l'ottimizzazione dei sistemi di difesa e attacco (calcolo della probabilità di successo di attacchi preventivi e di sopravvivenza delle forze residue, ed applicazione di tecniche simili a quelle della game theory di von Neumann–Morgenstern), teoria della deterrenza (analisi della MAD, la mutual assured destruction, e modellazione logica della stabilità strategica, cioè come mantenere l’equilibrio del terrore), decisioni sotto incertezza (applicazione del formalismo quantistico come strumento matematico di modellazione probabilistica, non più ontologico: alcuni suoi rapporti interni citano “decision trees” e “branching outcomes”, un’eco sorprendente della sua teoria dei molti mondi riadattata in chiave militare).
Nel 1963 lasciò il WSEG e fondò insieme ad alcuni colleghi del Pentagono la Lambda Corporation con sede ad Arlington (Virginia); una società privata di consulenza scientifica e strategica che operava come contractor del DoD e del RAND.
Campi di lavoro principali erano lo sviluppo di modelli matematici per la pianificazione delle forze nucleari, le simulazioni di conflitti a più attori, lo studio della vulnerabilità dei sistemi di comando e controllo e l'analisi costi-benefici per programmi militari complessi.
Everett vi rivestì gli incarichi di direttore tecnico e vicepresidente, coordinando un gruppo di circa 50 persone tra scienziati ed analisti.
Clienti principali furono il Pentagono, la NASA, e la CIA.
Tra il 1965 ed il 1975 Everett divenne una figura chiave della logistica strategica americana.
Sviluppò modelli probabilistici per le decisioni sotto rischio nucleare (anticipando approcci che divennero poi noti come "expected utility under catastrophe conditions"), collaborò indirettamente con RAND ed Herman Kahn (l'autore di "On Thermonuclear War"), partecipò a studi sulla sopravvivenza post-olocausto (definendo scenari in cui parte della popolazione e delle infrastrutture dovevano essere ottimizzate per la ricostruzione).
Secondo Byrne, “Everett applicava alla guerra la stessa freddezza analitica con cui aveva trattato la realtà quantistica”.
Molti dei rapporti tecnici di Everett al WSEG ed alla Lambda furono classificati “Top Secret”, e solo in parte declassificati negli anni 2000.
Tra quelli noti (citati da Peter Byrne e da Kenneth Ford in "Building the H-Bomb" pubblicato nel 2015) ricordiamo "Damage Probability Functions for Nuclear Exchange", WSEG Report 50 del 1959, "Evaluation of C3 Systems Under Multiple Threat Conditions", Lambda Report 23 del 1965, e "Decision Models in Strategic Force Deployment", Lambda Report 41 del 1972.
Nel 1976 Everett entra in crisi: il suo ritmo di lavoro rallentò drammaticamente e la Lambda perse parecchi contratti.
Alcolizzato e depresso, si isolò progressivamente; nonostante ciò continuò tuttavia a scrivere brevi memoranda su problemi di ottimizzazione e logica applicata, riflessioni molto tecniche ma di grande rigore formale.
Morì per arresto cardiaco a 51 anni nel 1982.
Come scrive Peter Byrne, Everett abbandonò la fisica per la guerra ma applicò la stessa logica unitaria che aveva concepito per l’universo alla logica della distruzione reciproca: “... he replaced the universal wave function with the strategic game tree, but the branches were now nuclear wars ...” (8)
Per la maggior parte della sua carriera Everett fu dunque assorbito dalle simulazioni di guerra nucleare: non si concentrò sulle singole bombe - come fecero altri fisici suoi colleghi - ma sulla strategia più generica del dove e quando colpire.
Così lo descrive Andrew Pontzen in "L'universo in una scatola":
"... Come membro di un team scelto di matematici e fisici, arruolato da propaggini poco limpide del governo statunitense, Everett creava realtà virtuali con morte e distruzione su scala inimmaginabile.
