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martedì 16 luglio 2019

Sono le religioni monoteiste causa di profonde sofferenze patite per aver forzato l'identità di genere e legittimato lo sfruttamento degli animali?


Due post condivisi di recente da un'amica offrono l'occasione di riflettere su due diversi aspetti della società contemporanea - oggetto di accesi dibattiti - soltanto apparentemente slegati l'uno dall'altro.

Il primo è relativo a studi storico-antropologici sugli usi in essere presso le comunità nativo-americane prima della loro assimilazione forzata in società di stampo occidentale, le quali, pur autodefinendosi laiche, traggono radici ideologiche dalla religione cristiana cui caratteristica è l'accettazione acritica di dogmi e l'impermeabilità a contaminazioni esterne.
L'argomento trattato è l' "identità di genere", nei cui confronti le nazioni indiane nordamericane avevano una visione meno rigida rispetto agli standard europei dell'epoca, e costituisce un richiamo alle problematiche legate al riconoscimento dei diritti delle comunità LGBTQ (https://it.wikipedia.org/wiki/LGBT) all'interno delle nostre società.

Il secondo post è costituito da una vignetta umoristica, brillante sintesi visiva delle contraddizioni relative alla disparità di trattamento riservata negli ultimi decenni alle diverse specie animali domesticate: da una parte assistiamo ad un progressivo riconoscimento di diritti per i "pet" (animali da compagnia), dall'altra ad un drastico peggioramento delle condizioni di vita degli animali negli allevamenti intensivi.


1^ post:  "Prima che i cristiani europei forzassero l'identità di genere, i nativi americani riconoscevano 5 diversi generi".
Il sito   https://educateinspirechange.org   (*) [vedi la nota fondo pagina] nella sezione "alternative news" presenta un breve testo intitolato: "before european christians forced gender roles, native americans acknowledged 5 genders".

La tesi sostenuta dall'autore è la seguente: tra i nativi americani erano riconosciuti fino a 5 generi diversi (maschio, femmina, due spiriti femmina, due spiriti maschio e transgender); la successiva conquista e dominazione culturale ad opera degli europei - i cui valori si rifacevano alla rigida etica cristiana - hanno costretto i membri della nazione indiana a "riclassificarsi" in due soli generi, di fatto cancellandone gli altri 3 non "canonici".




L'originale dell'articolo è consultabile al seguente link:
https://educateinspirechange.org/alternative-news/european-christians-forced-gender-roles-native-americans-acknowledged-5-genders/
L'ipotesi sottostante tale tesi è che si debba ascrivere ai valori del cristianesimo una riduzione della "tolleranza" da parte delle società umane nei confronti della libertà dei singoli, una costrizione in caselle predefinite "ruolo-sesso" coincidenti con il sesso biologico.

Iniziamo con l'esaminare il significato di "gender role" per la scienza contemporanea.

L'identità di genere (detta anche "ruolo di genere") è l'insieme dei comportamenti, delle azioni nelle relazioni con gli altri, e delle attitudini che in un dato contesto storico-culturale sono riconosciuti come propri dei maschi o delle femmine.

Lo psicologo H. Rudolph Schaffer nel suo saggio "Lo sviluppo sociale" (1996) ritiene essa venga costruita concettualmente a partire dai due anni di età, e sia suscettibile di trasformazioni nel tempo:
".. il ruolo di genere esprime adattamento sociale alle norme condivise su attributi e condizioni fisiche (apparenza), gesti (manierismi), adornamenti, tratti di personalità, igiene personale, discorso e vocabolario, interazioni sociali, interessi, abitudini, definiti tipicizzati o inappropriati per genere..."

Wikipedia definisce il gender-role come "...una  serie di norme comportamentali associate ai maschi ed alle femmine in un dato gruppo o sistema sociale. Il genere è una componente del sistema dei sessi, riferito alla serie di coordinazioni tramite le quali una società trasforma la sessualità biologica in prodotti dell'attività umana ed in cui queste esigenze trasformate vengono soddisfatte..."

Non ho trovato fonti che attestino il riconoscimento dei 5 diversi generi esser tratto comune a tutte le tribù nativo americane, tuttavia tale presunzione pare plausibile alla luce di quanto segue.

