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mercoledì 24 maggio 2023

Il paradosso della tolleranza, una storia attuale?

Karl Popper, giusto alla fine della seconda guerra mondiale, lo enunciò in questi termini:

“… una collettività caratterizzata da tolleranza indiscriminata è inevitabilmente destinata ad essere stravolta e successivamente dominata dalle frange intolleranti presenti al suo interno. 

Dunque l'intolleranza nei confronti dell'intolleranza stessa è condizione necessaria per la preservazione della natura tollerante di una società aperta …”   

(“La società aperta e i suoi nemici”, 1945)

  

Si riferiva all’opportunità da parte dei paesi dotati di una costituzione democratica, in grado di offrire garanzie ai propri cittadini, di consentire la libertà di parola anche a coloro che la userebbero per eliminare il principio grazie al quale possono essi stessi esprimere la propria opinione.

Un vero paradosso, insomma: dove dunque è opportuno “porre i paletti”?

L’ordinamento giuridico italiano - non diverso, credo, da quello di altri paesi democratici - punisce l’apologia del fascismo (legge Scelba del 1952) ma nello stesso tempo non vieta a ministri di religioni avventiste o di sette pseudo religiose di fare proselitismo, anche quando queste esercitino un forte condizionamento psicologico sui propri adepti, talora costretti - pena l’emarginazione - ad adottare comportamenti autolesionistici o lesivi nei confronti dei propri famigliari (quali ad esempio decidere a priori il rifiuto di pratiche mediche salvavita).

La predicazione degli imam estremisti è stata tollerata nelle moschee dei paesi occidentali almeno sino all’11 settembre 2001, spesso favorita da un intreccio tra interessi politici ed economici che coinvolgono paesi islamici e governi occidentali.

Ancor oggi gli stessi motivi consentono pericolose infiltrazioni, alcune delle quali sono state oggetto di un'indagine approfondita condotta da Osvaldo Migotto, giornalista al Corriere del Ticino e mio compagno ai tempi dell'Università, e Stefano Piazza, giornalista e saggista svizzero (da tale indagine è poi scaturito l'interessantissimo libro "Allarme Europa, il fondamentalismo islamico nella nostra società", la cui lettura consiglio vivamente, rintracciabile come e-book su Amazon).


Nel 1997 il filosofo statunitense Michael Walzer, professore emerito all'Institute for Advanced Study di Princeton, notava come "la maggior parte dei gruppi religiosi minoritari che beneficiano della tolleranza siano essi stessi intolleranti".

Prendeva le mosse dal suo saggio del 1965, "The Revolution of the Saints: A Study in the Origins of Radical Politics", dove aveva indagato la natura rivoluzionaria del movimento puritano e le sue connessioni storiche col giacobinismo e il bolscevismo.

L'etica puritana è alla base della costituzione degli Stati Uniti d'America: il "Mayflower compact", sottoscritto a bordo della nave omonima prima dello sbarco a Plymouth nel novembre del 1620 dai "padri pellegrini" e dagli altri coloni imbarcati, ne costituisce l'ispirazione.

Walzer sostiene che i puritani siano "costruttori di un sistema repressivo, non molto diverso nella sostanza da quello dei giacobini francesi e dei bolscevichi russi".




Il filosofo americano John Rawls, teorico della giustizia distributiva, nel 1971 scriveva nel saggio "Una teoria della giustizia":

"... la società ha un ragionevole diritto di autopreservazione che soppianta il principio di tolleranza: mentre una setta intollerante in sé non ha il diritto di lamentarsi dell'intolleranza, la sua libertà dovrebbe essere limitata solo quando i tolleranti credano sinceramente e ragionevolmente che la loro sicurezza e quella delle istituzioni della libertà siano in pericolo ..."



Non diversamente la pensava Thomas Jefferson, principale autore della dichiarazione d'indipendenza del 4 luglio 1776; nel suo discorso inaugurale, appena nominato 3º presidente degli Stati Uniti d'America il 4 marzo 1801, delineò la sua visione di una società tollerante.

