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martedì 2 marzo 2021

L' "attesa di vita" tra vicini di villa agli Hamptons: un puntino all'estrema destra ed un grafico su cui meditare ...


I dati pubblicati periodicamente dai Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta ci raccontano che, tra i cittadini USA, il valore più elevato relativo all'indice "aspettativa di vita" (pari a 78,9 anni) è stato registrato nel 2014, un periodo di massima occupazione raggiunto sei anni dopo crisi del 2008.

Da quel momento, come dimostra il grafico qui sotto, è iniziata una discesa che prosegue negli anni seguenti: l'aspettativa di vita di un americano medio si è "accorciata".


In Italia - almeno sino al 2019 (per il 2020 non disponiamo ancora di dati certificati) - non si è registrata alcuna flessione dell'indice, ed il distacco rispetto al dato USA, già presente fin dagli anni '60, ha continuato ad aumentare: nel 2017 l'italiano medio si aspetta di vivere circa 5 anni in più rispetto ad un americano (+6%)


Le ragioni che gli esperti hanno individuato per interpretare il diverso andamento nei due paesi sono parecchie, e non le analizzerò in questa sede.

Mi occuperò invece di una ricerca effettuata da 
Raj Chetty, un economista dell'università di Harvard di origine indiana.
Il ricercatore ha raccolto ed analizzato i dati del periodo 1999-2014 (durante il quale l'attesa di vita è cresciuta costantemente) 
relativi a 1,4 milioni di americani, incrociando la classe di reddito con la mortalità.

Il dato-record "attesa di vita pari a 78,9 anni", è stato dunque  "spacchettato" relazionandolo alla classe di reddito familiare.

I valori così risultanti - com'era logico aspettarsi - si adagiano su una linea retta crescente: in corrispondenza ad un aumento del reddito crescono le opportunità di nutrirsi meglio, fare una vita più sana, accedere a migliori cure, e così via.

Ulteriore conferma di come reddito e longevità siano strettamente correlati.

Cosa invece insolita - ed estremamente interessante - è la posizione che assume il puntino all'estrema destra della curva: rispetto a quello appena precedente sembra fare un balzo verso l'alto.

Che cosa può significare?

Quel punto rappresenta l'attesa di vita di un minuscolo gruppo di persone, élite delle élites della società americana, il cui reddito è in assoluto il più elevato del paese.
Il fatto che risulti sensibilmente spostato verso l'alto rispetto al punto precedente significa che i pochi che hanno la fortuna di far parte di questo gruppo sono destinati a "vivere qualche mese in più" rispetto a chi guadagna appena un poco di meno.

Federico Fubini ha recuperato questo studio e lo ha inserito nel suo libro "Sul vulcano" in un paragrafo intitolato "Sopravvivere al proprio vicino di villa agli Hamptons" (una nota località residenziale situata a Long Island, non distante da NYC, dove i costi degli immobili sono scandalosamente elevati).


La riflessione dell'autore riguarda il fatto che tra vicini di villa la differenza di reddito è poco significativa; frequentano gli stessi ambienti, si scambiano dietologi, cuochi, personal trainers.
Conducono cioè lo stesso stile di vita, e p
ossono permettersi la stessa assicurazione sanitaria che garantisce le migliori cure disponibili.

Perché allora una differenza così marcata nell'attesa di vita?

Fubini ritiene il motivo sia da ricercarsi nel fatto che se tu ti trovi "in cima alla scala sociale" ... è chi risulta in seconda posizione ad esser stressato!
E questo stress contribuisce a "limare" addirittura mesi di vita!


Nassim Nicholas Taleb - autore de "Il cigno nero" - aveva trattato nel suo saggio ciò che definiva "la dimensione immateriale della diseguaglianza", citando gli studi di Michael Marmot pubblicati negli anni '60 del 900:

"... il confronto con gli altri ci può curare o farci ammalare perché agisce sulla nostra mente, che a sua volta lavora sul resto del corpo attraverso la cintura dello stress..."

"... succede soprattutto quando le distanze fra gli uni e gli altri si allungano invece di accorciarsi: in chi resta indietro la percezione del proprio valore personale ne risente.."

Negli USA, a partire dal nuovo millennio, il reddito medio - anche spacchettato per classe - risulta comunque esser cresciuto rispetto al periodo precedente (al contrario di quanto è successo in Italia dove solo i più ricchi ne hanno visto ulteriori incrementi).
Tuttavia tale crescita non si è sviluppata con la stessa velocità per tutte quante le classi di reddito.

Al crescere della ricchezza si osserva come l'aumento del reddito risulti più che proporzionale: cioè coloro che già erano i più ricchi lo sono diventati ancora di più, ed in particolare chi già era in testa alla classifica ha allungato la distanza rispetto a chi gli era appena dietro.

Si tratta di un effetto imprevisto di quel fenomeno complesso che indichiamo con il nome di "globalizzazione".

Tale tendenza, secondo quanto afferma Yuval Noah Harari nel saggio "21 lezioni per il XXI secolo", sarà addirittura enfatizzata dalla diffusione delle AI (le intelligenze artificiali) che stanno penetrando in modo sempre più massiccio le nostre società.

Nei prossimi anni, è la previsione di Harari, le AI contribuiranno a rendere del tutto "irrilevante" l'apporto al mondo del lavoro di larghe fasce della popolazione dei paesi più ricchi.

Non si tratta più soltanto della sostituzione dei "colletti blu" con fabbriche automatizzate, o dei "colletti bianchi" con software gestionale: professionisti oggi ben retribuiti - persone che hanno investito parecchie risorse sulla propria formazione - si ritroveranno di punto in bianco senza lavoro e senza che nessuno necessiti più delle loro competenze. 

Chi gli avrà "rubato il posto" non sarà infatti un altro professionista, magari residente in un paese in via di sviluppo, che si accontenti di guadagnare meno, e con il quale risulta comunque possibile mettersi in competizione, stringere accordi o sindacalizzare i rapporti: sarà invece una "macchina intelligente" con competenze che superano - in ambiti limitati al proprio settore di attività - quelle degli esseri umani
(*)

I proprietari della tecnologia necessaria allo sviluppo delle AI e delle loro infrastrutture diventeranno ancora più ricchi, distanziando così chi li stava seguendo al passo, e la forbice dei redditi "si strapperà" al centro con conseguenze non prevedibili sulla tenuta delle società.


Avevo già trattato questo argomento un paio di anni fa nel corso di uno scambio di emails con il giornalista Federico Rampini: decise allora di pubblicarne un estratto delle mie riflessioni all'interno del suo blog su "Repubblica" (vedi il seguente link: 
Federico Rampini: la notte della sinistra, i lettori mi scrivono) dandogli la forma di una "lettera all'autore": non starò qui a ripetere le mie argomentazioni che potete leggere cliccando sul link.

Aggiungo soltanto, per terminare questa breve presentazione, che "quel puntino in 
alto all'estrema destra" è lì per avvertirci che il processo appena descritto è già iniziato...



Note:

(*) 
Per correttezza e completezza riporto anche l'opinione di una parte dei ricercatori sulle AI che ritengono il futuro veda una commistione ed una collaborazione "esperto umano - macchina", senza debba svilupparsi per forza una competizione tra le due specie).


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