contatore visite

martedì 29 giugno 2021

Cosa c'era prima dell'inizio: il Big Bang, origine del tutto o la fine di qualcosa? L'inflazione eterna di Alex Vilenkin

Non è raro oggi imbattersi in affermazioni quali: "il tempo è nato con il Big Bang mentre prima non esisteva".

Oppure ancora: "il nostro universo è scaturito da una singolarità, un punto con densità infinta che, esplodendo, ha consentito la formazione di galassie, stelle e pianeti, quali li conosciamo". 

Non sono invece molti ad azzardare una domanda all'apparenza banale quanto lecita:
"se tutto è iniziato con il Big Bang, che cos'è che lo ha provocato? Perché l'universo dovrebbe avere 13.8 miliardi di anni e non 20 o soltanto 10?".

L'enorme successo mediatico ottenuto dalla teoria del Big Bang - la cui prima formulazione è da attribuirsi al fisico russo Alexander Freidmann negli anni 20 del '900 - sembrerebbe aver messo una pietra tombale sopra i legittimi dubbi che una sua enunciazione suscita nelle persone curiose; tant'è che da quasi mezzo secolo è alquanto difficile trovare qualcuno, privo di competenze specifiche nel mondo della fisica e della cosmologia, disposto a non dare per scontato il Big Bang quale origine "certificata" sia del nostro Universo che del Tempo stesso.

Il dogma della "creazione dell'Universo ad opera del Big Bang" sembra infatti essersi sostituito a quello della "creazione divina" (che aveva accompagnato i sapiens sin dall'infanzia della nostra specie).

E' dunque doveroso far subito chiarezza su due punti importanti per evitare che quanto affermato dalla scienza venga frainteso; lo farò usando le parole di Max Tegmark (vedi fonte: "L'universo matematico, la ricerca della natura ultima della realtà"):

    1) "… non abbiamo prove dell'esistenza di una singolarità indicata come Big Bang: la meccanica quantistica ci informa del fatto che l'estrapolazione che ci conduce ad essa cessi di esser valida prima di raggiungere la singolarità…".

    2) "… non siamo neppure sicuri che l'Universo abbia avuto un inizio: potrebbe aver trascorso un'eternità in uno stato di cui non sappiamo nulla, per poi arrivare improvvisamente alla nucleosintesi del Big Bang...".

Quindi, per la scienza contemporanea il Big Bang costituisce una mera ipotesi scientifica - forse la migliore che abbiamo oggi a disposizione per interpretare una parte del nostro passato remoto - priva tuttavia di alcuna conferma sperimentale.

Tenendo ben presente quanto appena indicato, analizziamo la storia della teoria del Big Bang e vediamo in quali direzioni ci portano le più recenti scoperte, osservazioni e misurazioni.


Nel 1916 la pubblicazione della teoria della Relatività Generale sollevò il problema di conciliare l'evidenza di un Universo all'apparenza statico - a quel tempo si credeva esistesse solo la nostra galassia e che l'intero universo coincidesse con essa - con le caratteristiche dinamiche che invece gli venivano conferite dalle equazioni di campo.
Resosene conto, Einstein non ci pensò due volte a modificarle inserendo un valore "ad hoc" (la cosiddetta "costante cosmologica" indicata con il simbolo λ) nella parte a sinistra del segno di eguaglianza, forzando pertanto il tensore geometrico in modo tale da evitare che la gravità provochi il collasso dell'intera galassia su sé stessa (1).

Trascorso qualche anno, apparvero le prime critiche all'utilizzo di "lambda" (cosa che Einstein in seguito riconoscerà come il più grande errore della sua carriera): da parte sia di Georges Lemaître nel 1927, che, ancor prima, da parte del fisico sovietico Alexander Freidmann.
Questi nel 1922 pubblicò un articolo dove affermava:
"... condizione naturale del nostro universo è l'essere in movimento ..."; "... deve esser esistito nel passato un momento nel quale tutto quanto era concentrato in un punto ..." (2).

Le osservazioni condotte dagli astronomi del tempo - che ancora non disponevano di una tecnologia in grado di dar conto dell'esistenza di altre galassie oltre la nostra - non concordavano con tali estrapolazioni: le stelle - fonti puntiformi di luce intensa i cui movimenti sulla sfera celeste del cielo notturno venivano seguiti con telescopi ottici - non sembravano affatto destinate ad allontanarsi le une dalle altre (3).

