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sabato 3 febbraio 2024

5.Stephen Hawking e Thomas Hertog, la "Top Down Cosmology"

Parte 5^: il multiverso.

Che cosa ha "acceso" l'inflazione?

L'ipotesi assenza di confini di Hawking (vedi parte 4^) poteva fornire una elegante soluzione a questo problema, ma nella parte precedente di questo post abbiamo visto come questa teoria, pur arruolando il principio antropico, non sia in grado di dar conto della molteplicità di galassie che osserviamo nel nostro universo.


Un'idea del tutto rivoluzionaria fu proposta nei primi anni '80 dal russo Andrej Linde e dall'ucraino Aleksander Vilenkin: la teoria dell'inflazione eterna.

"... Se non si riesce a trovare una causa che giustifichi il via all'inflazione può essere che questa sia sempre esistita; che costituisca cioè lo stato di default dell'universo, e che il difficile sia piuttosto fermarla ...".

La proposta dei due fisici prende in considerazione lo stesso tipo di fluttuazioni quantistiche che hanno lasciato un'impronta nella CMB e contribuito a costituire i semi delle galassie (regioni uscite dall'inflazione con una densità maggiore rispetto alle confinanti e che quindi con la propria gravità le hanno contribuito a svuotarle).

Qualora l'inflazione abbia stirato ulteriormente tali fluttuazioni, creando onde dotate di una lunghezza superiore al nostro orizzonte cosmologico, è comprensibile che in tali enormi distanze la forza del campo inflatone si trovi a fluttuare da un punto all'altro.

Queste onde quindi in alcune regioni faranno scendere il valore dell'inflatone provocando un arresto dell'inflazione ed un big bang caldo seguito da una espansione più lenta; in altre invece lo rafforzeranno, così da causare un'accelerazione del processo inflazionario.

Pur se meno frequenti rispetto alle altre, nelle regioni in cui il tasso di inflazione risulti rafforzato viene a generarsi un volume di spazio enorme, tale da far sì che esistano sempre regioni dove le fluttuazioni che rafforzano l'inflatone predominino.

"... l'inflazione si può concepire come una reazione a catena, un processo in grado di autosostenersi dove regioni in inflazione generano altre regioni in inflazione, che a loro volta producono sia big bang locali che ancora più inflazione, e così via per sempre ..."

Linde con l'espressione "inflazione eterna" intende sottolineare che essa non ha un'origine - cosa che richiederebbe di identificare quale ne sia la causa - ma neppure una fine:

"... l'universo nel suo complesso è un sistema che si autoriproduce e che esiste senza fine e - forse - senza inizio ..."

Il nostro universo osservabile sarebbe quindi un mero universo isola all'interno di uno spazio molto più grande, ed il cosmo sarebbe invece una complicata sovrastruttura che è stata battezzata col nome di multiverso.

All'interno di ciascuna singola isola le fluttuazioni quantistiche estese su scale cosmiche costituirebbero i semi delle galassie mentre le fluttuazioni estese su scale enormemente più grandi genererebbero isole separate.

"... Se potessimo osservarlo dall'esterno, il cosmo ci apparirebbe come un complesso mosaico di isole in lenta espansione - le regioni dove l'inflazione è terminata con un big bang ed un universo si sta evolvendo - inglobate in uno spazio gigantesco, forse infinito, che cresce a velocità inflazionaria ..."

Tali isole sono di diverso tipo a seconda della durata e dell'intensità dell'inflazione che le ha create:

  • quelle dove il processo inflazionario è durato abbastanza a lungo ed è stato molto intenso risulteranno piene di galassie, come l'universo in cui viviamo;
  • altre invece, dove l'inflazione è terminata all'improvviso, si presenteranno vuote (di materia) o quasi, destinate a collassare su sé stesse in breve tempo.
Spostarsi (o spostare informazione) tra un'isola e l'altra è impossibile: la rapida espansione inflazionaria dello spazio tra le isole avviene a velocità iperluminare.
Quindi ciascuna isola viene a costituire un universo separato senza comunicazione con gli altri.

Un multiverso infinito ed in continua espansione, al cui interno si formano incessantemente universi isola, assomiglia ad un immenso frattale, tant'è che si parla a suo proposito, di cosmografia di tipo frattale.

Una caratteristica dei frattali è l'autosomiglianza; quando infatti andiamo ad ingrandire una piccola parte di uno di essi ci ritroviamo con un motivo che assomiglia all'originale.

Riferendo tale caratteristica al multiverso, risulta necessaria l'esistenza di infiniti universi copia (o quasi copia) del nostro al cui interno si trovano copie di noi stessi; c'é chi, sulla scorta di queste premesse, ha stimato a quale distanza debba trovarsi la nostra copia più vicina a dove ora ci troviamo. (52)


Ad Hawking, che incontrò a Mosca in occasione di una conferenza, il multiverso di Linde non piaceva affatto.

Gli sembrava una riedizione in ambiente semiclassico della teoria (classica) dello stato stazionario di Hoyle, dove alla creazione di nuova materia per riempire i vuoti tra le galassie prevista da quest'ultimo veniva sostituita la creazione di nuovi universi-isola ad opera dell'inflazione: un nuovo "stato stazionario" questa volta del multiverso.

L'esatto opposto dell'assenza di confini di Hawking (che porta agli estremi l'idea di evoluzione cosmica di LeMaitre "... piegando il tempo in spazio all'inizio dell'inflazione ...").

