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giovedì 12 ottobre 2023

La dialettica tra la fisica teorica e quella sperimentale.

Nel momento in cui un fisico teorico decide di indagare un fenomeno, sull’essenza del quale si è fatto una propria idea, produce una “congettura”. Una congettura non banale deve soddisfare due requisiti: esser originale, e cioè affermare qualcosa di nuovo che, se verificato, comporti un incremento della conoscenza che già possediamo. ⁃ esser consistente con tutte le osservazioni scientifiche ottenute sino a quel momento. Per soddisfare questa seconda condizione è compito del teorico verificarne sia “l’autoconsistenza”, - e cioè che, avvalendosi della logica, non siano presenti contraddizioni interne -, sia la consistenza con tutte le conoscenze accumulate in precedenza, - nessun conflitto con quello che già sappiamo. Inoltre è indispensabile che la nuova congettura produca “previsioni testabili”. Si presentano due casi: ⁃ nel primo le previsioni risultano difficili da verificare: quando ad esempio la congettura comporta la comparsa di effetti a scale di energia enormi, per le quali non disponiamo di strumenti di indagine né diretta (acceleratori molto più potenti dell’LHC), né indiretta (osservazioni di fenomeni astronomici). ⁃ Nel secondo invece la tecnologia attualmente disponibile sembra permettere una verifica sperimentale della congettura: capita allora di frequente che il fisico teorico suggerisca al fisico sperimentale in quale direzione muoversi, dove cercare, per trovare un modo di organizzare l’esperimento di verifica. Qualora non sia proprio possibile procedere ad una verifica sperimentale la congettura rimane congelata, in attesa di un progresso della tecnologia. Altrimenti la palla passa agli sperimentali ed al loro ingegno per trovare un modo di testare la nuova teoria. Contrariamente a quanto si crede - e cioè che ci sia rivalità e sospetti tra le due categorie - esse si trovano a lavorare insieme in una staffetta in cui il testimone passa parecchie volte di mano. I fisici sperimentali sono avidi lettori degli articoli pubblicati dai teorici, e si impegnano strenuamente a trovare modi ingegnosi per mettere alla prova le nuove teorie. Se, come molto spesso accade, i risultati delle verifiche risultano negativi, i dati vengono passati ai teorici. Questi li accolgono con estremo interesse in quanto offrono nuove informazioni preziose sul fenomeno che stanno studiando, e procedono a modificare la propria teoria. Spesso si tratta semplicemente di apportare modifiche al valore di parametri - di solito “inseriti a mano” - in modo da adattare le proprie congetture alle nuove conoscenze offerte dalle misure ricavate dall’esperimento. Questo loop (teorici -> sperimentali -> teorici -> …) è alla base del metodo scientifico, ed è il principale motore che permette alla scienza di progredire. Guido Tonelli, parlando della propria esperienza al Cern, ricorda che il “luogo fisico” dove teorici e sperimentali venivano a contatto era - ed è ancora oggi - la famosa “caffetteria” (non rinomata per la qualità del cibo, aggiunge!). Lì, strumento principale di lavoro sono i tovaglioli di carta sui quali vengono appuntate riflessioni estemporanee e calcoli condotti “al volo”, scambiati di continuo tra le due categorie. “Se fosse stato possibile” - aggiunge Tonelli - “conservare tutti quei ‘pizzini’, ci si potrebbe ricostruire con precisione la storia di come si sia arrivati a molte recenti scoperte”.






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