Sulla base di queste simulazioni molti, nella cerchia di Everett, sostenevano la necessità di attacchi preventivi all'Urss nella vita reale, non perché il risultato previsto fosse in qualche modo positivo per l'Occidente, ma perché per i sovietici sarebbe stato peggio.
Fortunatamente non riuscirono a convincerne i politici, ma è chiaro come Everett fosse capace di staccarsi dalla realtà in maniera quasi disumana.
Alla sua morte, avvenuta nel 1982, lasciò esplicitamente scritto che la moglie gettasse le sue ceneri nel bidone della spazzatura ...".
Hugh e Nancy ebbero due figli: Elizabeth, nata nel 1958 e morta suicida nel 1996, e Mark Oliver, nato nel 1963 oggi rockstar e frontman del gruppo musicale degli Eels.
Nancy descriveva la sua casa come un luogo di intelligenza ma senza calore: “... Hugh non parlava mai di sentimenti. Parlava di modelli, equazioni, strategie. Tutto era un sistema, anche la famiglia ...”.
Nel documentario "Parallel Worlds, Parallel Lives" (prodotto dalla BBC nel 2007) Mark racconta:
“... non parlava mai con noi: era fisicamente presente ma mentalmente altrove ...”
(“... I never really knew my father. He’d sit at the dining table doing equations on napkins. Then he’d pour another drink ...”)
Hugh era dunque di natura razionale fino all’estremo, spesso immerso in calcoli o letture tecniche anche a casa.
Tendeva a trattare la vita emotiva come un sistema mal definito e preferiva rifugiarsi nella logica, nella teoria dei giochi e nel lavoro per la difesa.
Era un forte bevitore, non certo un alcolista aggressivo ma un uomo che - come dichiarò sua moglie - “annegava la delusione” nel whisky quotidiano.
Nancy, pur amandolo, si sentiva sempre più isolata: “... Amare Hugh era come amare un’equazione perfetta ma fredda ...” scrisse in una lettera ad un’amica (testimonianza raccolta da Byrne)
Negli anni ’70 il matrimonio entrò in crisi: Nancy era esausta dal suo distacco emotivo e dal suo crescente cinismo verso il mondo.
Hugh, invece, si chiuse del tutto in sé stesso, disilluso dalla scienza ed assorbito dal lavoro militare e dai modelli matematici di deterrenza nucleare.
Verso la fine del decennio vivevano praticamente vite separate sotto lo stesso tetto.
Hugh morì improvvisamente il 19 luglio 1982, a soli 51 anni, per un attacco cardiaco molto probabilmente legato ad obesità ed alcolismo.
Nancy, come lui le aveva preventivamente richiesto, disperse le sue ceneri nella spazzatura: “He always said it’s all just atoms, so it doesn’t matter.”
Mark venne a sapere della cosa quasi per caso e più tardi, riflettendo sulla famiglia, scrisse: “In our house, emotion was a variable with no solution.”
Nancy morì di cancro nel 1995 e Mark raccontò che solo dopo la morte della madre cominciò a capire chi fosse stato davvero suo padre, leggendo la tesi originale e parlando con i fisici che lo avevano riscoperto.
Max Tegmark, uno fra di questi, gli dedica un capitolo del suo "L'universo matematico": iconica è la foto che vi ha allegato, dove compare insieme ad un Mark dubbioso davanti ad una lavagna con su scritta l'equazione di Schroedinger e l'immagine del famoso gatto.
Note:
(1) Suo figlio Mark nel libro autobiografico "Things the Grandchildren Should Know" (pubblicato nel 2008) racconta l’alienazione familiare e la morte del padre avvenuta nel 1982, e di come la madre esaudì la richiesta del marito di non avere un funerale e di disperdere le sue ceneri in casa, in un modo deliberatamente dimesso (cosa che fece dopo averle tuttavia conservate in una scatola per qualche tempo):
“Mio padre non parlava mai con noi. Quando morì, mia madre disperse le sue ceneri nella spazzatura, come lui aveva chiesto.” (My dad … had once told my mom that he wanted his remains to be thrown out in the trash).