Per tale ragione, tanto le obiezioni di Freidmann quanto quelle di Lemaître non vennero prese in considerazione dalla comunità scientifica sino al 1929 (anno in cui il fisico morì prematuramente), quando si scoprirà che le cosiddette "nebulose" - da secoli osservate dagli astronomi ed erroneamente tutte quante identificate come composte da polveri interstellari - erano in realtà galassie come la nostra le cui stelle sono troppo distanti per esser osservate singolarmente (la "nebulosa di Andromeda" ad un certo punto verrà riconosciuta come la galassia a noi più vicina).
Di lì a poco Edwin Hubble, analizzandone lo spettro, descriverà il fenomeno denominato "red shift", e cioè uno spostamento delle righe spettrali verso il rosso, indice di un progressivo allontanamento della fonte di fotoni rispetto all'osservatore.

Scoprì così che le altre galassie si allontanano dalla nostra con una velocità crescente in proporzione alla distanza, e ricavò la seguente equazione:

       v = H d           

e cioè:   velocità allontanamento = H * distanza

dove H è una costante, da allora chiamata "costante di Hubble".

Dividendo la distanza per la velocità possiamo ricavare il tempo trascorso dall'inizio del processo di allontanamento reciproco delle galassie, oggi stimato in 13.8 miliardi di anni (4).

Osservare oggetti lontani nel cielo notturno, significa vederli com'erano nel passato, compiendo un vero e proprio "viaggio nel tempo".
Puntando i rilevatori di onde elettromagnetiche verso le fonti più remote nello spazio (5), otteniamo informazioni relative al momento in cui i fotoni da queste emessi hanno iniziato il cammino verso i nostri strumenti.
I fotoni di una galassia distante 3 miliardi di anni luce impiegheranno appunto 3 miliardi di anni a raggiungerci, e porteranno con sé le immagini di come tale galassia appariva a quei tempi (non certo il suo aspetto odierno!).
Ricavando dall'analisi del suo spettro la velocità di allontanamento "a quel tempo", possiamo derivarne posizione e velocità di allontanamento "ad oggi" (6).


Fino a dove è possibile "guardare" indietro nel tempo con gli strumenti che oggi abbiamo a disposizione?

Prendendo per valida l'attuale stima dell'età dell'universo (ed ipotizzando che nessuna informazione possa viaggiare più velocemente della luce ad di fuori del mezzo) non troveremmo sicuramente nulla di osservabile scrutando ad una distanza superiore ai 13.8 miliardi di anni luce: i fotoni rilasciati da oggetti più distanti, per raggiungerci, sarebbero infatti dovuti partire prima della nascita dell'universo.

Nel corso dell'anno 2020 sono stati identificati due oggetti celesti davvero arcaici:
- MAMBO-9, una incubatrice stellare tra le più attive nell’universo, rintracciata dal telescopio ALMA (di stanza in Cile) ad una distanza di 12.8 miliardi di a.l. che si è dunque formata soltanto 970 milioni di anni dopo il Big Bang.
- GN-z11, la galassia più antica e più lontana dell'universo finora osservata, individuata a 13,3 miliardi di a.l. di distanza, formatasi soltanto 400 milioni di anni dopo il Big Bang.

Oltre all'età dell'universo esiste un altro limite - questo più vicino a noi nel tempo - che impedisce a tutta la radiazione elettromagnetica emessa in precedenza di raggiungere i nostri rilevatori, ed ha a che fare con le caratteristiche fisiche dell' "universo bambino".

Freidmann aveva immaginato il Big Bang "riavvolgendo il nastro del tempo": se invertiamo infatti la freccia del tempo, un'espansione si trasforma in una contrazione dello spazio; e se lo spazio si contrae - a parità di contenuto di materia ed energia - l'aumento della densità provoca un pari aumento della temperatura.
Un universo giovane, cioè, deve necessariamente essere un universo molto caldo.

Nel 1946 George Gamow, che fu suo allievo a Leningrado, derivò quali avrebbero dovuto essere le condizioni dell' "universo bambino": dal momento della sua nascita sino a quasi 400.000 anni dal Big Bang tutto lo spazio risultava completamente occupato da un plasma di idrogeno omogeneo, caldo, brillante ed opaco. 
Partendo da una temperatura iniziale superiore al milione di gradi, il costante incremento del suo volume (dovuto all'espansione) provocò una diminuzione della densità, e di conseguenza un progressivo raffreddamento. 
Tale processo continuò sino a quando, raggiunta l'età di circa 375.000 anni, l'Universo divenne improvvisamente "trasparente" ai fotoni.

Pertanto, guardando in direzione dello spazio profondo (e cioè verso un punto qualsiasi del nostro cielo), dovremmo scorgere una luce intensa, testimone di quest'era rovente.

Ma il cielo è nero ...

