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mercoledì 10 aprile 2019

Transumanesimo e biohackers: un fenomeno passeggero oppure l'inizio di una transizione di stato per la nostra specie?


Confesso di non aver mai sentito questi due termini prima di aver acquistato - spinto dalla curiosità suscitatami dal titolo - il nuovo saggio di Mark O'Connell, "Essere una macchina".
Dopo aver passato un periodo a documentarmi su cosa significhi IA (Intelligenza Artificiale, vedi miei posts precedenti con i riferimenti alle pubblicazioni consultate nel corso della mia ricerca) non potevo non chiedermi quale fosse l'argomento di una asserzione così insolita.
Non avendo infatti le IA ancora raggiunto uno stadio di autocoscienza (inteso come "consapevolezza di sè"), mi sembrava improbabile che O'Connell, giornalista collaboratore di "the Guardian" - la prestigiosa testata inglese che ha pubblicato le rivelazioni di Snowden ed Assange -, scrivesse qualcosa di "fantascientifico" travestendolo da inchiesta.

Dalla lettura del libro sono così venuto a sapere dell'esistenza di un ampio sottobosco costituito da movimenti, gruppi, filosofie ed addirittura startup dotate di finanziamenti ingenti, spesso in aspra polemica tra di loro e con fini dichiarati in conflitto, accomunati tuttavia dalla caratteristica di ritenere il genere" sapiens" sul punto di compiere un nuovo balzo evolutivo. 
Un salto per la prima volta nella storia del pianeta Terra determinato non dalla pressione dell'ambiente o di cause esterne - fattori che nel corso di milioni di anni hanno modellato l' "hardware" (il corpo fisico) degli esseri viventi - ma deliberatamente progettato ed attuato dall'oggetto stesso di questa evoluzione: l'essere umano del XXI secolo.

Il fisico Max Tegmark - che per inciso non fa parte di questo sottobosco - nel suo libro "Vita 3.0" paragona la vita sulla terra ad un complesso costituito da hardware (la materia) e software (tutto ciò che è informazione e che può organizzare la materia stessa).
Definisce con il termine "Vita" "ogni processo che possa mantenere la propria complessità e replicarsi": quindi batteri, vegetali, animali e naturalmente l'uomo (per adesso fermiamoci qui: la vita artificiale, basata sul silicio od altro substrato, sul nostro pianeta non si è ancora manifestata). 
In particolare identifica con:
"Vita 1.0" o "stadio biologico" i processi nei quali sia l' "hardware" (forma del corpo) che il software (comportamento) sono soggetti soltanto all'evoluzione.  Un esempio sono gli organismi semplici come batteri o vegetali.  Molte generazioni sono necessarie per vedere piccoli cambiamenti.
"Vita 2.0" o "stadio culturale"  i processi nei quali l' "hardware" è soggetto solo all'evoluzione, ma il "software" è in gran parte progettato.
Mentre i nostri corpi (uomini ed animali) mutano la loro forma fisica esclusivamente per effetto dell'evoluzione in tempi lunghi, le variazioni nei nostri comportamenti si tramandano attraverso l'addestramento e l'istruzione.
La cultura fa si che ogni miglioramento nelle strategie di sopravvivenza passi da una generazione all'altra senza dover aspettare che si cristallizzi attraverso un processo evolutivo di tipo fisico.
"Vita 3.0" o "stadio tecnologico": per Tegmark prima o poi finiranno per emergere entità in grado di progettare in autonomia sia il proprio hardware che il software. Capaci cioè di costruirsi un corpo fisico partendo dalla disposizione ed assemblaggio dei singoli atomi secondo un progetto.
Ad oggi sul nostro pianeta non esiste nulla di simile; tuttavia non è detto che possa comparire in un futuro abbastanza vicino, forse in concomitanza con la "singolarità tecnologica", termine oggi in uso per indicare il momento in cui le macchine - guidate dalle IA - saranno in grado di apprendere autonomamente, e così svolgere compiti complessi meglio di quanto siano capaci di fare gli esseri umani.
Per inciso nessuno sa quando e se si verificherà la singolarità: alcuni esperti sostengono entro 10 anni, altri entro 100, altri ancora mai.

