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martedì 13 luglio 2021

L'illusione dell'esistenza di un "adesso cosmico".

Scivola in questo istante una tegola dal tetto davanti alla finestra del mio ufficio.

Durante la sua caduta, sullo sfondo è passata rapida una rondine, il mio smartphone ha emesso il suono che mi avverte dell'arrivo di una email e la tastiera del mio PC emette un ticchettio insistente mentre sto scrivendo questo post.

La mia impressione è che tutto ciò accada "contemporaneamente", mentre sin dai tempi di Einstein sappiamo che non è così: i fotoni sono il mezzo di trasporto dell'informazione più veloce a disposizione, tuttavia la velocità con la quale si muovono, seppur elevata, presenta un valore "finito".

Sempre dalla mia finestra vedo il Sole brillare in cielo: un tragico evento cosmico accaduto 7 minuti fa potrebbe averlo distrutto, lasciando così al fenomeno "vita" presente sul nostro pianeta una manciata di secondi di esistenza.

I bagliori delle galassie primordiali, osservabili attraverso i più potenti telescopi, rimandano l'immagine delle stesse com'erano nel remoto momento del nostro passato in cui i fotoni le hanno abbandonate per raggiungerci dopo un viaggio durato oltre dieci miliardi di anni: se avessimo la possibilità di osservarle "come sono oggi", le troveremmo del tutto differenti.
Gran parte delle stelle la cui luce le rende ADESSO visibili ai nostri strumenti, hanno da tempo immemore terminato il proprio ciclo vitale con una esplosione spaventosa; nuovi astri le hanno sostituite dopo essersi formati grazie al materiale da esse espulso, ed un tale ciclo di morti e nascite si è ripetuto per moltissime volte.

La scienza ci offre la possibilità di calcolare - usando indizi indiretti quali la luminosità delle supernovae di tipo "Ia" - la distanza delle galassie osservate in termini di "quanti anni ha impiegato la loro luce a raggiungerci"; dall'analisi poi del loro "red shift" determiniamo la loro velocità di allontanamento, ed utilizzando infine le equazioni di Hubble possiamo stimare quale sia la loro attuale distanza e posizione rispetto a noi.

Tutto ciò porta - erroneamente! - a credere sia possibile usare il momento del Big Bang quale strumento per "sincronizzare gli orologi cosmici" al fine di ottenere un "adesso cosmico", utile a poter affermare che due o più eventi siano avvenuti contemporaneamente.
Utilizzare cioè la misura della distanza temporale di un evento rispetto al Big Bang, il quale, nella nostra regione di spazio, risulta esser avvenuto all'incirca 13.8 miliardi di anni fa (dunque in una "posizione là fuori" distante da noi 13.8 miliardi di anni luce).

Certo parliamo di eventi che si verifichino in ogni regione del cosmo: potremmo averli osservati in passato, in questo momento, in un futuro più o meno remoto.  
Addirittura mai, poichè trattasi di eventi che avvengono in regioni dello spazio in allontanamento da noi ad una velocità superiore a quella della luce.

Ad ogni evento potremmo così assegnare un'etichetta con scritta la sua "età" rispetto al Big Bang; il confronto di queste etichette dovrebbe permetterci di scrivere una storia dell'universo così come scriviamo la storia dell'umanità, organizzata in date progressive cui corrispondono eventi accaduti "in contemporanea".


Sembrerebbe un'ottima idea, tuttavia "non funziona così".


Inviando un segnale radio ad uno dei tanti rover presenti oggi sulla superficie marziana, sappiamo che questo verrà ricevuto con circa 10 minuti di ritardo: il tempo necessario alla radiazione elettromagnetica per completare il percorso Terra - Marte a velocità pari a quella della luce (1).

Sono passati 10 minuti da quando abbiamo inviato al rover un "ping" (un segnale che viene "rimbalzato" dalle attrezzature dello stesso per avvertirci del suo "stato di veglia") quando, contemporaneamente al momento esatto in cui stimiamo esso abbia ricevuto il nostro messaggio, lo smartphone ci avverte con un suono di una email in arrivo.
Passano altri dieci minuti e riceviamo la conferma del ping dal pianeta rosso.

Quale dei due eventi è accaduto per primo?  L’arrivo dell'email oppure l'invio della comunicazione dal suolo di Marte?

La risposta corretta - certo non intuitiva - è "dipende dalla velocità della persona che risponde a questa domanda".

La relatività speciale ci informa come osservatori diversi possano percepire lo spazio ed il tempo in modi diversi: la simultaneità è relativa, e L'illusione dell'esistenza di un "adesso cosmico" naufraga con essa e con il nostro senso di verosimiglianza.


Note:

(1) Nel caso in cui Marte si trovasse quasi in opposizione rispetto alla nostra stella, noteremmo un improvviso allungamento dei tempi di comunicazione nell'ordine di circa 200 microsecondi; il segnale radio si troverebbe infatti a percorrere una distanza aggiuntiva di circa 50 km, uno "spazio in più" che sembra essersi materializzato dal nulla.

La sua "presenza" è dovuta alla curvatura impressa allo spazio-tempo dalla massa della nostra stella.






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