La ragione sta nel fatto che quei fotoni che per primi hanno attraversato l'Universo appena questo è diventato trasparente, nel corso del loro lungo viaggio verso i nostri strumenti sono stati "stirati" dall'espansione dello spazio: hanno perso energia e visto ridursi la propria lunghezza d'onda e temperatura.
Tali antichissimi fotoni oggi sono ancora rilevabili quali microonde con una temperatura pari a 3 gradi sopra lo zero kelvin.
Provengono da ogni direzione, ed al loro insieme è stato assegnato il nome di "radiazione cosmica di fondo" o "fondo cosmico di radiazione" (7).

Furono rilevati nel 1964 per la prima volta, in modo casuale, da Penzias e Willson che avevano costruito un radiotelescopio "artigianale".

Contro questo muro invalicabile si fermano i tentativi di osservazione diretta del nostro passato condotti tramite l'analisi delle onde elettromagnetiche, e dunque la possibilità di avere conferma diretta dei modelli sviluppati relativamente alla nascita del nostro universo (8).

Tuttavia, qualche informazione sul suo stato precedente è comunque possibile ricavarla osservando le tracce che esso ha lasciato sulla radiazione di fondo: piccolissime differenze di temperatura testimoniano come l'universo primordiale non fosse per nulla omogeneo.

Un'esplosione, quale si immagina sia stato il Big Bang, avrebbe infatti dovuto dar luogo ad una sfera di plasma omogenea che, raffreddandosi in seguito all'espansione, avrebbe dovuto mantener intatta tale caratteristica.
Un simile modello non è assolutamente in grado di spiegare il diverso grado di aggregazione della materia che oggi vediamo intorno a noi: vuoto, nubi di idrogeno, pulviscolo, corpi celesti.
La gravità - che sicuramente ha contribuito alla formazione di galassie, stelle e pianeti - da sola non può aver creato fluttuazioni dal nulla le cui amplificazioni avrebbero dato luogo alle strutture oggi osservate: se all'inizio l'universo fosse stato perfettamente omogeneo, lo sarebbe rimasto anche dopo essersi espanso.
Piccole fluttuazioni dovevano esser presenti sin dai primi momenti della sua vita, fin da quando tutta la materia e l'energia erano concentrate in un volume ridottissimo.

La meccanica quantistica ci insegna che, un momento prima di arrivare alla singolarità del Big Bang, il relativo modello cessa di esser valido, ed è necessario trovarvi un'alternativa.

Nel suo primo minuto di vita l'universo raggiunse una temperatura pari a quella riscontrabile nel nucleo del nostro Sole, e di conseguenza si comportò come un reattore nucleare fondendo tra di loro gli atomi di idrogeno (unica forma di aggregazione della materia al tempo esistente) e producendo elio e pochissimi altri tipi di atomi (9).
L'immediata espansione dello spazio (nei primi momenti della sua esistenza l'universo raddoppiava le proprie dimensioni in meno di un secondo) ne provocò il raffreddamento e dunque il repentino spegnimento del "reattore nucleare cosmico", così da evitare che tutti gli atomi di idrogeno si trasformassero in elio (10).

Nei primissimi istanti, pressione e temperatura erano così elevate che neppure gli atomi avevano la possibilità di formarsi: tutto quanto esisteva in forma di quark ed elettroni ("l'universo era un brodo di quark" è la definizione cui si ricorre per darne una descrizione sintetica).
Già in tale "brodo" - ben prima che l'espansione consentisse l'aggregazione in protoni e neutroni - dovevano esistere fluttuazioni la cui permanenza avrebbe in seguito disegnato una ragnatela lungo la quale si sarebbero formate, nel corso della storia dell'universo, le prime stelle e galassie.

Il satellite COBE, lanciato alla fine degli anni '80 per mappare il fondo a microonde, dimostrò inequivocabilmente come il livello di aggregazione riscontrabile appena i fotoni furono liberi di viaggiare nello spazio risultasse pari ad un misero 0.002%.
Un valore del tutto insufficiente per consentire alla gravità di assemblare - in poco meno di 13 miliardi e mezzo di anni - le attuali immense strutture dell'universo, così come lo vediamo oggi.
Fu la conferma indiretta all'esistenza della cosiddetta "materia oscura" (ipotizzata da Fritz Zwicky nel 1934 e dagli studi di Vera Rubin in seguito), un'ipotetica sostanza in grado di produrre attrazione supplementare senza interagire con la materia ordinaria (11).

Verso la fine del 900 l'analisi delle supernovae di tipo "Ia" (di cui ho già parlato in nota 5) fornì non solo dati utili a misurare le distanze che separano le galassie, ma pure a rilevare le loro velocità di allontanamento in tempi diversi nella storia dell'universo.
Del tutto inaspettatamente si scoprì che l'espansione del cosmo, dopo aver decelerato nei primi 7 miliardi di anni in accordo con i modelli teorici del Big Bang, riprese bruscamente vigore, accelerando progressivamente fino ad oggi.

