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sabato 3 febbraio 2024

3.Stephen Hawking e Thomas Hertog, la "Top Down Cosmology"

Parte 3^: l'ipotesi dell'assenza di confini.

Nella seconda parte di questo post, pubblicata la scorsa settimana, ho raccontato la nascita negli anni '60 del '900 della cosmologia moderna quale scienza quantitativa, momento che coincide con la rilevazione della CMB, il fondo di radiazione - previsto in precedenza dai modelli teorici del "Big Bang caldo" - che permea tutto lo spazio e costituisce una echo lontana del periodo in cui l’universo primordiale divenne improvvisamente trasparente ai fotoni, circa 380.000 anni dopo il Big Bang.

Ho poi spiegato come le equazioni di campo della Relatività Generale di Einstein comportino la capacità, da parte della materia/energia, di incurvare lo spaziotempo, e dunque di generare una forza di gravità attrattiva: se non fosse all'opera una forza di segno contrario, che causa l'espansione dell'universo, quest'ultimo finirebbe prima o poi per collassare su sé stesso.

LeMaitre e Fridman negli anni '20 giustificarono in questo modo i propri modelli di universo in espansione, ma sfuggì loro una conseguenza che Stephen Hawking coglierà oltre trent’anni dopo.

Nei primi anni '60, neo laureato ad Oxford, Hawking si trasferì a Cambridge dove venne assegnato quale dottorando a Dennis Sciama, un ex studente di Paul Dirac.

Sciama lo mise in contatto con Roger Penrose, che in quel periodo aveva pubblicato un breve articolo (di sole 3 pagine) dove dimostrava come il collasso gravitazionale di una stella di grande massa comporti necessariamente la creazione di una singolarità spaziotemporale, nascosta al mondo esterno da un orizzonte degli eventi: un buco nero (qui sotto lo schizzo originale di Penrose).

Hawking, dopo averlo letto, intuì che, invertendo la direzione del tempo, il lavoro di Penrose poteva esser utilizzato per dimostrare come nel passato di un universo in espansione ci sia sempre una singolarità dove lo spaziotempo si pieghi sino al punto di rottura (18).

"... Il tempo finisce all'interno dei buchi neri ...", affermava Penrose nel suo articolo.

Hawking, nella sua dissertazione di dottorato del 1966, aggiunse: "... il tempo inizia con il Big Bang ...".

Lo zero indicato sulla coordinata tempo che appariva nei modelli ipersferici di LeMaitre acquisiva così un significato fisico.

Per capire l'importanza del risultato conseguito da Hawking dobbiamo introdurre il concetto di “cono di luce” di Minkowski.


Poiché nulla può viaggiare più veloce della luce, un evento accaduto in un luogo posto ad una distanza tale che la luce impieghi un minuto a raggiungerci potrà avere effetto su di noi non prima che tale intervallo di tempo sia trascorso.

Se ad esempio il Sole esplodesse, passerebbero circa 8 minuti - tempo necessario ai fotoni da esso emessi per completare il loro tragitto verso la Terra - in cui noi continueremmo a vedere la nostra stella con le medesime fattezze e sentirne il solito calore dei raggi (vivendo questo lasso di tempo ignari della catastrofe incombente).

Se ad esplodere in supernova fosse invece una stella appartenente alla galassia di Andromeda ce ne accorgeremmo soltanto tra milioni di anni, quando i fotoni testimoni di quel lontano evento ci raggiungeranno dopo un lunghissimo viaggio.

Il nome cono di luce passato si riferisce alla rappresentazione grafica del luogo dei punti dello spaziotempo, posti nel nostro passato, in corrispondenza dei quali eventi accaduti potrebbero determinare effetti causali sul nostro presente. (19)

Hawking estendendo il cono di luce verso un passato remoto, quando l’universo era molto più piccolo e la densità di materia elevata, comprese che la curvatura impressa allo spaziotempo dalla materia contribuisce a "... piegare verso l'interno il cono di luce al cui vertice - dalla parte opposta - siamo noi, delineando una regione a forma di pera ..." 