(2) Le informazioni esposte qui di seguito sulla famiglia Everett sono tratte dal saggio di Peter Byrne, "The Many Worlds of Hugh Everett III" pubblicato nel 2010, basato su documenti d’archivio integrati da interviste al figlio Mark Everett.
La madre di Hugh, Katherine Lucille Kennedy (1901–1994) lavorò nel sistema scolastico pubblico di Washington D.C. come insegnante di scuola elementare e, sporadicamente, insegnò anche al liceo materie quali inglese e letteratura (ma anche scienze di base) in un periodo in cui il padre era spesso assente per incarichi militari; figura stabile e protettiva nella vita di Hugh, fu lei ad incoraggiarlo a dedicarsi alla matematica ed alla lettura.
Byrne la descrive come “colta, severa ma affettuosa, con un’ammirazione quasi religiosa per l’intelligenza del figlio”.
Il padre, Hugh Everett Jr. (1896–1953) era invece ufficiale di carriera (Lieutenant Colonel) dell’U.S. Army, in servizio sia nella Prima che nella Seconda guerra mondiale.
Nel dopo guerra svolse incarichi amministrativi legati alla logistica militare nella capitale.
Morì prima che Hugh terminasse l’università.
La sua figura fu per il figlio importante ma distante: militare di vecchio stampo, severo e poco comunicativo, con aspettative alte ed una certa rigidità emotiva.
Molti biografi collegano questo modello di padre all’atteggiamento distaccato e razionale che Hugh III sviluppò nella sua vita adulta.
(3) Bohr era considerato il “guardiano” della meccanica quantistica: nessuna nuova interpretazione poteva essere accettata senza il suo tacito benestare.
(4) La versione originale della tesi di Everett dal titolo "The Theory of the Universal Wave Function", scritta negli anni 1955–1956, è conservata negli archivi di Princeton e fu pubblicata integralmente solo nel 1973.
Nel suo saggio "L'universo matematico" il cosmologo Max Tegmark racconta di aver cercato invano copia della tesi originale di Hugs, e di averla trovata anni dopo in una libreria "alternativa" a Berkeley:
“… Ero venuto a sapere che anni prima, nel 1957, Hugh Everett – un dottorando di Princeton – aveva proposto una soluzione assolutamente rivoluzionaria che parlava di universi paralleli, ed ero curioso di conoscerne i dettagli; la sua idea, però, era stata per lo più ignorata ed era raro che venisse insegnata nei corsi.
Avevo conosciuto qualcuno che ne aveva sentito parlare, ma nessuno di loro aveva mai letto realmente la tesi di dottorato di Everett, sepolta in un libro ormai fuori catalogo.
Tutto quello che potei trovare nella nostra biblioteca fu una sua versione drasticamente ridotta in cui la questione degli universi paralleli non era mai citata esplicitamente, ma nel novembre del 1990 la mia ricerca diede i suoi frutti e io riuscii finalmente a mettere le mani sul fantomatico libro: ne trovai una copia in un posto decisamente appropriato, una libreria di Berkeley specializzata in pubblicazioni radicaleggianti che offriva titoli del tipo Il libro di cucina dell’anarchico ..."
(5) La versione originale (1955–56) ha come titolo "The Theory of the Universal Wave Function" e presenta un carattere visionario, ontologico e metafisico.
Everett vi descrive una realtà universale ed una funzione d’onda che non collassa mai (“non c’è alcun collasso della funzione d’onda, mai, in nessun momento”).
Molto polemico ed a tratti provocatorio verso la scuola di Copenaghen, dichiara esplicitamente quale suo obiettivo il dimostrare che l’intera realtà fisica, osservatore compreso, possa essere descritta come un unico sistema quantistico: l’osservatore è cioè parte del sistema fisico, e viene descritto dalla stessa funzione d’onda (non esiste un limite tra il mondo quantistico e quello classico).