"Siamo liberi di tentare di realizzare i nostri desideri ma non di decidere cosa desiderare" afferma Y. N. Harari nel suo libro "21 lezioni per il XXI secolo" (2018).     Siamo cioè schiavi di algoritmi biochimici - ancora da decifrare - che guidano il nostro comportamento ed indirizzano le nostre preferenze; e contemporaneamente ci ingannano facendoci credere di essere completamente padroni delle nostre azioni.

Con questo presupposto viene giustificata la presenza nelle nostre società di "anomalie" rispetto a comportamenti definiti "standard".
Non sta a noi infatti scegliere la nostra identità di genere (che magari non coincide con il sesso biologico): quest'ultima è il risultato di un processo deterministico biochimico sul quale - allo stato attuale delle neuroscienze - non abbiamo alcun controllo.

Con buona pace di tutti quei "centri", nati negli anni '70 promossi e finanziati dalle chiese protestanti americane, dediti al "recupero" di coloro che sono affetti da "disturbi della sessualità", dei quali il brand "Love In Action" (LIA, fondato dal rev. Keith Bradley) è forse il più famoso.
"Boy erased - vite cancellate", proiettato di recente nelle sale cinematografiche italiane, racconta la storia di Garrard Conley: il film è tratto dalla sua autobiografia pubblicata nel 2016.
Figlio di un pastore battista (Southern Baptist preacher), intimamente convinto a causa dell'ambiente in cui vive che le sue pulsioni omosessuali siano "un difetto" da correggere, si sottopone volontariamente - a partire dal 2004 - a sedute di vera e propria tortura fisica e psicologica, eufemisticamente definite "un percorso di cura", attuate all'interno di un "centro di recupero" appartenente alla rete "Love In Action".
Non sorprende il fatto che negli anni parecchi individui che avevano scelto di seguire tale "percorso", sicuri dell'efficacia della "terapia LIA", abbiano cercato una via d'uscita nel suicidio.

Se il dualismo maschio/femmina rappresenta una riduzione forzata delle diverse identità di genere, perchè allora è un tratto comune a quasi tutte le società contemporanee? Lo si ritrova anche in contesti che mai hanno avuto a che fare con la religione cristiana.
Nei paesi islamici, in Russia, in estremo oriente, le comunità LGBTQ subiscono discriminazioni talvolta più pesanti rispetto a quelle patite nei paesi occidentali.
Quando esattamente l'identità di genere si è trasformata da qualcosa di relativo alla sfera privata dell'individuo ad un fatto di interesse pubblico, divenendo così rilevante da attirare l'attenzione di religioni e Stati che hanno codificato precetti e leggi sull'argomento?

Le società di cacciatori / raccoglitori non avevano bisogno di inquadrare i propri membri in una classe, ruolo o genere che fosse: l'individuo era considerato solo per il tipo di apporto che poteva fornire al suo gruppo (in genere costituito da al massimo un centinaio di elementi).
Non era difficile trovarvi donne che svolgessero attività oggi considerate proprie degli uomini o viceversa: situazioni simili sono state osservate dagli antropologi che studiano quelle tribù che ancora vivono in condizioni primitive.
Non stupisce dunque che le nazioni indiane - inquadrabili in tali contesti - non dessero poi molta importanza all'identità di genere.

Interessante, soprattutto per l'argomento successivo, è la considerazione di Harari relativa alle religioni animiste, sorte spontaneamente nella prima fase della storia umana: uomini, animali e vegetali sono messi su un piano paritetico, un medesimo status, senza conflitti e prevaricazioni.

La necessità di organizzarsi in tribù molto più numerose sorta circa 10.000 anni fa in seguito alla rivoluzione agricola, ha invece determinato la genesi di "narrazioni condivise", cioè la creazione di "miti" che giustificassero l'esistenza di un ordine gerarchico, senza il quale i conflitti quotidiani avrebbero in breve smembrato i gruppi.

La religione (insieme al "denaro" ed al concetto di "impero") è stata uno dei 3 elementi unificatori dell'umanità: essa asserisce infatti che le leggi del gruppo non sono risultato di un capriccio umano (contestabile) ma hanno un'origine "super-umana" che le rende indiscutibili ed atte a garantire stabilità sociale. (cfr Harari "Sapiens" cap. 12)

Le prime religioni ad essersi sviluppate erano "localiste", cioè non interessate a diffondersi al di fuori della comunità: il ruolo da esse svolto consisteva nel dare coesione a piccoli gruppi.