La deformazione dello spaziotempo, indotta dalla concentrazione di materia, ha effetto sulla forma del cono che viene “curvato” verso l’origine dell'espansione stessa, e cioè verso il luogo in cui è avvenuto il Big Bang: la base del cono (che rappresenta il passato), invece di allargarsi progressivamente, da un certo punto in poi inizia a stringersi rapidamente sino a "chiudersi in un punto" alla massima distanza possibile dal nostro presente. (20)

Punto fondamentale del teorema di Hawking:

“… se la materia fa convergere i coni di luce passati, la storia non può estendersi all’infinito verso il passato, ma deve raggiunge un bordo del tempo, un confine in fondo al passato dove l’universo di spazio e tempo non esiste più …”.

Come è possibile comprendere comparando le figure n.1 e n.2, il disegno di Penrose relativo alla formazione di un buco nero e quello fatto nel 1971 da George Ellis per Hawking relativo all'universo osservabile sono quasi simmetrici: un universo in espansione è simile ad un buco nero rivoltato e capovolto dove la singolarità all’inizio del tempo forma il margine "passato" del nostro cono di luce passato.

La differenza sta nel fatto che, mentre in un buco nero l’orizzonte degli eventi ripara un osservatore esterno dalla violenza della singolarità contenuta all’interno, nel caso del nostro universo la singolarità del Big Bang si trova all’interno del nostro orizzonte cosmologico.

La "pera" disegnata da Ellis rappresenta l'unica parte del nostro passato che possiamo osservare (almeno in linea di principio), e "contiene" la singolarità che ha rappresentato la nascita dell'universo. (21)

Tale visione ci è (almeno per il momento) preclusa in quanto l'universo primordiale era costituito da plasma ionizzato caldissimo che lo permeava ovunque.

I fotoni che venivano emessi si scontravano continuamente con le altre particelle presenti, sparpagliandosi in un processo di "scattering", cui effetto era rendere opaco l'universo stesso. (22)


Ci vollero 380.000 anni, periodo durante il quale l'Universo continuò ad espandersi, perché la temperatura scendesse sotto i 3000°C, cosicché divenisse conveniente ai nuclei atomici combinarsi con gli elettroni e dar luogo agli atomi (epoca della ricombinazione): senza elettroni in libero movimento, i fotoni iniziarono a scorrazzare per tutto l'universo.

Le lunghezze d'onda di tali fotoni, per effetto dell'espansione dell'universo, si allungavano nel frattempo sino a 1000 volte, passando dalla luce rossa nella banda visibile sino ad arrivare all'attuale radiazione a microonde, che costituisce la CMB: ecco il vero motivo per cui il cielo notturno ci appare buio e non splendente (23).

La mappa della CMB (oggi ricostruita in dettaglio grazie ai satelliti) rappresenta per noi un orizzonte che "nasconde" la singolarità del Big Bang, così come la fotosfera del Sole ci impedisce di vedere cosa accade al suo interno.

È tuttavia probabile che nel prossimo futuro si riesca ad ottenere informazioni su epoche antecedenti quella della ricombinazione utilizzando "messaggeri" diversi dalla radiazione elettromagnetica: candidati sono i neutrini e le onde gravitazionali.

L'analisi delle informazioni raccolte sulla CMB, che appare distribuita in modo uniforme in tutto lo spazio, pose subito un nuovo quesito che impensierì per decenni gli astrofisici: com'è possibile che fotoni provenienti da direzioni opposte - dunque mai incontratisi prima del loro rilevamento - presentino una temperatura omogenea, con variazioni nell'ordine di 1/10.000 di grado?

Il teorema della singolarità di Hawking afferma che l'universo ha avuto un inizio, ma non da spiegazioni sul come né sul perché di tante sue caratteristiche biofiliche, tra le quali la quasi uniformità della CMB.

"... Le singolarità spaziotemporali che emergono dalla Relatività Generale" - scrisse Wheeler - "rappresentano la fine del principio di causa sufficiente e quindi della predicibilità e della fisica stessa ..."

Se infatti il Big Bang segna il collasso di spazio e tempo, viene meno la relazione tra la causa (prima) e l'effetto (dopo), ciò che in fisica si usa per predire cosa avverrà.