L’universo si “ramifica” in una molteplicità di storie coesistenti (una situazione che la pellicola cinematografica "Sliding doors" ha provato a rappresentare).
La tesi originale rimase inedita per 16 anni circolando soltanto in copie dattiloscritte: solo negli anni ’70, quando Bryce DeWitt riesaminò la versione originale, il suo pieno significato fu riscoperto e alla sua interpretazione della meccanica quantistica fu assegnato il nome di Many-Worlds Interpretation.
La versione pubblicata nel 1957, dopo le revisioni suggerite o imposte da Wheeler, ha invece come titolo “Relative State Formulation of Quantum Mechanics” ed è caratterizzata da uno stile tecnico, cauto e privo di toni filosofici.
Vi è descritta la teoria di Hugh in termini di stati relativi e formule matematiche, evitando conclusioni ontologiche e fornendo al contempo una formulazione interna e coerente della meccanica quantistica che non richieda quale postulato il collasso (termine che non appare quasi mai, sostituito da un linguaggio neutro su “stati relativi” e “riduzione apparente”).
In questa versione edulcorata gli osservatori sono trattati come sottosistemi che “percepiscono” stati coerenti, ma la questione è lasciata aperta.
Al posto di "mondi" (“tutti gli universi che coesistono simultaneamente”) e “ramificazioni”, Everett è costretto da Wheeler - che voleva evitare accuse di “metafisica” - a scrivere soltanto di “componenti ortogonali della funzione d’onda totale”.
Prudente, matematico e privo di retorica, il paper uscì così quasi inosservato.
Una soppressione che merita menzione è quella relativa alle implicazioni cosmologiche: Everett discuteva già nella sua tesi l’applicazione della propria teoria all’universo nel suo complesso, un’idea a quel tempo considerata “eretica”.
Così pure il ruolo della coscienza venne escluso: nella versione originale l’osservatore è descritto fisicamente, come un sistema quantistico che interagisce con altri sistemi.
Wheeler fece rimuovere tale linguaggio che poteva sembrare riduzionista od anti-filosofico.
(6) Concluso il dottorato, Wheeler propose a Hugh di rimanere a Princeton per i successivi due anni (1957–1959) con l'incarico di ricercatore post-doc sotto la sua supervisione - “Research Associate in Physics, Princeton University (under J. A. Wheeler)” -, affidandogli il compito di lavorare su applicazioni della meccanica quantistica cosmologiche (sviluppo teorico della universal wave function, analisi di sistemi complessi e problemi di misura, ed eventuale estensione ai campi gravitazionali e cosmologici), e nucleari (problemi teorici di struttura nucleare e fissione, cioè sull’uso della meccanica quantistica per descrivere sistemi fortemente accoppiati e complessi, quali i nuclei pesanti).
L'obiettivo di Wheeler era duplice: da una parte proteggere Everett dall’ostilità di Bohr e del gruppo di Copenaghen offrendogli un contesto neutro per sviluppare ulteriormente la teoria, dall'altra riorientarlo verso problemi più “concreti” di fisica teorica o nucleare, così da reinserirlo nella corrente principale della ricerca accademica.
Non risulta tuttavia che la proposta sia mai stata formalizzata per iscritto, anche se Wheeler la cita in diverse lettere conservate nei suoi archivi a Princeton (oggi accessibili nel John Archibald Wheeler Papers).
(7) Persino quando Bryce DeWitt riprese la sua teoria negli anni ’70, Everett non mostrò più interesse: non voleva tornare nel mondo accademico che lo aveva rifiutato.
Wheeler dichiarò di considerare quella scelta “una perdita incalcolabile per la scienza”.
(8) Il giudizio di Peter Byrne si basa sul fatto che i due modelli, funzione d’onda universale e decision tree militare, risultano strutturalmente omologhi.
- Struttura formale della teoria di Everett.