In attesa del momento in cui le macchine ci supereranno in intelligenza - e ci tratteranno forse come fratelli minori un poco ritardati o con i modi spicci e brutali con i quali noi oggi trattiamo gli animali - qualcuno ha deciso sia ora di fare qualcosa.
E questo "qualcosa" non può che essere un tentativo di accelerare l'evoluzione della specie umana con gli strumenti ed il know how di cui disponiamo.
Transumanesimo è un termine che risale agli anni '50 dello scorso secolo, poi ridefinito negli anni '80.
In generale richiama il concetto di "evoluzione autodiretta" cioè una evoluzione guidata dall’intelligenza umana in alternativa a quella per selezione naturale, quest'ultimo un processo che procede per tentativi e ... "richiede troppo tempo".
O'Connell affronta lo studio delle diverse tribù del transumanesimo, che si differenziano in base a strategie e mezzi scelti per raggiungere l'obiettivo. 
Che personalmente ritengo essere "vincere la paura della morte" piuttosto che "prendere il controllo dell'evoluzione": leggendo infatti le interviste raccolte nel libro-inchiesta, nessuno degli interpellati sembra disposto a sacrificare la propria vita qualora ciò sia indispensabile alla nascita di una nuova "super specie", mentre molti appaiono disponibili a correre dei rischi per "allungare" la propria (di vita).
Un elemento comune a tutti i transumanisti (un italiano acceso sostenitore del movimento intervistato da O'Connell è Alberto Rizzoli, nipote di Angelo, produttore di "la dolce vita" di Fellini) è la smisurata fiducia nella tecnologia che fa loro preferire un substrato artificiale ad uno biologico: un desiderio cioè di trasformarsi in macchine (o cyborg) la cui caratteristica apprezzata è la minor fragilità e la maggior "durata" rispetto al corpo umano.   Ecco dunque il significato del titolo "Essere una macchina".
L'emergere impetuoso e continuo di nuove discipline con applicazioni pratiche - quali le nanotecnologie, la bionica, le neuroscienze, le terapie personalizzate in medicina legate alla decodificazione del DNA - supporta la speranza di esser vicini al giorno in cui la coscienza individuale possa esser separata dal supporto fisico: nelle aspettative dei transumanisti ciò significherebbe raggiungere uno stato molto vicino al concetto di vita eterna propugnato dalle religioni, una specie di quasi-immortalità "laica" garantita dalla possibilità di "spostare" la propria coscienza (il proprio "io") da un substrato ad un altro.
Insomma, dalla metempsicosi di Platone (la trasmigrazione delle anime) di 2400 anni fa alla trasmigrazione delle coscienze.

Ho provato a ragionare su questo aspetto e ne deduco che questa "visione del futuro" (già per altro presente nel romanzo di Arthur C. Clark "2001 odissea nello spazio" pubblicato nel 1968, dove nel finale sono accennate le fasi evolutive della specie che ha sepolto il monolito sulla Luna: trasformazione degli esseri pensanti in astronavi - e cioè in macchine - e successivamente in pura energia) comporti l'accettazione acritica del postulato secondo il quale la "coscienza individuale" sia una mera forma di informazione, cioè una disposizione di materia ed energia codificabile, e quindi replicabile all'infinito; con i paradossi che ne conseguono.
Il principale dei quali - la possibile molteplicità delle copie di uno stesso individuo (e di una stessa coscienza) - è stato da tempo affrontato dalla fantascienza e risolto con una forzatura della quale i transumanisti non sembrano esser coscienti.
Mi riferisco al teletrasporto.  
Se la coscienza è un qualcosa che emerge ad un certo momento da una particolare disposizione di particelle elementari ed energia - un concetto puramente materialistico - allora deve esser possibile, disponendo di tecnologia adeguata, "leggere" questa informazione, trasferirla altrove con un mezzo velocissimo (onde elettromagnetiche) e, usando altre particelle elementari ed energia disponibili in loco, "metterle in formazione" ricreando non solo l'hardware di un individuo, ma pure il suo software. 
Cioè ottenerne una copia esatta con le stesse caratteristiche fisiche e psichiche, gli stessi ricordi, le stesse aspirazioni.
La contemporanea presenza di due "se stessi", situazione paradossale, viene risolta dalla fantascienza ipotizzando che l' "originale" venga distrutto in fase di "lettura dell'informazione": pertanto al teletrasporto sopravvive soltanto la copia che "diventa" l'originale. 