Solo dal 1^ secolo AC iniziano a diffondersi religioni "universali e missionarie", cui scopo era la conversione "dell'umanità" nel suo complesso.
Un fine che può esser perseguito in maniera più efficace dalle religioni monoteiste, per le quali esiste un unico dio al di sopra di tutto e di tutti.

Con la nascita delle religioni monoteiste si rompe anche il rapporto paritetico con gli animali e le piante: "Dio ha messo l'Uomo al di sopra degli animali e delle piante" (vedi il libro della Genesi).

La loro diffusione ha permesso all'umanità di organizzarsi in società di grandissime dimensioni i cui membri spesso sono accomunati soltanto dallo stesso credo (dallo stesso "mito"): esempio è la diffusione dell'Islam, che a partire dalla penisola arabica spingendosi verso Ovest in pochi secoli ha raggiunto le coste dell'Africa occidentale, muovendosi ad Est la penisola indonesiana.
Per raggiungere l'obiettivo di aggregazione, tali religioni sono state costrette ad assegnare un posto fisso a ciascun individuo in una gerarchia semplificata, creata ad hoc.

"Maschio o femmina", ruoli diversi e posizione gerarchica subordinata per le donne.
Per la religione ebraica, ed in seguito per quella cristiana e musulmana da essa scaturite, l'omosessualità - che di fatto impedisce la procreazione (così come l'onanismo, parimenti condannato) - "è un abominio"  (cfr il libro del Levitico).

Possiamo solo immaginare il dolore che ha accompagnato per tutta la vita il neurologo Oliver Sacks (autore di "Risvegli", da cui è stato tratto l'omonimo film interpretato da De Niro e Robin William), quando diciottenne viene sorpreso dai genitori e rimproverato dalla madre con le parole: "sei un abominio".  
Lascerà Londra e la famiglia, si trasferirà in America e dedicherà la sua vita ai pazienti diventando in seguito un "omosessuale non praticante" (si autodefinì così in diverse situazioni).
Farà outing soltanto nel 2015 scrivendo un commovente libro/autobiografia intitolato "In movimento", quando malato cercherà un commiato liberatorio.

In conclusione di quanto finora scritto, per ottenere stabilità nelle sterminate società dell'era moderna l'individuo ha dovuto rinunciare alla propria libertà e conformarsi ad una delle classi create dalla narrazione religiosa.

Y. N. Harari è uno storico israeliano, gay e regolarmente sposato con un compagno: per affermarsi ha dovuto lottare contro una tradizione forte, quella del popolo israeliano, godendo tuttavia l'appoggio della propria famiglia di origine.
Ancor oggi si batte pubblicamente contro i pregiudizi di quella società che tende ad emarginare chi non le è conforme.

Termino aggiungendo di mio che le recenti conquiste del popolo LGBTQ sono solo un successo apparente.
La società moderna non ha fatto che "aumentare il numero delle caselle" in cui sistemare gli individui che la compongono.
Gli individui esclusi dalla eterosessualità ed i cui sentimenti/comportamenti non è possibile incasellare nelle classi LGBTQ rimangono discriminati e spesso sono perseguitati.
Il concetto stesso di "devianza" dimostra questa tesi: quanti comportamenti ancora oggi sono considerati tali?
Quanti tra questi ultimi costituiscono un reale pericolo per gli altri membri della società, cosicché sia necessaria una persecuzione / contenimento di chi li attua?

Soltanto poco più di mezzo secolo fa', nella "moderna" Inghilterra, l'omosessualità era considerata reato e punita con il carcere: nota è la vicenda di Alan Turing, creatore del primo computer, che condannato da una Corte e costretto a seguire cure ormonali (un genere di castrazione chimica) per evitare la prigionia entrò in depressione e si tolse la vita.

L'emarginazione e la sofferenza di una minoranza (coloro che non riescono ad adattare il proprio comportamento in una delle caselle precostituite) è il costo che paghiamo come Umanità per la sopravvivenza dei miti, e dunque per garantire stabilità a società che organizzano centinaia di milioni di esseri umani, caratterizzate da un basso livello di violenza che ne rende accettabile l'adesione.


...E gli animali?