Riguardo a coloro che potrebbero destabilizzare il paese e la sua unità, affermò:

"... lasciateli indisturbati, come monumenti della sicurezza con cui si può tollerare l'errore di opinione, laddove la ragione è libera di combatterlo ..."


Tolleranza degli intolleranti sin quando questi non diventino un gruppo troppo numeroso e costituiscano dunque un pericolo reale per la società tollerante.
Una tale posizione presuppone una capacità da parte della società tollerante nel suo complesso di capire l'approssimarsi del rischio, e dunque poter agire "un attimo prima" che sia troppo tardi con una censura del pensiero intollerante.

Mi sembra abbastanza utopico "assegnare" ad una maggioranza una tale sensibilità ed intelligenza.

C'è chi ritiene tuttavia la soluzione esista già, e sia ampiamente adottata dai paesi democratici:

"... il sistema dei pesi e dei contrappesi, tutte quelle istituzioni che si spartiscono in maniera equa e bilanciata i poteri dello Stato: dalla basilare suddivisione tripartita di Montesquieu fino ad arrivare ai poteri più effimeri, come quello della stampa ad esempio, nel suo ruolo di cane da guardia del potere, o della società civile, libera di organizzarsi per contrastare le forze distruttive che provengono dal suo interno ..."

"... quando questi contrappesi vengono messi in discussione da istanze intolleranti, allora la società aperta si attiva per 'isolare' il gruppo che le istanzia, non attraverso la censura ma con mezzi democratici:  strumenti passivi - quali gli istituti giudiziari che tutelano gli individui e le istituzioni da reati come la querela, il vilipendio, la violenza o l’istigazione all’odio o alla discriminazione - o strumenti attivi - quali l’educazione dei cittadini ad una cultura tollerante e inclusiva, la comprensione delle ragioni che hanno spinto un gruppo di individui ad abbracciare una fede intollerante e la loro riabilitazione nel sistema democratico ...

("The vision" Karl Popper e il paradosso della tolleranza


Fernando Aguiar e Antonio Parravano nel saggio "Tolerating the Intolerant: Homophily, Intolerance, and Segregation in Social Balanced Networks" (2015) prendono in esame una comunità di individui le cui relazioni siano governate da una modifica della "teoria dell'equilibrio cognitivo" di Fritz Heider, evidenziando un nuovo paradosso.

La relazione fra omofilia (l'inclinazione ad interagire con chi ha tratti simili ai nostri) e l'intolleranza si manifesta quando una persona "tollerante" deve scegliere tra lo stabilire una relazione positiva con un altro individuo "tollerante" di un gruppo dissimile, o stabilire una relazione positiva con un membro "intollerante" del proprio gruppo.

Nel primo caso il membro "intollerante" interno al gruppo disapproverebbe la relazione con un individuo esterno al gruppo, il che porterebbe necessariamente ad una relazione negativa con il suo membro "tollerante", mentre nel secondo caso, la relazione negativa rispetto all'individuo esterno al gruppo sarebbe confermata dal membro interno intollerante e promuoverebbe una relazione positiva tra di loro.


Infine Yann LeCun, informatico di origine francese noto per lo sviluppo di reti neurali convoluzionali (CNN) e premio Turing 2019, è primo direttore del Facebook AI Research.

Pochi giorni fa, con un post sul social, ha proposto - ironicamente - un simpatico "aggiornamento" al paradosso della tolleranza che tenga conto delle mutazioni avvenute nella società civile nell'età di internet, paradosso che rinomina "paradosso della trolleranza":



"... per mantenere un discorso costruttivo i forum online devono conservare il diritto di troll ..."

Insomma, per evitare la deriva di un pensiero conformista godiamoci i post "alla Trump" con un contenuto "esagerato" che tuttavia ci costringono a ripensare continuamente le nostre posizioni.


Vedi anche:

https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_della_tolleranza



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