La fisica utilizza due distinte fonti di informazione che, combinate, consentono di fare predizioni (sul futuro così come sul passato):

  • le leggi di evoluzione: equazioni matematiche che prescrivono come i sistemi fisici cambino nel tempo, passando da uno stato all'altro;
  • le condizioni al contorno: la descrizione dello stato di un sistema in un certo momento.
Ecco un esempio:

  • la mela si è staccata dal ramo a 3 metri da terra ed è in caduta libera (condizioni al contorno);
  • applico la legge di Newton (leggi di evoluzione);
  • ricavo che la mela toccherà il terreno tra 0.7822 secondi (predizione)

Le leggi della fisica non spiegano perché in un dato momento le condizioni al contorno sono di un tipo e non di un altro.

Le condizioni al contorno cioè non discendono da una specifica legge: "servono a delineare le particolari domande che poniamo alle leggi fisiche" ci informa Hawking.

Mentre le leggi fisiche si applicano ad innumerevoli situazioni (hanno carattere universale), le condizioni al contorno specificano quale sia il caso particolare.

Benché una tale distinzione sia utile allo studio dei fenomeni della natura, quando arriviamo al Big Bang essa fallisce e diventa di intralcio: "... se non c'è un 'prima', chi stabilisce le condizioni al contorno?" - si chiedeva Hawking - "... l'inizio dell'universo pone un problema di condizioni al contorno che noi non controlliamo ..." (24)

Hawking riteneva non fosse il Big Bang a dover rimanere off-limits per la scienza, quanto piuttosto la descrizione di Einstein, relativa ad uno spaziotempo malleabile, a venir meno in tali condizioni estreme:

"... immergendoci nel Big Bang la casualità su piccola scala della teoria quantistica sale alla ribalta: come se spazio e tempo volessero liberarsi dai vincoli strutturali imposti dalla teoria deterministica di Einstein ...".

Come già aveva suggerito LeMaitre, poiché l'universo primordiale che emerge dal Big Bang ha dimensioni infinitesimali, sarà la teoria quantistica a prevalere e che dovremo usare per darne una descrizione.

L'indeterminazione quantistica è una proprietà fondamentale che pone limiti stringenti circa la quantità di informazioni che è possibile estrarre dai sistemi fisici. (25)

Comporta l'abbandono del determinismo, cioè dell'idea che la scienza sia in grado di fare predizioni precise e ben definite riguardo al futuro degli eventi: possiamo infatti predire soltanto la probabilità dei diversi possibili esiti delle misurazioni, e se effettuassimo più volte lo stesso esprimento otterremmo risultati diversi.

Senza approfondire in questa sede le vicende che hanno portato Schroedinger a scrivere l'equazione della funzione d'onda, ricordiamo che essa non risolve il dualismo "leggi evoluzione / condizioni al contorno" in quanto è sempre necessario specificare COSA si stia evolvendo.


"... Se non c'é domanda non c'é risposta ...", scriveva Wheeler.

Feynman, allievo di Wheeler, sviluppò negli anni '40 un modo pratico di pensare alle particelle quantistiche ed alla loro funzione d'onda: cioè di immaginarle quali oggetti localizzati - il loro viaggio parte da un punto ed arriva in un altro, come nel caso della fisica classica -, ma che invece di completare un unico tragitto tra la posizione di partenza e quella di arrivo, queste seguano simultaneamente ogni possibile percorso, ciascuno dotato di un suo grado di probabilità.

Quindi la predizione che una particella si trovi in un determinato punto viene espressa in forma probabilistica. (26)

Sviluppò nel 1948 un'alternativa a Schroedinger, un'equazione che costruisce la funzione d'onda di una particella sommando tutti i percorsi che terminano in un determinato punto (l'integrale sui cammini); lo schema di interferenza che vediamo nell'esperimento della doppia fenditura è conseguenza del mescolarsi delle traiettorie appartenenti alla somma di Feynman che emergono dalle fenditure. (27)

Ciò che è rilevante per la nostra storia è che dall'osservazione dello schermo non è possibile determinare attraverso quale fenditura sia passata la particella: esistendo molte storie simultaneamente, la teoria dei quanti limita ciò che possiamo dire del passato.

"... Il passato quantistico è intrinsecamente vago ...". (28)

Il determinismo classico (una sola storia) "emerge" dal comportamento collettivo delle storie quantistiche microscopiche casuali.

Nei primi anni 70 Jim Hartle e Stephen Hawking utilizzarono questa tecnica per dimostrare l'esistenza della radiazione che porta il nome di quest'ultimo. (29)

Provarono poi ad applicarla anche allo studio della singolarità del Big Bang.