Fenomeno che per poter esser spiegato richiede di ipotizzare l'esistenza di un qualcosa con le seguenti caratteristiche:
- in grado di provocare un effetto repulsivo che si opponga all'attrazione della gravità (in sua assenza, quest'ultima provocherebbe un progressivo rallentamento dell'espansione);
- una sua distribuzione uniforme nello spazio (il tasso di espansione varia in relazione al tempo, non alle coordinate spaziali);
- privo di effetti sull'aggregazione della materia (altrimenti negli ultimi 7 miliardi di anni non si sarebbero potute formare nuove stelle o galassie).
Questo "qualcosa" è stato battezzato con il termine (poco elegante) di "energia oscura".

La realizzazione di una mappa accurata della distribuzione delle variazioni di temperatura del fondo a microonde permise la creazione di un grafico denominato "spettro di potenza" ad esso relativo: la forma della curva descritta dai dati rilevati sperimentalmente fornisce parecchie informazioni.  Tra queste, indicazioni sulla geometria dello spazio tempo che risulta piatto.
Tale strumento fu integrato con la realizzazione di una mappa 3D ad alta definizione relativa alla distribuzione delle galassie nell'universo, ricavata con un lunghissimo lavoro di osservazioni astronomiche durato 10 anni (12).

Si scoprì così che una differenza di densità del gas nell'universo primordiale pari allo 0,001% fu in grado di consentire la formazione di un ammasso di galassie (grazie soprattutto alla gravità, che ne intensificò l'azione).
Dunque le fluttuazioni del fondo cosmico a microonde rappresentano un DNA cosmico, lo schema che ha guidato l'evoluzione dell'universo verso l'aspetto attuale.
L'integrazione dello "spettro di potenza" con la "mappa 3D della distribuzione delle galassie" consente di determinare la natura della sostanza che con il suo effetto gravitazionale ha trasformato le aggregazioni dell'universo bambino nelle strutture odierne.

Naturalmente, le informazioni disponibili relative al fondo a microonde riguardano soltanto quelle aree della primordiale sfera di plasma la cui luce ci ha raggiunti: una parte davvero minuscola dell'originale!


La teoria del Big Bang, pur affinata nel tempo, si scontra con tre situazioni per le quali non è in grado di fornire una spiegazione soddisfacente:

- il cosiddetto "problema del bang": cosa lo ha determinato? Da dove proveniva il gas caldo che si stava espandendo? Perché era uniforme, pur presentando fluttuazioni nella sua densità pari allo 0.002%?
Le equazioni di Freidmann prevedono esserci stato un momento in cui l'universo raddoppiava le dimensioni ogni secondo: tuttavia se ci spostiamo 1/3 di secondo prima di tale momento, la misura della densità raggiunge un valore infinito ed ogni cosa risulta allontanarsi reciprocamente a velocità infinita.

- il "problema dell'orizzonte": l'uniformità del fondo a microonde è una caratteristica osservata anche in regioni lontanissime tra di loro, regioni che non potrebbero mai essersi scambiate informazioni perché la luce, dal momento della nascita dell'universo ad oggi, non ha fatto in tempo a raggiungerle.  Sembra invece che esse abbiano avuto la possibilità in passato di essere a contatto così da "mescolare" il proprio contenuto ed uniformare la temperatura.

- il "problema della piattezza": le misure più recenti confermano la geometria "piatta" (euclidea) dell'universo. Secondo il modello di Friedmann una simile condizione è instabile, e dovrebbe in breve tempo mutare in una geometria non euclidea condannando l'universo ad un "big chill" (espansione eterna con riduzione della temperatura a 0 K) o ad un "big crunch" (una contrazione che lo riporti alla condizione iniziale con temperatura e densità infinita).


L' "inflazione cosmologica"

Un tentativo di porvi rimedio lo si deve ad Alan Guth ed al modello dell'inflazione cosmologica che sviluppò alla fine degli anni 70.

Secondo tale teoria in origine è esistito un "grumo minuscolo ed uniforme" di una sostanza difficilissima da diluire, tale che, raddoppiando il suo volume, la densità rimane la stessa.

La relatività generale non vieta l'esistenza di una sostanza simile: qualora essa esista, prevede anzi possa produrre un'esplosione che Guth definì "inflazione" (da inflation, "gonfiaggio").
In un tale contesto, il Big Bang consisterebbe pertanto nel raddoppiamento del volume di questa sostanza per unità di tempo, cioè in una crescita esponenziale.
Raddoppiando le dimensioni, raddoppia la velocità di espansione: quindi si assiste ad una espansione accelerata (13).

