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venerdì 28 luglio 2023

"La grandezza dell'ignoto è democratica": là dove l'ignoranza 'cattiva' porta in direzione opposta.

Nel 1962 Karl Popper raccoglie i testi di una serie di conferenze - da lui tenute a partire dal 1953 - in un saggio dove esprime le sue idee generali sulla scienza che intitola "Congetture e confutazioni".

In esso, tra molti altri argomenti, tratta dell'ignoranza.
"... esistono due tipi di ignoranza" - scrive - "quella cattiva e quella buona."
"L'ignoranza cattiva è quella di chi è convinto di possedere già il sapere, e per questo cerca di forzare ogni novità dentro i propri preconcetti.
Chi si trova ad esser affetto da cattiva ignoranza si nutre di solito di certezze, di slogan e di semplificazioni.
L'ignoranza buona è invece quella di chi 'sa di non sapere', e proprio per questo continua la ricerca, senza fine, imparando sempre più dai propri errori.
Chi è affetto da questa 'dotta ignoranza' si nutre di dubbi, curiosità e di scoperte inattese".
Per Popper la vera ignoranza non coincide con l'assenza di conoscenza, quanto piuttosto con il rifiuto di acquisirla; la sua fonte è da ricercarsi nello stesso processo di critica e crescita della conoscenza che costituisce la Scienza.
Osserva come la soluzione di un problema sollevi in genere sempre nuovi problemi, in un rimando che appare senza fine.
"Quanto più impariamo sul mondo" - sostiene il filosofo della scienza - "e quanto più profondo è il nostro apprendimento, tanto più consapevole, specifica ed articolata sarà la conoscenza di ciò che non sappiamo, la conoscenza della nostra ignoranza.
Questa, infatti, è la fonte principale dell'ignoranza: il fatto che la nostra conoscenza può essere solo finita, mentre la nostra ignoranza non può che essere, di necessità, infinita".
La grandezza dell'ignoto è democratica perché mentre ciascuno di noi differisce molto in ciò che limitatamente "sa", dinnanzi alla vastità di quanto l'umanità ignora (dovremmo) sentirci tutti eguali (ed umili!).
La constatazione dell'infinità di quanto ignoriamo, pur dal tono pessimistico, non deve tuttavia essere motivo di sfiducia nei confronti della scienza; come ci ricorda de Finetti, col passare del tempo essa non fa che aumentare la propria affidabilità.
Cosa dire oggi dell'eredità di Popper?
Rispetto al periodo in cui il saggio è stato pubblicato, sicuramente è più diffusa tra il grande pubblico (almeno un certo tipo) di cultura scientifica.
Big Bang, buchi neri, DNA, climate change - per citarne solo alcuni - sono argomenti di cui tutti quanti abbiamo sentito parlare.
I media ed i socials hanno contribuito in questo lungo lasso di tempo in maniera determinante alla diffusione della conoscenza; tuttavia l'impressione è che oggi la velocità con cui questi veicolano efficacemente l'informazione distorta (fake news, teorie complottiste, ecc.) faccia si che i benefici precedentemente apportati vengano annullati.
La vittima della disinformazione scientifica non è più chi si trova ad esser completamente privo di basi culturali.
Mi lascia perplesso il successo di certe narrazioni soprattutto presso fasce di popolazione dotate di un alto grado di scolarizzazione: gli elementi di cultura scientifica in loro possesso vengono utilizzati - in modo improprio - per dare verosimiglianza alle "teorie" complottiste di cui vengono a conoscenza, e contribuiscono a creare una fede cieca che le circonda, quasi impossibile da smontare anche utilizzando argomenti che superino il vaglio della logica.
L'ignoranza cattiva sta vincendo la partita, dunque è indispensabile indagarne il motivo per cercare di rivoltarne le sorti.
Uno sviluppo troppo frenetico della scienza che ci rende incapaci di starne al passo e ci fa sentire inferiori?
L'avvento di una tecnologia "facile da usare" che ne nasconde la complessità sottostante e ci fa apparire banali gli strumenti che utilizziamo?
Il desiderio inconscio di non dover cambiare di frequente i propri punti di riferimento?
Sicuramente l'azione di un bias di conferma ("se la TV e la gente sui socials dicono quello che penso io perché non dovrebbe esser vero?") ci porta verso gli approdi tranquilli dei nostri preconcetti.
Ma l'ostinazione nel non voler mettere in discussione i processi logici che ci hanno portato ad una conclusione errata mi ricorda il dogmatismo di altri tempi, foriero di odi e violenze che le nostre società sembravano aver esiliato per sempre.

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