La narrazione religiosa monoteista ci estrania dalla compassione nei confronti degli animali da allevamento e delle immani sofferenze che imponiamo loro.
Invece di sentirci parte di una stessa ecologia, su un piano più o meno paritetico (come succedeva con le religioni animiste), accettiamo senza spirito critico il dogma dell'uomo che comanda sugli animali e sulle cose, mettendo così tutto ciò che non è umanità in posizione subordinata ai nostri bisogni, privo di ogni diritto.

Dimentichiamo che anche gli animali sono dotati di una capacità di soffrire e di una forma di autocoscienza, seppur limitata.
Dean Buonomano nel saggio "Il tuo cervello è una macchina del tempo" ci aggiorna sullo stato dell'arte delle indagini nel campo delle neuroscienze: i risultati di sperimentazioni condotte di recente sugli animali, da una parte permettono di segnare un confine netto tra le nostre capacità intellettive e le loro, dall'altra ne dimostrano la prossimità (la contiguità).

La "pet-mania", recente tendenza diffusasi a livello globale nelle economie dei paesi sviluppati, è una efficiente strategia (escogitata dalle nostre coscienze) per esorcizzare una realtà altrimenti sgradevole, della quale tutti noi siamo a conoscenza: negli ultimi decenni la diffusione dell'allevamento intensivo ha provocato dolori immensi alle specie animali selezionate per la nostra alimentazione.

La psicologia evoluzionistica ci insegna che un bisogno formatosi allo stato naturale continua ad essere avvertito soggettivamente anche quando non è più indispensabile per la sopravvivenza e la riproduzione: questo vale per gli uomini come per gli animali.

La pratica dell'allevamento intensivo ha stravolto i ritmi di vita degli animali:
- mucche da latte costrette a simulare per tutta la vita gravidanze, soggette a mungiture ravvicinate che mettono a rischio la loro salute così che si rende necessario sottoporle a frequenti  trattamenti con antibiotici (attraverso il latte questi ultimi passano poi nell'alimentazione umana);
- vitelli privati del contatto con le proprie madri e del loro affetto, segregati in spazi esigui che ne limitano i movimenti al fine di massimizzare la crescita "della carne tenera"; alimentati forzatamente per 4 mesi e poi macellati.
- pollame che passa una brevissima vita immobilizzato in staie di pochi centimetri accatastate l'una sull'altra in enormi capannoni, spesso senza aver mai visto la luce del sole.

Non è certo lo scenario comune all'epoca dei nostri nonni (ed ancora attuale nelle società rurali): a quei tempi gli animali domestici erano considerati un valore, un investimento per il futuro.
Gli allevatori, spesso essi stessi contadini, rinunciavano al sonno, a comodità od a qualche piccolo lusso per il benessere "delle bestie". 
Le galline razzolavano libere nelle aie, bovini, equini ed ovini - tenuti al riparo nelle stalle nelle ore notturne o nei mesi più freddi - erano accompagnati in passeggiate all'aperto, spesso lasciati liberi di pascolare in recinti con ampie possibilità di movimento.

Nella società contadina chi trattava male il bestiame era vituperato (cosa che magari non capitava se la vittima delle violenze era il coniuge).
Anche allora il destino di molti animali era la macellazione, ma prima di questo momento vivevano in condizioni accettabili.
Bisogna anche riconoscere che i cani erano tenuti "alla catena": a quei tempi nessuno si preoccupava se avessero dei diritti o meno.

Il rigido inquadramento in classi precostituite con ruoli predefiniti è stata una strategia che ha permesso l'aggregazione e la sopravvivenza di società composte da centinaia di milioni di persone, abituate oggi a vivere in aree ad alta densità abitativa.
Tornare indietro è impossibile: mancherebbe lo spazio fisico ai piccoli gruppi che necessitano di un territorio esclusivo da cui trarre sostentamento.  Un insieme di territori così ampio oggi non è più disponibile (se non decimando la popolazione mondiale).

Per gli stessi motivi è utopistico pensare di ridare dignità agli animali da allevamento mettendo loro a disposizione un territorio che ne consenta le stesse condizioni di vita di un secolo fa' quando sulla terra eravamo molti di meno: il loro numero è un multiplo della popolazione umana (gli animali da allevamento erano circa 24 miliardi alla fine del 2012, dei quali i bovini 1 miliardo e 300 milioni).
Il numero degli esseri umani è raddoppiato nell'ultimo mezzo secolo e la popolazione mondiale continua a cresce a ritmo sostenuto: un allevamento diffuso di tipo tradizionale - che pur occupasse tutte le terre emerse non desertiche - non sarebbe comunque in grado di sostenere i bisogni alimentari di quasi 8 miliardi di persone.
Ci siamo tagliati un altro ponte alle spalle.

