Scivola in questo istante una tegola dal tetto davanti alla finestra del mio ufficio.
Durante la sua caduta, sullo sfondo è passata rapida una rondine, il mio
smartphone ha emesso il suono che mi avverte dell'arrivo di una email e
la tastiera del mio PC emette un ticchettio insistente mentre sto
scrivendo questo post.
La mia impressione è che tutto ciò accada "contemporaneamente", mentre
sin dai tempi di Einstein sappiamo che non è così: i fotoni sono il
mezzo di trasporto dell'informazione più veloce a disposizione, tuttavia
la velocità con la quale si muovono, seppur elevata, presenta un valore
"finito".
Sempre dalla mia finestra vedo il Sole brillare in cielo: un tragico
evento cosmico accaduto 7 minuti fa potrebbe averlo distrutto, lasciando
così al fenomeno "vita" presente sul nostro pianeta una manciata di
secondi di esistenza.
I bagliori delle galassie primordiali, osservabili attraverso i più
potenti telescopi, rimandano l'immagine delle stesse com'erano nel
remoto momento del nostro passato in cui i fotoni le hanno abbandonate
per raggiungerci dopo un viaggio durato oltre dieci miliardi di anni: se
avessimo la possibilità di osservarle "come sono oggi", le troveremmo
del tutto differenti.
Gran parte delle stelle la cui luce le rende ADESSO visibili ai nostri
strumenti, hanno da tempo immemore terminato il proprio ciclo vitale con
una esplosione spaventosa; nuovi astri le hanno sostituite dopo essersi
formati grazie al materiale da esse espulso, ed un tale ciclo di morti e
nascite si è ripetuto per moltissime volte.
La scienza ci offre la possibilità di calcolare - usando indizi
indiretti quali la luminosità delle supernovae di tipo "Ia" - la
distanza delle galassie osservate in termini di "quanti anni ha
impiegato la loro luce a raggiungerci"; dall'analisi poi del loro "red
shift" determiniamo la loro velocità di allontanamento, ed utilizzando
infine le equazioni di Hubble possiamo stimare quale sia la loro attuale
distanza e posizione rispetto a noi.
Tutto ciò porta - erroneamente! - a credere sia possibile usare il
momento del Big Bang quale strumento per "sincronizzare gli orologi
cosmici" al fine di ottenere un "adesso cosmico", utile a poter
affermare che due o più eventi siano avvenuti contemporaneamente.
Utilizzare cioè la misura della distanza temporale di un evento rispetto
al Big Bang, il quale, nella nostra regione di spazio, risulta esser
avvenuto all'incirca 13.8 miliardi di anni fa (dunque in una "posizione
là fuori" distante da noi 13.8 miliardi di anni luce).
Certo parliamo di eventi che si verifichino in ogni regione del cosmo:
potremmo averli osservati in passato, in questo momento, in un futuro
più o meno remoto.
Addirittura mai, poichè trattasi di eventi che avvengono in regioni
dello spazio in allontanamento da noi ad una velocità superiore a quella
della luce.
Ad ogni evento potremmo così assegnare un'etichetta con scritta la sua
"età" rispetto al Big Bang; il confronto di queste etichette dovrebbe
permetterci di scrivere una storia dell'universo così come scriviamo la
storia dell'umanità, organizzata in date progressive cui corrispondono
eventi accaduti "in contemporanea".
Sembrerebbe un'ottima idea, tuttavia "non funziona così".
Inviando un segnale radio ad uno dei tanti rover presenti oggi sulla
superficie marziana, sappiamo che questo verrà ricevuto con circa 10
minuti di ritardo: il tempo necessario alla radiazione elettromagnetica
per completare il percorso Terra - Marte a velocità pari a quella della
luce (1).
Sono passati 10 minuti da quando abbiamo inviato al rover un "ping" (un
segnale che viene "rimbalzato" dalle attrezzature dello stesso per
avvertirci del suo "stato di veglia") quando, contemporaneamente al
momento esatto in cui stimiamo esso abbia ricevuto il nostro messaggio,
lo smartphone ci avverte con un suono di una email in arrivo.
Passano altri dieci minuti e riceviamo la conferma del ping dal pianeta rosso.
Quale dei due eventi è accaduto per primo? L’arrivo dell'email oppure l'invio della comunicazione dal suolo di Marte?
La risposta corretta - certo non intuitiva - è "dipende dalla velocità della persona che risponde a questa domanda".
La relatività speciale ci informa come osservatori diversi possano
percepire lo spazio ed il tempo in modi diversi: la simultaneità è
relativa, e L'illusione dell'esistenza di un "adesso cosmico" naufraga
con essa e con il nostro senso di verosimiglianza.
Note:
(1) Nel caso in cui Marte si trovasse quasi in opposizione rispetto
alla nostra stella, noteremmo un improvviso allungamento dei tempi di
comunicazione nell'ordine di circa 200 microsecondi; il segnale radio si
troverebbe infatti a percorrere una distanza aggiuntiva di circa 50 km, uno "spazio in più" che sembra essersi materializzato dal nulla.
La sua "presenza" è dovuta alla curvatura impressa allo spazio-tempo dalla massa della nostra stella.
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