L'indeterminazione quantistica, applicata ad una particella, stabilisce che la sua posizione e velocità risultino un po' imprecise.

Se l'applichiamo invece allo spaziotempo, significa che spazio e tempo stessi risultino un po' vaghi, con fluttuazioni quantistiche che "spalmano" punti nello spazio e momenti nel tempo.

Nell'universo odierno gli effetti sono irrilevanti, ma nelle sue primissime fasi di vita, quando densità e curvatura erano enormi, gli effetti quantistici avrebbero reso sfocata la distinzione tra spazio e tempo: intervalli di spazio che talvolta si comportavano come intervalli di tempo e viceversa.

I due fisici ricavarono la somma di Feynman su questa "vaghezza spaziotemporale" ottenendo la funzione d'onda dell'universo. (30)

Il risultato fu l'intuizione che gli effetti quantistici, avvicinandoci al Big Bang, avrebbero impedito la singolarità prevista dalla Relatività Generale (curvatura e densità infinita), trasformando la dimensione temporale in una spaziale.

Nella figura qui sopra una comparazione grafica tra le predizioni della teoria di Einstein - dove, al fondo del cono capovolto, troviamo la singolarità presso cui le leggi della fisica perdono validità -, e la teoria quantistica di Hartle-Hawking, dove invece il cono termina con una punta arrotondata a forma di scodella.

L'idea della coppia di fisici è che la sfocatura di spazio e tempo farebbe ruotare la direzione verticale del tempo trasformandola in una direzione spaziale orizzontale.

Caratteristica importante di tale superficie bidimensionale a scodella, liscia ed arrotondata, è che soddisfa ovunque le leggi della fisica.

Un universo in espansione non avrebbe quindi alcuna singolarità nel proprio passato in quanto la dimensione tempo, procedendo in direzione del "passato", si dissolverebbe nella vaghezza quantistica: divenendo dunque spazio il tempo, non avrebbe alcun significato chiedersi cosa ci fosse prima.

"... Chiedersi cosa sia venuto prima del Big Bang sarebbe come chiedersi cosa ci sia a Sud del Polo Sud ...".

Hawking ed Hartle battezzarono la propria cosmogenesi quantistica "ipotesi dell'assenza di confini" (No boundary proposal). (31)

Tale ipotesi presenta due proprietà:

  • il passato è finito (la base arrotondata della scodella ne segna il limite);
  • non esiste un momento in cui "il tempo viene acceso" (niente istante della creazione).
Hawking vedeva l'universo neonato come un guscio di noce nella propria mano.


Il titolo del secondo libro divulgativo di Hawking, "The universe in a nutshell", prende spunto dall'Amleto di Shakespeare, là dove il protagonista afferma:

"... potrei esser rinchiuso in un guscio di noce e tuttavia ritenermi re dello spazio infinito ..."

L'approccio alla gravità quantistica, sviluppato da Hawking e dai suoi allievi a Cambridge, si basava ancora sul linguaggio geometrico di Einstein, ma invece di trattare di spaziotempo incurvato dotato di 3 dimensioni spaziali ed una temporale, utilizzava forme curve in 4 dimensioni spaziali, senza una direzione temporale.

Vediamo in dettaglio cosa significhi e cosa comporti.

Nella teoria della Relatività spazio e tempo, seppur unificati nello spaziotempo quadridimensionale, rimangono in realtà cose differenti: infatti mentre la freccia del tempo punta ovunque all'interno del cono di luce futuro, così non succede con le direzioni spaziali.

Hawking riteneva che "le geometrie curve con 4 dimensioni spaziali avrebbero dovuto incapsulare le proprietà quantistiche profonde della gravità" (e difatti il suo programma di ricerca divenne noto come approccio euclideo alla gravità quantistica).


Dal punto di vista della geometria, trasformare il tempo in spazio significa effettuare una rotazione di 90° della direzione del tempo: sul fondo della scodella in figura 4, il tempo "inizia a scorrere" sul piano orizzontale (come la dimensione circolare dello spazio) per poi risalire in verticale.

Tale rotazione è spesso descritta come "rendere immaginario il tempo" in quanto matematicamente si ottiene moltiplicando il tempo per radice quadrata di -1, ottenendo così un numero immaginario.