Tale modello potrebbe risolvere i problemi lasciati aperti dalla teoria del big bang:

- "il bang" sarebbe stato provocato dal processo di raddoppiamento ripetuto 260 volte, dopodiché la sostanza che l'ha provocato è decaduta (come succede per i materiali radioattivi) e si è trasformata in materia ordinaria; in tale stato essa è ancora in grado di espandere il volume originario, ma molto più lentamente ed in costante rallentamento per effetto della gravità;

- le regioni che oggi osserviamo alle estremità opposte dell'orizzonte erano originariamente in contatto tra di loro: poi l'inflazione le ha bruscamente separate e soltanto oggi, grazie ai fotoni del fondo a microonde, stanno per rientrare in contatto.

- la caratteristica "piattezza" che osserviamo nella nostra zona di universo è solo apparente, e dovuta al fatto che tale area ha dimensioni enormi: se infatti gonfiamo una palla, una piccola sezione della sua superficie sembrerà piatta.

Vediamo le caratteristiche che dovrebbe presentare questa fantomatica sostanza:

- Densità costante: al raddoppio del volume "del contenitore" (lo spazio) si assiste ad un raddoppio del suo peso.
Viene forse creata una massa dal nulla, in contraddizione con le leggi della fisica finora conosciute?
Non necessariamente.
Guth ci invita ad Immaginare un elastico teso: la sua massa totale risulterà maggiore di quella a riposo poiché nell'operazione di stirarlo abbiamo necessariamente aggiunto energia, la quale viene convertita in massa secondo l'equazione E = mc^2.
Cioè l'elastico è soggetto a "pressione negativa".
Similmente, la sostanza soggetta ad inflazione dovrebbe possedere un'enorme pressione negativa, così grande che l'energia richiesta per raddoppiarne il volume sia pari a quella necessaria per raddoppiarne la massa.

- Possiede la capacità di innescare un'espansione accelerata.
La gravità è prodotta non solo dalla massa, ma anche dalla pressione: dato che la massa non può assumere valori negativi, il suo effetto gravitazionale deve per forza esser attrattivo, così come una "pressione positiva".
Una pressione negativa produce invece gravità repulsiva, ed una sostanza soggetta ad inflazione dovrebbe possedere una pressione negativa enorme.
Guth calcola che la forza gravitazionale repulsiva (generata dalla pressione negativa) debba risultare pari a 3 volte la forza gravitazionale attrattiva (generata dalla sua massa), perciò la gravità di una sostanza sottoposta ad inflazione la fa esplodere.

Parlare in proposito di "un pasto gratis" non è corretto: l'energia totale, in un universo in evoluzione come il nostro, è quasi nulla.
L'inflazione è provocata da una sostanza in grado di generare una forza anti-gravitazionale che ne provoca l'esplosione; l'energia spesa per quest'ultima crea una massa sufficiente a garantire (alla sostanza stessa) una densità costante, il tutto avviene in un processo che si autoalimenta.
Dunque il conto energetico dell'inflazione risulta "pagato" dalla gravità, che facendo esplodere la materia le ha iniettato energia.

Dal momento che l'energia totale rimane costante e la massa deve rispettare l'equazione di Einstein E=mc^2, ciò significa che la gravità si è trovata a disposizione una quantità equivalente di energia negativa.
Il campo gravitazionale (responsabile della forza di gravità) possiede un'energia negativa che aumenta ogni qual volta la gravità faccia accelerare qualcosa.
Tutto ciò dimostra come la creazione della materia che ci circonda ad opera dell'inflazione, a partire da "quasi nulla", non violi il principio di conservazione dell'energia: l'energia necessaria è infatti presa in prestito dal campo gravitazionale.

L'inflazione prevede che l'universo sia piatto, e questo succede solo se la densità cosmica ha un valore critico preciso, che è stato indicato con la lettera "Ω".

E' opportuno a questo punto notare come la sfuggente "energia oscura" risulti possedere la stessa caratteristica di non diluibilità della sostanza che avrebbe dato luogo all'inflazione.
L'era inflazionaria è finita 13.8 miliardi di anni fa, dopo di che si è assistito per 7 miliardi di anni ad un rallentamento dell'espansione delle dimensioni dell'universo; poi l'espansione è ripresa ed è in accelerazione.
Ci troviamo quindi oggi in una nuova era inflazionaria determinata questa volta dall'energia oscura, certo molto diversa rispetto alla prima: invece di un raddoppio al secondo, assistiamo ad un raddoppio ogni 8 miliardi di anni.

La teoria dell'inflazione permette poi di connettere "il piccolo con il grande".
Il principio di Heisenberg impedisce a qualsiasi sostanza, compresa quella soggetta all'inflazione, di esser perfettamente uniforme: le "fluttuazioni-seme" - prodotte dalla meccanica quantistica a livello subatomico - si sono ingigantite durante l'inflazione quando l'universo ha raggiunto le dimensioni di un'arancia, e sono rimaste anche nelle fasi seguenti, quando l'espansione ha raggiunto il livello delle galassie ed oltre.
L'instabilità gravitazionale ha fatto il resto, amplificandole dalla dimensione originale (lo 0,002%).