Davvero non c'è nulla da fare - a meno di trasformarci tutti in vegetariani e vegani - per migliorare la vita di questi "fratelli minori"?

Più volte nella storia l'umanità è sembrata "sull'orlo della catastrofe": senza scomodare la guerra fredda e l'olocausto nucleare, basti ricordare che il filosofo inglese Thomas Robert Malthus all'inizio dell'800 pronosticava a breve l'esaurimento delle terre coltivabili (l'Inghilterra è un'isola) a fronte di una frenetica crescita della popolazione, situazione che avrebbe provocato l'aumento dei prezzi del grano, fame, instabilità sociale, violenze e rivolte ed una conseguente riduzione della popolazione.  Cosa che sappiamo non si sia verificata.
Finora scienza e tecnologia ci sono venute in aiuto, permettendo di superare soglie che sembravano invalicabili.
Il progresso scientifico tuttavia non segue uno sviluppo lineare: non sappiamo né come né quando una serie di intuizioni (magari già oggi disponibili) saranno collegate l'una all'altra da una mente - umana o artificiale - che ne ricaverà informazione atta a fornire propulsione allo sviluppo di nuove tecnologie.

Nell'attesa di una soluzione "a grande scala" possiamo tuttavia impegnarci a trovare piccoli accorgimenti per limitare, per quanto possibile, le sofferenze degli animali destinati al macello.

Un esempio di tal guisa lo troviamo in un libro del 1995 - scritto dal già citato Oliver Sacks - intitolato "Un antropologo su Marte".
L'ultima parte (cfr il cap. 7, che tra l'altro da il titolo al libro) è il resoconto di un incontro-intervista dell’autore con Temple Grandin, una biologa "Aspi" che negli anni '80 dello scorso secolo ha rivoluzionato i macelli americani, riducendo la sofferenza bovina. (**)

Giovane studente specializzanda, a Temple venne assegnata come tesi di dottorato una ricerca per valutare l'effetto di un ambiente più o meno ricco di stimoli sullo sviluppo del cervello dei maiali.
Gli esperimenti condotti in facoltà evidenziavano che i capi allevati in un ambiente arricchito risultavano più socievoli.
Quelli invece che trascorrevano lunghi periodi in ambienti "poveri" diventavano ipereccitabili ed aggressivi, caratteristiche che li assimilano agli umani "aspy"  (si chiese persino se l'impoverimento dell'esperienza fosse un fattore concomitante con l'instaurarsi dell'autismo).
Resosi alla fine della ricerca necessario uccidere i maiali per comparare il loro cervello, Temple provò per loro empatia, un'emozione forte cui, in quanto affetta da autismo, non era assolutamente abituata.  
Decise pertanto di dedicarsi allo studio di come eliminare la "premonizione", cioè la comprensione di quanto stia per succedere, negli animali destinati al macello, causa per loro di stress e sofferenze.

Realizzò in seguito che i bovini vengono disturbati dallo stesso tipo di suoni che irritano gli autistici: suoni acuti, sibili, rumori forti e improvvisi (mentre i rumori bassi e rimbombanti non hanno effetti apparenti).  Se sfiorati si ritraggono: meglio dunque un contatto fermo e deciso.
La tesi di Temple è che, se eseguita in modo appropriato, la macellazione sia meno crudele della morte naturale.
Studiando la morte per dissanguamento delle pecore, scoprì che 8 secondi dopo taglio della gola si liberano endorfine e l'animale muore senza dolore; per lei la crudeltà verso gli animali consiste nell'infliggere terrore e stress all'animale prima del colpo letale.
Negli USA Temple è considerata un'importante attivista del movimento in tutela dei diritti degli animali, questo nonostante lei sia una progettista di impianti di macellazione e non sia nè vegana, nè vegetariana.

