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mercoledì 5 maggio 2021

Il crescente "rumore" nelle evidenze degli esperimenti scientifici ed i gamberi marmorizzati

Alla fine degli anni '90 negli acquari degli appassionati tedeschi cominciò a diffondersi una specie di gamberetti d'acqua dolce mai osservata in precedenza, né in cattività né in natura.

Una loro caratteristica specifica, non riscontrabile in nessuna delle circa 15.000 specie di decapodi conosciute (gamberi, scampi, aragoste e granchi), consisteva nella presenza di soli individui di sesso femminile replicantisi per partenogenesi: le femmine cioè depongono uova che si schiudono senza bisogno di accoppiamento.

Furono battezzati col nome di "gamberi marmorizzati", dal termine tedesco "Marmorkrebs".


Non essendo necessario investire tempo e risorse per la ricerca di un partner, il tasso di natalità per questa specie risulta parecchio elevato, e di conseguenza essa si pone come pericolo per la biodiversità degli ambienti in cui dovesse diffondersi.
Un solo individuo, infatti, può dar vita ad un'intera popolazione in grado di sostituire, portandole all'estinzione, le specie autoctone: una situazione verificatasi di recente in Madagascar, a proposito della quale i media hanno titolato   "l'invasione dei gamberi killer" oppure "Il gambero che si clona e va alla conquista del mondo".

La sinistra fama così conquistata dai gamberi marmorizzati fece sì che iniziassero ad occuparsi di loro alcuni ricercatori dotati di ottima reputazione.

La rivista Nature ospitò in diverse occasioni articoli focalizzati su questa specie che sembrava improvvisamente spuntata dal nulla, in barba alle comuni nozioni di biologia evoluzionistica secondo le quali ogni nuova specie debba impiegare migliaia di anni per separarsi dall'originale.

Alcuni scienziati evoluzionisti si resero conto di avere a disposizione un fantastico laboratorio di genetica, gentilmente offerto dalla natura stessa: poiché ogni gamberetto è di fatto un clone della prima "Eva Marmorkreb", ogni differenza riscontrabile tra due di essi nelle successive generazioni non è sicuramente dovuta alla diversità del patrimonio genetico, quanto piuttosto esclusivamente al contesto.

Si trattava di un'occasione imperdibile per investigare più in dettaglio l'equilibrio di forze tra geni ed ambiente, per quanto se ne sapesse fin lì gli unici due "agenti" nel processo evolutivo. 

Vennero così selezionate due femmine, indicate dai ricercatori (con notevole esercizio di fantasia) col nome di "individuo A" ed "individuo B": separate in ambienti diversi, vennero utilizzate le loro discendenze per condurre esperimenti.

Non ci volle molto per constatare che, pur essendo stati allevati in condizioni controllate ed assolutamente identiche, cercando di rendere il più uniforme possibile l'effetto di qualsiasi fattore che potesse incidere sul loro sviluppo, i gamberetti erano tra di loro tutti diversi.

Un principio fondamentale della biologia è quello secondo il quale qualora il patrimonio genetico e l'ambiente siano identici, gli individui delle successive generazioni non possano differire.
Persino nell'immaginario comune i cloni devono presentarsi tutti eguali.

Ed invece differivano non solo per dimensione, ma anche a causa di caratteristiche fisiche legate agli organi interni, a quelli sensoriali, al comportamento, al modo di muoversi e riposarsi.

Persino la lunghezza della loro vita presentava una notevole variabilità: tra i 437 ed i 910 giorni.

La cosa straordinaria che colpì i ricercatori coinvolti nell'esperimento fu che nessun gambero risultasse eguale ad un altro: non si assomigliavano per nulla. 

La regola aurea, in voga sino a quel momento, che recita "se non sono i geni è sicuramente l'ambiente", venne irrimediabilmente sconfessata.

Risulta dunque chiaro come stia sfuggendo all'attenzione della scienza un fattore nascosto, potentissimo e mai individuato prima d'ora, capace con la sua azione di produrre varietà e caos.

E' stata chiamata in causa pure l'epigenetica, oggi argomento di gran moda: può spiegarci come vengano mediate le influenze esterne, tuttavia non è assolutamente in grado di indicarci da dove provengano.

Uno "shock dell'ignoranza" investì inaspettatamente la comunità scientifica che aveva assistito all'emergere di una varietà di fenotipi da un unico genotipo, senza riuscire a fornire una spiegazione del perché si verificasse un tale fenomeno.

Con la fantasia che li contraddistingue, i ricercatori decisero di indicare questo potente fattore ignoto con il nome di "variazione intangibile", altre volte invece indicato col termine di "rumore di fondo dello sviluppo".

Questa terminologia rivela il carattere arrogante dell'attuale modello scientifico: con "rumore" infatti si definisce "qualcosa da eliminare per ottenere un segnale coerente", che nel caso specifico consiste nella conferma delle leggi individuate quali causa del fenomeno.

E per assurdo, negli ultimi anni la soglia di questo "rumore" è cresciuta in tutti gli esperimenti scientifici condotti, forse anche a causa della miglior accuratezza negli strumenti di rilevazione dei dati.

Forse invece dovremmo concentrarci, più che sulle regolarità, sul loro opposto: guardare cioè al "rumore" come ad una fonte di disordine pervasiva e positiva, vitale come tutte le altre, ed in grado infine di prevalere su di esse!

Questa profonda riflessione cui ci costringe Michael Blastland leggendo il suo ultimo libro "La metà nascosta, le forze invisibili che influenzano ogni cosa" (Bollati e Boringhieri, 2021) mette in crisi tutto quanto crediamo di sapere non soltanto circa le scienze naturali, ma soprattutto riguardo alle scienze sociali: l'idea stessa che esista una sottotraccia, una trama comune in grado di guidare i comportamenti umani, viene a sbiadirsi.

Perché, si chiede l'autore, "sappiamo meno di quanto crediamo di sapere"?

Blastland assolve i bias cognitivi: questi infatti, con la loro azione, contribuiscono a distogliere sistematicamente la percezione della realtà ed inducono ad errori di valutazione con un effetto limitante sulla nostra conoscenza.

Tuttavia il concetto stesso di bias cognitivo sottintende come basti venirne a conoscenza (ad esempio leggendo libri sull'argomento) per superarli ed avvicinarsi alla realtà.

Invece, nel caso preso in esame, risulta chiaro come un aumento della razionalità non sia comunque in grado di provocare una diminuzione della "variazione intangibile".

Renderci conto del fatto che disponiamo di meno conoscenza di quanto crediamo di aver a disposizione, e che ci troviamo di fronte ad un maggior grado di complessità della vita reale rispetto al modello che ne abbiamo ricavato, sono le condizioni indispensabili per "rimodulare" il castello delle conoscenze creato sin qui dal procedere delle conoscenze scientifiche, che comunque saranno incrementate a prescindere.

"Ciò che ostacola di più il progresso non è l'ignoranza ma l'illusione della conoscenza" (Daniel Boorstin)




Altre fonti:

https://www.lescienze.it/news/2018/02/08/news/genetisti_rivelano_segreti_gambero_superinvasivo-3854638/

https://www.focus.it/ambiente/animali/marmorkrebs-gambero-che-si-clona-e-conquista-il-mondo

https://www.greenme.it/informarsi/animali/gamberi-mutanti-cimitero-belgio/


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