Certo, in un tempo immaginario "... qualunque concetto soggettivo di tempo collegato alla coscienza o alla capacità di compiere misurazioni verrebbe a finire ..." affermava Hawking.

Grazie ad operazioni come questa, lavorando con le forme euclidee dei buchi neri, Hawking fu in grado di comprendere perché questi ultimi irradiano particelle quantistiche come i comuni corpi caldi con una determinata temperatura. (32)

Tale successo lo portò ad affermare:

"... si potrebbe assumere la posizione secondo la quale la gravità quantistica, e di fatto l'intera fisica, sia realmente definita nel tempo immaginario; il fatto che interpretiamo l'universo nel tempo reale è semplicemente una conseguenza della nostra percezione ...". (33)

Il succo della questione è che secondo Hawking all'inizio dell'universo il tempo non c'era: l'ipotesi assenza di confini risolve il problema delle condizioni al contorno allo zero del tempo ... eliminando l'istante "zero".

Tuttavia si manifestava una spiacevole conseguenza: tale ipotesi non ci diceva nulla su cosa possa succedere in assenza del tempo, né su quale sia il tipo di microscopica schiuma quantistica che, una volta sommata, produce questa geometria a scodella.


(vai alla parte 4^)


Note:

(18) Usando l'equazione della Relatività Generale, Hawking mostrò che procedendo indietro nel tempo i valori assunti da entrambe le sue parti (a destra ed a sinistra del segno di eguale) raggiungono l'infinito: una curvatura infinita dello spazio corrisponde ad una densità infinita della materia.

(19) Come si ottiene un cono di luce?

Disegniamo su un foglio un punto che rappresenta la nostra posizione "adesso".

Su un altro foglio una circonferenza quale luogo dei punti che distano dal centro ad esempio 300.000 km (percorso completato dalla luce in un secondo)

Su un altro ancora una circonferenza i cui punti distano dal centro 600.000 km; e così via.

Otterremo, sovrapponendo tali fogli, un cono al cui vertice ci siamo noi ORA (il punto iniziale) e scendendo verso il basso (muovendoci verso il nostro passato) circonferenze sempre più larghe mano a mano che torniamo indietro nel tempo.

Solo quanto giace sui punti che costituiscono la superficie del cono o il suo interno possono produrre effetti sul nostro presente.

Tutto ciò che sta fuori, essendo la velocità della luce limitata, avrà bisogno di altro tempo .

Un discorso simmetrico si applica al futuro: possiamo infatti disegnare un "cono di luce futuro" a partire dal punto "noi oggi": la nostra "linea di universo" potrà snodarsi solamente all'interno di esso (in quanto non possiamo spostarci più veloci della luce).

(20) Tale distanza oggi è stimata in 13.8 miliardi di anni.

Le rocce ritrovate sul nostro pianeta ne datano la nascita 4.6 miliardi di anni fa; l'età dell'universo supera quindi di 3 volte l'età della Terra.

(21) Alcuni studi hanno provato a calcolare il raggio di un orizzonte degli eventi per un buco nero di massa pari a quella del nostro universo, ed il risultato è vicino a 13 miliardi di Anni Luce, un valore simile alla distanza che ci separa dal Big Bang.

Qualcuno ha allora ipotizzato che il nostro universo possa essere l'interno di un buco nero.

Vedi il video disponibile su Youtube "Odifreddi dialoga con Tonelli su i tempi, i buchi neri e gli universi", dal minuto 51.20

(22) Un fenomeno simile verrebbe riscontrato da un ipotetico osservatore che si trovasse all'interno del nostro Sole: lì i fotoni vengono continuamente emessi e riassorbiti con il risultato di creare una nebbia luminescente che avvolge tutto quanto.

Solo quando i fotoni raggiungono (dopo un lunghissimo tempo) la fotosfera, diventano finalmente liberi di muoversi e di viaggiare nello spazio.

(23) Qualora l'evoluzione ci avesse dotati di organi di vista in grado di percepire la radiazione nella banda delle microonde, vedremmo ancor oggi il cielo notturno splendente.

(24) Hawking, che si era da tempo reso conto del problema, già nella propria tesi di dottorato scriveva:

«...Uno dei punti deboli della teoria della relatività di Einstein è dato dal fatto che, anche se ci fornisce le equazioni di campo dinamiche, non ci indica le condizioni al contorno da usare con esse; per questo motivo, la teoria di Einstein non ci dà un unico modello di universo.

