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sabato 7 ottobre 2023

Il carattere delle probabilità nelle interpretazioni della meccanica quantistica: Copenhagen, Everett e “l’affidabilità” delle probabilità soggettive di de Finetti.

Nella formulazione originale di Copenaghen le probabilità sono considerate assiomatiche e fondamentali: “… le probabilità sono definite come quadrati di ampiezze di funzioni d'onda ….”. Nel 1957 Hugh Everett III propose, in alternativa, quella che poi divenne famosa col nome “interpretazione a molti mondi(1), in base alla quale le probabilità, nell’ambito della teoria quantistica, vengono ad assumere un carattere «soggettivo», più simile al senso comune che assegniamo a questo termine nella vita di tutti i giorni. Quando ci interroghiamo sulla possibilità che un qualsiasi evento accada - che ci sia il sole il prossimo weekend, di ottenere un premio comprando un gratta e vinci o in quale forma si presenterà la prossima onda gravitazionale che investirà i nostri interferometri -, per quantificare in qualche modo la nostra incertezza in situazioni dove non possediamo una conoscenza completa usiamo le “probabilità soggettive”. Questa particolare nozione di probabilità è stata formalizzata dal matematico italiano Bruno de Finetti che in un trattato pubblicato nel 1974 (intitolato "Theory of Probability") scriveva: «La mia tesi, paradossalmente ed in modo un po' provocatorio, è semplicemente questa: la probabilità [assiomatica] non esiste ... … esistono solo le probabilità soggettive, ossia il grado di credenza nel verificarsi di un evento assegnato da una data persona, in un dato istante e con un dato insieme di informazioni» Secondo de Finetti sperimentiamo un aumento del grado di confidenza nelle probabilità soggettive perché, col passare del tempo, ci accorgiamo di come i risultati che ritenevamo più probabili si siano verificati più frequentemente rispetto a quelli cui assegnavamo un grado di probabilità inferiore (2). Everett sosteneva che anche le probabilità della teoria quantistica, come tutte le altre che usiamo abitualmente, debbano esser necessariamente soggettive, legate cioè ad un soggetto che ne da stima di un valore. L'ignoranza degli sperimentatori riguardo al particolare risultato che vedranno” - scriveva - “è fonte di informazione incompleta.” Le probabilità quantificano questa incertezza e servono agli sperimentatori come istruzioni per scommettere sul risultato che troveranno”; nello stesso modo noi usiamo le previsioni del tempo per valutare se avremo o meno bisogno di un ombrello per uscire. Dove cercare dunque l'utilità della teoria quantistica? Essa sta nel fatto che l'equazione di Schrödinger possa esser usata per predire in anticipo le altezze relative dei frammenti d'onda che corrispondono a tutti i possibili esiti di una misurazione, e che i quadrati di queste ampiezze d'onda si rivelino essere la strategia ottimale per fare le nostre scommesse.

Note: (1) titolo originario della sua teoria era "Relative State, formulation of quantum mechanics”. Rielaborata da Bryce DeWitt, fu ribattezzata “l’interpretazione a molti mondi”. (2) Ho già trattato di Bruno de Finetti in un mio post dell’ottobre 2019 intitolato “Probabilità, certezza ed affidabilità: l’incredibile contributo del matematico italiano Bruno De Finetti, un uomo che nella seconda metà del ‘900 ha “salvato" la reputazione della scienza”.



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