I modelli inflazionistici prevedono i valori assunti da 3 parametri:
- "Ω" =1
- Q = ampiezza delle aggregazioni-seme (proporzionale alla velocità di raddoppio delle dimensioni)
- n = indice spettrale delle aggregazioni-seme (cioè l'invarianza di scala, l'universo come un frattale). Sono le condizioni fisiche locali, che generano le fluttuazioni quantistiche, a cambiare pochissimo nel tempo poiché la densità ed altre caratteristiche della sostanza che si espande non variano in maniera apprezzabile nel tempo.  Pertanto "n" risulta la misura dell'invarianza di scala dell'universo.

Nei modelli inflazionistici, l'inflazione è destinata a finire (almeno localmente, come vedremo tra poco): la sostanza che si espande, ad un certo punto deve iniziare a diluirsi, sennò l'inflazione proseguirebbe per sempre e noi non esisteremmo.
Una diminuzione della densità provocherebbe poi una diminuzione dell'ampiezza delle nuove fluttuazioni, in  accordo con i valori che osserviamo oggi.

Quindi secondo il modello dell'inflazione il nostro universo si presenta:
- approssimativamente omogeneo;
- isotropo e piatto;
- dotato di minuscole fluttuazioni nelle immagini del cosmo neonato, approssimativamente invarianti di scala, adiabatiche e gaussiane.

Una conferma della correttezza della teoria dell'inflazione potrebbe esser fornita dal rilevamento di onde gravitazionali lunghissime (14): sarebbe la dimostrazione del fatto sia esistito un momento nel quale l'universo aveva dimensioni più piccole di un atomo.

Pertanto, tornando al titolo di questo post, l'inflazione PRECEDE il big bang e ne è la causa: dunque il big bang non ha segnato l'inizio del tempo (il quale non sappiamo se abbia avuto veramente un inizio o meno).

Le prime fasi dell'inflazione, poi, non furono particolarmente né calde né esplosive: mentre il microframmento raddoppiava il proprio diametro 80 volte, la velocità con cui ogni sua parte si allontanava dalle altre aumentò di un fattore pari a 2^80, ed il volume aumentò dello stesso valore (2^80)^3, così come la massa, mentre la densità in tutto ciò rimase costante.
La temperatura delle particelle rimaste dall'epoca precedente all'inflazione crollò a zero, e l'unico calore rimanente derivò dalle fluttuazioni all'origine delle onde gravitazionali.

Quindi ecco la descrizione che ci riporta Max Tegmark relativa alle prime fasi inflazione:

- non un Big Bang "caldo" (come dalla teoria originale del Big Bang) ma "little swoosh" (gelido);
- la massa di un'arancia concentrata in un punto di dimensioni inferiori ad un miliardesimo di un protone.
- neppure così esplosivo come si potrebbe pensare.

Al termine dell'inflazione il calore aumentò di 1000 volte, e la velocità di espansione aumentò di un trilione di trilioni (2^18^18).


L'inflazione eterna?

L'inflazione è una teoria della "cosmologia dell'universo primordiale" in grado di produrre conseguenze decisamente inaspettate: ad esempio, secondo Alex Vilenkin, una volta in atto essa rifiuterebbe di arrestarsi e continuerebbe a produrre nuovo spazio.
Cosa di cui possiamo esser sicuri è il fatto che l'inflazione sia terminata almeno da qualche parte nell'universo, e precisamente dove ci troviamo noi: circa 13,8 miliardi di anni fa il suo processo si è concluso nella nostra regione di spazio permettendo così la formazione dell'universo così come lo vediamo.
Deve dunque esistere un qualche processo fisico (ancora a noi ignoto) che sia in grado di far decadere la sostanza soggetta ad inflazione trasformandola in materia ordinaria, cosicché, durante la successiva fase espansiva - molto meno irruente della precedente - essa abbia avuto modo di aggregarsi in atomi, gas, polveri, galassie, stelle e pianeti (e parecchi miliardi di anni dopo - grazie all'evoluzione - in materia vivente autocosciente che si interroga sulla propria origine).

Potremmo dunque chiederci quale potrebbe essere il valore dell'emivita di tale sostanza, cioè il tempo medio necessario affinché una sua metà faccia in tempo a decadere in materia ordinaria.
Per rispondere ad un tale quesito dobbiamo prendere in considerazione le misure di due effetti contrari:
- il raddoppio causato dall'inflazione, che chiameremo "tempo di raddoppio" (Trd);
- il dimezzamento causato dal decadimento, che chiameremo "tempo di decadimento" (Tdc).
Perché possa verificarsi l'inflazione è necessario che Trd > Tdc, e cioè che il tempo del raddoppio del volume dello spazio sia inferiore alla vita media della sostanza stessa (altrimenti il processo terminerebbe subito).