Per Yuval N. Harari l'essere umano è "un assemblaggio di molti algoritmi differenti, privi di un'unica voce interiore o di un singolo sé; tali algoritmi sono plasmati dai geni e dalle pressioni ambientali, e prendono decisioni in maniera deterministica o a caso".
In "Homo deus" Harari scrive: "una tecnologia che sviluppi un algoritmo in grado di monitorare ciascuno dei sistemi attivi nel mio corpo e nel mio cervello potrebbe sapere chi io sia realmente, come mi senta e che cosa desideri, sicuramente meglio di quanto possa conoscermi io stesso".
Tutto questo stride con il concetto di coscienza monolitica abbracciato dai transumanisti.

A mio personale parere l' io-coscienza non è qualcosa di statico, ma in continua trasformazione. 
Creare ad un certo momento una copia fedele del nostro hardware e software non significa ottenere un doppione che si comporterà in ogni occasione come ci comporteremmo noi stessi in quell’occasione: gli algoritmi che ci compongono infatti "prendono decisioni sia in maniera deterministica che a caso".
Con la clonazione possiamo ottenere due individui che "in un certo momento" condividono un patrimonio genetico e sono anche molto simili di aspetto: ma da qual momento in poi ognuno farà il suo percorso di vita che ne segnerà il corpo in modo differente.

Così, ammesso si riesca a sviluppare un giorno una tecnologia in grado di copiare fedelmente il nostro hardware e software, il risultato potrebbe consistere in due esseri umani che solo in quel preciso momento presentano le stesse potenzialità: il diverso ambiente, gli stimoli esterni diversi, i fattori casuali, in poco tempo trasformeranno la copia in un individuo diverso dall'originale, anche se ci sarà sempre, guardando indietro, una storia comune.


Come potrà avvenire allora una trasmigrazione della coscienza?

Nel luglio del 2017 ha fatto scalpore l'annuncio di un medico di Torino - il neurochirurgo Sergio Canavero - di esser pronto, insieme ad una equipe cinese, ad eseguire il primo "trapianto di corpo".
Si trattava, nelle sue intenzioni, di trapiantare entro la fine del 2017 la testa di un paziente - tale Valery Spiridonov affetto da una grave patologia muscolare neurodegenerativa che comporta la paralisi completa - sul corpo di un uomo deceduto per morte cerebrale ma privo di lesioni spinali. 
In tal modo i segnali nervosi inviati dal cervello di Valery potrebbero raggiungere gli arti e permettedogli così di muoversi e di vivere una vita normale.
Tuttavia fino ad oggi non risulta l'impresa sia stata tentata: forse la tecnologia non è ancora matura, ma è probabile lo sarà nei prossimi anni.
Se verrà realizzato con successo un trapianto come questo, potremmo allora dire che si tratti di una trasmigrazione di coscienza?
Sicuramente no: il cervello di Valery rimane l'unico substrato materiale a disposizione della sua coscienza, quindi, come tutti gli altri cervelli, soggetto ad invecchiamento e malattie neurodegenerative.
Potremmo cambiare corpo più volte al cervello di Victor, arrivando magari a sostituire ogni sua parte con un corrispondente artificiale o meccanico di durata maggiore.
Prima o poi tuttavia Valery morirà come tutti noi perché le cellule del suo cervello smetteranno di replicarsi, anche se il suo corpo gli sopravvivrà.
Mito dei transumanisti è che la coscienza possa essere "estratta" come un qualcosa di indipendente e non soggetto a modifiche.
Quando un individuo è colpito da una malattia neurodegenerativa siamo portati a credere che "perda" progressivamente la propria coscienza: il pregiudizio che ci portiamo dietro è che la coscienza sia qualcosa di immutabile, di permanente.
Cosicché ci risulta facile credere che possa esser trasportata da un substrato ad un altro preservandone l'integrità.
In realtà la nostra coscienza si evolve con noi: la mia coscienza quando avevo 5 anni è diversa da quella a 12, a 20 o a 50. 
Una conferma a quanto dico? Provate a chiedere ad un amico che non vedete e sentite dal periodo della scuola di descrivervi, di raccontarvi “chi eravate”: è un’esperienza – che ho fatto, ripetendola più volte per “controllo” – destabilizzante.  
Il vostro “io narratore” ha più volte modificato “il racconto della vostra vita”, e dalle parole dell’amico emergerà una persona che vi sembrerà “diversa” da voi.
La coscienza infatti è soggetta a sviluppo ed invecchiamento esattamente come le altre parti del nostro corpo (anche se talvolta tali mutazioni non sono sincrone: notiamo infatti casi di anziani "con una testa pronta" in corpi "che non la seguono").
Nel corso del XX secolo abbiamo ottenuto un generico ed inaspettato allungamento dell'attesa di vita: tuttavia non sempre ciò si è accompagnato ad un corrispondente prolungamento dell'attività intellettiva.
L'aumento delle malattie neurodegenerative registrato negli ultimi tempi è conseguenza diretta dell'aumento dell'età media.
Insomma non è per nulla scontato che se riusciremo a creare una protesi-cervello la nostra coscienza continuerà a funzionare nello stesso modo: trasformarsi in macchine per ottenere una vita cosciente più lunga potrebbe non essere una strategia ottimale.