È chiaro che una teoria che ci fornisse le condizioni al contorno sarebbe molto allettante. [...] La teoria di Hoyle fa proprio questo.

Purtroppo, le sue condizioni al contorno escludono quegli universi che sembrano corrispondere all'universo reale, ossia i modelli in espansione ...».

A 15 anni dalla pubblicazione della sua tesi, chiamato nel 1979 a ricoprire la cattedra Lucasiana, tornò sull'argomento nella lezione inaugurale "Is the end in sight for theoreticl Physics?":

«... Una teoria completa include, oltre ad una teoria delle dinamiche, anche un insieme di condizioni al contorno.

Molte persone sosterranno che il ruolo della scienza sia confinato al primo di questi elementi e che la fisica teorica avrà raggiunto il suo obiettivo quando avremo ottenuto un insieme di leggi dinamiche locali.

Ai loro occhi, la questione delle condizioni al contorno dell'universo appartiene al regno della metafisica o della religione.

Noi, però, non avremo una teoria completa fino a quando potremo fare qualcosa di più che limitarci a dire che le cose sono così come sono perché erano così come erano ...».

(25) Vedi il principio di indeterminazione di Heisenberg.

(26) Commentando l'iconico esperimento a doppia fenditura, Feynman affermò:

«... L'elettrone fa tutto quello che gli piace. Semplicemente, va in ogni direzione e a qualunque velocità, avanti o indietro nel tempo, come gli pare; voi dovete poi sommare le ampiezze dei loro percorsi ed ottenete la funzione d'onda ...».

Per predire la probabilità che un elettrone arrivasse in un dato punto dello schermo, Feynman associava ad ogni percorso un numero complesso che specifica il suo contributo alla probabilità ed anche il modo in cui interferisce con i percorsi vicini.

(27) Il numero complesso assegnato a ciascuna traiettoria significa che i differenti percorsi possono rafforzarsi o indebolirsi a vicenda, come i frammenti d'onda.

(28) Quella di Feynman è divenuta nota come la "formulazione a molte storie".

(29) Vedi il mio post "Leonard Susskind e la sua guerra per la salvezza della Meccanica Quantistica".


(30) "Wave function of the Universe", J. B. Hartle and S. W. Hawking, Phys. Rev. D 28, 2960 – 15 December 1983

(31) Hawking ed Hartle presentarono l'articolo relativo alla "no boundary proposal" per la pubblicazione su Physical Review del luglio 1983.

Un primo referee suggerì di non pubblicarlo perché veniva applicata all'intero universo una estrapolazione della somma sulle storie di Feynman.

Decisero poi per la pubblicazione in quanto si trattava di un lavoro "determinante".

Trasformava infatti il manifesto del 1931 di LeMaitre - che chiedeva l'adozione di una prospettiva quantistica sull'origine del Big Bang - in una ipotesi scientifica.

(32) La geometria di un buco nero quantistico nel tempo immaginario ha la forma di un sigaro adagiato su un piano (Figura 5), e muoversi in avanti nel tempo immaginario corrisponde a girarci attorno.

All'estremo sinistro, un punto che rappresenta l'orizzonte del buco nero.

La rotondità della punta è correlata alla grandezza della dimensione circolare del tempo immaginario, che a sua volta determina la temperatura del buco nero e dunque l'intensità della radiazione di Hawking che viene emessa nel tempo reale.

Come possiamo vedere non c'é alcuna singolarità, ovunque le leggi quantistiche della fisica sono rispettate.

Il diametro del sigaro specifica la temperatura del buco nero, come viene misurata da un osservatore remoto.

E' una relazione inversa: più grande è il diametro, minore sarà la temperatura del buco nero.

(33) In meccanica quantistica ordinaria (senza la gravità) si usa la rotazione del tempo in spazio per calcolare le somme di Feynman sulle storie delle particelle perché semplifica i calcoli; al termine del calcolo si ruota nuovamente la dimensione spaziale ricavata dalla rotazione iniziale del tempo per riottenere il tempo reale.

Ma nelle intenzioni di Hawking questo "ritorno" sarebbe superfluo.


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