Una delle ipotesi prese in considerazione prevede che l'inflazione faccia sì che, per ogni ciclo, lo spazio triplichi le proprie dimensioni in contemporanea al decadimento di un terzo della sostanza soggetta all'inflazione.
Ne consegue che:
- il volume totale dello spazio - che continua la sua espansione per effetto dell'inflazione - raddoppia indefinitivamente,
- il decadimento dello spazio in inflazione crea di continuo nuove regioni non più soggette alla stessa, duplicando così continuamente il volume di spazio dove essa è terminata (via libera all'aggregazione della materia).




Andrea Linde inventò il termine "inflazione eterna" per descrivere una tale situazione, e scoprì che in tutti i modelli di inflazione essa  prosegue indefinitivamente attraverso un meccanismo che la mette in correlazione alle fluttuazioni quantistiche responsabili delle fluttuazioni-seme cosmologiche.
"Perché ci sia inflazione" - afferma Linde - "è necessario che la sostanza coinvolta si espanda più rapidamente di quanto decada, dunque la materia soggetta ad inflazione aumenta senza limiti".

In tal caso il Big Bang rappresenterebbe la fine di un processo, non l'inizio: la fine dell'inflazione nella nostra parte di spazio.
"... e non sarebbe che un'infima parte di una struttura ramificata che sta ancora crescendo...".

Rimane da capire coma si possa creare uno spazio infinito in un volume finito.

Finora abbiamo parlato di un unico spazio connesso:
- alcune sue parti si stanno espandendo molto velocemente perché contengono materia inflazionaria,
- altre più lentamente perché al loro interno l'inflazione si è conclusa,
- altre ancora infine, come la regione di spazio della nostra galassia, non si espandono più.

Le conclusioni che ne possiamo trarre sono le seguenti:
- in quasi tutto lo spazio l'inflazione si concluderà con un Big Bang;
- ci saranno tuttavia aree dello spazio dove l'inflazione non finirà mai;
- il volume totale soggetto ad inflazionario aumenta indefinitivamente raddoppiando ad intervalli regolari;
- il volume post inflazionario (quello che contiene materia aggregata) aumenta indefinitivamente raddoppiando ad intervalli regolari.

" ...L'inflazione può creare un volume infinito in uno spazio finito: può infatti partire da qualcosa più piccolo di un atomo e creare al suo interno uno spazio infinito, contenente un'infinità di galassie, senza alcun impatto sullo spazio esterno... ".

"... L'inflazione infatti, continuando indefinitivamente, produce un numero infinito di galassie; secondo la relatività generale un osservatore appartenente ad una di queste galassie vedrà spazio e tempo in modo diverso, attribuendo allo spazio una natura infinita già dalla fine dell'era inflazionaria...".




Note:

(1) a sinistra l'equazione originaria, a destra la stessa con l'aggiunta di "lamda", la costante cosmologica, modifica operata da Einstein stesso.

(2) Freidmann nello stesso articolo indicò l'età dell'universo in 10 miliardi di anni ed il numero totale di stelle in 5 miliardi di trilioni, valori non distanti dalle stime attuali. 
Non lasciò tuttavia indicazioni su come fosse arrivato a tali conclusioni.

(3) Tale evidenza è ancor oggi incontrovertibile qualora ci si limiti ad indagare i corpi celesti che appartengono alla sola Via Lattea.
Il nostro Sole, come le altre stelle che la compongono, segue un percorso circolare più o meno regolare intorno al centro di gravità della galassia, compiendo una rotazione completa ogni 200 milioni di anni circa.
Nonostante un tale "turbinio", non si rilevano mutamenti significativi nelle distanze reciproche tra le singole stelle.
Il corpo galattico è infatti tenuto saldamente insieme dalla forza di gravità (cui contribuisce in maniera determinante, come vedremo più avanti, la presenza della "materia oscura" che lo permea) cui le singole stelle non possono sottrarsi.

Il modello "espansivo" di Freidmann si basava su un postulato relativo all'omogeneità nella distribuzione della materia nell'Universo, condizione che naturalmente non si riscontra a livello di una singola galassia: siamo oggi consapevoli del fatto che lo spazio risulti espandersi solo su scale dell'ordine di 100 milioni di AL, alle quali esso risulta infatti omogeneo.

(4) Se  v = H d  allora  d/v = 1/H
Dalle misure più recenti della costante di Hubble si ricava  1/H = 13.8 miliardi di anni.