Come reagiscono i transumanisti ai risultati entusiasmanti conseguiti negli ultimi decenni nella lotta alle malattie ed alla sempre più profonda conoscenza del nostro corpo e del nostro cervello?

Paradossalmente la profonda convinzione di essere ad un soffio dal poter "sconfiggere la morte" comporta per i transumanisti uno stato permanente di frenesia, ansia e depressione.
La percezione del rischio di mancare l'appuntamento con la sopravvivenza a lunghissimo termine dell'io-coscienza (una mera ipotesi) ne risulta sopravvalutata e di conseguenza chi crede in questa "religione" è disposto ad investire somme ingenti in progetti dall'esito improbabile.
Qui nasce la fortuna di aziende quali la Alcor: nata nel 1972 con sede a Scottsdale in Arizona, fa ricerca inerente alla crionica, e cioè la conservazione di esseri umani in azoto liquido a -196 gradi C dopo la morte legale della persona, con la speranza di riportarle in vita in piena salute quando la tecnologia del futuro potrà invertire il processo criogenico.
Sono già qualche migliaio coloro che hanno firmato un contratto con la Alcor perché si prenda cura del proprio corpo dopo la morte; ad oggi i corpi conservati nei depositi dell'azienda (più spesso solo le teste, dagli addetti indicate come “cephalon”) sono qualche centinaio.
La paura di "mancare l'appuntamento con la vita a lunghissima durata" viene esorcizzata con la possibilità di "fermare il gioco" in attesa che la tecnologia e la scienza si sviluppino adeguatamente.

Fanno poi parte della tribù dei transumanisti anche coloro che si auto definiscono "biohackers": il loro credo è che sia possibile "perfezionare" i corpi umani con innesti, vaccini e trattamenti.
Eseguire esperimenti al di fuori delle linee guida ufficiali, in prevalenza su sé stessi, nella speranza di ottenere un processo simile a quello che ha portato alla creazione del PC, è il loro obiettivo.
Il loro manifesto, risalente ai primi anni '80 del secolo scorso, propone di "avvicinare questa disciplina – la biologia - alle persone, diminuendo l’intermediazione, abbassando i costi e semplificando i processi".
Samuel Arbesman individua il punto debole di questo ragionamento: "la presunta similitudine tra la biologia e l’informatica è solo apparente: i sistemi biologici si sono evoluti nel corso di milioni di anni e pertanto sono già ottimizzati. Non così i computers, nati l'altro ieri, in un ambiente poco competitivo e privo di quella selettività necessaria a creare una lotta per la sopravvivenza del migliore".
Tutto ciò non esclude che ingenti finanziamenti giungano da realtà ed investitori oculati quali Brin (cofondatore di Google), Goldman Sachs Gives, Elon Musk: la giustificazione ufficiale da essi fornita è quella di finanziare "la ricerca di tecnologie di miglioramento della vita, come l'eliminazione dell'invecchiamento ed il potenziamento delle capacità intellettuali, fisiche o fisiologiche dell'uomo".
Seppur in termini moderati, questi fini richiamano il pensiero transumanista ortodosso.

E forse rispondono ai desideri profondi della nostra coscienza che lotta contro la certezza di un futuro in cui non potrà più interagire con i propri simili e dovrà arrendersi all'irrilevanza.

Ecco i links che potete visitare per approfondire l'argomento:

Per chi fosse interessato a saperne di più su Mark O'Connell:  

 



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