Nella formulazione originaria (1955–56) Everett descrive il mondo come una funzione d’onda universale Ψ(univ) che evolve in modo deterministico ed unitario secondo l’equazione di Schrödinger:
iℏ [∂Ψ(univ) / ∂t] = H Ψ(univ)
Non vi compare alcun “collasso” della funzione d’onda: tutte le possibilità si realizzano simultaneamente, ma diventano inaccessibili (le une alle altre) dopo un’interazione (decoerenza), cosicché ogni osservatore percepisca soltanto uno degli esiti possibili (cioè uno stato relativo).
Ogni interazione o misura coincide cioè con una biforcazione della funzione d’onda: ogni ramo rappresenta una storia coerente del mondo, e tutti i rami coesistono ma non interferiscono più tra di loro:
Ψ(univ) = ∑i c(i) Ψ(i)
dove ogni Ψ(i) è un mondo relativo, un possibile futuro.
- Struttura formale della strategia nucleare (WSEG, Lambda).
Nel suo lavoro in campo militare (dal 1958 in poi) Everett usa un formalismo praticamente identico ma applicato a decisioni umane e politiche.
Il contesto è la teoria dei giochi sotto incertezza, o più precisamente, la modellazione delle strategie di guerra nucleare come alberi di decisione (decision trees).
In questa logica ogni decisione (lancio, non lancio, risposta, contro-risposta) genera rami alternativi e ogni ramo ha una probabilità e una conseguenza (payoff).
Il compito dell’analista è allora quello di valutare i rami per massimizzare la sopravvivenza o la deterrenza.
Formalmente, un decision tree è una funzione ricorsiva:
Le analogie strutturali tra il concetto quantistico ed il concetto strategico sono molte:
- allo Stato quantistico Ψ si contrappone lo Stato strategico s;
- alla misura o interazione si contrappone la decisione o evento;
- alla ramificazione della funzione d’onda si contrappone la ramificazione del decision tree;
- al coefficiente di ampiezza c(i) si contrappone la probabilità ( P(s';
- all'osservatore in uno stato relativo si contrappone la nazione o attore in un contesto strategico;
- all'evoluzione unitaria si contrappone l'evoluzione deterministica delle scelte;
- al collasso assente (tutti i mondi coesistono) si contrappone il fatto che tutti gli scenari esistono nel modello ma solo uno si realizza nella storia;
- alla probabilità come “peso dell’esperienza” si contrappone la probabilità come “peso delle conseguenze”.
Negli appunti interni della Lambda Corporation Everett usa un linguaggio che è quasi una trasposizione secolare della sua teoria quantistica.
In un memorandum del 1965 (citato da Byrne) scrive:
“... Every choice by a rational agent splits the future into distinct branches, each weighted by its probability and utility; the rational path is the one that maximizes expected value across all branches, even those not realized ...”
(... ogni decisione di un agente razionale divide il futuro in rami distinti, ciascuno ponderato per probabilità e utilità. Il percorso razionale è quello che massimizza il valore atteso complessivo, anche attraverso i rami che non si realizzeranno).
È, letteralmente, la versione decisionale della funzione d’onda universale, la somma di tutte le possibilità, ognuna con il suo peso, in un continuum coerente.
- Unità del sistema: tutto è parte della funzione d’onda universale <-> tutti gli attori fanno parte di un unico sistema globale.
- Nessun collasso: tutti i mondi coesistono <-> tutti gli scenari devono essere considerati simultaneamente.
- Probabilità soggettiva: peso esperienziale di ciascun ramo <-> peso strategico di ciascun esito.
- Osservatore: è parte del sistema <-> è decisore integrato nel gioco.
- Obiettivo: coerenza logica universale <-> ottimizzazione della sopravvivenza.
.Everett sembrava trasferire il suo sguardo cosmico sull’umanità: non più un universo che si divide in molti mondi, ma una civiltà che si divide in molte possibilità di distruzione.
Peter Byrne lo definisce “The man who replaced God with probability, and morality with optimization” mentre un collega della Lambda lo ricordò con queste parole: “... he spoke about nuclear war as if it were just another branch in a wave function, tragic but inevitable in one world, avoidable in another ...”
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