Mentre la cosmologia del multiverso presume un fondo stabile di uno spazio in eterna inflazione al cui interno accade ogni cosa, quella di Hawking assegna alla meccanica quantistica un'importanza fondamentale nel primissimo universo, tale da cancellare anche il tessuto dello spaziotempo (che invece costituisce il fondo stabile al multiverso).

Mentre Hawking rimproverava alla teoria del multiverso di essere "... una estensione eccessiva della realtà fisica, irrilevante per qualunque cosa potessimo mai sperare di osservare ...", Linde rinfacciava all'ipotesi dell'assenza di confini l'incapacità di produrre un cosmo pieno di materia come quello in cui viviamo: "innumerevoli copie di noi stessi" contro "un universo senza di noi".


In questo contesto, in cui si scontrano le due principali teorie cosmologiche ciascuna "zoppa", si affaccerà verso la fine del secolo la teoria delle stringhe che offrirà al multiverso nuovi "strati".


(Vai alla parte 6)


Note:

(52) Scrive Max Tegmark in "L'universo matematico":

"... la più vicina copia perfetta di noi stessi si trova a soli 10^10^118 x 10^27 metri da noi ...", 

Vediamo come si giunge ad una tale conclusione e come è stata realizzata questa stima:

"... l'inflazione è un processo che prosegue indefinitivamente, ed è in grado di generare un volume infinito in uno spazio finito, partire da qualcosa più piccolo di un atomo e creare al suo interno uno spazio infinito, contenente un'infinità di galassie, senza impatto alcuno sullo spazio esterno ..."

Se lo spazio è infinito, lo deve essere anche la quantità di materia presente al suo interno, distribuita in modo complessivamente uniforme.

L'universo osservabile è una sfera che ci circonda il cui raggio misura 5 x 10^26 metri (pari a circa 4,6 × 10^10 anni luce); poiché postulato della teoria dell'inflazione è l'omogeneità della distribuzione della materia a grande scala, possiamo stimare esso contenga circa 10^11 galassie, 10^23 stelle, 10^80 protoni e 10^89 fotoni.

Da una situazione iniziale fortemente omogenea emerge dall'inflazione un cosmo con piccole differenze di densità e temperatura che, col passar del tempo, vengono amplificate e producono "storie diverse" ("... gli studenti dei vari universi paralleli imparano le stesse cose nel corso di fisica ma cose diverse in quello di storia ..." afferma Tegmark).

Gli eventi casuali che ci hanno portato ad esser oggi ciò che siamo sono innumerevoli e la probabilità che siano accaduti proprio nella stessa sequenza in un altro universo è infinitesimale ma diversa da zero: se il numero degli universi paralleli è infinito, un evento pur improbabile è comunque destinato a verificarsi, quindi c'è almeno una copia esatta di noi in un altro universo.

Poiché una qualsiasi frazione di un numero infinito, per quanto piccola, restituisce sempre un numero infinito, da qui la garanzia di esistere in una infinità di universi paralleli: ci saranno nostre copie fedeli ed altre che presentano invece lievi differenze.

Ora:

  • la fisica classica prevede che un universo possa organizzarsi in un'infinità di modi diversi (disposizioni della materia e del vuoto); quindi, pur essendo gli universi infiniti, non v'è modo di esser sicuri che due di essi siano identici tra di loro;
  • la meccanica quantistica contribuisce invece a limitare considerevolmente la varietà di organizzazioni, anche ad un livello fondamentale: l'incertezza ad essa connaturata fa sì che non abbia senso chiedersi dove si trovi un corpo al di là di un certo livello di precisione.
Ne consegue come il numero totale di "possibili varianti del nostro universo" risulti un numero enorme ma finito.
Contando tutti i possibili stati quantistici più freddi di 10^8 gradi che un universo può assumere, il valore 10^118 rappresenta il massimo numero di protoni che il principio di esclusione di Pauli permette di racchiudere in una sfera con raggio pari a 5 x 10^26 metri a temperatura inferiore a 10^8 gradi.
Il nostro universo si ritiene ne contenga solamente 10^80: questo perché ognuna delle 10^10^118 "caselle" può essere sia occupata che non occupata, dunque il numero di possibilità da considerare risiede nell'intervallo tra 2^10^118 e 10^10^118 (esiste una stima ancora più prudenziale, basata sul principio olografico, pari a 10^10^124 configurazioni possibili; al di sopra di questa il buco nero risultante avrebbe dimensioni maggiori dell'universo).
Se dunque il numero delle configurazioni che può assumere un universo è limitato, in uno spazio infinito sarà possibile trovare infinite copie identiche così come tirando parecchie volte un dado a 6 facce prima o poi uscirà lo stesso numero.

La distanza minima dalla nostra prima copia:

  • per trovare una copia di un determinato tipo di universo abbiamo visto sarà necessario controllare in media 10^10^118 universi;
  • il diametro del nostro universo misura 10^27 metri.

Se per trovare una sua copia dovremo spostarci di 10^10^118 diametri, ne consegue che la nostra copia più vicina disterà da noi 10^10^118 x 10^27 metri.

Tuttavia, aggiunge Tegmark, non sarà necessario andare così lontano:

"... a circa 10^10^91 metri di distanza da noi dovrebbe esserci una sfera di raggio pari a 100 AL identica a quella al cui centro siamo noi così succederà nei prossimi 100 anni che le nostre controparti al suo interno proveranno le nostre identiche sensazioni...".

Dunque a "soli" 10^10^91 metri di distanza dovremmo trovare una nostra copia identica

Per maggiori dettagli puoi consultare il mio post "Il multiverso di livello I e la copia perfetta di noi stessi a soli 10^10^118 x 10^27 metri da noi" del 31 luglio 2021.


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