La sua invenzione più famosa è la "rampa curva": i bovini procedono in fila tra due barriere (che impediscono loro di esser distratti da stimoli esterni) e nello stesso tempo non vedono l'uccisione dell'animale che li precede, risparmiando così loro una sofferenza inutile connessa con la premonizione di cosa stia per accadere.
Un bellissimo TED da lei tenuto su questi argomenti è disponibile al seguente link:
https://www.youtube.com/watch?v=SKGlqK4zQdw&t=2s




Il passo successivo sarà quello di render possibile un'alimentazione umana non soltanto vegetariana , "sostenibile" per l'ambiente e che risparmi la vita degli animali.
Stiamo parlando della realizzazione di "bistecche" ottenute con la coltivazione in vitro di carne bovina, suina o avicola.
Sperimentazioni in questa direzione durano oramai da anni: il primo hamburger così realizzato e mangiato in diretta davanti alle telecamere risale al 2013 (dicono il sapore sia indistinguibile rispetto al filetto cui siamo abituati).
Tuttavia i costi di produzione sono ancora proibitivi: bisognerà aspettare l'avvento di qualche nuova tecnologia che permetta di abbatterli.
Informazioni su questo argomento li troviamo su wikipedia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Carne_coltivata


Sezione note:
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(*) circa l'attendibilità delle informazioni riportate sul sito richiamato dal primo post:

 https://educateinspirechange.org - cui CEO risulta essere Kasim Khan - si autodefinisce una "alternative media organization" creata nel 2012. 
Le tematiche affrontate sono legate all'ecologia, alla sostenibilità e ad aspetti che potremmo definire "new age". 
Da una breve consultazione, il website non sembra costituire cassa di risonanza di fake news: semmai il suo limite principale consiste nel fatto che - a fronte di affermazioni non convenzionali - mancano links che rimandino a fonti qualificate.
L'unico link presente nella pagina relativa all'argomento qui trattato rimanda ad un sito che il mio browser rifiuta di aprire con la motivazione "connessione non protetta" (risulta bloccato anche da kaspersky antivirus):
https://indiancountrytodaymedianetwork.com/2016/01/23/two-spirits-one-heart-five-genders .
Una voce più autorevole sui "gender roles" nelle società nativo-americane la si può trovare al seguente link (anche se non cita i 5 generi):
http://plainshumanities.unl.edu/encyclopedia/doc/egp.gen.026
A mia opinione sono plausibili le affermazioni sul "riconoscimento dei 5 generi" in quanto la citata storia di "Osh Tisch" insieme all'uso di indicare alcuni componenti della società indiana con il termine "two spirits" trova riscontro alle seguenti voci di wikipedia:
https://en.wikipedia.org/wiki/Osh-Tisch
https://en.wikipedia.org/wiki/Two-spirit

(**) Vita ed opere di Temple Grandin, biologa in carico al dipartimento "animal science" all'università del Colorado.
Temple è affetta dalla sindrome di Aspergen (una forma di autismo) diagnosticatole in tenerissima età.
Gli "Aspy" (come amano definirsi) sono "incapaci di comprendere gli stati mentali propri ed altrui".
Temple, acutissima osservatrice, ha scritto nel 1986 un testo sulla sua esperienza: "Emergence: labeled authistic".
Si descrive fin dall'infanzia in preda a "sensazioni tormentosamente amplificate" oppure "inibite fino ad essere cancellate".
Le sue orecchie sono "microfoni senza difese", una cascata di informazioni (suoni, parole, silenzi) che arrivano alla sua coscienza senza filtri (come avviene invece per noi "normali"), saturandola così velocemente e provocandole estrema irritazione.
Per sopravvivere a questo "tsunami cognitivo" lei - come altri Aspy - hanno sviluppato una grande capacità di concentrazione ed una profonda selettività dell'attenzione: svolgono cioè in maniera cosciente funzioni che di solito il cervello porta a termine in modalità "autopilota".
Una curiosità: i bambini Aspy conservano i ricordi dal secondo anno di vita, fuori della portata delle persone normali.
Il titolo del libro di O. Sacks, "un antropologo su Marte", prende spunto da una affermazione di Temple: "...avendo a che fare con la gente mi sento un antropologo su marte: mi sembra studiare indigeni di un mondo sconosciuto, di dover immaginarsi cos'hanno dentro..."
La storia di Temple Gradin si può trovare su wikipedia al link:
https://it.wikipedia.org/wiki/Temple_Grandin

Circa il numero degli animali da allevamento: 
http://www.informasalus.it/it/articoli/24miliardi-300milioni-animali-allevamento.php







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