“… Ci sono ancora alcune domande senza risposta, ad esempio: il bosone di Higgs esisterebbe se non ci fosse la matematica per descriverlo? Forse questa è una domanda cui si può rispondere meglio dopo qualche bicchiere di vino …” (Brian Butterworth, discorso alla Kavli Foundation 7 agosto 2013, “The Brain or the Universe – Where Does Math Come From…”).
Brian Lewis Butterworth (1944-) è professore emerito presso l'Istituto di Neuroscienze Cognitive del London University College.
La sua è un’affermazione ironica ma filosoficamente provocatoria, che tocca un tema molto profondo: il rapporto tra realtà fisica e descrizione matematica.
Si chiede infatti se entità come il bosone di Higgs esistano indipendentemente dalla nostra capacità di descriverle con la matematica, oppure se la loro “esistenza” dipenda in qualche modo dal fatto che possiamo formularle in termini matematici:
“…
se non avessimo avuto la matematica per prevederlo, avremmo mai pensato
che esistesse? Avrebbe avuto un senso parlare della sua esistenza? …”
Butterworth gioca su una questione ontologica ed epistemologica:
- Ontologica: esistono le cose solo perché le osserviamo (o le possiamo descrivere)?
- Epistemologica: la matematica scopre o inventa la realtà?
Quando aggiunge “forse questa è una domanda cui si può rispondere meglio dopo qualche bicchiere" ammette scherzosamente che la domanda è così astratta, filosofica e sfuggente che probabilmente non ha una risposta definitiva, almeno non nel linguaggio freddo e rigoroso della scienza.
Serve - secondo lui - uno sguardo più libero, quasi poetico: oppure “alcoolicamente ispirato”.
Butterworth non sta infatti dubitando dell’esistenza del bosone di Higgs in sé, ma ci invita a riflettere su quanto il nostro accesso alla realtà sia mediato dalla matematica.
È un modo per dire “la
realtà esiste, ma noi la vediamo solo attraverso gli strumenti –
concettuali e matematici – che abbiamo. E questo ci limita… o forse ci
crea mondi.”
Possiamo metter in relazione le affermazioni di Butterworth con la TIP (la Teoria dell’Interfaccia Percettiva) sviluppata da Donald Hoffman.
Nel suo saggio “L’illusione della realtà” (1) sostiene che la percezione, lungi dal mostrarci la realtà effettiva che risulta inaccessibile direttamente, ci fornisce piuttosto un’interfaccia utile per sopravvivere.
Proprio
come l’interfaccia grafica di un computer (composta da icone, finestre,
ecc.) non riflette il funzionamento interno della macchina (2), anche le nostre percezioni non rifletterebbero la realtà “in sé”, ma costituirebbero semmai modelli adattivi, evolutivamente selezionati per efficienza e non per accuratezza.
Punto centrale della TIP è costituito dalla dimostrazione matematica del teorema Fitness Beats Truth (3), che chiarisce come la selezione naturale non favorisca sistemi percettivi che rappresentino accuratamente la realtà, quanto piuttosto quelli che massimizzino la fitness evolutiva, anche qualora essi distorcano profondamente la realtà oggettiva.
Non saremmo dunque in grado di vedere la realtà oggettiva, ma piuttosto solo ciò che ci è utile per agire e sopravvivere.
Lo
spazio, il tempo e gli oggetti solidi potrebbero quindi essere soltanto
“icone dell’interfaccia”, non elementi fondamentali dell’universo.
In relazione alla domanda “Il bosone di Higgs esisterebbe se non ci fosse la matematica per descriverlo?” la TIP ci offre una lettura radicale:
la matematica stessa potrebbe essere parte dell’interfaccia, uno strumento adattivo creato dalla mente per navigare un mondo che non possiamo percepire direttamente.
Riguardo all'affermazione di Butterworth, secondo la TIP il bosone di Higgs, come concetto, potrebbe non esistere nella “realtà oggettiva”,
ma costituire piuttosto una costruzione utile all'interno della nostra
interfaccia cognitiva (matematica e sperimentale) per organizzare
fenomeni osservabili:
“Il
bosone di Higgs rappresenta un’icona evolutiva nella nostra interfaccia
matematica; se non avessimo la matematica come interfaccia, quell’icona
non avrebbe neanche modo di ‘apparire’.”
Note:
(1) Pubblicato nel 2019 col titolo originale "The Case Against Reality”.
(2) Spostare un'icona presente sul desktop nel cestino non ci informa sul processo fisico che permette di rimuovere un file dall'HD.
(3) Il Teorema FBT (Fitness Beats Truth) è stato recentemente dimostrato da Chetan Prakash, un collaboratore di Hoffman.
Parte da un modello di base, astratto ma rigoroso che si basa sulle seguenti premessse:
- Ambiente oggettivo (realtà) è un insieme di stati del mondo;
- Agenti percettivi sono invece modelli computazionali che percepiscono l’ambiente e prendono decisioni;
- Ogni agente percettivo risulta dotato di un sistema percettivo (che può rappresentare fedelmente o in modo distorto la realtà) ed una funzione di fitness (quanto bene tale agente sopravvive/riproduce).
Dopodiché si simulano generazioni evolutive e si osservano quali tipi di agenti dominano al passare del tempo.
Dall'analisi di tali simulazioni risulta che:
- gli agenti che vedono la verità oggettiva (cioè mappano correttamente lo stato del mondo) vengono sistematicamente eliminati in poche generazioni;
- gli agenti che percepiscono solo ciò che è rilevante per la fitness (e distorcono tutto il resto) vincono sempre, a patto che il costo computazionale sia inferiore e la percezione distorta sia sufficiente a prendere decisioni vantaggiose.
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