La "metafora del palloncino".
Errore nel quale i divulgatori scientifici incorrono di frequente è il paragonare l'espansione dell'universo ad un palloncino sul quale sono stati disegnati dei punti con una biro a rappresentare le singole galassie.
Gonfiandolo, tutti quei punti si allontanano reciprocamente e questo spiegherebbe - riferendo la superficie ad uno spazio 3D - come si comportino le galassie durante una fase espansiva.
Il fatto è che anche i punti disegnati si ingigantiscono per effetto dell'aumento della superficie: una cosa che non capita nell'universo reale dove la dimensione delle galassie rimane abbastanza costante, mentre ciò che si espande è lo spazio tra di esse, così che risultano allontanarsi le une dalle altre.

Meglio dunque usare la "metafora del panettone".
Le uvette vengono posizionate molto vicine nell'impasto originale, tuttavia quando il panettone è pronto per esser consumato la loro distanza reciproca è aumentata a causa del processo di lievitazione: ma la dimensione delle uvette-galassie non è mutata.

(5)
Per misurare la distanza delle galassie dalla nostra si usa cercare al loro interno la presenza di supernovae di tipo "Ia".
Tali supernovae si "accendono" quando una stella "nana bianca" - categoria molto comune cui appartiene anche nostro Sole - raggiunge una massa il cui valore sia pari a circa 1.44 masse solari (in genere ciò avviene in sistemi binari in cui la nana bianca strappa gas ad una compagna moribonda cui orbita attorno).
Essendo tali esplosioni luminosissime, ed avendo le stelle che le provocano all'incirca tutte la stessa massa, non è complicato calcolarne la distanza anche quando si trovano a miliardi di anni luce da noi (e da qui ricavare la distanza della galassia che le ospita).

(6) Ecco dunque la ragione per la quale talora si leggono articoli intitolati "scoperta una galassia distante 30 miliardi di AL in allontanamento rispetto a noi con una velocità superiore a quella della luce".
Una tale galassia è stata osservata ad una distanza inferiore ai 13.8 miliardi di anni luce (quella alla quale si trovava nell'epoca in cui i suoi fotoni hanno iniziato il viaggio verso di noi): l'equazione di Hubble ed i dati ricavati dal suo spettro ci consentono di sapere dove OGGI si trovi e quale sia OGGI la sua velocità.
I fotoni che con il trascorrere del tempo l'hanno lasciata viaggiando in nostra direzione, a partire da quando il valore della sua distanza in anni luce ha eguagliato l'età dell'universo non ci potranno mai più raggiungere in quanto da quel momento in poi essa ha superato la velocità della luce allontanandosi da noi.

(7) Chiunque si sia trovato in possesso di una TV dotata di tubo catodico (come quelle in uso sino alla fine degli anni 70) hanno avuto occasione di ascoltare il rumore della "radiazione di fondo": quello che l'apparecchio emanava all'accensione qualora non sintonizzato sulla frequenza di un canale specifico.

(8) Si conta molto sull'astronomia "multimessaggero" per aggirare il problema della sfera di plasma che ha intrappolato i fotoni emessi prima dei 375.000 anni dalla nascita dell'universo: messaggeri di informazioni relative alla condizione dell'universo precedenti il limite indicato possono tuttavia essere entità diverse dalla radiazione elettromagnetica.
Oggetto di studio sono oggi le onde gravitazionali ed i neutrini.

(9) Fenomeno indicato come " nucleosintesi del Big Bang".

(10) Solo il 25% della massa dell'universo fu convertito in elio (tracce di deuterio e litio).

(11) La materia oscura - si pensa - permea le galassie ed impedisce alle stelle di disperdersi nello spazio, attraversando di continuo la materia ordinaria senza altra interazione che la gravità. Si ritiene costituisca il 27% di ciò che compone il nostro universo

(12) Il progetto Sloan Digital Sky Survey utilizza metodi automatizzati per ricavare la distanza delle galassie di principale interesse usando la legge di Hubble ( d = v / H) e ricavando "v" dall'analisi del red shift ottenuto dal loro spettro.
Fece sensazione la scoperta di ciò che fu battezzato "Sloan Great Wall", aggregazione su grandissima scala lunga ben 1,4 miliardi di anni luce.

(13) Ipotesi di Guth è che si sia verificato un raddoppio ogni 10^-38 secondi per 260 volte; l'intero processo inflattivo sarebbe durato 10^-35 secondi.

(14) Le onde rilevate in occasione della fusione di due buchi neri presentano una lunghezza non superiore alla somma di quelle emesse da ciascuno di essi in precedenza.

Nessun commento:

Posta un commento

Elenco posts

 Elenco dei miei posts scritti nel periodo dal 28/3/18 all'11/04/24:                                                    ( su FB ) - vide...